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FORUM BANCA MPS SUL VINO ITALIANO: EXPORT ANCORA LEVA DECISIVA PER L’ITALIA ENOICA, MA CON VOLUMI MINORI (QUELLI DEL 2012 POTREBBERO TORNARE AI LIVELLI DEL 2010). CINA E RUSSIA GLI SBOCCHI COMMERCIALI PIÙ PROMETTENTI MA MERCATO INTERNO ANCORA IN CALO

Italia
Forum sul vino by Banca Mps ... Ma la Banca senese è anche produttrice

È un bilancio in chiaro-scuro, quello tracciato per il vino italiano, dalla ricerca “Tendenze e prospettive della filiera vitivinicola”, il “terzo atto” del Forum sul vino del Monte dei Paschi, appuntamento tardo autunnale del mondo vitivinicolo nazionale per fare bilanci e tracciare le nuove tendenze del made in Italy in bottiglia. Se si conferma l’importanza dell’export per l’imprenditoria vitivinicola del Belpaese, che nel 2011 ha fruttato il 45% degli incassi totali della cantine Italiane, con il record di 4,4 miliardi di euro, il 2012 potrebbe portare un’ulteriore crescita nel valore, ma anche una certa diminuzione in volume. Al punto che l’Italia che, nel 2011, ha visto una quota pari al 24% del mercato mondiale, in quantità esportate, potrebbe perdere il suo primato ed essere addirittura superata dalla Spagna.
Il vino Italiano esportato, ad oggi (dati luglio 2012), ha visto nell’Unione Europea il suo sbocco principale, con il 51,8% dei volumi. Ma il mercato Ue, e considerando anche il picco raggiunto nel 2011, potrebbe essere arrivato alla sua “saturazione”. Ed ecco perché, nonostante gli imprenditori del vino italiani siano ben coscienti delle criticità e delle difficoltà che esistono sui nuovi mercati, dalla concorrenza più spietata fino alle politiche più adeguate di customer-satisfaction, la stragrande maggioranza dei produttori vitivinicoli sondati dall’Osservatorio di Banca Mps, indica nei mercati extraeuropei quelli con il potenziale più alto per il futuro. E non solo i già affermati Stati Uniti (dove l’Italia è leader in volume e valore), o gli emergenti “consolidati” Russia e Cina.
Ma anche Paesi sudamericani come Argentina Brasile e Messico, quelli dell’estremo Oriente come Corea del Sud, Thailandia e India o i Paesi dell’Est europeo, dall’Ungheria alla Romania, dalla Polonia alla Repubblica Ceca, fino ai Paesi dell’ex Jugoslavia. Ma se l’export è sempre più al centro dei pensieri del vino italiano, visto che solo fuori confine è possibile una crescita dei consumi (in Italia siamo ormai tra i 37 ed i 35 litri litri pro capite, e, per di più, in lento ma costante calo ulteriore), i produttori fanno i conti anche con una vendemmia tra le più scarse degli ultimi decenni, a livello non solo italiano (39,3 milioni di ettolitri, secondo dati non ancora definitivi) e mondiale. Che, incontrando una domanda globale in crescita se pure moderata, ha portato, secondo Ismea, ad un aumento dei prezzi all’origine, sia nei vini a denominazione che, soprattutto, nei vini comuni, che negli ultimi 3 mesi sono cresciuti anche del 40% sul 2011. Ma nel complesso, si respira una certa positività tra gli imprenditori vinicoli italiani: il 66% prevede una crescita di fatturato nel 2013, e l’82% un aumento dell’export, seppur contenuto, nell’ordine del 5%.
Un effetto più che plausibile visto che il 2011 è stato l’anno dei record per il settore, con gli scambi internazionali che hanno raggiunto i 100 milioni di ettolitri. L’Italia si è mantenuta leader con una quota pari a quasi il 24% del commercio mondiale nel 2011, ma il primo semestre del 2012 segna un incremento delle pressioni competitive per il Bel Paese, tanto che in termini di volumi di vino esportati potrebbe addirittura materializzarsi il sorpasso della Spagna ai danni dell’Italia.
