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OBIETTIVO RILANCIO

Dalla produzione ai consumi, il 2023 della birra è stato difficile: “ridurre le accise per crescere”

L’appello di AssoBirra che ha presentato il Report 2023: una flessione generale che ha interessato anche l’export (-5,36%) e l’import (-7,5%)
ADOLFO URSO, ASSOBIRRA, BIRRA, CONSUMI, EXPORT, IMPORTAZIONI, MINISTERO DELLE IMPRESE E DEL MADE IN ITALY, PRODUZIONE, Non Solo Vino
Il 2023 è stato un anno difficile per la birra italiana

La bevanda della “condivisione”, amata dai giovani e che in un periodo storico dove il fattore gradazione sembra essere sempre più determinante, con la sua leggerezza, ha le potenzialità per conquistare nuovi consumatori: fattori che sorridono alla birra che, però, nel 2023 non ha vissuto un anno di quelli memorabili, soffrendo uno scenario in cui ha inciso l’inflazione e quindi il calo di potere d’acquisto degli italiani con una diminuzione di mercato in termini di produzione, import, export e consumi. Un anno di sfide e complessità, ma anche di resilienza e capacità di adattamento. Si può riassumere così il 2023 della birra in Italia: dodici mesi che, nonostante l’evidente contrazione di mercato, hanno comunque confermato la solidità del comparto birrario italiano, capace di mantenere viva la propria capacità di reinventarsi con innovazione e investimenti, ma che, oggi, ha bisogno di sostegno per tornare a crescere. A fotografare lo stato di salute del segmento brassicolo, è l’Annual Report 2023 di AssoBirra, l’associazione più rappresentativa del settore birrario in Italia che riunisce le maggiori aziende che producono e commercializzano birra e malto nel Belpaese che, complessivamente, coprono più del 92% della produzione di birra nazionale e rappresentano il 72% di birra immessa al consumo nel nostro Paese. Nel 2023 si è registrata una flessione di produzione (-5,02%), consumi (-5,85%), export (-5,36%) e import (-7,5%) di birra, chiari segnali di un settore che ha sofferto lungo tutto l’asse della filiera produttiva, agricola e della distribuzione fino ai punti di consumo e vendita. Ma nei primi mesi 2024 il trend di decrescita sembrerebbe essersi fermato e, qualora la stagione estiva dovesse segnare una ripresa, le prospettive di lungo periodo tornerebbero positive, perché supportate dalla crescita della cultura birraria e dalla solida reputazione del prodotto brassicolo italiano, come testimoniato dalle ricerche e dai mercati.
Secondo i dati di AssoBirra, nel 2023 la produzione di birra in Italia ha raggiunto 17,4 milioni di ettolitri, registrando una contrazione del 5,02% rispetto ai 18,3 milioni di ettolitri del 2022, ma superando i livelli pre-pandemici del 2019 (17,3 milioni di ettolitri) e quasi eguagliando il 2021 (17,8 milioni di ettolitri). I consumi, seppur in calo rispetto al record del 2022 (22,5 milioni di ettolitri), si sono attestati a 21,2 milioni di ettolitri nel 2023, facendo segnare un decremento del 5,85%, ma mantenendo una quota che supera il massimo storico di consumo registrato fino a quel momento (21,2 milioni di ettolitri nel 2019) e che supera quella del 2021, delineando una crescita di oltre 20 punti percentuali (20,9%) rispetto a dieci anni fa (17,5 milioni di ettolitri nel 2013). I consumi di birra low e no alcol nel 2023 hanno rappresentato l’1,86% del totale. L’import di birra ha registrato una flessione del 7,55% sull’anno precedente, pari a 600.000 ettolitri, con 7,4 milioni di ettolitri a fronte degli 8 milioni del 2022. La Germania, che, ricorda AssoBirra, “gode di una tassazione 4 volte inferiore a quella italiana”, rimane il principale Paese di origine dell’import, con il 41,7% del totale delle importazioni, seguita da Belgio (con una quota del 20,7%), Paesi Bassi (9,8%) e Polonia (9,4%). Tra i Paesi non comunitari, che assommano un dato globale del 2,2% dell’import, il maggior esportatore verso il nostro Paese è il Regno Unito, con quasi 95.000 ettolitri su 135.000 del totale non Ue. Anche l’export mostra un aggregato inferiore a quello del 2022 (3,6 milioni di ettolitri nel 2023, con un -5,36% rispetto ai 3,8 dell’anno precedente). La distribuzione dell’export vede un calo della quota verso il Regno Unito (44,1% vs il 48,2% del 2022, pari a -250.000 ettolitri nel 2022), ma un aumento delle esportazioni verso Albania e soprattutto Francia, con un dato in crescita del 57%. Tra i canali distributivi e di consumo riemerge il fuori casa che nel 2023 registra un +1,8% sull’anno precedente, di fatto mantenendo gli stessi volumi, con consumi complessivi leggermente inferiori agli 8 milioni di ettolitri, bilanciando in parte l’ampia flessione di consumo domestico del canale Gdo, che hanno dovuto fare i conti con una forte elasticità della domanda e della riduzione del potere d’acquisto.
