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CORSA ALL’ACQUISTO NELLE TERRE DA VINO: L’OBIETTIVO? LA CREAZIONE DI BOTTIGLIE PER PALATI ESCLUSIVI

Cresce l’interesse per i grandi vini, quelli d’altissima qualità, da sogno. Le super bottiglie insomma non conoscono crisi e flessioni (al contrario dei vini meno blasonati o comuni). Sono ormai delle vere e proprie “blue chips”, sono trattate come oggetti d’investimento o come status symbol da esibire al ristorante, nei wine bar, nelle enoteche, a casa con gli amici. E’ una nuova tendenza che interessa soprattutto uomini d'affari, dirigenti, imprenditori, banchieri, ma che, comunque, sta trovando l’interesse anche di tanti giovani appassionati e collezionisti. La conferma di questa tendenza arriva anche dalla campagna “acquisti e vendite” che ormai quotidianamente interessa tutte le grandi aziende. Una battaglia appena iniziata che vede “gli uni contro gli altri armati” e “tutti contro lo straniero”, che non è più solo francese, californiano e spagnolo, ma cileno, australiano, argentino … tutti nuovi territori che sanno sfruttare al meglio terreni estesi ed adatti alla produzione di ottimi vini. Una grande sfida mondiale dal ricco business, dove gli emergenti incalzano, ma dove la Francia, gli Usa e l’Italia sono ancora in una posizione di dominio, con il nostro Paese che sta crescendo d’immagine e di valore, al grido di “viva la qualità” e valorizzazione del patrimonio dei nostri nobili vitigni. Ma il mercato, si sa, in presenza di una concorrenza agguerrita, diventa via via sempre più complesso, sfaccettato e difficile. E le aziende italiane, con diversi obiettivi, cercano di mettere in campo, nuove strategie. Ecco allora un panorama degli acquisti delle maggiori e più famose aziende d’Italia realizzati negli anni Novanta e gli "aggiornamenti" sulla campagna "acquisti & vendite" nel 2000/2001 nei territori d'Italia a grande vocazione enologica ...


La storia degli investimenti e delle strategie degli imprenditori del vino negli anni Novanta