E nel commercio internazionale degli ultimi anni, quelli della crisi economica, ad emergere non senza numeri interessanti sono stati anche i vini sfusi, che rappresentano quasi il 40% del totale contro il 33% del 2006 ed il 36% del 2010. In valore invece la quota, pur in discreta progressione, non supera il 12%. Sembrano diversi i motivi dell’accresciuta domanda di sfuso, ma su tutti spicca la necessità di contenere i costi (trasporto, logistica ecc.). A questa criticità si somma una campagna produttiva mondiale del 2012 che si prospetta come una delle più scarse degli ultimi decenni. Secondo l’Oiv, la produzione mondiale di vino nell’anno in corso scenderà sotto i 250 milioni di hl. Anche per l’Italia Ismea e Uiv stimano un minimo storico con una produzione che potrebbe attestarsi su volumi inferiori ai 40 milioni di ettolitri.
Intanto, mentre i consumi mondiali mostrano una lenta ma tendenziale crescita, il mercato interno sconta una riduzione strutturale dei consumi. Se negli anni ‘70 ogni italiano beveva oltre 100 litri, ora il consumo pro capite si attesta tra i 35 ed i 37 litri. A livello congiunturale, peraltro, si registrano minori acquisti di vino in volume ma un aumento della relativa spesa. Sarà interessante vedere nei prossimi mesi cosa accadrà ai prezzi al consumo visto l’importante incremento registrato da Ismea nella fase alla produzione. Gli aumenti dei prezzi all’origine, infatti, si sono fatti particolarmente significativi con l’inizio della vendemmia 2012, quando era ormai evidente che le disponibilità sarebbero state limitate. Gli incrementi più significativi, secondo Ismea si sono avuti nel segmento dei vini comuni, dove negli ultimi tre mesi si è superato il +40%, mentre nel segmento dei vini Dop gli aumenti sono stati sì importanti ma non così accentuati.
In questo contesto, l’export diviene quindi il principale driver della domanda. Nel 2011 le esportazioni costituiscono oltre il 45% della produzione in valore; ma se da un lato in termini di quantità il 2012 potrebbe comportare un ritorno dei volumi sui livelli del 2010 (intorno ai 21,5 milioni di hl), la crescita in termini di valore non sembra arrestarsi (4,4 milioni di euro nel 2011). Nel corso degli anni 2000 si è assistito ad una ricomposizione dei mercati di sbocco. A partire dal 2000 l’area Extra Ue-27 diviene l’area più dinamica per le esportazioni italiane sia in valore che in quantità. L’Unione Europea, sebbene rimanga il primo mercato di sbocco (51,8% la quota di volumi assorbiti dall’Unione secondo i dati disponibili a luglio 2012, vs il 48,2% extra Ue), mostra un andamento piuttosto costante nelle quantità esportate, che tuttavia hanno raggiunto il loro picco nel 2011, evidenziando una certa dose di “saturazione” del mercato.
Le maggiori potenzialità in termini di valore e volumi si riscontrano, infatti, fuori dell’Unione ed anche il campione di produttori intervistati da Banca MPS si mostra conscio delle possibilità e altresì delle criticità da affrontare per raggiungere mercati nuovi o distanti. In particolare l’Osservatorio di Banca MPS (basato su questionari ed interviste ad un campione di aziende produttrici in proprio di vino, il 90% delle quali esportatrice) evidenzia le difficoltà che i produttori incontrano nel mantenere rapporti corretti e vantaggiosi con gli importatori a cui si rivolgono, i quali divengono la principale controparte per la penetrazione del nuovo mercato, spesso protetto. L’export, è pertanto un mercato di sbocco essenziale, nonostante non sia così semplice decidere dove, come e con quale partner. Il dove diventa una domanda fondamentale in un momento in cui il 40% delle importazioni mondiali è appannaggio di soli 3 Paesi. Ma sempre più “nuovi consumatori” si stanno affacciando al mercato del vino. Dopo Cina e Russia, infatti, ci si domanda quali siano questi mercati potenzialmente interessanti.
