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L’INTERVISTA

“Grande attenzione, ma niente panico. Non credo a rivoluzioni nel vino”. Parla Renzo Cotarella

A WineNews la visione del presente e del futuro post Covid dell’ad della Marchesi Antinori, la realtà n. 1 del vino italiano

La flotta del vino italiano sta attraversando, come quella di ogni altro settore, la tempesta Covid. Una tempesta che ancora è difficile da superare, ma va affrontata con la consapevolezza che si può evitare un naufragio che in troppi, forse, danno per inevitabile. “Grande attenzione, in altre parole, ma assolutamente niente panico, perchè qualcosa cambierà, ma non credo a delle rivoluzioni dei modelli di consumo di vino”. È il messaggio che arriva da Renzo Cotarella, uno dei manager più esperti del vino italiano, e “timoniere” (amministratore delegato) dalla nave ammiraglia dell’Italia enoica, la Marchesi Antinori, la più importante realtà privata del vino italiano, incarnazione di una storia di famiglia di 26 generazioni, oggi guidata da Albiera Antinori, con le sorelle Allegra e Alessia ed il “Leonardo da Vinci contemporaneo del vino italiano”, Piero Antinori, con oltre 222 milioni di euro di fatturato nel 2019, 2.937 ettari di vigneti con tenute nei territori più importanti d’Italia (una galassia di cui fanno parte Tenuta Tignanello, Badia a Passignano, Pèppoli, Antinori nel Chianti Classico, Pian delle Vigne a Montalcino, Tenuta Guado al Tasso a Bolgheri, Tenuta Montenisa in Franciacorta, Le Mortelle in Maremma, Fattoria Aldobrandesca, Tenuta Monteloro e La Braccesca in Toscana, Prunotto in Piemonte, Tormaresca in Puglia e Castello della Sala in Umbria), e una redditività pazzesca con un rapporto tra ebitda e fatturato del 47,5% (secondo l’analisi della giornalista economica Anna Di Martino).
“È evidente che ci siano condizioni di criticità - sottolinea Cotarella - soprattutto per realtà come la nostra che sono molto orientate all’on-trade e all’alto di gamma, perchè la ristorazione d’Italia e del mondo (che nel complesso per Antinori vale oltre il 60% delle vendite, ndr) è in grande difficoltà, soprattutto, pensando al nostro Paese, nei centri delle città che vivono di turismo straniero, che ora non c’è, e con i consumi frenati anche dal ricorso massiccio allo smart working. Ma detto questo, almeno dal nostro osservatorio, le previsioni di -35/-40% a fine anno per il settore mi sembrano eccessive in negativo. Certamente non sarà un anno normale il 2020, e con la grande incertezza che c’è non solo sulla durata della pandemia, ma anche nella sua gestione, è difficile fare previsioni, ma credo che ci si potrà assestare tra un -15% ed un -25%”.
Un colpo duro, sicuramente, ma non insostenibile. “Anche perchè la pandemia era un evento imprevisto, ovviamente, ma chi fa vino e agricoltura sa che ci sono dei rischi, e a volte basta una gelata che ti taglia il 20% della produzione di un’annata, e di conseguenza il giro d’affari. Sono situazioni che vanno gestite, con grande attenzione, ma senza panico, soprattutto quando si ha una solidità non solo economica, ma anche di marchio e di gestione come Antinori, anche grazie ad una famiglia proprietaria che non ha mai drenato risorse all’azienda, ma lasciato tutto al suo interno e reinvestito sempre gli utili. E che ha costruito anche un team manageriale che condivide al 100% i suoi valori”. Il futuro prossimo, ovviamente, dipenderà dai mercati, sottolinea Cotarella. “Quelli a monopolio tutto sommato funzionano bene; bisognerà vedere quanto velocemente recupererà l’Asia, e capire come evolverà la situazione in Usa, dove tutto sommato i consumi in quantità non sono poi così diversi dall’anno scorso, ma ovviamente in questa fase soffrono i valori, perchè cambia il mix. Noi come Antinori abbiamo la fortuna di avere un brand forte e diversi vini di altissimo livello anche in quantità significative, dal Tignanello al Solaia, dal Brunello di Montalcino ai vini del Chianti Classico, dal Matarocchio di Guado al Tasso, a Bolgheri, al Cervaro della Sala del Castello della Sala, per citarne alcuni, e questo aiuta. Chiaramente si fa più fatica in questa fase, ma si deve guardare in prospettiva con fiducia e ottimismo. Nel nostro caso particolare, poi, paradossalmente sarà l’occasione per ricostituire un po’ di scorte di questi grandi vini, visto che da anni viviamo una strutturale mancanza di prodotto rispetto alle richieste del mercato”.
Secondo Cotarella, poi, questa fase di difficoltà portata da un evento inatteso come la pandemia, può essere messa a frutto. “Nel business del vino, così come si pensa al futuro quando si pianta un vigneto che inizierà a dare vino dopo diversi anni, altrettanto si deve fare quando si pensa al futuro di un’azienda. Io credo che questa situazione porterà certamente a qualche cambiamento delle nostre abitudini nel breve-medio termine, ma non ad uno sconvolgimento. Al ristorante, per esempio, si è andati fino ad oggi per il piacere di farlo e non credo che questo sia destinato a cambiare. Come non cambierà in modo strutturale la gestione del mercato alla lunga, e credo che la catena azienda-agente-cliente non sia in discussione. Certamente cambierà un po’ il ruolo dell’agente, che dovrà essere solo venditore ma sempre più promotore del brand e dei vini. È indubbio che certi processi come la crescita dell’e-commerce, che era già in atto, abbia subito un’accelerazione importante ma in una direzione che comunque era già segnata e che la pandemia ha favorito. Io per origine, Piero Antinori per passione e convincimento, siamo legatissimi all’agricoltura, che ha le sue regole, i suoi ritmi, e da questo deriva la convinzione che le cose non cambiano mai strutturalmente in maniera improvvisa, ma sempre graduale. Questa crisi imporrà certamente di lavorare sull'efficientamento dei processi e su una maggiore semplificazione degli stessi. Il servizio al cliente sarà ancora più centrale e competitivo così come la qualità e la personalità dei prodotti.