Le maggiori aziende italiane stanno mettendo in campo nuove strategie: c’è chi punta soprattutto su accordi commerciali, chi guarda a nuovi terreni in Italia ed all’estero e chi sceglie la strada della massima valorizzazione dei vigneti nostrani. Zonin (175 miliardi di fatturato, 35 milioni di bottiglie, 1300 ettari in Italia) ha comprato nel ‘98 per 10 miliardi 210 ettari dai principi Lanza di Scalea a Riesi in Sicilia: “entro 2/3 anni produrremo 2 milioni di bottiglie (Cabernet, Merlot, Syrah, Chardonnay) per 2/3. Per 1/3, sfrutteremo le uve locali per produrre il Nero d’Avola ed il bianco Inzolia. Sono convinto che i rossi siciliani abbiano il corpo per fare concorrenza ai vini americani”. E che la Sicilia sia una terra a grande vocazione enologica, ma poco sfruttata se n’è accorto anche il gruppo Zignago Santa Margherita di Paolo Marzotto, in pole position per acquistare dalla Regione Sicilia i 70 ettari di terreno della Corvo di Salaparuta, un’azienda pubblica che con la viticoltura ha raggiunto buoni risultati (45 miliardi di fatturato, 9 milioni di bottiglie di buona qualità). Ma la Corvo interessa anche il Giv Sud Spa, una società, dotata di 30 miliardi di mezzi finanziari (e che a dicembre ‘99 ha anche acquistato il 60% della più grande azienza lucana, la Terre del Vulture, finora controllata dalla società Agrofutura; prossima tappa, il Salento, in Puglia) il cui obiettivo è quello di investire in aziende vinicole del Sud Italia (è composta da Gruppo Italiano Vini 51%, Itainvest 30%, Coopfond Spa 19%), che ha comprato il 51% di Rapitalà (il 49% rimane nelle mani della famiglia fondatrice, Guarrasi-Bernard de la Gatinais), una delle più grandi e famose cantine della Sicilia (125 ettari di vigneto, 600.000 bottiglie, 3 miliardi di fatturato). Ma per l’acquisto della Corvo si parla anche di Zonin, che, dopo la tenuta di Riesi, però ha detto che “in Sicilia c’è spazio per tutti”. Ma all’azienda del Duca di Salaparuta – intanto, la Regione ha scelto l’advisor, la Sofipa, la merchant bank del Mediocredito Centrale; la Sofipa ha ora 6 mesi di tempo per vendere la famosa azienda siciliana (per il suo valore si parla di 80/120 miliardi) - sembrano interessate anche la Fratelli Bolla Spa (l’azienda veneta, 70 miliardi di fatturato, passata da pochi mesi totalmente in mano degli americani della Brown-Forman Corporation), Jacopo Biondi Santi e la famiglia Mentasti (ex proprietaria della “San Pellegrino”, poi ceduta alla Nestlè), l’Illva di Saronno ed un gruppo di imprenditori locali guidato da Vincenzo Tomasello. La vendita è attesa comunque, a meno di ripensamenti, entro il 2000.
Dopo le voci, negli anni scorsi, di una possibile vendita del maggior produttore di Barolo e Barbaresco, la piemontese Tenimenti Fontanafredda (50 miliardi di giro d’affari, 70 ettari di vigneti, già casa di caccia di Vittorio Emanuele II e dimora della “benemerita” Contessa Rosa di Mirafiori, meglio nota come la Bella Rosin), e le relative voci di acquisto del gruppo Zignago Santa Margherita (400 miliardi di fatturato di cui 80 nel settore vini, con le aziende Ca’ del Bosco, Santa Margherita, Lamole, Vistarenni, Kettmeir, Torresella), la proprietà Amministrazioni Immobiliari Spa (una controllata del Monte dei Paschi di Siena) non sembra assolutamente orientata a cedere l’azienda, che dà prestigio ed immagine alla banca senese. Anzi, il Mps vuol diventare un polo aggregante anche nel vino: le Amministrazioni Immobiliari Spa, infatti, rilanciano investendo anche nell’altra azienda in Chianti, le Fattorie Chigi Saracini, e conferma la volontà di voler acquistare ettari a Montalcino ed a Montepulciano, dopo la recente acquisizione nel Chianti Classico, a Castelnuovo Berardenga, della Tenuta Poggio Bonelli (57 ettari di cui 18 a vigneto, con struttura agrituristica). Dopo gli acquisti siciliani, la più grande azienda privata italiana di vino, la Zonin, ha anche acquistato in provincia di Grosseto (nel comune di Roccastrada) nella doc di Monteregio, la “Tenuta I Bichi”, circa 360 ettari (di cui 70 a vigneto) per 5 miliardi (ma che a investimento concluso saranno 30 miliardi). In Maremma, a Gavorrano (sempre doc Monteregio), ha fatto acquisti (150 ettari per 2 miliardi) anche l’amministratore delegato (almeno fino al 31 dicembre 2000) dell’azienda leader del Brunello di Montalcino, quell’Ezio Rivella che ha creato dal nulla la Castello Banfi (80 miliardi di fatturato ed investimenti in questi anni nel territorio di Montalcino per 250 miliardi) e che in questi anni ha lanciato in Italia la moda dei “futures” (seguito poi da Antinori, Frescobaldi, Fontanafredda e da Francesco Siciliani, con il suo splendido Cirò in Calabria); con il timone della Castello Banfi, che andrà alla giovane manager Cristina Mariani, figlia di John Mariani, uno dei due fratelli italo-americani proprietari. “La Maremma è un’area di gran divenire - dice sicuro Rivella - soprattutto per i vini rossi, ovvero la tendenza del mercato dei prossimi anni”. E dopo Zonin e Rivella, nel territorio grossetano, sono anche arrivati i Frescobaldi (acquisto in joint venture con Mondavi, la Tenuta La Capitana, nella doc del Morellino di Scansano), Jacopo Biondi Santi (che ha acquistato dal nipote dello scrittore inglese Graham Greene - che è nominato chairman del British Museum, su diretto incarico della regina Elisabetta - splendidi vigneti e l’affascinante Castello di Montepò: 10 ettari già in produzione e 40 lo saranno entro il 2003, per la produzione di grandi supertuscans), gli Antinori (che hanno investito nel Rosso di Sovana, città famosa per le straordinarie testimonianze etrusche, e 200 ettari, ancora non vitati, vicino a Castiglion della Pescaia), i chiantigiani Cecchi (Fattoria Val delle Rose, sempre nell’area del Morellino, 63 ettari), Mazzei del Castello di Fonterutoli (Belguardo, 30 ettari a Scansano), Rocca delle Macie degli Zingarelli (Tenuta di Campomaccione a Istia d’Ombrone: 81 ettari). Ma nella Maremma Valley, gli arrivi sembrano non finire mai: ecco quindi l’arrivo della famiglia Mondavi (al “grande vecchio” Robert si sono affiancati i figli Michael e Tim) che, nel marzo 2000, ha raddoppiato il proprio impegno in Toscana, con un investimento stimato attorno ai 13 milioni di dollari (26 miliardi), stilando, dopo la joint-venture con i Frescobaldi, un patto con un’altra celebre storica famiglia del vino di Toscana, gli Antinori. Mondavi ha infatti acquisito una quota di minoranza (si parla del 30%) nella ipertecnologica Tenuta dell’Ornellaia a Bolgheri, proprietà del marchese Lodovico Antinori (fratello di Piero), produttore di ottimi vini come l’Ornellaia, il Masseto, il Poggio alle Gazze. E poi, sempre nel territorio del Morellino, il montalcinese Stefano Cinelli (che ha acquistato l’azienda agricola Aquilaia-Casa Morandini di Scansano, 52 ettari), ormai alla guida della Fattoria dei Barbi, dopo che la signora del Brunello Francesca Colombini Cinelli ha “abdicato”. Sulla scia dell’enoturismo e della grande tradizione di vignaiola, sta invece concretizzando il suo progetto Donatella Cinelli Colombini, sempre più pronta, dopo il definitivo decollo della “Fattoria Il Colle” di Trequanda, al grande lancio della sua cantina a Montalcino, alla Fattoria “Il Casato”, ex casa di caccia della sua famiglia. Ma Zonin, che sta pensando ad altri investimenti in Puglia, in Umbria (nel territorio di Montefalco) e nelle Marche, è anche interessato ad acquisti all’estero (Argentina e Cile), rispondendo alla sfida della globalizzazione con un forte aumento dei volumi: Inoltre, nella tenuta di 450 ettari a Barbousville in Virginia - proprietà del terzo presidente degli Usa Thomas Jefferson (e che forse anche per questo porta con frequenza i vini sulla tavola del presidente Bill Clinton) - Zonin ha aperto da poco un ristorante di cucina italiana. Lo sviluppo della “Cantine Viticoltori Trentini”, la Cavit (45 milioni di bottiglie e 200 miliardi di fatturato) passa in primo luogo per le alleanze di ampia portata in mercati esteri dove il consumo di vino è in costante crescita. In primo luogo, la Cina, dove nel ’97 sono stati siglati accordi per commercializzare vini della Cavit esportati dall’Italia ed, in seguito, altri vini da produrre in loco (con la joint-venture Zhongshan Euro-castle Cavit). Un altro riferimento è all’accordo di 5 anni di fornitura al più grande produttore californiano (ben 12 miliardi di bottiglie all’anno), la Gallo: un accordo che ha spinto la Cavit a mettere in cantiere la realizzazione di una nuova cantina a Trento). Diverso il capitolo degli investimenti del Gruppo Italiano Vini (GIV), il maggiore nel settore vinicolo (il suo “consolidato” è 404 miliardi) e terzo gruppo assoluto nel mondo (dopo la Gallo e i francesi dell’Unione cooperative “Val d’Orbieu” di Narbonne), che all’estero non ha comprato aziende produttive ma distributive. Una scelta strategica che nel corso degli anni ha portato al controllo della Carniato in Francia e della Wildman in Usa ed alla partecipazione nella Mielzinsky in Canada. Tutte operazioni che si sono rivelate assai utili, permettendo al GIV, di mettere a segno degli incrementi molto importanti nelle vendite. Ruffino (i proprietari sono i Folonari) e Antinori (circa 1600 ettari sparsi ormai in tutta Italia - Toscana, Umbria, Piemonte, Puglia - 15 milioni che danno 140 miliardi di fatturato nel ‘99) puntano sul “made in Italy” e sulla qualità, ed intendono investire per innovare vigneti, continuando a lavorare con i mercati dei Paesi tradizionali del vino e su mercati ricchi ed evoluti, come gli Usa e la Gran Bretagna. La Ruffino (128 miliardi di fatturato, comprese le altre società di import di champagne, whisky, foie gras, caviale, salmone) sta reimpiantando i suoi 650 ettari a vigneto in tutta Italia e continua ad investire in cantina ed in vigna (non la Ruffino, ma alcuni componenti della famiglia hanno acquistato 35 ettari per 10 miliardi; prima vendemmia nel 2006: i vitigni sono merlot, cabernet sauvignon e franc, petit verdot); gli Antinori, che confermano che la loro “è una tradizione di produzione e non di accordi commerciali”, stanno facendo acquisti in Italia: in giugno-ottobre ‘99, gli Antinori hanno comprato in Puglia due tenute - una nel brindisino ed una a Castel del Monte, la prima di 500 ettari (con 250 a vigneto) “per fare rossi dall’ottimo rapporto qualità-prezzo” e la seconda di 100 ettari, in possesso da dieci anni da una grande azienda del Nord, la Fratelli Gancia di Canelli, sempre più dedicata al suo core business, cioè la produzione di spumanti, e la distribuzione sul mercato italiano dell’intero portafoglio della Cinzano (dove sono entrati con una piccola quota - si parla del 5% - nel capitale). Di questo investimento Antinori ha detto che “la Puglia ha grandi potenzialità, in partenza ancora inespresse. La nostra intenzione dunque non è stata solo comprare, ma fare sperimentazione con cloni innovativi, sviluppando anche i vitigni autoctoni. Qui faremo anche la cantina di vinificazione”. Negli anni scorsi, Antinori aveva investito in California, dove aveva rilevato il 100% della Tenuta Atlas Peak in Napa Valley (200 ettari) e Col Solare (nello stato di Washington, realizzato insieme all’americana Chateau Ste. Michelle), a Malta, il marchio Antinori è “Meridiana” e, in Ungheria (qui con l’imprenditore locale Peter Zwack e con la società di engineering Agriconsulting), per la creazione di una tenuta a Pecs, nel Sud del Paese, con il chiaro obiettivo di produrre 1 milione di bottiglie da vendere in loco ed esportare nei Paesi dell’Est (il marchio è “Bataapati”). Di recente, inoltre, gli Antinori hanno stipulato un contratto d’affitto decennale (si parla di 1 milione al giorno) per 40 ettari della Contessa Maggi a Calino in Franciacorta e che entrerà in produzione tra un paio d’anni.
Ma il know how e capitali italiani sbarcheranno tra poco anche in una delle aree doc più prestigiose della Bulgaria: si è infatti costituita una società per la produzione di vini di pregio (che ha tra i soci ha la Simest Spa, la società di investimenti immobiliari: gli azionisti sono alcune banche - tra le quali la Banca Popolare di Vicenza - ed il Ministero per il Commercio Estero) che ha già opzionato dallo Stato bulgaro 1.000 ettari di terreno, dove, in una prima fase, saranno realizzati 100 ettari di vigneto e una moderna cantina. Questa società, che sarebbe la prima a capitale privato estero in agricoltura nel paese dell’Est, vedrà un investimento iniziale di alcune decine di miliardi. Le trattative con il Governo della Bulgaria sono ormai in via di definizione. C’è invece chi scommette apertamente sull’estero (precisamente a Cuba): è il caso della Fantinel di Pradamano (190 ettari nel Collio e nelle Grave di Spilimberghese, dove l’azienda sta però impegnandosi nella qualità). La Fantinel vanta infatti anche interessi extra-vinicoli ed ha costituito una joint-venture nel ‘98 con il governo di Fidel Castro per produrre vino, fatto logicamente con uve cubane (la tenuta, di alcune centinaia di ettari, è destinata alla coltivazione dei vigneti). Ma sicuramente la joint-venture più famosa di quest’ultimi anni è quella tra i Frescobaldi (fatturato sui 60 miliardi), una famiglia che fa vino da sette secoli, ed i Mondavi (una famiglia di origine italiana che ha fatto la storia del vino californiano) per la produzione di vini di alta fascia in quel di Montalcino: Luce e Lucente. Sempre i Frescobaldi hanno poi dato vita ad una collaborazione con lo stilista Gianfranco Ferrè, che ha fatto nascere un Brunello Riserva ‘93, di grande lusso, soprattutto nell’”abito”. Ci sono poi imprenditori, ed è il caso dei Bernetti della Umani Ronchi di Osimo (25 miliardi di fatturato, ma con l’85% di export), saliti alla ribalta per i successi internazionali (dovuti al “Pelago”, un vino-capolavoro di Tachis, il principe degli enologi italiani), che invece di acquistare soltanto (lo ha fatto nel Conero, con 15 ettari, ed in Abruzzo), realizzano intese e gestioni con altre piccole aziende, logicamente con forti vincoli in tema di qualità: “abbiamo - afferma Bernetti - 50 ettari in affitto nell’area del Verdicchio e del Rosso Conero, ed abbiamo rinnovato di recente accordi con alcune fattorie del Bianchello del Metauro (doc) e del Montepulciano d’Abruzzo (doc), dalle quali acquistiamo uve, che però l’azienda controlla nel vigneto durante tutto l’anno con i propri tecnici e personale. E queste uve, fra l’altro, vengono vinificate dall’Umani Ronchi nella zona di produzione. Abbiamo anche un accordo con la Facoltà d’Agraria dell’Università di Ancona per sperimentare sempre le più moderne tecniche agronomiche e le novità del panorama enologico”. Ma i movimenti nel mondo del vino sono anche altri: la fusione tra la due piemontesi (la Bersano di Nizza Monferrato e la Riccadonna di Canelli) per ottimizzare i processi di gestione amministrative, finanziari, fiscale, che dà vita alla Bersano & Riccadonna Spa, che disporrà quindi di 200 ettari di pregio tra Langhe e Monferrato (10 milioni di bottiglie per oltre 60 miliardi di fatturato); a Montalcino, ad inizio ’98, il finanziarie tedesco Manfred Bernau ha acquistato Castiglion del Bosco (1900 ettari, di cui 50 a vigneto docg) e, i pirmi mesi del 1999, una delle migliori aziende di Brunello, la Caparzo (25 ettari docg già in produzione e 10 in costruzione) per 30 miliardi, è passata, attraverso la finanziaria milanese Final, a Luisa Angelini, sorella di Francesco Angelini del gruppo farmaceutico, già proprietario di altre aziende vinicole (Borgo Tre Rose a Montepulciano, San Leonino in Chianti vinicole, Val di Suga a Montalcino, complessivamente 400 ettari), acquistate nel ’95 dall’industriale milanese Lionello Marchesi (che poi ha investito in Chianti in uno straordinario residence turistico, Borgo Monastero); sempre nel territorio del Brunello, è arrivato anche Francesco Illy, della famosa famiglia triestina del caffè, che ha investito in diversi ettari di vigneti e “rumors” parlano di una possibile vendita di Altesino (100 ettari), di proprietà di Giulio Consonno (il creatore di Intimo 3, marchio di franchising nella lingerie) per circa 45 miliardi. Nell’emergente Umbria (a Montefalco, dove nasce uno dei migliori rossi d’Italia, il Sagrantino, parola delle guide più “in” d’Italia), continuano gli investimenti in vigna ed in cantina dell’azienda leader Arnaldo Caprai e le voci parlano di arrivi importanti; nel Veneto, i fratelli Pasqua stanno cercando partners; l’industriale di Bolzano Amonn è entrato nel capitale della Cesarini Sforza (imprenditori puri nel settore della spumantistica trentina), che sarà distribuita dai Fratelli Rinaldi Importatori di Bologna, che di recente ha creato, con La Vis, una joint-venture per la commercializzazione di tutti i vini della cantina trentina, una delle migliori del Trentino. Ed è proprio in Trentino che ci sono i movimenti più grandi del mondo del vino, ed in particolare nella cooperazione che gestisce oltre l’80% del vino, con i tre nomi più importanti: Cavit, Mezzocorona, La Vis. Ed è proprio quest’ultima che ha in corso un “matrimonio” importante con la cantina sociale Val di Cembra (sospeso, per il momento, invece il progetto di fusione societaria anche della Cantina Le Meridiane di Trento, che fattura 11 miliardi e che a sua volta controlla la Concilio Vini, con un business di 32 miliardi): un’unione che porta La Vis-Val di Cembra a 60 miliardi di fatturato, a 100.000 ettolitri nei pregiati 1100 ettari di montagna. Non solo, la Cantina La Vis sta sviluppando anche un importante progetto enoturistico nel “patto territoriale del Muller Thurgau”, con investimenti in cantina per 30 miliardi e 5 miliardi per l’acquisto e la ristrutturazione del “maso” Pian Castello (per molti anni di proprietà delle baronesse Sette Taxis), dove è già in corso di progettazione (l’attuazione è prevista per il 2001) una scuola di cucina tipica trentina, una foresteria e un parco di 11 ettari (che circonda questa straordinario e storico maso trentino, con tanto di area archeologica). E sempre in Trentino gli investimenti arrivano anche dal gruppo vitivinicolo di Mezzocorona di Trento (business oltre i 200 miliardi, compresa la società di import del consorzio trentino) che investirà nella “cittadella del vino” 200 miliardi per la creazione di cantine con tecnologia all’avanguardia, centro polifunzionale per le attività turistiche del territorio, spazi espositivi e congressuali, aree verdi per il pubblico e una mensa per tutti i lavoratori del territorio (tutto questo in un’area di 12 ettari, dove gli edifici abbandonati di una grande industria chimica deturpavano il paesaggio); la bandiera dell’enologia italiana nel mondo Angelo Gaja, di recente, ha compiuto due invasioni in Toscana per allargare il suo portafoglio (costituito, in primis, da Barolo e Barbaresco): ha rilevato la Pieve di Santa Restituta a Montalcino e un’ampia tenuta viticola a Santa Teresa di Bolgheri, terra d’origine del Sassicaia, del Tignanello, del Masseto, dell’Ornellaia, dove si appresta ad inaugurare una nuova cantina; il gruppo Mastroberardino (30 miliardi di fatturato) cerca i suoi programmi di sviluppo nella difesa delle radici storiche della Campania (greco, fiano, aglianico, falanghina) ricreando addirittura il vino nelle antiche vigne di Pompei, grazie ad un accordo con la Soprintendenza ai Beni Storici ed Artistici; la Sella & Mosca (6 milinoni di bottiglie con un fatturato di 40 miliardi) ha rilevato 3 tenute in Sardegna, in Gallura, nel Sulcis e nel cagliaritano; nel Chianti, arriva la Sea Containers (colosso mondiale dalla costruzione e noleggio di contenitori agli hotel di lusso e piantagione di frutta ed editoria): il maggior azionista, James Sherwood ha acquisito l’azienda Capannelle (pochi ettari, ma di un’azienda ben avviata e che farà molto parlare negli anni avvenire); cin-cin anche tra Pimeonte e Puglia: la Giordano (110 miliardi di fatturato), leader nazionale nella vendita diretta di vino, ha acquisito per 5 miliardi la cantina di Torricella nel territorio del Primitivo di Maduria, il re dei vini pugliesi. Una regione, la Puglia, nel mirino delle grandi imprese del Nord, che vedono in questo territorio un nuovo motore per la progressiva espansione sui mercati internazionali. Notizia curiosa è anche quella dell’italiano dal sangue nobile, Marco Borghese che, ad un tiro di schioppo dai grattacieli di Manhattan (lo Stato è quello di New York), ha investito 7 miliardi a ottobre ‘99 in un’azienda vinicola di 80 acri di vigne. La Hargrave Vineyard, all’estremo limite orientale di Long Island, con 26 anni di storia (non pochi per gli Usa), impianterà vitigni italiani: nebbiolo (Barolo), sangiovese (Chianti e Brunello), sagrantino, oltre ad altri vitigni francesi. Borghese poi creerà aree aperte al pubblico, vinoteca, ristorante. L’obiettivo è farne una tappa obbligata dei newyorkesi in cerca di gioie del palato. Il principe Borghese cercherà insomma di ripetere negli Usa i successi di altre famiglie italoamericane che nel vino hanno fatto fortuna: dai Mondavi ai Mariani (Castello Banfi).