Ismea ha fatto un’analisi dei dati derivanti da una specifica banca dati sul commercio con l’estero, proponendo 3 insiemi di Paesi “appetibili” per l’export. Un gruppo importante è quello rappresentato dai Paesi dell’Est europeo, comunitari e non, che negli ultimi cinque anni hanno incrementato notevolmente la propria domanda. A questi si affiancano i Paesi sudamericani, come Brasile e Messico, o quelli dell’Estremo Oriente quali la corea del Sud. Certo i volumi sono ancora piuttosto limitati e solo in pochi casi superano il milione di ettolitri importati, ma i tassi di crescita sono talvolta travolgenti.

Focus - Indice di prezzo del vino: Mps Wine Index
L’indice di pressione competitiva elaborato dalla Research di Banca Mps, calcolato come prezzo medio ponderato per le quantità esportate, nei primi mesi del 2012, mostra un incremento delle quotazioni del nostro “vino sintetico” in controtendenza con il future Liv-ex Fine Wine 100 Index, il principale benchmark dell’industria mondiale del vino.
L’elevata correlazione tra i due indicatori continua ad essere confermata a partire dal secondo bimestre 2012 con il Live-ex Fine Wine che torna a rappresentare un buon anticipatore dell’indice MPS con un lag temporale di circa 3/6 mesi e che ci porta ad ipotizzare una sostanziale oscillazione dei tassi di crescita dei prezzi dei vini italiani attorno agli attuali valori nel prossimo futuro. Compatibilmente con una dinamica dei prezzi che dovrebbe mantenersi sugli attuali livelli, le risposte dell’Osservatorio di Banca MPS evidenziano per il fatturato 2013 attese di risultati migliori rispetto all’anno precedente; la dinamica positiva dovrebbe essere trainata ancora dalle esportazioni, segnalate in crescita per il prossimo anno da quasi l’82% del campione intervistato.
La ripartizione delle risposte nei range da noi prescelti risulta tuttavia diversificata e sembra evidenziare una certa prudenza: la maggioranza dei rispondenti, infatti, ipotizza una crescita contenuta entro il +5% per l’export. Si noti come dai questionari emergano altre curiosità; una su tutte: intercettare il “gusto differente di consumo” di consumatori stranieri, non sembra così essenziale per penetrare “altri” mercati. Al di là delle possibili cause che hanno comportato una rottura della correlazione tra l’Mps Wine Index ed il Live Ex Fine wine 100 ad inizio 2012 (essenzialmente fenomeni one-off che hanno inciso sui costi fissi per i vini italiani - ad esempio Iva, incremento prezzo carburanti - e fenomeni di smobilitazione di portafoglio da parte dei principali istituti finanziari mondiali che, alle prese con problemi di liquidità, hanno provveduto a liquidare anche le loro posizioni in derivati, contribuendo a raffreddare le quotazioni dei fine wines al livello globale - qualcuno ha addirittura evocato lo scoppio della “bolla” per i vini Bordeaux -), l’andamento rialzista nelle quotazioni del nostro “vino sintetico”, assieme alla ricomposizione delle varie tipologie di vino sull’export italiano, che almeno nella prima parte del 2012 sembra indirizzarsi verso una maggior ricerca della qualità, segnalano un’importante inversione di tendenza; in un mercato estremamente competitivo come quello del vino, la ricerca del prezzo “equo” diventa essenziale e più importante della ricerca dei volumi: “solo il prezzo adeguato alla qualità risulta il driver per dare la giusta collocazione del vino italiano nel contesto internazionale”.
Un prezzo elevato non necessariamente corrisponde ad aumentate tensioni competitive se la qualità sottostante è evidente. Un prezzo di vendita più elevato non deve semplicemente riflettere un incremento dei costi fissi all’origine (compresi i costi burocratici), ma divenire sinonimo di qualità. Essenziale a tal fine risulta l’investimento sulla diffusione del brand ed adeguate strategie di marketing per educare i consumatori sulle reali qualità del vino italiano anche di fascia di prezzo inferiore. I prossimi anni risulteranno decisivi per capire se e con quale decisione tale strada è stata intrapresa e quali siano le reali potenzialità in termini di margini, oppure se l’incremento odierno dei prezzi ha riflettuto in gran parte l’aumento dei costi fissi intervenuto negli ultimi anni.

