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IL RITRATTO

Ezio Rivella, il protagonista del cambiamento del vino italiano, nei ricordi di chi lo ha conosciuto

Elizabeth Koenig (Banfi), Riccardo Cotarella, Luigi Moio, Attilio Scienza, Alberto Mattiacci e WineNews (Alessandro Regoli e Irene Chiari)
ALBERTO MATTIACCI, Alessandro Regoli, ATTILIO SCIENZA, BANFI, ELIZABETH KOENIG, EZIO RIVELLA, IRENE CHIARI, LUIGI MOIO, RICCARDO COTARELLA, vino, WINENEWS, Italia
Ezio Rivella, il grande protagonista del cambiamento del vino italiano

Per molto tempo considerato un “pazzo” per le sue idee, forse troppo avanti per i tempi, come raccontato più volte da lui stesso, poi da molti preso a modello, tra i primi enologi del vino ad aver impostato un progetto di grande azienda, Banfi, a Montalcino, chiamato da John Mariani, con il controllo completo della filiera, dalla vigna alla bottiglia. Un innovatore ed un pioniere, il Cavaliere del Lavoro Ezio Rivella, che, partito dalla sua Castagnole Lanze, dove è nato nel 1933, in un territorio astigiano (e in un mondo del vino) ben diverso da quello di ora, molto più povero, economicamente, ma con un futuro tutto da costruire, ha conquistato il mondo, nel mercato, ma anche a livello istituzionale, ricoprendo in massimi incarichi delle rappresentanze del vino a livello italiano, innovando e sperimentando, grazie ad una cultura enologica e ad una conoscenza tecnica straordinaria, uniti ad una capacità di visione fuori dal comune. Un uomo ed un professionista, Ezio Rivella, dalla cui storia, e dai ricordi di uomini e rappresentanti del vino che lo hanno conosciuto e che ci hanno collaborato, di cui emerge soprattutto la capacità di essere pioniere, e di aver avuto un ruolo fondamentale nel passaggio dalla quantità alla qualità, del vino italiano, del cambiamento da un interventismo di tipo più “chimico” ad uno più fisico e meccanico nella produzione, e di aver capito prima di altri il valore della comunicazione, ma anche quello delle persone per il destino di aziende e territori del vino.
“Difficile riassumere così tanti anni di rapporto. Non è stata solo una collaborazione, ci ha proprio cresciuti. Ha scelto persone nelle quali vedeva delle qualità, ma nessuno di noi, tra cui Rudy Buratti e Pablo Härri che purtroppo non ci sono più, aveva idea dell’avventura in cui ci avrebbe coinvolto. È stato sempre l’ufficiale degli Alpini pronto a reclutare persone fidate per scalare la montagna e portare sempre a termine un compito. Bisogna rendere merito e onore a Rivella. Da solo non avrebbe potuto fare queste grandi cose, ma noi, senza la sua guida, non saremmo i professionisti e gli imprenditori che siamo adesso - ricorda Elizabeth Koenig, vice presidente Banfi - era il “deus ex machina” non solo di Banfi ma anche di Montalcino, che mi ricordo bene nei primi Anni Ottanta del Novecento quando la girava nella jeep militare aperta. È stata un’avventura, ha tracciato la strada che ha portato dove siamo oggi. Ha avuto la visione, ma mentre altri si fermano davanti alle prime difficoltà, lui no. Mi diceva che la vita era come un palcoscenico, che bisognava salirci e fare una rappresentazione al meglio delle proprie abilità. Aveva perso una figlia, e forse era per questo che volle al suo fianco persone giovani. Per colmare un dolore forte, ma che non ha mai mostrato. Probabilmente ha cercato di realizzarsi anche attraverso di noi - sottolinea Koenig, che iniziò a lavorare a Banfi proprio come segretaria di Rivella - mi faceva fare il dettato per ore, sia in italiano che in francese, lingua che conosceva benissimo. Vorrei essere ricordata come la sua mano destra”.