… e tutti gli "aggiornamenti" sulla campagna "acquisti & vendite" nel 2000/2001 nei territori d'Italia a grande vocazione enologica ...

Dai filati ai filari, i fratelli Muratori investono 102 miliardi nel vino di qualità
Dai filati ai filari di Franciacorta: Bruno, Diego, Giuliano e Giorgio Muratori, imprenditori tessili di Capriolo, nel Bresciano, hanno messo in gioco 102 miliardi (in 10 anni) per creare da zero la loro azienda agricola fratelli Muratori: "non è un hobby - hanno spiegato di recente - ma un vero e proprio progetto imprenditoriale". Per la nuova scommessa vengono coinvolti uomini del mestiere (tra cui Karl Josef Sommer, agronomo tedesco proveniente dall'Australia, e l’italiano Francesco Iacono, tecnico agronomo e ricercatore enologico) e si punta in alto: una produzione a regime di 1,5 milioni di bottiglie ed un fatturato di 30 miliardi nel 2008. Due i centri già partiti: in Franciacorta (60 ettari per 500.000 bottiglie di spumante) e nella Maremma toscana, a Suvereto (100 ettari di cui 80 a vigneto, per altre 500.000 bottiglie di vini rossi corposi). Altre due tenute saranno acquisite entro l'anno: una all’Isola d’Ischia per i passiti da conversazione ed una, ancora da individuare, da dedicare alla produzione di vini bianchi (anche da invecchiamento). Si chiude così il cerchio del "progetto Arcipelago" dei quattro fratelli Muratori: ovvero quattro isole enologiche, in diverse zone d'Italia, ognuna delle quali destinata ad una specifica tipologia di vino.

Il mondo della grande impresa italiana si dà al vino
Corsi di degustazione, bottiglie centenarie, collezioni di etichette preziose e rare … non bastano più ! La nuova tendenza, che sembra adesso andare molto di moda nel mondo dell'impresa, è quella di darsi alla campagna e di produrre vino (gli antesignani sono stati sicuramente, negli anni Ottanta, l'editore del gruppo Class e giornalista Paolo Panerai, che ha investito in Chianti, e l’imprenditore edile Vittorio Moretti, in Franciacorta). Dopo tanti capitani d'impresa, nonché di manager della new economy - dal presidente di Confindustria D'Amato al presidente delle Generali Desiata, dal conte Paolo Marzotto al presidente della Ducati Energia di Bologna Guidalberto Guidi, dall'imprenditore farmaceutico Giuseppe Benanti - la Sifi è l'azienda leader nel segmento oftalmico - all'amministratore delegato di Montedison Enrico Bondi - oggi è il momento di un altro "numero uno" del mondo imprenditoriale italiano che inizia la sua avventura nel mondo del vino: è quello del conte Aldo Maria Brachetti Peretti, presidente della compagnia petrolifera API e per anni presidente dell'Unione Nazionale Petroli. Aldo Maria Brachetti Peretti, in quel di Tolentino (Macerata), sta pianificando, infatti, investimenti miliardari per la produzione di vini di qualità. Il famoso e potente petroliere - che fino adesso ha venduto le proprie uve di Verdicchio e Montepulciano d'Abruzzo, trebbiano, syrah, cabernet e merlot a diverse aziende nelle Marche - ha deciso, stando ai soliti rumors, sotto la consulenza di Vincenzo Melia, produttore di Sicilia (famoso per il "Ceuso") ed enologo dell'Istituto della Vite e del Vino della Sicilia, di produrre in proprio vini doc e di qualità nelle Marche (una passione condivisa anche dai due figli Ferdinando e Ugo).

