Non più una novità, ma piuttosto una costante che inizia ad assumere connotati sempre più preoccupanti. La siccità e, allo stesso tempo, la troppa acqua, è un fenomeno reale e allarmante che “spacca” l’Italia con i numeri che tratteggiano una situazione critica ovviamente anche per il mondo dell’agricoltura: 1,7 milioni di metri cubi d’acqua giornalmente necessari per concludere la stagione agricola nell’assetata Basilicata, 1.500 litri al secondo, rilasciati dai grandi laghi del Nord Italia, alimentando fiumi già a rischio d’esondazione (in Piemonte, oltre a numerosi torrenti, è tracimato il Terdoppio) e su cui si abbattono anche improvvise “bombe d’acqua” (276 millimetri di pioggia in 24 ore su Arcisate, nel Varesino). Così tanta acqua a luglio nel fiume Po erano vent’anni che non si rivedeva, in molte stazioni di rilevamento la portata è doppia rispetto alla media, mentre nell’Alessandrino è addirittura tre volte e mezzo superiore alla norma; a Pontelagoscuro, all’inizio del delta, il flusso in alveo è superiore del 69% al consueto. Uno scenario fotografato dall’Anbi (Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue) che evidenza come in Italia si sta consumando il paradosso di un Paese impegnato al Nord a far defluire velocemente l’acqua in mare (avendo esaurito le poche possibilità di trattenerla) prima che ondate di caldo africano causino la repentina fusione della gran massa di neve ancora presente sulle vette alpine, mentre il Sud (con preoccupanti propaggini al Centro) non ha quasi più acqua dolce a disposizione per vivere, produrre ed accogliere turisti. A breve non sono previste piogge sul Meridione e vi sarà un ulteriore aumento delle temperature sia dell’aria che del mare (fino a 30 gradi), mentre le regioni settentrionali continueranno ad essere interessate da perturbazioni a carattere di rovescio.
“È incredibile”, spiega Francesco Vincenzi, presidente Anbi, “al Nord i raccolti sono penalizzati dall’impossibilità di accedere a campi fradici d’acqua, al Sud da terreni aridi e resi produttivi solo da apporti irrigui in progressiva fase d’esaurimento. Bisogna accelerare sulle politiche di adattamento alla nuova condizione climatica, che si accentuerà negli anni a venire”. Il report settimanale dell’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche conferma che al Nord i laghi sono tutti vicini al 100% del riempimento con Benaco e Sebino prossimi o superiori al massimo storico.
In Valle d’Aosta, dove sono alle prese con la conta dei danni e la rimozione del fango dopo l’alluvione di due settimane fa, la Dora Baltea ha una portata di oltre il 185% superiore alla media ed anche il torrente Lys registra un flusso di 12,50 mc/s (metro cubo al secondo, ndr) contro i 2 che fluivano lo scorso anno in questo periodo. In Piemonte, i nubifragi (nel novarese, cumulate fino a 140 millimetri in 48 ore) hanno colpito un territorio già imbibito e con una riserva nivale ancora abbondante e pronta a sciogliersi (738 milioni di metri cubi, cioè il 157% in più della media con record nel Piemonte Sud ed Ovest, dove si registra rispettivamente +727% e +508%), creando forti preoccupazioni per la tenuta di corsi d’acqua già al limite. Il mese di giugno è stato molto piovoso e le precipitazioni sono state il 28% superiori alla media con punte di +70% sulle zone meridionali e con bacini come quelli di Orba e Bormida, che hanno registrato surplus pluviometrici tra il 101% ed il 133%. Anche le acque sotterranee, che fino all’anno scorso risultavano scarse, registrano oggi livelli generalmente superiori alla media (fonte citata: Arpa Piemonte).
In Lombardia, dove le piogge dei giorni scorsi hanno messo a dura prova diversi territori (cumulate prossime ai 200 mm nelle 24 ore in provincia di Varese), la portata del fiume Adda si attesta a 614 mc/s, cioè 3 volte quella media, registrata negli scorsi 6 anni; la riserva nivale segna +246% sulla media, mentre il totale delle riserve idriche è +46% sulla norma.
In Veneto i fiumi stanno tornando alla normalità, pur mantenendo portate quasi doppie rispetto a quelle del periodo (Adige, 465,41 mc/s contro 268 mc/s; Livenza, 135,74 mc/s contro 76 mc/s); da registrare anche la crescita del Piave che segna +673% sulla media. Sulla regione le piogge di giugno sono state il 134% in più della media (fonte citata: ArpaV).
In Emilia-Romagna lo stato dei fiumi appenninici risulta diversificato a seconda delle zone: lungo la fascia adriatica soffrono i bacini dei fiumi Reno, Savio e Lamone, così come il Taro nella fascia più occidentale; ottime, invece, le “perfomances” di Secchia ed Enza. Rimangono al colmo i bacini piacentini di Molato e di Mignano.
