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Da California ad Australia, da Francia a Spagna, è allarme nel mondo, secondo molti studiosi, per le malattie della vite. In Italia? “Niente catastrofi, ma la guardia va tenuta alta”: a WineNews Leonardo Valenti e Attilio Scienza (Università Milano)

Italia
La vite colpita da mal dell’esca

Da più parti nel mondo arrivano diversi allarmi, e diversi studiosi concordano: i vigneti del pianeta sono sempre più colpiti da malattie del legno di varia natura, e la situazione è molto simile a quella della crisi della fillossera, che mise in ginocchio la viticoltura europea nell’Ottocento. Pareri raccolti da “Wine Spectator”, secondo cui dalla Spagna alla California, dalla Svizzera all’Australia, fino alla Francia, i viticoltori stanno assistendo ad una diffusione rapida ed importante di malattie e funghi.
Un allarme condiviso da nomi come David Gramaje, patologo dell’Instituto de Ciencias de la Vid y del Vino della Rioja, in Spagna, o Richard Smart, uno dei più affermati consulenti di viticoltura dell’area australiana e non solo, fino a Kendra Baumgartner, dell’Università di Davis, che arriva a sostenere che “ogni singolo vigneto in California è afflitto, o lo sta diventando, da almeno una malattia della vite, anche se con livelli di gravità variabile, e la situazione è esattamente identica a quella della crisi della fillossera”.
Un fenomeno da non sottovalutare, secondo gli studiosi, e che ha già un impatto economico importante: secondo l’Institut Français de la Vigne et du Vin, per esempio, il 12% del vigneto di Francia è reso improduttivo dalle malattie, ed il 5-6% deve essere ripiantato ogni anno, e tutto questo “costa” all’industria enoica del Paese 1 miliardo di dollari ogni anno.
Il dibattito è forte su questi temi: c’è chi mette sotto accusa i vivaisti, chi certe pratiche di vigna, chi la meccanizzazione della viticoltura, che secondo i detrattori della cosa crea più ferite e danni alle viti, favorendo lo sviluppo di patologie come i mal dell’Esca, per esempio.
Ed il problema vero è che, nonostante i progressi della ricerca scientifica in materia di viticoltura, quanto certe malattie si diffondo del vigneto, non ci sono moltissime soluzioni, se non tagliare le piante malate e ripiantarle.
Per questo, dicono i ricercatori, è importante più che mai continuare nella ricerca, valutare le azioni più efficaci da mettere in campo, il più possibile coordinate a livello mondiale, ed agire in fretta, affinché i produttori di vino non si ritrovino davvero immersi in una crisi come quella, gravissima, della fillossera.
“Parlare di allarmismo in questo senso forse oggi è un po’ esagerato - commenta a WineNews Leonardo Valenti, docente di Viticoltura all’Università di Milano - ma in ogni caso bisogna tenere altissima l’attenzione perché questo catastrofismo non si concretizzi davvero. Anche in Italia queste malattie ci sono e ci conviviamo da oltre 20 anni, ci sono parecchi istituti di ricerca impegnati su questo tema, che lavorano anche con buoni risultati. Almeno da noi non c’è una situazione drammatica, a livello generale. C’è un 2% di vigneto Italia che ogni anno viene colpito da qualche malattia e nel caso si interviene come meglio si può. Parlare di una situazione simile alla crisi della fillossera mi sembra eccessivo, ma nondimeno il livello di guardia è giusto mantenerlo altissimo perché tutto rimanga entro termini gestibili”.
Sulla stessa linea di pensiero il professor Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura ed enologia a livello mondiale: “l’attenzione deve essere altra, ma senza catastrofismi, perché oggi siamo in grado di monitorare e gestire queste situazione. Le malattie ci sono sempre state, quello che è cambiato sono le tecniche di lotta. È chiaro che l’aumento degli scambi commerciali, la diffusione della viticoltura anche dove non c’è mai stata, e altri fattori come l’invecchiamento dei vigneti, con piante dai legni meno resistenti, una viticoltura spesso intensiva e aggressiva e magari potatura meno accurate e controllate, hanno portato anche ad una maggiore diffusione di malattie come peronospora, oidio, mal dell’esca. Anche per effetto del cambiamento climatico, che talvolta favorisce la vita dei vettori di queste patologie anche dove prima non erano mai stati rilevati. Senza contare che, come è noto, nel tempo funghi, batteri e così via sviluppano delle resistenze ai trattamenti. Per tutti questi motivi in futuro bisogna pensare ad una viticoltura meno intensiva e aggressiva, ad una rotazione dei prodotti di difesa perché si creino meno resistenze, e ovviamente alla ricerca genetica per avere varietà sempre più resistenti alle malattie, mettendo a punto dei sistemi per l’espressione di quel patrimonio genetico che già esiste, e potenzialmente capace di difendere la vite, che ancora non si è sviluppato appieno. Quindi è bene tenere alta l’attenzione, tutto questo terrorismo psicologico mi sembra eccessivo”.

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