“Quella di Rivella è stata una vita spesa per la vitivinicoltura, vissuta a 360 gradi, occupandosi sia degli aspetti più tecnici, ma anche manageriali”, scrive Assoenologi, di cui Ezio Rivella è stato presidente dal 1975 al 1986, uno dei tanti incarichi di prestigio che ha ricoperto, visto che è stato presidente per 9 anni dell’Union International des Oenologues, e delegato ufficiale italiano all’Oiv, dove per 6 anni ha ricoperto anche la carica di vicepresidente. Agli inizi degli Anni Novanta era stato nominato anche presidente del Comitato Nazionale della Denominazione di Origine dei Vini, un lavoro di coordinamento, il suo, che aveva portato all’applicazione della Legge 164 sulle Doc, e anche presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), all’inizio degli Anni Duemila, oltre che presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, per due anni, tra il 2010 ed il 2012. “Ezio Rivella è stato il presidente per eccellenza di Assoenologi. È stato uno dei protagonisti assoluti dell’enologia italiana, in particolare negli Anni Settanta, Ottanta e Novanta del secolo scorso, quando il nostro settore era ancora alla ricerca di un’identità e di una posizione. Se esiste l’enologia moderna ed evoluta, motivo principale del rinascimento dei vini italiani, lo dobbiamo in larga parte a Ezio Rivella, un autentico pioniere del mondo del vino. Capace di interpretare la professione con doti manageriali e imprenditoriali. Così come se oggi Assoenologi è l’associazione che tutti conosciamo, lo dobbiamo anche al suo ultra decennale impegno alla guida degli enologi ed enotecnici italiani, avvenuto a cavallo tra la metà degli Anni Settanta ed Ottanta del Novecento. Ci lascia un grande professionista, un amico e soprattutto un grande uomo”, commenta il presidente Assoenologi, Riccardo Cotarella.
“Entrai in Assoenologi quando avevo 19 anni, nel Consiglio Nazionale, proprio sotto la sua presidenza, per me è stato una sorta di padre putativo”, racconta ancora Luigi Moio, oggi presidente dell’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino, in cui lo stesso Rivella “è stato molto attivo, lavorando per la diffusione della cultura del vino. Mi riempì di orgoglio quando dopo l’uscita del mio libro “Il Respiro del Vino” mi scrisse una lunga lettera, come faceva spesso, per dirmi che il volume doveva stare tra i grandi classici internazionali dell’enologia. Per anni ho portato gli studenti di Agraria a visitare Banfi, azienda modello che lui aveva costruito e dove ci accoglieva personalmente. Lui ha vissuto in prima persona il cambio di visione in cui si passò da un un’enologia in cui si iniziò ad intervenire più dal punto di vista fisico e meccanico che con la chimica. Ha lavorato e sperimentato molto con le tecniche di filtrazione, con la refrigerazione delle uve, ma anche, per esempio, sulla macerazione carbonica per la produzione vino novello, lavorano alla rifermentazione naturale in quelle che lui chiama “pentole”. Si è dedicato molto a questo aspetto e ai macchinari, aveva anche una società di impiantistica enologica, ed il suo lavoro sulla corretta gestione di questi aspetti è stato molto importante”.
Ma di Ezio Rivella c’è chi ricorda il pionierismo nel pensare alla comunicazione del vino, come Alberto Mattiacci, docente dell’Università La Sapienza di Roma, e curatore del libro “Io e Brunello - Come portai Montalcino nel mondo” dello stesso Rivella (edito nel 2008 da Baldini Castoldi Dalai, ndr). “Con lui ho avuto due grandi esperienze, quando da presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino mi commissionò uno studio sull’equilibrio di mercato tra Rosso di Montalcino e Brunello di Montalcin, e questo sodalizio nel curare il suo libro. Trasversale a queste due esperienze mi resta l’idea di un uomo che partiva da una grande competenza tecnica per arrivare ad una visione a 360 gradi del vino, compresi tutti gli aspetti di comunicazione, che non è un “di più”, ma è il trasferimento del valore intrinseco del prodotto alla gente. È sempre stata una sua ossessione: Ezio Rivella sapeva che fare un buon vino è metà dall’opera, perché se non riuscivi a far capire il suo valore, la sua storia, l’esperienza che poteva dare il berlo mancava un pezzo. Scrivendo il libro delle sue memorie la cosa che mi ha colpito è che questi ragionamenti li faceva già negli Anni Settanta del Novecento. Quando presentammo lo studio su Rosso e Brunello di Montalcino, che aveva come anima ispiratrice Ezio Rivella, che voleva far capire anche come questi due vini fossero prodotti diversi con dignità diverse, e si parlava di marketing e comunicazione, la gente, anche alcuni produttori, mi presero a male parole, alcuni pensavano che questa roba fosse “alternativa” alla qualità e alla purezza del prodotto. Invece lui era già oltre, aveva la capacità di vedere orizzonti che gli altri non vedono. Questo il professionistaEzio Rivella. Dell’uomo, che ho conosciuto, ed a cui mi ispiro molto - continua il professor Alberto Mattiacci - ricordo che prima ti studiava, ma se ti riconosceva un valore ti metteva subito al suo pari, cercava il valore delle persone e le metteva in condizioni di esprimerlo. È una cosa che molti imprenditori del vino di oggi, e molti di coloro che guidano i Consorzi, dovrebbero imparare. Montalcino dovrebbe intitolargli almeno una via: senza Rivella Montalcino non sarebbe stato come poi è diventato”.