La Liguria, risparmiata dall’ondata di maltempo che ha colpito il Nord, vede decrescere i livelli dei corsi d’acqua, che però, fatta eccezione per l’Entella, mantengono altezze idrometriche, maggiori del normale. Anche in Toscana è deciso il calo dei livelli fluviali con l’Ombrone, che scende sotto il Deflusso Minimo Vitale fissato a 2 metri cubi al secondo. Molto negativi sono i dati sulle portate dei fiumi nelle Marche: Potenza, Esino e Tronto sono ai minimi degli anni recenti. A salvare l’agricoltura della regione ci pensano le riserve idriche, trattenute negli invasi, che conservano ancora volumi pari ad oltre 50 milioni di metri cubi.
In Umbria, nel mese di giugno sono caduti mediamente 38 millimetri di pioggia; l’invaso di Maroggia trattiene quasi la metà dei volumi invasabili (2.84 milioni di metri cubi su una capacità di 5,80). Il Lago Trasimeno è al minimo da oltre 20 anni a questa parte con un’altezza idrometrica di metri -1,42 (media -0,61), perdendo rispetto all’anno scorso, quando già era profondamente in crisi, ulteriori 26 centimetri.
Nel Lazio è drammatica la situazione di quei laghi vulcanici che, pur non rappresentando più da tempo una riserva d’acqua utilizzabile, restano un imprescindibile elemento di bellezza del territorio e biodiversità. L’altezza idrometrica nell’invaso di Bracciano si è abbassata di 30 centimetri in 12 mesi, rimanendo costantemente oltre un metro sotto lo zero idrometrico. Ancora peggio fanno il lago di Nemi (quest’anno è più basso di 57 centimetri rispetto ad un anno fa) e di Albano (calato di 10 cm in un mese e dove le strutture per la balneazione, costruite anni fa su palafitte, distano ormai una trentina di metri dall’acqua). Restano invariate le portate del fiume Tevere (- 44% sulla media del periodo), così come deficitarie rimangono quelle dell’Aniene e del Velino (rispettivamente -33% e - 27%).
Allarme rosso in Abruzzo, dove si stanno azzerando i volumi trattenuti nella diga di Penne, in cui rimangono solamente 1,33 milioni di metri cubi (in questo periodo il bacino ne dovrebbe contenere almeno 7 milioni in più) con una riduzione di livello pari a circa 15 metri, costringendo alla sospensione dei prelievi irrigui. Si tratta del dato peggiore da almeno 10 anni, causato dalla mancanza di pioggia, che da circa un anno sta interessando la regione e che a giugno ha toccato -31%, colpendo soprattutto le province di Pescara (-51,3%) e de L’Aquila (-43,6%) con record negativo a Sulmona, dove il deficit tocca -72%. Nell’Abruzzo meridionale le criticità idriche sono riscontrabili negli esigui volumi invasati nel bacino di Chiauci, un’opera strategica costruita in territorio molisano, ma a servizio della regione confinante: attualmente la diga trattiene 4,15 milioni di metri cubi, corrispondenti al 46% dell’acqua potenzialmente invasabile, garantendo l’erogazione di 1.000 litri al secondo ma, a causa degli afflussi minimi dal fiume Trigno e qualora le condizioni climatiche non mutino, tale risorsa si esaurirà entro la seconda decade di agosto. Sul Fucino la situazione è meno complessa e viene gestita con interruzioni delle erogazioni irrigue nel fine settimana per consentire la ricarica di portata nei canali.
In Molise sono fortemente ridotte le portate del fiume Volturno, ai minimi del più recente quinquennio. La situazione idrica permane stabile in Campania, dove non si registrano particolari criticità inerenti lo stato dei fiumi. Negli invasi lucani rimangono volumi pari 262 milioni di metri cubi, equivalenti al 35% della capacità complessiva: dall’anno scorso si sono “persi” oltre 204 milioni di metri cubi d’acqua.
In Puglia, i bacini rilasciano ogni giorno 1,4 milioni di metri cubi d’acqua: ne rimangono solamente 127 milioni, cioè il 48% del volume di riempimento autorizzato. Il deficit sul 2023 è di oltre 170 milioni di metri cubi.
E se in Calabria viene segnalata l’ulteriore riduzione di portata del fiume Coscile, oggi a 44,9 metri cubi al secondo, in Sicilia, tra maggio e giugno, l’acqua negli invasi, nonostante le numerose limitazioni all’uso e le interruzioni delle erogazioni, si era ridotta a 288,45 milioni di metri cubi (la capacità degli invasi è poco meno di 1 miliardo di metri cubi), ma quella realmente utilizzabile era meno di 150 milioni di metri cubi ed oggi sarà ulteriormente diminuita.
Infine, negli invasi della Sardegna, in solo un mese si sono “persi” circa 98 milioni di metri cubi d’acqua: ora ne restano1048 (l’anno scorso erano 1457) con quasi tutti i bacini della regione sono classificati ad un livello di allerta.
“Come segnalato da tempo - sottolinea Massimo Gargano, dg Anbi - l’emergenza siccità ha raggiunto anche ampie zone dell’Italia centrale, evidenziando l’importanza delle infrastrutture irrigue: se nella Marche, così come in Puglia e Basilicata al Sud, l’apporto idrico dagli invasi permette di gestire le criticità, in Abruzzo si è costretti a ridurre o, peggio, sospendere l’irrigazione con grave danno per l’ambiente, ma soprattutto per l’agricoltura che, è bene sempre ricordarlo, produce cibo”.
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