Il settore brassicolo vede l’occupazione di oltre 100.000 operatori in oltre 1.000 aziende (1.012 realtà del settore tra birrifici, microbirrifici e malterie), crea un valore condiviso di 10,2 miliardi di euro (equivalente allo 0,54% del Pil) e, soprattutto, “unica tra le bevande da pasto - fa notare AssoBirra - versa all’Erario oltre 700 milioni in accise annue che si sommano alla contribuzione fiscale ordinaria”. In virtù del contesto attuale, AssoBirra ritiene fondamentale “prendere decisioni certe e positive sul versante fiscale, che consentano alle aziende della filiera birraria di tornare a dedicare risorse economiche, generare una crescita sostenibile nel tempo e competere sui mercati internazionali, oggi meno rallentati da tassazione e burocrazia e dunque più liberi di investire”. AssoBirra ha elencato i fattori che impattano sulla possibilità di tornare a crescere, e quindi il cambiamento climatico, con i conseguenti rincari e la difficile reperibilità di alcune materie prime, l’aumentato costo dell’energia e, ultimo, ma non per importanza, la spinta inflattiva di tutti i prodotti, incluso il largo consumo. Questi fattori hanno generato una riduzione del potere di acquisto generalizzata, particolarmente sentita dal settore birrario “a causa del peso aggiuntivo - rispetto alle altre bevande da pasto - delle accise. Questo tipo di tassazione rientra infatti nella costruzione del prezzo della birra sullo scaffale, nei bar, nei ristoranti e nelle pizzerie: un fattore che concorre quindi alla contrazione di mercato, togliendo risorse alle imprese nella filiera e agevolando di conseguenza le importazioni di birra da alcuni mercati a basso carico fiscale”. Il sostegno richiesto da AssoBirra è, “in primis, un percorso di riduzione strutturale delle accise a cui la birra è soggetta, per poter confermare gli investimenti, e così stimolare la ripresa del mercato, generando ricchezza per il nostro Paese. L’obiettivo è ottenere una politica fiscale più equa, che possa consentire agli attori del settore di fare innovazione, proseguire i piani di sostenibilità e l’utilizzo di tecnologie avanzate, essenziali per la crescita organica, sostenibile e di lungo periodo del comparto birrario. Pertanto, è cruciale affrontare questa problematica evidenziando come le accise influiscano negativamente sia sulla capacità di investimento delle aziende che sulla competitività del settore”.
