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Continuare a crescere nell’export, ma tornare ad investire anche sul mercato interno, puntando sull’educazione, anche nelle scuole, alla cultura mediterranea del bere, di cui il vino è simbolo: il futuro del vino tracciato da Federvini

Italia
Il presidente Federvini Sandro Boscaini

Il vino italiano è in salute, insieme ai settori degli aceti e degli spirits, soprattutto grazie all’export (pesa per il 22,5% sul totale dell’agroalimentare nazionale), dove il nettare di Bacco ha toccato i 5,5 miliardi di euro nel 2015. E punta a quota 7,5 miliardi nel 2020, anche grazie al supporto delle istituzioni, ma deve guardare anche al rilancio nel mercato nazionale, fondamentale perché i valori culturali e identitari della nostra produzione vitivinicola, che ne sono il vero valore aggiunto, siano credibili e forti nel mondo. Con un percorso che passa sicuramente dalla leva economica, dalla sburocratizzazione e da una ritrovata competitività, ma anche da un processo di educazione non solo al bere moderato, che in Italia è già realtà, e fondamento della cultura mediterranea del cibo e del vino, ma anche al senso profondo che il settore ha a livello agricolo, culturale, storico e paesaggistico, e che gli italiani, fin da giovani, fin dalle scuole devono tornare a scoprire. Ecco, in estrema sintesi, i messaggi che arrivano dall’assemblea annuale Federvini, a Roma. Dove ad aprire i lavori, in un gesto simbolico di grande vicinanza al settore da parte del Governo, è stata Paola De Micheli, Sottosegretario del Ministero dell’Economia e Finanze.
“Una vicinanza già evidente all’ultimo Vinitaly - ha detto de Paola De Micheli - da cui sono emersi risultati incoraggianti, come la crescita del vino nella gdo italiana e, soprattutto, il record dell’export. Su questo il Governo ha lanciato un obiettivo chiaro, i 50 miliardi dell’agroalimentare entro il 2020. Oggi siamo a 37, il traguardo è possibile, e siamo convinti che il vino, con la sua qualità ed identità, possa essere la nostra punta di diamante per centrare il bersaglio, e riappropriarci di quel ruolo di leader dell’agroalimentare nel mondo che come Italia ci compete. A livello politico ci stiamo lavorando, dal “collegato Agricoltura” a #CampoLibero, fino ad interventi fiscali come il taglio di 800 milioni di euro per il settore nel 2016, manovra poderosa, ma dobbiamo pensare anche a ridurre gli oneri burocratici, oltre che fiscali, come stiamo facendo anche con la revisione del Testo Unico sulle accise”.
“Una vicinanza, quella del Governo, di cui siamo grati - ha detto il presidente Federvini, Sandro Boscaini - e che ci fa piacere. Quello che noi vogliamo raccontare, nel mondo ma anche in Italia, è lo stile mediterraneo, che è legato ad un approccio culturale al bere e al cibo, fatto di piacere e non di eccesso. Che è una consapevolezza che viene dal nostro sistema agricolo, dalla terra, e da un saper fare che da vita, tra vini, aceti e spirits, anche ad una economia importante, e al 22,5% dell’intero export agroalimentare. Ma noi siamo qui per fare cultura e formazione. Non siamo qui solo per produrre e vendere, che ovviamente è fondamentale, ma per farlo con una responsabilità sociale di cui siamo ben consci, e con valori che dobbiamo tornare a riaffermare. Il 2015 è stato un altro anno complesso per tutto il comparto agroalimentare in Italia: i consumi hanno ancora una volta stentato e portato gli italiani a ripensare la ripartizione delle risorse economiche e le conseguenti scelte d’acquisto. Sebbene le esportazioni abbiano indubbiamente rappresentato una valida boccata di ossigeno per l’intero settore - sottolinea Boscaini - occorre ridare dignità al mercato interno e ai consumi domestici e riconoscere alle produzioni di vini, di spiriti e di aceti un ruolo strategico nell’economia nazionale. Lo dobbiamo ai nostri consumatori, è il nostro Paese, qui c’è il nostro stile di vita e la nostra cultura, che sono il vero valore dei nostri prodotti. Che devono essere riconosciuti prima di tutto in Patria, per essere credibili all’estero, quando li promuoviamo. Cosa che dobbiamo fare in mercati consolidati e che ancora sono imprescindibili, come Usa, Uk, Germania, Svizzera e Canada, e altri che sono ancora tutti da aprire e da esplorare. E qui più abbiamo il sostegno di risorse Ue e nazionali, più possiamo fare. Nel 2015 siamo stati aiutati anche dal gioco delle valute e dal cambio euro/dollaro, e il mercato Usa ci ha dato soddisfazione come non faceva da anni, anche per la ripresa economica di un Paese che, per noi, è il primo cliente in valore.