Focus - Osservatorio Banca Mps: per il futuro cosa si attendono i produttori
Sulle prospettive per il 2013, le risposte del campione dell’Osservatorio di Banca MPS evidenziano, per il fatturato, attese di risultati migliori rispetto all’anno precedente. Gli operatori che prospettano un aumento delle vendite risultano oltre il 66% del campione (contro il 56% registrato l’anno passato), con il 27,6% che ipotizza (ma spesso si augura) una crescita superiore al 5%.
Non mancano, però, aziende che segnalano come l’eventuale aggravarsi della crisi economica e finanziaria possa sensibilmente ridurre le probabilità dell’avverarsi delle attese. L’evoluzione dell’export 2013 è segnalata come in crescita da quasi l’82% del campione dell’Osservatorio di Banca MPS, una percentuale molto simile quindi, al risultato dall’elaborazione dei questionari del 2011 (che segnava un 80-81%). La ripartizione delle risposte è, però, diversificata e sembra evidenziare una certa prudenza sulle possibilità del ripetersi degli aumenti del biennio 2010-11. La maggioranza dei rispondenti ipotizza, infatti, una dinamica contenuta entro il +5%.

Focus - Indagine Ismea sull’internazionalizzazione delle imprese
L’indagine Ismea (giugno 2012) focalizzata sull’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari evidenzia l’indiscutibile orientamento all’export delle imprese vitivinicole, rispetto a quelle dell’intero comparto agroalimentare: il 70% delle imprese vitivinicole intervistate esporta contro il 35% del totale agroalimentare (dati Panel Ismea). Tra le imprese esportatrici, quelle con fatturato in crescita (2011 versus 2010) risultano essere il 23% per il comparto agroalimentare e il 43% per il solo settore vitivinicolo, mentre quelle con fatturato in flessione il 12% per l’intero panel ed il 27% del settore vitivinicolo. Tra le imprese non esportatrici, invece, quelle in crescita rappresentano il 22% nell’aggregato del totale agroalimentare ed il 14% nel settore del vino; tra quelle con fatturato in flessione, il 43% appartengono al panel complessivo ed il 16% al settore del vino. L’orientamento all’export e il successo oltre confine dei vini italiani rispetto ai prodotti dell’intero comparto agroalimentare, emerge anche osservando i risultati relativi all’incidenza del fatturato estero tra i due aggregati, quello del totale agroalimentare e quello del settore vitivinicolo. Tra le imprese che esportano, infatti, l’incidenza media del fatturato estero su quello totale si attesta al 37% per il settore del vino, mentre risulta pari al 24% per l’intero panel.
Dai risultati dell’indagine è emerso che l’89% delle imprese esportatrici, sia per l’intero panel, sia per le sole imprese vitivinicole, si avvale di un solo canale di commercializzazione all’estero, il resto, invece, utilizza una combinazione di soluzioni. È questo Il punto di debolezza delle imprese esportatrici italiane: una scarsa presenza oltre confine con proprie sedi commerciali (solo 6/72 imprese). Tra le modalità più utilizzate emerge il ricorso a importatori/esportatori, soluzione scelta dal 76% delle imprese del panel complessivo e dall’80% di quelle vitivinicole.
Tra le imprese che non esportano le motivazioni maggiormente indicate come fattori di esclusivo orientamento al mercato interno ricadono: nella dimensione troppo piccola per potersi permettere una struttura commerciale adeguata; nella tendenza degli operatori ad accontentarsi dei risultati del mercato interno; nelle caratteristiche estrinseche del prodotto che lo rendono talmente particolare da non essere apprezzato sul mercato internazionale; nella mancanza delle certificazioni necessarie per poter esportare.

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