Alfredo Pratolongo, presidente AssoBirra, ha dichiarato che “i consumi si sono ridotti quest’anno di quasi sei punti percentuali. Per il futuro rimango positivo perché la birra in Italia è ormai diventata una bevanda da pasto, identificata con la convivialità informale, apprezzata per le sue caratteristiche di leggerezza, versatilità, naturalezza e basso contenuto alcolemico, oppure analcolica”, ma “è altresì indispensabile non perdere il focus sugli impegni che ci attendono nei mesi a venire, la necessità di procedure più semplici e snelle di accesso ai fondi nazionali e comunitari, l’aggiornamento di alcuni articoli della legge della birra e, auspichiamo, un alleggerimento della pressione fiscale specifica. Le accise in particolare risultano tanto più afflittive poiché penalizzano le aziende italiane rispetto a quelle che lavorano in Paesi, per così dire, maggiormente beer friendly in termini di tassazione, nei confronti dei quali esiste di fatto una sorta di spread che penalizza le aziende italiane. E, specularmente, favoriscono il business delle loro aziende nazionali, stimolandone la competitività e quindi anche l’esportazione di birre in Italia perché, pagando molte meno accise in patria, hanno margini più alti e possono quindi essere più competitive con la birra che esportano da noi”. Non manca comunque la fiducia per il futuro, Pratolongo sostiene che “la capacità di innovare degli imprenditori, sia a livello di prodotto che nelle strategie di sostenibilità, ci permette di rispondere alle esigenze dei consumatori, attuali e prospettiche, e di fare leva su alcuni macro-trend del mercato italiano: localismo, salubrità e leggerezza, che consentono di far apprezzare ai consumatori la grande varietà e qualità dell’offerta brassicola in Italia. Le aziende hanno investito in tecnologie avanzate e pratiche sostenibili, valorizzando i territori e il patrimonio culturale del nostro Paese, portando la birra ad essere oggi una bevanda da pasto integrata nelle abitudini degli italiani e un’icona della convivialità, nonché un prodotto democratico e accessibile”.
Temi come sostenibilità e transizione ecologica rimangono poi una priorità per AssoBirra. Federico Sannella, vice presidente AssoBirra con delega a Transizione Ecologica e Sostenibilità, ha spiegato che “innovazione tecnologica e sviluppo si nutrono soprattutto di investimenti economici, ed è qui che il ruolo del comparto di trasformazione è strategico, centrale, imprescindibile. In tempi ove i costi dell’energia incidono a tal punto, il cammino verso la neutralità carbonica necessita di un cambio di strategia, un’azione non più solo individuale, bensì sistemica, del comparto industriale nella sua interezza. Non perdiamo di vista come il riuso, e in generale ogni trasformazione, imponga forti investimenti. È una materia al momento assai fluida, ed è cruciale rimanere vigili e pronti a cogliere ogni opportunità. Le soluzioni ad hoc potrebbero stare in un punto di congiunzione tra i due sistemi. Ed è qui che si inserisce il lavoro tecnico che portiamo avanti in AssoBirra, mirato a individuare da un lato la strategia più performante e sostenibile, sia a livello macro che associativo, dall’altro, in quanto guida del segmento, ad identificare modelli compatibili con le necessità delle singole imprese”. Una sostenibilità che è anche sociale, come dimostra l’impegno a promuovere comportamenti in linea con uno stile di consumo responsabile delle bevande alcoliche, ad esempio con investimenti in prodotti a zero o bassa gradazione alcolica, o ancora in materia di diversità, equità e inclusione. Sannella ha aggiunto che “la trasformazione ambientale non può prescindere da quella digitale e già da tempo AssoBirra è impegnata sui temi della Dei (Diversity, Equity and Inclusion), ma non è solo un problema del comparto. L’accesso delle donne al mondo della produzione a tutti i livelli, ai settori digitali, alle tecnologie avanzate, all’intelligenza artificiale, è ancora troppo limitato ed è una tendenza che va invertita, adesso senza ulteriori indugi. Di tutti gli investimenti possibili, quello sul capitale umano è il più urgente e promettente”.
Alla presentazione del report, ieri, a Roma, è intervenuto anche il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso che ha parlato di “un comparto che sta investendo molto in innovazione del prodotto e che oggi affianca sempre più, e completa, l’offerta delle bevande che già realizziamo nel nostro Paese. Penso sia importante ricordare quello che abbiamo fatto per le produzioni italiane, e ormai la birra è una di queste, con la legge quadro sul made in Italy che sta dispiegando i suoi effetti sul tessuto artigianale e industriale. Anche il settore brassicolo potrà oltretutto rafforzarsi e innovarsi ulteriormente beneficiando del piano transizione 5.0 che coniuga per la prima volta in Europa transizione digitale, energetica e ambientale, con oltre 13 miliardi di crediti fiscali utilizzabili dalle imprese nel biennio 2023-24. Sarà importante poi sviluppare le competenze idonee: a tal fine, il provvedimento prevede che il 10% delle risorse possono essere utilizzate per la formazione del personale. Sarà il piano più avanzato in Europa per rendere più competitive le imprese italiane”.

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