Il vino italiano, con la sua immensa varietà e ricchezza, ha i suoi territori di eccellenza. E, dentro a questi territori, ci sono cantine e vini che, a loro modo, sono leader, e capaci più di altri di raccontare i territori, e, di conseguenza, l’Italia del vino, a chi li assaggia. Vini che, migliori tra i migliori, sono in qualche modo simbolici, didascalici, quelli che non si possono non assaggiare, per capire i territori stessi in cui nascono. A selezionare i “101 migliori vini italiani”, nel numero di Giugno 2023, che ha per titolo di copertina “La Dolce Vita - Il mondo italiano del piacere in tutte le sue sfaccettature”, è l’autorevole magazine tedesco Falstaff, la voce più seguita in un mercato quello teutonico, che, per i produttori italiani, è il più importante dopo quello americano. In quella che, spiega a WineNews, il corrispondente dall’Italia, Otmar Kiem, “non è un classifica, ma una selezione di vini di altissima qualità ed interessanti, che, secondo noi, sono quelli fondamentali da assaggiare per capire la varietà e la diversità del vino italiano, e l’essenza di alcuni territori. Una lista da cui mancano tantissimi altri grandi nomi, ovviamente, ma capace di costruire un racconto articolato dell’enologia tricolore”.
Così, per esempio, per il Trentino Alto Adige dove spiccano i grandi bianchi, le bollicine del Trentodoc e qualche perla rossista, i “campioni” selezionati sono il Vorberg Weisburgunder Riserva Südtirol di Cantina di Terlano, il Sanct Valentin Sauvignon Südtirol di San Michele Appiano, il St. Magdalener Classico Südtirol di Ansitz Waldgries, il Pònkler Pinot Nero Südtirol di Franz Haas, il Taber Lagrein Riserva Südtirol di Cantina di Bolzano, il Weingarten Klosteranger Lagrein di Muri-Gries, il Giulio Ferrari Riserva del Fondatore Trentodoc Brut di Ferrari, ed il San Leonardo Vigneti delle Dolomiti Igt di San Leonardo. Nel Piemonte delle Langhe, ovvero di Barolo e Barbaresco, e non solo, i “vini icona” selezionati, invece, sono il “mostro sacro” il Barolo Riserva Monfortino di Giacomo Conterno, e ancora il Barolo Romirasco di Poderi Aldo Conterno, il Barolo Brunate di Giuseppe Rinaldi, il Barolo Cerequio di Roberto Voerzio, il Barolo Aleste di Luciano Sandrone, il Barolo Monvigliero di G.B. Burlotto, il Barolo Riserva Vigna Rionda di Massolino, il Barolo Riserva Cerretta Vigna Bricco di Elio Altare, il Barolo Ornato di Pio Cesare, il Barbaresco San Lorenzo di Gaja, il Barbaresco Riserva Camp Gros Martinenga di Marchesi di Gresy, e ancora l’Osso San Grato Gattinara di Antoniolo, lo Sterpi Derthona di Vigneti Massa, ed il Bricco dell’Uccellone Barbera d’Asti di Braida. Mentre per la vicina e piccola Valle d’Aosta, a portare la bandiera è il Fumin Valle d’Aosta di Les Cretes.
Altro focus è quello dedicato alla Liguria del Vermentino e del Rossese, alla Lombardia del Franciacorta, del Lugana e della Valtellina, e all’Emilia Romagna, con i suoi Sangiovese e Lambrusco. Territori complessi, narrati in bottiglia, secondo Falstaff, dall’Etichetta Nera Vermentino Colli di Luni di Cantine Lunae Bosoni, dal Posaù Rossese di Dolceacqua Superiore di Maccario Dringenberg, per la Liguria, dall’Annamaria Clementi Franciacorta Riserva Dosage Zéro di Ca’ del Bosco, dallo Stella Retica Valtellina Superiore Sassella di Arpepe, dal Brolettino Lugana Doc di Ca’ dei Frati, e dal Saignée della Rocca Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero Rosé Extra Brut di Conte Vistarino, per la Lombardia, e ancora dal Del Fondatore Lambrusco di Sorbara Frizzante Secco di Cleto Chiarli, e dal Monografia 2 Romagna Sangiovese Marzeno Riserva di Fattoria Zerbina per l’Emilia Romagna.