Dalla Franciacorta (Bellavista e Contadi Castaldi) alla Maremma: il gruppo Moretti si allarga
Dalle realtà franciacortine Bellavista e Contadi Castaldi, il gruppo Moretti sbarca in Maremma, a Suvereto, dove, dal ’97, ha avviato un importante progetto vitivinicolo, la Cantina Petra (300 ettari). "Per poter produrre importanti vini rossi - ha detto Vittorio Moretti - dovevamo uscire dalla Franciacorta: abbiamo così scelto la Toscana e siamo partiti da zero, progettando nello stesso momento i vigneti, il vino, la struttura edilizia, l'immagine". I primi risultati sono già entusiasmanti: la faraonica cantina, attualmente in costruzione, è progettata dal noto architetto svizzero Mario Botta (realizzata con elementi prefabbricati e successivamente rivestita con pietra) e la parte agronomica è seguita dal professor Attilio Scienza (gran parte degli ettari vitati non sono ancora in produzione). “L’azienda - spiega Francesca Moretti, figlia del patron Vittorio - punta molto sul Merlot e su un buon rapporto qualità-prezzo”.

Una delle griffes più importanti delle “bollicine” di altissima qualità d’Italia, Ferrari, fa shopping in Toscana e Umbria
E’ ormai deciso lo "sbarco" nel terroir del famoso Sagrantino di una delle più prestigiose cantine d'Italia, il mito delle "bollicine", le cantine Ferrari (creatori di quella straordinaria opera d’arte che è il Giulio Ferrari Riserva del Fondatore ): stando ai rumors, l'azienda dei fratelli Lunelli (Franco, Gino, Mauro, che sono proprietari anche della grappa Segnana e delle acque minerali Surgiva, per complessivi 120 miliardi di fatturato, comprese le cantine Ferrari) ha di fatto ormai acquistato due aziende nei comuni di Montefalco e Bevagna (circa 50 ettari, di cui 15 già con vigneto). La notizia non è confermata ufficialmente dall'azienda trentina, che però spiega: "è un territorio - spiega Giampietro Comolli, responsabile delle relazioni esterne delle Cantine Ferrari - che stiamo trattando. Di ufficiale non c'è nulla: ci sono stati diversi contatti con agricoltori e venditori. La proprietà sta valutando le proposte tecniche, alcune veramente molto interessanti, ed anche la visione più complessiva dei viticoltori di Montefalco e delle strategie e volontà delle Istituzioni dell'Umbria".
Le cantine Ferrari, dopo aver di recente investito per la creazione di un "superTuscan's" in quel di Pisa (l'azienda è Podernovo: 50 ettari, tra vigneto ed oliveto), hanno dunque intenzione di ripetere un importante investimento nel Centro Italia (sempre secondo i rumors, Marcello Lunelli, enologo e figlio di Franco, oggi è in quel di Montefalco, per incontri ufficiali con Istituzioni ed alcuni viticoltori): l'obiettivo, anche qui, è la creazione di un vino di classe, di un Sagrantino di altissimo livello. Questo piccolo fazzoletto di terra umbra, dove nasce il Sagrantino, da qualche anno, è assurto a notorietà internazionale, grazie soprattutto alla capacità di Marco Caprai, un giovane imprenditore che ha creduto nelle potenzialità del terroir di Montefalco e in quelle del Sagrantino, dopo anni e anni di sperimentazione in vigna, di selezione clonale (con la consulenza di tutti i massimi esperti di livello nazionale), di investimenti massicci in cantina, che oggi è all'avanguardia in Italia (è recente, anche, da parte della famiglia Caprai, l'acquisto di altri 60 ettari a Montefalco, di cui però solo il 10% a vigneto). Ed è sicuramente sulla scia di questa innovativa azione imprenditoriale (agraria e tecnologica) e d'immagine che l’Umbria (e soprattutto Montefalco) sta adesso trovando un nuovo e grande interesse degli imprenditori del vino: dopo Lungarotti (dalla vicina Torgiano, altro importante terroir umbro), è arrivato Cecchi (dalla Toscana), quindi il friulano Livon (azienda vinicola da 1 milione di bottiglie di buona qualità) ed adesso le "mitiche" cantine Ferrari.

I Frescobaldi in maggioranza nella Conti Attems, nel Collio
La Marchesi de’ Frescobaldi è la maggioranza dell'azienda agricola dei Conti Attems (76 ettari di proprietà, di cui 32 di terreni impiantati a vigneto nel Collio, una delle più antiche e importanti realtà produttive in un'area estremamente parcellizzata). I progetti prevedono di impiantare 20 ettari di vigneto e di iniziare la commercializzazione dei vini Attems da parte della Frescobaldi, a partire da aprile-maggio 2001. "La volontà di entrambi i soci - si legge in una nota stampa della Frescobaldi - è di valorizzare e sviluppare il marchio Attems, nel rispetto della tradizione vinicola del Collio". Marchesi de’ Frescobaldi Spa è di proprietà al 100% della famiglia Frescobaldi, opera nel campo della viticoltura dal 1300 ed è composta di 9 tenute in Toscana per una superficie totale di 4.200 ettari di terreno (di cui 850 di vigneto).

L’enologo-manager Rivella (a capo anche dell’Unione Italiana Vini) acquistato 60 ettari in quel di Montalcino
Dopo Maremma, Chianti Classico e Piemonte, l’enologo-manager Ezio Rivella ha acquistato terra a Montalcino, un territorio che conosce molto bene per aver costruito, dal nulla, l’impero della Castello Banfi, di cui ha lasciato la "direzione" il 31 dicembre 2000. Il “cavaliere del Brunello” ha acquistato, per un investimento a regime di 20 miliardi, 60 ettari (oltre ad un bellissimo casolare, Pian di Rota) nell'area tra Monte Amiata Stazione ed il Castello della Velona, dalla cooperativa agricola-forestale “La Querce” di Castiglione d'Orcia (attività di agro-forestazione, di ripristino ambientale, di bonifica ambientale; 70 soci; fatturato di 6 miliardi, compreso agriturismo, riserva di caccia a pagamento ed allevamento di chianina, con 400 capi bovini). Proprio quando il territorio di Montalcino pensava di aver perso definitivamente uno dei protagonisti più importanti della sua recente storia enologica, il colpo sensazionale di Ezio Rivella, che, in questa avventura, è accompagnato da Giuseppe Meregalli (titolare di una società di distribuzione tra le più grandi e famose d’Italia - con un giro d’affari sui 50 miliardi - che commercializza anche il famoso Sassicaia, e peraltro già in affari con Ezio Rivella) e da “altri amici” (per dirla con Rivella). Il famoso enologo-manager ed autorevole protagonista dell' "Italia del vino" si lancia in una nuova sfida: “nella nuova realtà vitivinicola di Montalcino - spiega Rivella - ci sono dei piccoli spazi di nicchia che in futuro potremo coprire benissimo con questa nuova impresa. Per adesso, in questi terreni, non abbiamo vigneti, ma stiamo lavorando - continua Rivella - per trovare diritti di reimpianto; per i primi tempi, cercheremo di sviluppare accordi con altri vignaioli di Montalcino”. Ezio Rivella (per 9 anni presidente dell’Associazione Mondiale Enologi, per 12 anni presidente dell’Associazione Enologi Italiani, per 5 anni presidente del Comitato Nazionale Doc ed attualmente vice presidente dell’Office Internationale de la Vigne et du Vin, oggi presidente dell’Unione Italiana Vini), inoltre, non nasconde che da quando non è più al timone della più importante azienda di Montalcino, la Castello Banfi, “è assediato da uomini d’affari che vogliono investire in vigneti e che quindi chiedono consigli ed indicazioni”.

Alla cantina sociale MezzaCorona i terreni che furono dei cugini Ignazio e Antonino Salvo
La MezzaCorona, una delle cantine più importanti d’Italia (200 miliardi di giro d’affari, 1300 soci, 2000 ettari di vigneto in Trentino, 300.000 quintali di uva) e famosa per lo spumante Rotari e per il Teroldego Rotaliano, con la controllata Nosio Spa (52 miliardi di fatturato), ha acquistato 270 ettari di vigneto in Sicilia a Sambuca (Agrigento), territorio del vino famoso grazie all’emergente Planeta. La cantina trentina avrebbe acquistato la tenuta siciliana dagli eredi dei cugini Ignazio e Antonino Salvo (condannati per mafia e che, con il loro impero economico, costituivano uno dei polmoni elettorali e finanziari più importanti dell’isola) per 6 miliardi di lire. Ma l’investimento complessivo (che dovrebbe portare alla nascita di una vera e propria “cittadella del vino”), che segue quello di altre aziende del Nord (in primis Zonin, Gruppo Italiano Vini e Marzotto-Santa Margherita), sarà alla fine di 30 miliardi: i 270 ettari a Sambuca sono sì a vigneto ma la superficie vitata è completamente da reimpiantare (si punterà sugli autoctoni e la stima della produzione è di 4 milioni di bottiglie), come del resto è da creare la cantina.