A collaborare, a Montalcino, tra i vigneti di Banfi, e non solo, con Ezio Rivella, nei primi anni, c’era anche un giovane Attilio Scienza, che oggi, tra le altre cose, è attualmente presidente del Comitato Nazionale Vini, come lo fu lo stesso Ezio Rivella. “Ezio Rivella è stato il protagonista del cambiamento della figura dell’enotecnico in enologo, ha creduto nella formazione universitaria dell’enotecnico per trasformarlo in enologo a livello italiano ed europeo, e con il suo lavoro si è arrivati alla legge del 1992 che ha portato al riconoscimento della figura dell’enologo dopo il percorso universitario. È stato un protagonista del vino italiano. All’inizio della sua carriera da enologo - racconta Attilio Scienza - Rivella ha cambiato anche la qualità dei vini dei Castelli Romani, ha introdotto la stabilizzazione a freddo dei vini bianchi, che prima si faceva con una sterilizzazione “a caldo”, e ha fatto cambiare molto il profilo dei vini di quel territorio e di quelli che producevano vini da pasto più in generale. Questo gli portò fama e lo fece chiamare dai Mariani per costruire Banfi, di cui è stato il deus ex machina, ed a cui Banfi deve le sue fortune. In questa grande avventura, Ezio Rivella mi chiamò a Banfi, lavorammo insieme per 10 anni alla costruzione dei vigneti, aveva grande stima di me, e facemmo anche tanti viaggi insieme, con l’Ice, per raccontare i vini italiani nel mondo. Io all’epoca ero molto giovane, e avevo anche bisogno di una sorta di “tutore” per entrare negli ambienti importanti del vino, anche a livello istituzionale. E per me in questo fu un padre, severo ma giusto, mi ha aiutato molto, ne ho un grande ricordo, mi ha sempre sostenuto, e c’è sempre stato un rapporto di amicizia e di grande stima reciproca”.
Proprio nel momento in cui Banfi, sotto la guida di Ezio Rivella, esplodeva, agli inizi degli Anni Novanta, Alessandro Regoli, già giornalista, e Irene Chiari, comunicatrice d’impresa, e poi fondatori di WineNews (nel 2000), lavorarono a lungo insieme allo stesso Rivella, per la comunicazione del vino italiano, come lo stesso Rivella ricorda nel suo libro: “buon viaggio Cavaliere, rimarrà sempre nei nostri cuori, perché le saremo sempre grati - è il sincero e commosso pensiero dei fondatori di WineNews, Alessandro Regoli e Irene Chiari - con stima infinita e affetto senza tempo: enologo, manager, e le due cose assieme in un termine coniato per lei, ma anche un vero maestro della comunicazione, quella che vede pensieri, idee e contenuti uniti all’azione veloce e ben veicolati ai media e che si sono rivelati fondamentali per la crescita dell’immagine del vino italiano nel mondo, di pari passo con il suo grande lavoro, davvero difficile da sintetizzare negli aspetti tecnici e imprenditoriali, ma che ci ha fatto vivere in prima persona accanto a lei. Una crescita che, a maggior ragione, vale per il territorio dove lei ha portato progettualità, innovazione, tecnologia, professionalità, sviluppo, fantasia, occupazione, immagine, trasformando l’utopia e il sogno dell’“azienda ideale” in realtà. Cavaliere, lei è stato davvero un pilastro dell’enologia italiana moderna”.

Focus - L’enologo-manager Ezio Rivella ... nel ricordo di Unione Italiana Vini (Uiv) e del Consorzio del Brunello di Montalcino (di cui è stato presidente, ndr), e non solo
“La denominazione è come una bicicletta: se sopra non c’è un buon corridore non serve a nulla”: con queste sue parole, invece, lo ricorda Unione Italiana Vini (Uiv), di cui Rivella è stato anche presidente, dal 2001 al 2005. “Ezio Rivella - ha detto il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi - è stato molto più di un enologo per il mondo del vino. Da ricordare il suo pionieristico contributo alla promozione del vino italiano all’estero, ma anche il suo impegno di tutela per le imprese e le denominazioni del nostro Paese. Un uomo che ha vissuto per il mondo del vino arrivando ad essere uno dei principali protagonisti della crescita del made in Italy enologico nel mondo”.