Si passa poi al Veneto, che è sinonimo di Amarone della Valpolicella per i rossi, di Soave per i Bianchi, e di Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, guardando alle bollicine.I cui alfieri, per la rivista tedesca, sono il Fieramonte Amarone della Valpolicella Classico Riserva di Allegrini, il Vigneto Monte Lodoletta Amarone della Valpolicella di Romano Dal Forno, il Capitel Monte Olmi Amarone della Valpolicella di Tedeschi, l’Amarone della Valpolicella Classico di Bertani, il Calvarino Soave Classico di Pieropan, il Contrada Salvarenza Soave Classico di Gini, e ancora il Col del Forno Rive di Refrontolo Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut di Andreola, ed il Giustino B. Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Extra Dry di Ruggeri. Dal Veneto poi si passa al Friuli-Venezia-Giulia, dove dominano i grandi bianchi del Collio, ma non solo. Di cui, per la rivista tedesca, sono esempi la Ribolla di Gravner, il Curie Climat Chardonnay Friuli Isonzo di Vie di Romans, il Collio Bianco di Edi Keber, il Refosco dal Peduncolo Rosso Friuli Colli Orientali di Miani, il Vintage Tunina Bianco di Jermann (ora della Marchesi Antinori), il Surrosso Rosso Venezia Giulia di Lis Fadis, la Ribolla Gialla Riserva Collio di Primosic ed il Gris Pinot Grigio Friuli Isonzo di Lis Neris.
Scendendo ancora verso sud, e scorrendo tra le pagine di Falstaff, lo sguardo si volge poi verso la Toscana dei grandi rossi di Bolgheri e del Chianti Classico, della Maremma e di Montalcino, dove la voce solista è quella del Sangiovese, accompagnata da un coro di grandi espressioni di vitigni internazionali che tra le colline di Toscana hanno trovato un habitat ideale. Un mosaico enologico da scoprire attraverso etichette tra le più celebri al mondo, come il Sassicaia della Tenuta San Guido e l’Ornellaia di Tenuta dell’Ornellaia, passando per il Giorgio Primo Toscana Igt di Tenuta La Massa, il Saffredi de Le Pupille, il Flaccianello della Pieve Colli della Toscana Centrale di Fontodi, il Cepparello di Isole e Olena (oggi del Gruppo Epi, che possiede anche Biondi Santi, ndr), il Tignanello di Marchesi Antinori, Le Pergole Torte di Montevertine, il Percarlo di San Giusto a Rentennano, il Vigna Il Poggio Chianti Classico Gran Selezione di Castello di Monsanto, il Tenuta Nuova Brunello di Montalcino di Casanova di Neri, ed il Brunello di Montalcino Riserva di Poggio di Sotto.
Dalla Toscana si passa alla piccola e verde Umbria, raccontata da etichette di cantine pioniere della viticoltura della Regione, realtà senza le quali le loro denominazioni sarebbero probabilmente sconosciute ai più, e forse, in alcuni casi, neanche esisterebbero. Come Montefalco con il suo Sagrantino, simboleggiato, ovviamente dal 25 Anni Sagrantino di Montefalco di Caprai, dal Rubesco Vigna Monticchio Torgiano Rosso Riserva di Lungarotti, o dal Cervaro della Sala Umbria Bianco Igt di Castello della Sala, la cantina umbra di Antinori.