Non c’è dubbio che i nostri prodotti abbiano appeal nel mondo, i consumatori amano il made in Italy. La crescita è dovuta alla capacità dei nostri imprenditori, che hanno saputo usare bene i tanti contribuiti Ue che però, come giusto che sia, hanno anche i nostri competitor e amici francesi, spagnoli e così via. Dobbiamo continuare a lavorare insieme, come filiera, come abbiamo fatto con Expo, per raccontare ancora di più i nostri valori al mondo”.
Valori, quelli del vino, sono fondanti della cultura italiana ed europea. “Per scherzare tra sacro e profano - ha detto Marino Niola, antropologo, esperto di cultura dell’alimentazione docente dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli - si può dire che il vino è lo “spirito santo” della dieta mediterranea, senza vino non esisterebbe la cultura mediterranea. Per i greci chi beveva vino era civile, chi non lo beveva era barbaro. Tanto che il simposio era il massimo della civiltà, Polifemo, il bestione che beve troppo, l’emblema dell’inciviltà. Il vino europeo, possiamo dire, è italiano, è “roba nostra”. Perchè nel 270 dopo Cristo l’imperatore Probo trasforma i legionari romani in vignaioli, per abbattere i costi di trasporto del vino, imponendo loro di piantare vigna ovunque. Anche in Francia, dove molti cru hanno nomi latini, come i celebri casi Romanée Conti o Mersault. Oggi, però, tanti valori della dieta mediterranea, di cui il vino è emblema, rischiano di andare persi per causa di nuove manie e ossessioni alimentari che mettono a rischio gusto, piacere e convivialità che sono propri della modalità mediterranea, dove l’alimentazione non è solo mangiare, ma è “dieta” nel senso di modo di stile di vita. E questo succede perchè arrivano ondate di “fobie alimentari” - dice Niola - che producono ortoressia e paure, e mettono a rischio il meglio delle nostre grandi tradizioni enogastronomiche e produttive, che custodiscono anche grandi modi di vivere, perchè dietro ogni prodotto c’è grande una grande storia antropologica. Oggi si deve fare leva sul racconto di questa caratteristica unica dell’Italia, ma bisogna inventarsi un grande “storytelling” del cibo italiano che è conosciutissimo, come dimostra il fenomeno dell’“italian sounding”, ma non come dovrebbe. È il Paese dove Raffaello fa rima con Culatello, e Amarone con Giorgione”, scherza l’antropologo per illustrare il legame tra cibo e cultura che c’è nel nostro Paese, “che, però, troppi pochi conoscono. E anche per questo si deve ripartire a parlarne nelle scuole, fin dai primi anni, facendo cultura e formazione e mettendo la cultura del cibo, che non è semplice “educazione alimentare”, al centro del discorso, coinvolgendo anche le famiglie”.

Focus - Il settore del vino, degli aceti e degli spirits italiani, e le sue prospettive, analizzate de Federvini
Il mercato e i consumi interni
In uno scenario nazionale caratterizzato da impatti negativi sui consumi dovuti al protrarsi della crisi, anche il comparto rappresentato da Federvini - Vini, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti e Affini - ha registrato, nel 2015, un andamento poco dinamico, zavorrato inoltre dal peso degli aumenti d’accisa sulle bevande alcoliche e da altre criticità legate alla percezione delle stesse. Questa fotografia trova rispondenza nelle evidenze di un recente studio condotto da Nielsen per Federvini sul consumo delle bevande alcoliche in Italia nel quinquennio 2011-2015.