Di certo, la ripresa del settore passa sia dalla lungimiranza e dalla forza delle aziende, sia dal supporto dello Stato. E su questo la visione di Renzo Cotarella è chiara. “Bisogna premettere che il mercato del vino è una cosa decisamente complessa e articolata, spesso difficile da capire fino in fondo, e non si può pensare che una misura che va bene dove si produce fino a 500 quintali ad ettaro per fare vini generici possa servire anche in una realtà come quella del Brunello di Montalcino dove si ragiona su 70 quintali ad ettaro, per citare due estremi. Va certamente riconosciuto che non è ne facile ne banale gestire il settore. Detto questo, tra i 50 milioni di euro per la distillazione ed i 100 per la vendemmia verde messi a disposizione specificamente per il settore, dico solo che si tratta di meno dell’1% del giro d’affari di un settore che alla produzione vale 12-13 miliardi, ed è un numero che si commenta da solo. Per fare una battuta, ci sono più risorse per il “bonus monopattino”. Ma al di là di questo, più che sostegni alla produzione, io credo che si debba aiutare il consumo. La riduzione di qualche punto di Iva per un periodo di tempo limitato a favore dei consumi di vino e della ristorazione, per esempio, non credo che sia impossibile da fare. E poi sulle misure specifiche ci sono delle considerazioni da fare. La distillazione toglie un po’ di prodotto generico dal mercato, genera un minimo di liquidità anche se si parla di cifre minime. Ma la vendemmia verde così come è la ritengo assolutamente inutile soprattutto nelle aree di produzione di primissima fascia. È una misura che i produttori che fanno qualità già adottano autonomamente, ma lo fanno per garantire la migliore qualità, non per produrre meno. Nessuno butta uve buone capaci di dare grandi vini solo per produrne meno. Ma detto ciò, più in generale, credo che dobbiamo sfruttare questo momento e anche le tante risorse economiche in arrivo dall’Europa, in parte a debito in parte a fondo perduto, per un ammodernamento strutturale del nostro Paese. Le imprese devono essere messe in condizioni di svolgere al meglio la loro attività, ovvero di produrre e fare mercato per generare reddito e lavoro. La scuola deve ritornare ad essere centrale nella formazione e soprattutto nell'istruzione e creare così le future classi dirigenti. La semplificazione deve essere reale e non solo annunciata e l'etica deve essere centrale nella gestione del Paese e dell'Impresa.
Secondo alcuni osservatori, però, la crisi di liquidità che molte aziende stanno vivendo, potrebbe portare anche un’accelerazione di quel fenomeno di acquisizioni e fusioni di aziende che già negli ultimi anni, in Italia e non solo, è cresciuto di molto. “È possibile, ma è anche un rischio, per come la vedo io. Nel senso che il vino italiano è interessante anche perchè è costituito da una moltitudine di aziende grandi e piccole, e una eccessiva concentrazione non penso sia un fenomeno positivo. E non è neanche nella struttura del vino del Vecchio Mondo, anche perché le nostre realtà più grandi non arrivano certo alle dimensioni di colossi del nuovo mondo come possono essere Gallo in Usa o Treasury Wine Estate, per fare degli esempi. È fondamentale superare questa crisi di liquidità; le aziende in questo devono essere sostenute, perchè perdere delle realtà, anche se piccole ma importanti, sarebbe un impoverimento anche per il valore di certe denominazioni. È chiaro che ci sono delle difficoltà evidenti; tante cantine piccole e medio/piccole vivono molto di un turismo nei territori del vino che oggi manca. Ci sono poi realtà dove la passione per questo mondo così affascinante ha spinto alcuni imprenditori ad investire indebitandosi in maniera importante, e in una situazione come questa è naturale che ci siano maggiori difficoltà. Dico anche che servirebbe un maggiore sostegno alle piccole aziende, magari attraverso i Consorzi, pensando soprattutto a tematiche come la liquidità, ma anche agli spazi fisici che servono in cantina o per fare magazzino.
Ora, però - conclude Cotarella - è il momento di ragionare da formiche, più che da cicale. Per quanto riguarda una possibile espansione di Antinori non siamo, in linea di principio, interessati a nuove acquisizioni. Se capita l’occasione della vita saremo costretti a farci una riflessione . Abbiamo comunque già tanti progetti in cantiere, e tante potenzialità ancora da esprimere”.

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