Il viaggio prosegue verso l’Adriatico, attraversando le Marche del Verdicchio del Rosso Conero, l’Abruzzo del Trebbiano e del Montepulciano, ed il piccolo Molise, con la sua Tintilia. I cui esempi più fulgidi sono, nella lista di Falstaff, il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva di Villa Bucci, il Kurni Rosso Marche Igt di Oasi degli Angeli, il Campo San Giorgio Conero Riserva di Umani Ronchi, lo Stefano Antonucci Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore di Santa Barbara ed il Misco Riserva Castelli di Jesi Verdicchio Classico Riserva di Tenuta di Tavignano, per i vini marchigiani, il Villa Gemma Montepulciano d’Abruzzo Riserva di Masciarelli ed il Trebbiano d’Abruzzo di Valentini per quelli abruzzesi, ed il Macchiarossa Tintilia del Molise di Claudio Cipressi, per i molisani. Dal versante Adriatico si torna su quello del Tirreno, tra Lazio e Campania. Regioni antiche, dove la produzione di vino si snoda tra coste e terreni di origine vulcanica, i cui simboli, sul fronte laziale, sono il Montiano della Famiglia Cotarella, il Mater Matuta di Casale del Giglio, e l’Ars Magna Cabernet Franc di Ômina Romana, mentre sul fronte campano sono il Furore Bianco Fiorduva Costa d’Amalfi di Marisa Cuomo, il Vigna Astroni Falanghina Campi Flegrei di Cantine degli Astroni, il Vittorio Greco di Tufo Riserva di Di Meo, il Vigna Grande Cerzito Taurasi Riserva di Quintodecimo ed il Terra di Lavoro di Galardi.
Tocca poi a “tacco e punta” dello Stivale, che riunisce la Puglia, una delle Regioni italiani del vino emergenti degli ultimi anni, e la Calabria, terra ricca di storia vinicola, unite dal piccolo Molise. Terre che raccontano una grande varietà enologica difficile da sintetizzare, ma che per Falstaff sono capaci di riassumere lo Es Primitivo del Salento di Gianfranco Fino, il Torre Testa Susumaniello Rosso Brindisi Doc di Tenute Rubino, il Muro Sant’Angelo Contrada Barbatto Primitivo Gioia del Colle di Tenute Chiaromonte, ed il Five Roses Anniversario Rosato SalentoIgt di Leone de Castris per la Puglia, il Titolo Aglianico del Vulture di Elena Fucci e La Firma Aglianico del Vulture di Cantine del Notaio per il Molise, e ancora, per la Calabria, il Gravello di Librandi, ed il Mantonico di Statti. Infine, ma solo in ordine geografico, è la volta di quegli scrigni di storia e di vini diversi che sono le Isole maggiori, ovvero la Sicilia e la Sardegna. Terre in cui la varietà di vitigni e territori che si dipanano dalle coste del mediterraneo alle alture dell’entroterra è enorme. Ma per Falstaff, i vini da non mancare per scoprire questi territori, sono in Sicilia, il Rosso del Conte di Tasca d’Almerita, lo Chardonnay Menfi di Planeta, il Mille e una Notte di Donnafugata, il Baglio Florio Marsala Vergine di Florio ed il R (Contrada Rampante) Terre Siciliane di Passopisciaro della famiglia Franchetti, ed ancora spostandoci in Sardegna, il Turriga Isola dei Nuraghi di Argiolas, il Terre Brune Carignano del Sulcis Superiore di Cantina Santadi, ed il Maìa Vermentino di Gallura Superiore di Siddùra.
Una lista di vini icona di grandi cantine italiane, realtà che, in alcuni casi, rappresentano la continuità di tradizioni e territori antichi e storie di impresa secolari, e che, in altri, sono realizzazioni di sogni pionieristici a volte partiti da zero. Ma, senza dubbio, cantine e vini che hanno segnato la storia, più remota e più recente, del vino italiano, e che ne saranno guida per il prossimo futuro.
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