In questo periodo di riferimento si è assistito ad una perdita di 1,8 milioni di consumatori (-5%) per un totale di 32,2 milioni. Tra coloro i quali continuano a consumare le bevande alcoliche si è davanti ad una diminuzione della frequenza del bere che passa da 4 volte a 3,6.
Il vino rimane il prodotto più diffuso e con la frequenza di consumo decisamente più alta di tutte le altre bevande alcoliche e vede uno dei cali più importante con un trend del - 5% (-1.218 bevitori). In calo anche il trend dei liquori (-30%), dei distillati (-17%), dei cockail alcolici (-31%). Tengono, invece, i consumi di Champagne, spumante e Prosecco e quelli di aperitivi alcolici.
Questi dati confermano una lieve ripresa dei consumi fuori casa, soprattutto nei ristoranti e nelle pizzerie, e continuano ad essere associati al cibo e alla socialità, in una parola allo “stile mediterraneo”.
L’export
Se da una parte i consumi interni presentano un andamento poco dinamico e fanno fatica a crescere, le esportazioni continuano a dare risultati soddisfacenti confermando il valore del prodotto Made in Italy. Il comparto vinicolo si conferma essere il settore a maggio vocazione all’export, seguito dalle acquaviti e liquori e dagli aceti.
Nel 2015 l’Italia ha esportato vini e mosti per un valore pari a 5,5 miliardi di Euro (+4,8% sull’anno precedente) ed in volume 21 milioni di ettolitri (-2,3%): gli Stati Uniti sono il mercato extra Ue più premiante con 1,2 miliardi di Euro (+13,8%) e 3,2 miliardi di ettolitri (+6,6%). In Europa invece la Germania si conferma primo mercato, immediatamente seguito dall’Inghilterra.
Gli spumanti continuano ad esprimere performance brillanti segnando un + 24,5% in quantità con 512.000 ettolitri ed un + 28% in valore con 194 milioni di euro. Risultati eccellenti in particolare in Germania (+4,6% in volume e + 2,9% in valore) e nel Regno Unito (+45,7% in volume e +51% in quantità).
I vini aromatizzati hanno presentato, invece, un rallentamento in valore (-12,6% con 148 milioni di euro) e in volume (-12,3% con 991.000 ettolitri). I vini aromatizzati raggiungono buoni volumi in Francia con 171.000 ettolitri ed un valore di quasi 28 milioni di Euro ed in Germania con 166.000 ettolitri e 20,4 milioni di Euro.
Contrazione anche per l’export di acquaviti di vino e di vinaccia in valore (-5,3% con 64.000 euro) ed in volume (-1,4% con 76.000 ettanidri). Polonia, Romania e Ungheria paesi di sbocco interessanti che hanno registrato timide crescite.
Performance positive per gli aceti che hanno registrato crescita in valore (+1,1%) ed un lieve rallentamento in quantità (-1,4%) con 245 milioni di Euro e quasi 1,2 milioni di ettolitri. Tra i mercati più importanti: la Germania con quasi 230 mila ettolitri (+3,2%) ed in valore con quasi 43 milioni di euro (+0,5), la Francia con 139.000 ettolitri (-6,3%) e 20,6 milioni di euro (+0,2%). In ambito extra UE gli Stati Uniti importano aceti per un valore pari a 71,3 milioni di euro (+7,2%) ed in volume 323.000 ettolitri (-4,8%), l’Australia in valore 8,1 milioni di euro (+4,7%) ed in volume 45.000 ettolitri (+10,9%).
L’internazionalizzazione
In un contesto che vede importanti risultati sul fronte dell’export, Federvini ha ribadito l’importanza delle trattative aperte con i Paesi extra Ue nelle politiche commerciali internazionali.