I chiantigiani Cecchi investono nel Sagrantino di Montefalco
Salgono a quattro le tenute della famiglia Cecchi di Castellina in Chianti: l'ultimo acquisto (8 ettari di vigneto, con previsione di 30), dopo la Tenuta Valle delle Rose a Scansano (i Cecchi sono stati i primi produttori, peraltro, ad arrivare ed a credere nelle potenzialità del territorio di Maremma), è in Umbria a Montefalco, distretto emergente nell'Italia del vino, grazie soprattutto all'azione condotta in questi anni da Marco Caprai. L'investimento (5 miliardi di lire) ha l'obiettivo "di proseguire il lavoro di valorizzazione dei vitigni autoctoni, nella fattispecie il Sagrantino, unendo le proprie energie a quelle degli altri viticoltori di Montefalco. Del resto, il Sagrantino è uno dei vini più alla moda e con ulteriori prospettive di crescita". "L'Umbria - continua il patron della casa chiantigiana Luigi Cecchi - è una terra ricca di tradizioni storiche, enogastronomiche e di notevole pregio paesaggistico e, soprattutto, Montefalco lo ritengo un territorio particolarmente vocato alla produzione vitivinicola". Secondo fonti ufficiali, Cecchi (che nel 2000 ha fatturato 55 miliardi, di cui il 65% all'estero, in particolare Gran Bretagna, Usa e Germania), nel "progetto Montefalco", ha incluso anche la ristrutturazione del Palazzo Paolucci (XIV secolo), nel centro storico della cittadina umbra, che sarà sede di rappresentanza e degustazione.

Con gli acquisti nel Salento, Zonin sale a 1500 ettari in Italia
Gianni Zonin acquista una tenuta nel Salento (nel territorio dell'emergente Primitivo di Manduria) e sale a 1500 ettari di vigneto in Italia (oltre ai 450 ettari in Virginia negli Usa). Un investimento che, alla fine, non sarà inferiore ai 55 miliardi. Questi tenimenti pugliesi, oltre a 250 ettari, comprendono anche numerose masserie, che, una volta ristrutturate, ospiteranno anche la cantina di vinificazione e le case per operai e dipendenti.

Bolla va in Maremma: 100 ettari per fare Supertuscans
Pierfrancesco Bolla, ex amministratore delegato della casa vinicola Bolla di Verona, ha invece fatto acquisti in Maremma, dove produrrà un supertuscan: la proprietà si chiama "Podere Pianverrano", un azienda di oltre 100 ettari (a regime, 60 a vigneto).

Da Montalcino a Scansano: l’artista Sandro Chia investe in vigneti
Il famoso artista Sandro Chia, uno dei più importanti artisti al mondo e protagonista del movimento della Transavanguardia, che vive e lavora a New York e Montalcino, dove produce Brunello (35.000 bottiglie) nella sua tenuta di Castello di Romitorio, ha acquistato una tenuta a Scansano, che porta il nome Ghiaccioforte e dove, tra 3 anni, produrrà l’ormai famoso Morellino. L’azienda, che sorge proprio sotto il centro storico, ha in totale 72 ettari (oliveto, bosco e molto seminativo) e, dal novembre prossimo, verranno impiantati 11 ettari di Morellino e costruita una cantina per la vinificazione (nel 2003 la produzione sarà di circa 80.000 bottiglie, con le straordinarie etichette firmate dal maestro Sandro Chia).

Il piemontese Rivetti sbarca in Toscana
Giorgio Rivetti produrrà Sangiovese in Toscana in società con Cionini, importatore italiano di barriques di Vicard, uno dei marchi più prestigiosi al mondo (le barriques sono fatte a spacco d'ascia, piegate a fuoco, tostatura su misura). La sfida di Cionini e Rivetti, grande nome per le sue creazioni di Barbaresco, Barbera, Moscato (il Bricco Quaglia ha un po' contrassegnato la sua nascita) e presto anche il Barolo, partirà da una piccola azienda acquistata insieme in provincia di Pisa. Ma, prestissimo, Rivetti, in Toscana, sarà anche a Chiusi, in provincia di Siena, dove ha già un altro ingaggio, non come produttore ma come tecnico.

La Tenimenti Angelini cerca vigneti … disperatamente
La Tenimenti Angelini (con vigneti a Montalcino, Val di Suga, a Montepulciano, Borgo Tre Rose, San Leonino in Chianti, per complessivi per 400 ettari) ha confermato a WineNews "la prospettiva di ampliare le capacità produttive cercando, Montalcino compreso, realtà vinicole che abbiano potenziali produttivi di qualità. Non sono escluse quindi zone di pregio, come Scansano e Montefalco". Ad affermarlo è Mario Calzolari, direttore della Tenimenti Angelini, che si sta movendo per allargare il panorama vitivinicolo dell’azienda, meglio conosciuta per il suo Brunello di Montalcino Vigna del Lago, da anni “Tre Bicchieri” del Gambero Rosso.

Il presidente della Lazio Sergio Cagnotti in quel di Montepulciano: produce il Nobile
Sergio Cragnotti, uomo di finanza e presidente della Lazio, ha comprato una tenuta a Montepulciano, che promette una Riserva ’97 di Nobile straordinaria.

Renzo Rosso lancia la Diesel Farm: i vini sono “Rosso di Rosso” e “Bianco di Rosso”
Renzo Rosso, titolare della Diesel (jeans ed abbigliamento) di Molvena (Vicenza), ha debuttato nell’“alta società” del vino: dalla sua piccola fattoria, il famoso imprenditore veneto ha, infatti, spedito due casse di vino (ognuna da 12 bottiglie), una di “Bianco di Rosso” ed una di “Rosso di Rosso” (questi i nomi scelti per le sue due creazioni), a Christie’s di New York, dove un’importante asta ha segnato l’evento-anteprima di Rosso nel mondo del vino di qualità. I due vini, messi a punto dal giovane e validissimo enologo Roberto Cipresso, sono il coronamento di un sogno di Renzo Rosso, che in questi anni ha investito oltre 15 miliardi nel suo “fazzoletto” di terra veneta (3,5 ettari, con sette colline a nord di Marostica, nel vicentino: “questo territorio - ha spiegato Rosso - domina la Valsugana e riceve venti e profumi di fiori e di mele direttamente dalla Val di Non"). Del resto, delle sue intenzioni, Rosso non ne ha mai fatto mistero: “creare prodotti di altissima qualità”. E la bottiglia, com’è? “E’ molto elegante ed unica: richiama la bottiglia del Madeira, ma è modernizzata, non ha etichetta tradizionale (il “marchio” e tutti i dati del vino e del produttore sono stampati direttamente sul vetro) ed il tappo è ceralaccato”.

Ancora ettari in Piemonte per Piero Antinori
Antinori, una delle griffes più famose al mondo per il vino di alta qualità (Solaia, Chianti Classico Badia a Passignano, Tignanello ..), ha acquistato 10 ettari di vigneto a Calliano Grana, tra Asti e Casale Monferrato (a circa 50 km dalla Prunotto, azienda già di proprietà della casa vinicola fiorentina, che produce Barolo, Barbaresco e Dolcetto d'Alba). In questa "isola toscana" nel cuore del Piemonte, Piero Antinori ha intenzione di piantare soprattutto Alba Rossa, un vitigno incrocio tra Barbera e Nebbiolo (anche se non mancherà il Merlot). L'idea della Antinori è, infatti, quella di creare un "super Piemonte" in un territorio "enologicamente depresso". Gli Antinori (che posseggono in Italia 1500 ettari e fatturano 170 miliardi), in Piemonte, sono proprietari della Prunotto (52 ettari e 10 miliardi di fatturato), che è gestita dalla figlia maggiore Albiera.