“Ezio Rivella è stata una delle figure che più ha contribuito al successo del Brunello di Montalcino in Italia e nel mondo. Fondatore con la famiglia italoamericana Mariani di Castello Banfi e tra i primi a ricoprire nel settore la figura di enologo-manager, Ezio Rivella ha lavorato con dedizione alla crescita qualitativa e identitaria del brand Brunello, rivestendo anche la carica di presidente del Consorzio, dal 2010 al 2012. Lo ricordiamo con affetto e gratitudine. Ad Ezio Rivella va il merito di aver portato il Brunello di Montalcino fuori dai confini nazionali, aprendo le porte del mercato statunitense e rendendolo un vino conosciuto e affermato a livello mondiale, contribuendo così anche al suo successo commerciale”, è il ricordo del Consorzio del Brunello di Montalcino, per voce del presidente Fabrizio Bindocci.
Ma, soprattutto, con “il Cavaliere”, se ne va l’ultimo dei grandi “saggi” del territorio, che dialogavano tra loro, e che, con Franco Biondi Santi, “custode” dell’invenzione del Brunello da parte della sua famiglia nella Tenuta Greppo alla fine dell’Ottocento, e con Francesca Colombini Cinelli, la “signora” della Fattoria dei Barbi, pionera nel puntare sull’enoturismo e sulla cultura (con il prestigioso Premio Barbi Colombini e gli intellettuali che ha portato nel territorio), mentre il celebre rosso iniziava a conquistare i mercati del mondo proprio grazie ad Ezio Rivella, hanno contribuito a farne un “unicum” ancora oggi.
“Un enologo, un manager, un precursore, un professionista che ha fatto grande il vino italiano nel mondo. Ha contributo in maniera rilevante a qualificare il vino italiano ed a far conoscere questo che oggi è il simbolo del made in Italy, un comparto che crea economia, valore sociale, turismo e qualità, valorizzando le denominazioni di origine e facendo anche acquisire consapevolezza delle potenzialità del comparto: così Angelo Radica, presidente delle Città del Vino, ricorda dell’enologo Ezio Rivella. “E’ stato un imprenditore innovativo e lungimirante, che ha rivoluzionato il mondo del vino e contribuito a far diventare le etichette italiane sinonimo di prestigio e qualità” commenta Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti, la morte di Rivella, all’età di 91 anni, primo enologo-manager del vino italiano. Anche la Fondazione Masi ricorda Ezio Rivella, uno dei primi insigniti del premio dedicato alla Civiltà del Vino nel 1998 e da allora sempre sostenitore delle iniziative della Fondazione Masi, oltre ad essere stato in giuria appositamente istituita per individuare e onorare le più significative personalità internazionali nel mondo del vino. Uno dei produttori più importanti e famosi dell’Amarone della Valpolicella, e vice presidente della Fondazione Masi Sandro Boscaini, con la presidente della Fondazione, Isabella Bossi Fedrigotti, ricorda “l’amico Ezio Rivella, uno dei pochi uomini del vino che lo hanno onorato con alta perizia tecnica, promosso nel mondo come imprenditore avveduto e di successo e codificato e tutelato nelle più prestigiose sedi istituzionali nazionali e internazionali. Il mondo del vino tanto gli deve e mancherà, assieme alla sua lunga esperienza, il suo tratto signorile, la sua schiettezza e la generosità nei confronti dei tanti colleghi e amici. Ha contribuito, come pochi altri, al rinascimento del vino italiano negli Anni Settanta del Novecento ed a lui si deve il rilancio internazionale del Brunello di Montalcino”.
Ezio Rivella è stata una figura di spicco del comparto vinicolo nazionale e mondiale, e fu protagonista non solo nella produzione, ma anche nella promozione di grandi vini italiani, tra cui il Brachetto d’Acqui. Lo ricorda così Paolo Ricagno, presidente del Consorzio Vini d’Acqui, che tutela il Brachetto d’Acqui docg: “negli anni della globalizzazione - dice Ricagno - fu proprio Ezio Rivella, allora direttore enologo della Banfi, insieme alla direttrice vendite di quel periodo, Giuseppina Viglierchio, ad andare negli Usa e perorare diffusamente e con passione la causa del Brachetto d’Acqui, presentandolo e facendolo assaggiare ad operatori e ristoratori e individuandolo come unico vino rosso dolce aromatico in grado di intercettare i gusti di quel periodo dei consumatori americani. Fu un’intuizione che non solo permise a Banfi di diventare il maggior produttore di Brachetto d’Acqui negli Stai Uniti, ma anche ad aprire quel mercato ad altri brand e ad un vino ottenuto da un vitigno italiano al 100%. Un trend che continua ancora oggi”.

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