“Alcuni accordi si sono da poco conclusi e nel medio periodo acquisteranno - ha dichiarato il presidente Federvini - piena efficacia. A partire 2017 entrerà in vigore l’accordo tra Ue e Canada (Ceta) che ha, al suo interno, un’importante sezione per il riconoscimento delle indicazioni geografiche europee, tutelate secondo i principi di difesa della proprietà intellettuale e una graduale rimozione dei dazi doganali. Di prossima attuazione anche l’accordo di libero scambio tra Ue e Vietnam che, una volta approvato, aprirà alle aziende europee un mercato dall’enorme potenziale.
Sul tavolo delle trattative rimane invece il Ttip - Transatlantic Trade Investment Partnership - con gli Stati Uniti. La controparte americana ha più volte ribadito la complessità nell’integrare le nostre tutele delle indicazioni geografiche con il proprio sistema normativo: noi continuiamo a sostenere l’esigenza dell’accordo senza far venire meno la tutela dei nostri capisaldi ed altrettanto interesse lo abbiamo nelle trattative con America Latina, Giappone ed India, mercati internazionali dalle grandi potenzialità”.
Il testo unico e la promozione
Vivace è il contesto normativo nazionale al centro del quale si è posto il Testo Unico del vino e della vite, la cui approvazione è ancora in corso: “le norme del Testo Unico - ha affermato il presidente Boscaini - regoleranno la vita del settore negli anni a venire ed è per questo che invitiamo il Parlamento a dedicare la massima attenzione alle nuove regole affinché abbiano la massima flessibilità nel tempo ed evitino così di immobilizzare gli operatori e l’intero comparto. Ne abbiamo bisogno e non mancheremo di far sentire il nostro contributo ed il nostro supporto a questo testo normativo”.
In tema di legislazione ha grande centralità la promozione nei mercati dei Paesi terzi operata con i fondi degli operatori e con il contributo della Ue: “il Governo ha chiesto agli operatori di alzare l’asticella dell’export - ha commentato il presidente Federvini - mirando ai 7 miliardi di euro. Possiamo certamente raggiungere questo importante risultato, ma per far questo, abbiamo bisogno di una strategia e una politica nazionale che sostenga le necessità della filiera. A livello di negoziazioni europee vorremmo vedere inserite alcune misure affinché il regolamento per la promozione nei mercati dei Paesi terzi risulti meno rigido e molto più attento alla realtà dei mercati”.
I temi sociali ed il progetto #Beremeglio con Fipe
Pur nelle difficoltà della cornice economica nazionale che incide anche sulla voce di spesa dedicata alle bevande alcoliche, Federvini si è impegnata concretamente per rafforzare le tradizioni italiane di consumo, mettendo al centro il consumatore.
“I nostri prodotti - ha dichiarato Boscaini - esprimono innanzitutto valori qualitativi, non possiamo immaginare un prodotto di qualità consumato in modo non corretto. Ed è per questo che alla fine del 2015 abbiamo lanciato un progetto formativo congiunto insieme a Fipe/Federazione Italiana Pubblici Esercizi - per promuovere un servizio di somministrazione delle bevande alcoliche di qualità che possa garantire una esperienza di consumo altrettanto di qualità.
Il progetto dal titolo #Beremeglio intende, fra l’altro, contribuire attivamente alla prevenzione e al contrasto dei rischi collegati all’abuso di alcol attraverso azioni coordinate dell’intera filiera economica e, allo stesso tempo, rafforzare la cultura del bere bene e di qualità radicata tra i nostri consumatori.
#Beremeglio è attualmente nella sua fase pilota nel territorio di Padova e provincia: i corsi sono iniziati a gennaio 2016, sono rivolti a 600 operatori e dureranno sei mesi. Federvini e Fipe hanno così firmato un patto per la qualità nel “consumo fuoricasa” delle bevande alcoliche con l’obiettivo di dare vita ad un progetto nazionale con l’avallo del Ministero della Salute”.

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