Dalla moda al vino: Schon sceglie il Piemonte
Giorgio Schön, 50 anni, nel mondo del vino dopo un percorso che dalla moda - è figlio di Mila Schön, una delle più grandi stiliste dal dopoguerra ad oggi - lo ha portato alla Ferrari (e non solo: non ha disdegnato di dedicarsi alle corse automobilistiche, vincendo 4 titoli italiani e correndo più volte il mitico Rally di Montecarlo e solcando sino al 1990 i più celebri circuiti europei), è il nuovo “pilota” (è il caso di dirlo) di Colle Manora, la bella tenuta di 75 ettari, di cui 15 vitati situata in cima ad una collina al centro di un anfiteatro e posta a cavallo tra Quargnento e Fubine Monferrato, nel cuore del Monferrato, in Piemonte. Giorgio Schön è arrivato a Colle Manora dopo una lunga fase in cui l’azienda aveva per troppo tempo perso la propria identità, nonostante la presenza di un consulente prestigioso come Donato Lanati, che assicurava la continuità tecnica con la precedente gestione, e la straordinaria potenzialità del patrimonio vinicolo. “Colle Manora era finita nel cono d’ombra - spiega a WineNews Giorgio Schon - delle aziende vinicole destinate al declino: con il mio arrivo, Colle Manora volterà finalmente pagina, con l’obiettivo dichiarato di rientrare al più presto nel circolo virtuoso delle aziende vive, di cui si parla, si scrive, si discutono, e soprattutto si vendono, i vini. Il primo importante step consiste in un organico progetto di rilancio dell’immagine e della "sostanza" dell’azienda”. Il nuovo logo dell’azienda, che vede convivere in un simpatico segno grafico un grappolo d’uva e la silhouette di una Ferrari d’epoca (di cui Schön è appassionato collezionista), riassume, meglio d’ogni parola, le intenzioni della nuova proprietà. Ancor più importante, sarà riuscire a pianificare, una crescita dell’attuale produzione, che dalle attuali 50.000 bottiglie, "spalmate" su 5 vini, dovrebbe crescere, con la messa a dimora di nuovi vigneti, nell’area vocata immediatamente circostante quelli attuali, sino a 80-100.000 bottiglie nel giro di 5 anni. Gli elementi giusti per ottenere ottimi risultati, insomma, ci sono tutti: mezzi economici, entusiasmo, uno staff tecnico di prim’ordine (capeggiato da Walter Piccinino, che conduce enologicamente l’azienda da 10 anni e interagisce con Donato Lanati) e la possibilità di accendere sulla tenuta molteplici riflettori e la curiosità non solo degli appassionati del vino, ai quali Colle Manora continuerà a rivolgere prevalentemente le proprie attenzioni, ma anche di tutti coloro per i quali le griffe Schön e Ferrari costituiscono una garanzia ed un forte motivo d’attrazione.

Alla Illva di Saronno per 141 miliardi si aggiudica la Corvo di Salaparuta
La corsa alla Corvo di Salaparuta è chiusa: l'Illva di Saronno (controllata dalla famiglia Reina), offrendo 141 miliardi e 551 milioni, l'ha spuntata sulla Wine Acquisition - una società costituita ad hoc tra il fondo chiuso Opera (che fa capo a Bulgari ed Hopa) e la Tenimenti Angelini - che ha offerto invece 140 miliardi. Alla prima asta, la situazione era esattamente contraria: Wine Acquisition ha quindi perso nel rilancio (Marzotto si era invece fermato a 90 miliardi alla prima asta). La cifra è alta ma non è astronomica e permette all'Illva di fare sinergie con l'altra azienda di sua proprietà in Sicilia, la Florio. L'Illva di Saronno (famosa nel mondo per il suo Amaretto, che crea un business di 281 miliardi, di cui 75% export; gli altri marchi sono Isolabella, Artic, Zucca) e che da un utile netto di 34 miliardi, con l'acquisto della Corvo di Salaparuta, può così allargare la sua gamma di vini, oggi limitata ai soli liquorosi targati, appunto, Florio. La cifra di 141.551.000.000 lire è quasi 3 volte il fatturato della Corvo (51 miliardi), 16 volte l'utile operativo (9 miliardi) e 35 volte l'utile netto (4 miliardi). La Corvo di Salaparuta produce 9,4 milioni di bottiglie (27% export) ed i suoi vini più rappresentativi sono il Duca Enrico (nero d'avola in purezza), Corvo Rosso, Colomba Platino e l'ultimo nato, il Treschelé, creato dal famoso enologo Giacomo Tachis, consulente dell'azienda siciliana. La Corvo (fondata da Giuseppe Alliata Duca di Salaparuta e principe di Villafranca nel 1824), che ha due stabilimenti all'avanguardia (a Casteldaccia ed a Aspra), ma che non ha però un ettaro di vigneto (e quindi acquista uva in Sicilia da viticoltori), deve tutto il suo successo alla capacità di fare vini di qualità e alla commercializzazione in oltre 35 Paesi del mondo. Soddisfazione quindi in Regione Sicilia (l'asta è stata condotta dal commissario liquidatore, il notaio Rosalba Alessi, assistita dalla Sofipa, la banca d'affari del gruppo Banca di Roma): una privatizzazione che assicura, da una parte, alla Corvo una continuità con la Sicilia e, dall'altra, dà alla Regione la possibilità di realizzare un cospicua plusvalenza (al primo bando, doveva essere venduta per 80 miliardi).

La Pasqua in Puglia: dall’Amarone e Soave al Primitivo di Manduria
Dopo Zonin, un'altra azienda del Veneto fa acquisti in Puglia: si tratta della Pasqua (leader nella produzione di Soave, Amarone, Bardolino e Valpolicella), che ha rilevato un vigneto di 80 ettari (più masserie e case coloniche) nel territorio del primitivo di Manduria, l'astro nascente dell'enologia del Sud. Per la Pasqua (75 miliardi, di cui 60% dall'export) è il primo investimento al di fuori del Veneto (che, comunque, entrerà a regime nel 2002). "Il Primitivo di Manduria, che sta uscendo da 50 anni di buio, è insomma - spiega Carlo Pasqua - il territorio del Sud con il più alto appeal, perchè abbina una serie di fattori: le condizioni climatiche, i terreni, l'estensione dei vigneti, la qualità dei suoi rossi". Un semplice e sintetico concetto confermato anche da Gianni Zonin e da Piero Antinori (che ha investito, nel Meridione, in 4 aziende, per le quali adesso punta ad intese commerciali con partner anche istituzionali; ma gli Antinori, però, a questo proposito, hanno smentito categoricamente intese con Sviluppo Italia, agenzia del Ministero del Tesoro).

La Benetton investe nel vino con la Maccarese
La corsa alla produzione di vino da parte dei capitani dell'industria italiana continua: adesso è la volta di Benetton. L'ingresso nel mondo di Bacco del famoso gruppo sarà affidato alla Maccarese Spa (amministratore delegato Silvio Salera e direttore generale Claudio Destro), l'azienda acquistata da Benetton nel '99 dall'Iri: per il momento, si baserà su una selezione di bianchi Igt Lazio vendemmia 2000 (Trebbiano e Chardonnay) e rossi Igt Lazio vendemmia 1999 (Merlot), in fase ancora sperimentale (complessivamente, 20.000 bottiglie, di cui 17.000 di vini bianchi). La produzione di vino si aggiunge a quella di carne, latte (con la maggiore produzione italiana) ed ortofrutta, che ha fino adesso costituito il punto di forza dell'attività di Maccarese. Secondo rumors, i Benetton stanno anche trattando, attraverso la 21 Investimenti, vigneti anche in Sicilia.

La sarda Sella & Mosca va in Cina
Con il 2000, arriva la prima vendemmia italiana in Cina: dopo i vani tentativi di diversi produttori italiani, la Sella&Mosca di Alghero riesce nell'intento. I numeri sono ingenti, si parla di oltre un milione di bottiglie che vengono già commercializzate con il marchio proprio Sella&Mosca, attraverso una rete con sede centrale a Pechino più altre 7 rappresentanze sparse in altrettante città. Il tutto è frutto di una operazione iniziata nel 1998 attraverso una joint-venture tra la casa sarda (che detiene il 90%)e la Orticoltural Farm di Pingdu, a Nord di Shangai. La prima vendemmia è frutto di oltre 300 ettari (in concessione dallo Stato) di impianti di Cannonau, Vermentino e vitigni internazionali, nella regione cinese piu' votata alla coltura della vite. Si tratta senza dubbio di un grande traguardo considerato le potenzialità del mercato cinese ed i problemi all'importazione causati da una politica restrittiva di dazi doganali.

Gruppo Italiano Vini (GIV) alla conquista del Sud Italia
In Italia prosegue la strategia di espansione nel Sud, dove il Gruppo Italiano Vini vanta una presenza qualificata in Sicilia, Basilicata e Puglia: è in quest’ultima regione che il GIV ha registrato il colpo più importante acquisendo, tramite GIV Sud, il 60% dell’azienda vinicola Castello Monaci a Salice Salentino (Lecce). Un’azienda moderna di oltre 60 ettari di vigneto, con una potenzialità di espansione a 100 ettari, che produce sia Primitivo che Negroamaro, oltre a varietà internazionali di vini rossi e bianchi. Il GIV Sud possiede anche la maggioranza della siciliana Tenuta Rapitalia e nel 1999 il Giv aveva acquisito Terre degli Svevi a Venosa, in Basilicata. Con queste tre acquisizioni, il GIV ha aggiunto oltre 300 ettari di vigneto che vanno a sommarsi a quelli delle altri 10 aziende che il gruppo veronese possiede nel meridione. Il GIV, inoltre, proprio in questi giorni ha annunciato l’acquisto di Castello Quadrio a Chiuro di Sondrio con l’obiettivo di farlo diventare un punto di riferimento di tutta la vitivinicoltura valtellinese. Il Gruppo Italiano Vini (che annovera marchi del livello di Lamberti, Folonari, Santi, tanto per citarne alcuni), nel 2000, ha realizzato un giro d’affari consolidato (comprese le società commerciali associate Frederick Wildman di New York e la Carniato Europe di Parigi) di 427 miliardi di lire (+6% rispetto al ’99), che porta la holding veronese ad essere la leader nel panorama vitivinicolo italiano.


Dopo la divisione in famiglia, Ambrogio Folonari a caccia di vigneti
Ambrogio Folonari e il figlio Giovanni stanno perfezionando l'acquisto di un'ottima fattoria in quel di Montalcino. Il patriarca dei Folonari, che nell'ormai famosa querelle della divisione della Tenimenti Ruffino era rimasto con il grosso rimpianto della Tenuta Greppone Mazzi (9 ettari di Brunello), finita ai cugini Luigi e Adolfo, non vuol assolutamente rinunciare, nella sua corsa all'alta qualità ad un Brunello di Montalcino (Ambrogio e Giovanni, nella divisione, hanno avuto prodotti top come i supertuscan Cabreo e Pareto, il Chianti Classico Nozzole, il Nobile di Montepulciano Calvano, il Chianti Rufina Spalletti ...). Ambrogio e Giovanni Folonari (che, dalla nuova impresa, ricaveranno 1 milione di bottiglie di alta qualità per 30 miliardi di giro d'affari) avrebbero, stando sempre ai rumors, già definito il "compromesso" per l'acquisto della tenuta a Montalcino.

Chateaux Lafite e la toscana Castellare danno vita alla prima joint-venture italofrancese
E’ finito il tempo della rivalità tra i viticultori italiani ed i loro cugini d’Oltralpe e delle annose dispute sulla superiorità dei rispettivi vini. In Toscana sorgerà infatti la prima azienda vitivinicola frutto di una joint-venture francoitaliana. L’accordo è stato sottoscritto, nel 2001, tra la Domaines Barons de Rothschild (Chateaux Lafite) e la cantina toscana Castellare di Castellina di Paolo Panerai, produttore de “I Sodi di San Niccolò” (Chianti Classico) ed editore del gruppo editoriale Class. L’azienda sarà localizzata in Maremma, nella doc Monteregio (dove hanno fatto acquisti, negli ultimi anni, anche Gianni Zonin ed Ezio Rivella). Il prezzo dell’investimento è stimato in 9 miliardi di lire; la proprietà include 50 ettari, di cui 12 ettari di vigneto.


In Maremma arrivano i veneti Masi e Tommasi e la marchigiana Fazi Battaglia
Tre importanti aziende italiane (le venete Masi e Tommasi e la marchigiana Fazi Battaglia, che però ha anche tenimenti in Toscana) sono in procinto di fare acquisti in Maremma, il nuovo Eldorado del mondo del vino italiano, e quindi si vanno ad aggiungere ad altri grandi nomi del vino che in questi anni hanno creduto nelle potenzialità di questo angolo di Toscana (Zonin, Rivella, Mazzei, Antinori, Frescobaldi, Mondavi, Jacopo Biondi Santi, Stefano Cinelli Colombini, tanto per citarne alcuni). La Fazi Battaglia (conosciuta per la sua bottiglia di Verdicchio, creata dall’architetto milanese Antonio Maiocchi, a forma di “anfora etrusca”, famosa ormai in tutto il mondo) ha raggiunto dimensioni considerevoli e possiede nella zona classica del Verdicchio 400 ettari. Dal Settanta è entrata a far parte del gruppo, anche la Fassati, casa vinicola del Chianti, fondata nel 1913 dal marchese Giuseppe Fassati e nota nel mondo per il suo Nobile di Montepulciano. La Fazi Battaglia è, dal ’93, guidata da Maria Luisa Sparaco, che sta dando alla prestigiosa azienda delle Marche una forte spinta innovativa. La Masi, proprietà dal Settecento della famiglia Boscaini, produce soltanto grandi vini dalle aree storiche di Verona. L’azienda, oggi, dispone di una superficie vitata di 160 ettari in un contesto di terreni che si sviluppano per più di 220 ettari e conta su una produzione annuale di oltre 2 milioni di bottiglie (tra le quali anche gli storici cru delle Tenute dei Conti Serègo Alighieri, discendenti del sommo poeta Dante). La Tommasi Viticoltori è invece un’azienda familiare fondata nel 1902, che si estende su 100 ettari nel cuore della Valpolicella Classica, a nord-ovest di Verona, dove crea sia bianchi (Soave, Lugana e Custoza) che rossi (Amarone Classico, Valpolicella Classico Superiore, Recioto della Valpolicella).

Lungarotti: 5 miliardi di investimento in cantina e nuovi vigneti
“Stiamo prendendo in seria considerazione progetti per un forte allargamento dei nostri interessi nel vino in Umbria”. Teresa Severini, agronomo ed enologo, e Chiara Lungarotti, agronomo e specializzata in viticoltura , le due dinamiche sorelle alla guida della cantina Lungarotti di Torgiano (300 ettari di vigneto, 2,5 milioni di bottiglie di qualità, 23 miliardi di fatturato, eccezionale meta enoturistica, con uno splendido museo del vino ed il suggestivo ristorante-albergo “Le Tre Vaselle”), si lasciano “scappare” un’indiretta conferma alle voci che danno l’importante azienda in predicato di grandi acquisti nelle migliori aree dell’Umbria (Colli del Trasimeno e Montefalco).


Gli Antinori (Piero, Ludovico e Ilaria) ricominciano insieme dalla Toscana
Piero, Ludovico e Ilaria Antinori insieme per un piccolo ma importante progetto sul vino di qualità: da qualche giorno, è insomma realtà la ricomposizione della storica famiglia del vino italiano di alta classe nel mondo. La direzione del progetto degli Antinori, che da secoli esportano nel mondo calici di storia, cultura e tradizione, partirà, logicamente, dalla Toscana, e sarà affidata al figlio di Ilaria, Nicolò Marzichi Lenzi, 25 anni, grande appassionato di cavalli, di vini e molto legato al “country life” (oggi vive a Parigi, con la madre, ma per lungo tempo ha soggiornato in quel di Bolgheri). La nuova impresa, che è in corso di registrazione, dovrebbe avere, entro l’anno, le autorizzazioni per piantare le prime barbatelle (si partirà con 65 ettari) nei terreni già di proprietà degli Antinori, nelle colline di Bibbona (Livorno). La notizia è in controtendenza nel mondo del vino italiano, sempre più contraddistinto dalle molte divisioni e, a volte, da anomale articolazioni familiari. Insomma, anche se Piero Antinori non rinuncerà alla sua azienda (che quest’anno con il Solaia ha toccato il tetto del mondo, stando ai giudizi del “Wine Spectator”, nonchè votato, sempre dai lettori delle rivista Usa, come simbolo nel mondo della migliore enologia), come del resto il fratello Ludovico, creatore del Masseto e dell’Ornellaia e socio in affari con la Mondavi proprio a Bolgheri nella Tenuta Ornellaia, è un importante segnale verso la ricomposizione di una delle più importanti famiglie del vino d’Italia nel mondo.

Investimenti in Tunisia per il produttore siciliano Miccichè
La Sicilia del vino investe in Tunisia: l’obiettivo è la produzione di vini di alta qualità. L’autore di questa impresa è Maurizio Miccichè della casa vinicola Calatrasi di San Cipirello (Palermo), che in Sicilia produce un’ampia gamma di etichette (Terre di Ginestra, Allora e Selian, D’Istinto, Terrale, Accademia del Sole). Miccichè è in joint venture con il Governo della Tunisia, che ha conferito al progetto 1000 ettari in comodato gratuito per 25 anni (la proprietà è nelle mani dello Stato). L’iniziativa economica prevede un investimento complessivo di 10 miliardi in 5 anni ed ha come obiettivo la produzione di 1 milione di bottiglie di vini di alta gamma per il mercato tunisino (un giro annuale di 9 milioni di turisti). In questo primo grande insediamento vitivinicolo in terra d’Africa, già in fase di realizzazione su una superficie di 400 ettaro di vigneti a sud-est di Tunisi, la Calatrasi di Miccichè (24 miliardi di fatturato, con altri due poli produttivi in Sicilia ed in Puglia, nel Salento) ha la maggioranza (60%) della società e spetta la gestione d'impresa. L'iniziativa imprenditoriale ha avuto l’avallo delle autorità siciliane e tunisine, che hanno anche inaugurato di recente due tenute, Domain Hannon e Domain Neferis.

La Cantina La Vis e la Rinaldi Importatori si bevono lo spumante Cesarini Sforza
Cambio di proprietà per la famosa casa spumantistica Cesarini Sforza di Trento: l'acquisto porta la firma della trentina Cantina La Vis, uno dei leader del vino di qualità in Italia, e della Fratelli Rinaldi Importatori di Bologna, tra i maggiori distributori di vini e bevande alcoliche, aziende già partner nella Rinaldi Wine (che opera sempre nel settore della distribuzione). L'acquisto dell'intero pacchetto azionario della prestigiosa casa spumantistica (detenuto, per l'80%, dalla Holding Amonn e per il 20% dai componenti della famiglia dei conti Cesarini Sforza), per la cifra di 10 miliardi, permetterà "alla cantina La Vis di sovrintendere a tutti gli aspetti produttivi e di qualità, e alla Fratelli Rinaldi Importatori di curare le tematiche di carattere commerciale", hanno spiegato i presidenti delle due aziende, rispettivamente Roberto Giacomoni e Giuseppe Tamburi. "Questa operazione è importante per la Cantina La Vis - spiega Roberto Giacomoni - anche perché ancora una volta è un investimento volto alla valorizzazione delle produzioni dei viticoltori associati e perchè conferma ed accresce il valore del marchio Trentino". "Non solo, questa acquisizione - continua Giuseppe Tamburi - ci consente di consolidare il rapporto con la Cantina La Vis e sancisce la correttezza della scelta strategica compiuta nel 1999, con la costituzione della Rinaldi Wine”. "Il primo obiettivo della nuova gestione Cesarini Sforza (di cui l'enologo-manager Fausto Peratoner, direttore generale della La Vis, sarà amministratore delegato) - commentano all'unisono, i presidenti Giacomoni e Tamburi - sarà quello di innalzare ulteriormente la qualità dei prodotti e di perfezionarne l’immagine sui mercato italiano e internazionale". La casa spumantistica Cesarini Sforza produce attualmente 1.200.000 bottiglie (di cui 25% export, soprattutto Germania, Olanda, Belgio, Svizzera, Austria). Fondata nel 1974 dal conte Lamberto Cesarini Sforza, l’azienda (con sede a Ravina, in provincia di Trento), ha sempre avuto una collocazione di assoluto prestigio nel mercato delle "bollicine", con prodotti di riconosciuta qualità sia con il Metodo Classico che con il Metodo Cesarini Sforza Lungo. La cantina La Vis, leader in Italia nella produzione dello Chardonnay (8% della produzione nazionale), in particolare di base spumante, compie così un’operazione strategica volta alla valorizzazione di questo prodotto, oltre che nei vini tranquilli, anche nel mercato degli spumanti quale logico completamento della filiera.


Investimento in Bulgaria per l'Italia del Vino: 300 gli ettari comprati dalla Montalcino Invest (costituita da 25 imprenditori toscani). Acquisti anche in Sicilia.
L’Italia del vino è sbarcata in Bulgaria: da qualche mese, in una delle aree più prestigiose del paese dell’est, sta operando la società di diritto bulgaro, Yac 2000, controllata al 70% dalla finanziaria Montalcino Invest, un pool di 25 imprenditori agricoli e professionisti del settore, soprattutto toscani (il 30% è invece nelle mani di tre imprenditori bulgari: un enologo, un imprenditore ed un manager), che ha acquistato ben 300 ettari di vigneto in questa nazione dall’ottima tradizione vitivinicola (ai tempi del regime comunista, era il sesto produttore al mondo ed uno dei principali esportatori in Gran Bretagna). “Sì - conferma l’amministratore unico della Montalcino Invest (il cda sarà nominato in autunno), Silvano Gambassi, per anni assessore all’agricoltura alla Provincia di Siena - abbiamo comprato 300 ettari nella regione di Jambol (sud-est della Bulgaria) e direttamente da centinaia di contadini, dopo aver percorso in lungo ed in largo la Bulgaria, dal ’97 ad oggi. Il Governo bulgaro ci ha accolto molto bene ed il clima politico-sociale è favorevole a questa impresa”. “Non solo - continua Gambassi - stiamo anche stringendo per altri 500/700 ettari nelle migliori aree del paese (una regione è più ad est di Jambol e l’altra è al confine con la Turchia), dove punteremo anche a costruire le cantine e la società di commercializzazione (la Bulgaria sta ottenendo un innalzamento del 14% della sua quota di vino esente dalle tasse doganali sull'export verso i Paesi Ue, ndr)”. L’investimento, che a regime sarà di 20 miliardi, avrà una durata di 5 anni, a partire proprio dal 2001: “sull’operazione - racconta Gambassi - c’è anche l’interesse della Simest, una spa d’investimenti immobiliari, i cui azionisti sono banche e Ministero per il Commercio Estero”. “Abbiamo fatto questo investimento - spiega ancora Gambassi - non per fare speculazione o per risparmiare sulla manodopera. Abbiamo voluto questa iniziativa imprenditoriale perché crediamo, in primis, nel sistema Paese della Bulgaria (che peraltro, come in Ungheria, si sta evolvendo molto bene ed è affidabile da un punto di vista politico e sociale): la Bulgaria è candidata, nel 2006, ad entrare dell’Unione Europea ed ha già varato una legislazione di convergenza, dove peraltro sono già operanti i fondi UE (Sapard e Phare), che peraltro stiamo già utilizzando per gli investimenti. Ma non solo, l’investimento in Bulgaria è stato fatto anche per la qualità delle risorse umane e per la grande cultura che c’è sul vino in questo Paese”. Ed il primo vino bulgaro della Montalcino Invest ? “Di sicuro, sarà di alta qualità (la produzione sarà per 80% rosso e 20% bianco) e sarà sul mercato nel 2004”. Ma l'investimento in Bulgaria, non è il solo per la Montalcino Invest, che ha anche acquistato un'azienda agricola nelle campagne di Campobello di Licata (in contrada Favarotta). La nuova società, che si chiama "Feudi di Duca di Montalbo", è il frutto di una joint venture tra toscani della Montalcino Invest (per il 40%) e gli imprenditori agricoli Bonetta di Campobello di Licata (quote per il 60%). "Già impiantati 10 ettari di vigneto, tutti a bacca rossa (Nero d'Avola, Syrah, Cabernet Sauvignon). le prime bottiglie tra 2/3 anni. Ma molto presto - spiega Carlo Vittori, uno dei soci della Montalcino Invest (e uomo che segue le sorti di Castello Romitorio, la cantina di Montacino di proprietà del famoso artista Sandro Chia) - saranno anche impiantati altri 20 ettari, per una produzione complessiva di 250.000 bottilie".


Nel segno della civiltà del vino: gli Alighieri tornano in Toscana dopo sette secoli
Gli Alighieri tornano in Toscana venti generazioni dopo l’esilio di Dante da Firenze all’ospitale Verona. Lo fanno grazie al successore di Sommo Poeta, il conte Pieralvise Serégo Alighieri, con l’acquisizione di un podere con 80 ettari di terreno da destinare a vigneto, corredati da ampi fabbricati, in Val d’Orcia, a pochi passi dal territorio del Brunello di Montalcino, nell’area della doc Montecucco, una dei nuovi Eldorado del vino di Toscana (l’investimento, a regime, sarà di 15 miliardi). I legami storico-sentimentali con la Toscana, uniti alla passione per l’attività agricola e la vitivinicoltura, che contraddistingue l’impegno professionale del conte Pieralvise, hanno fatto interrompere definitivamente un distacco che aveva resistito ad ogni tentativo di ricongiungimento.
Il conte Pieralvise Alighieri ricorda ancora come “mentre Dante a Verona componeva il “Purgatorio”, ricevette l’offerta, da parte dei governanti fiorentini, di un perdono e del ritorno in patria, ribadendo la propria innocenza” e “che, nel 1494, si ebbe analogo diniego da parte di Dante III, successore di Piero Alighieri figlio di Dante. L’unico segnale di ripresa dei contatti si ebbe, invece, nel 1865, per il sesto centenario della nascita del Sommo Poeta, quando il Comune di Firenze insignì la famiglia Alighieri del Patriziato fiorentino (titolo del quale Pieralvise si vanta tuttora, ndr). I secoli passano ed ora è il momento della riconciliazione che parte dall’avvio di una attività imprenditoriale del conte Pieralvise, che opera curando le sue “Possessioni”, un centinaio di ettari, a Gargagnago, in Valpolicella, dove, all’interno del gruppo vitivinicolo Masi, produce vini con il marchio Serégo Alighieri, oltre ad altri prodotti alimentari che, per l’alta qualità intrinseca e per il nome Alighieri, trovano successo in Europa come in un’America sempre più affascinata dalla figura del grande poeta.
L’esperienza veronese, che comprende ormai da una decina di anni anche l’ospitalità nella “Foresteria delle Possessioni” per educational ed altre iniziative culturali legate al territorio ed al vino, viene ora reiterata con la proposta del “vino degli Alighieri” e con lo sviluppo dell’attività didattico-ricettiva che affiancherà quella vitivinicola. E’ un ritorno, con il vino, che fa da paciere tra la Toscana e gli Alighieri e che ha avuto la spinta del famoso enologo Ezio Rivella, presidente dell’Unione Italiana Vini e massimo esperto dei vini di Toscana, e dei tecnici del Gruppo Masi, prestigioso produttore, tra l’altro, del celebre vino veronese Amarone. “Sarà - ricorda il conte Pieralvise Alighieri - un’azienda a ciclo completo, con due vini rossi progettuali per la fascia superiore dei mercati mondiali, che saranno pronti a partire dalla vendemmia 2005, il progetto prevede la riorganizzazione dell’intero sistema aziendale. In collaborazione con la Masi e seguendo la propensione del gruppo veneto per l’uso di uve autoctone, punteremo su vigneti locali, a partire da Sangioveto, Canaiolo e Colorino per arrivare a due grandi vini delle terre di Dante. Masi ne curerà, in particolare, la commercializzazione con i suoi consolidati canali. Non sarà, comunque, solo un’azienda, ma un centro di cultura per e sul territorio e per gli appassionati dell’enologia”.
Così, passando per il vino, la ventesima generazione degli Alighieri riapprova in Toscana, creando un “ponte” con Verona e la Valpolicella. Una Valpolicella che, con Masi, Boscaini e Serègo Alighieri si è espansa, seguendo sempre il disegno della valorizzazione delle uve autoctone, ai confini tra Veneto e Friuli, proponendo i vini “modello Veneto” e che, in aprile al Vinitaly di Verona, presenterà anche i suoi nuovi vini realizzati sui terreni e negli impianti di Mendoza, in Argentina.

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