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I vini della California contengono arsenico in quantità significativamente superiore ai limiti previsti per l’acqua potabile, eppure, per la salute dei consumatori, non c’è alcun pericolo. Il 21 marzo la sentenza della querelle sul vino all’arsenico

I vini della California, almeno quelli a basso prezzo, contengono arsenico in quantità significativamente superiore ai limiti previsti per l’acqua potabile, eppure, per la salute dei consumatori, non c’è alcun pericolo. Potremmo riassumere così i risultati raggiunti ad un anno dal caso giudiziario passato alle cronache come “Doris Charles et. al. vs. The Wine Group, Inc., et. al.”, che ancora, però, non è affatto concluso. La “bomba”, deflagrata nel marzo del 2015, riguarda 28 aziende della California, accusate da quattro persone di commercializzare, consapevolmente, vini con tracce di arsenico inorganico per valori 5 volte superiori ai limiti consentiti. La replica dell’associazione dei vignaioli Usa, il The Wine Institute fu dura, definirono la mossa dei quattro accusatori “una campagna pubblicitari irresponsabile, pensata per spaventare i consumatori e far pensare loro che il vino non sia un prodotto sicuro da consumare, il che è palesemente falso”. Sufficiente, però, a convincere il Department of Toxic Substances Control della California a portare la Gallo Glass, accusata di aver utilizzato sostanze come piombo, arsenico, cadmio e selenio per produrre bottiglie tra il 2009 ed il 2014, in tribunale.
La novità, adesso, è che mentre gli avvocati dell’accusa insistono nel ritenere che i 101 vini finiti alla sbarra (di aziende come Treasury Wine Estates, Trinchero, Fetzer Vineyards e Bronco) non siano sicuri per la salute, una ricerca indipendente guidata dal professor Dennis Paustenbach, e pubblicata sul numero di gennaio dell’“American Journal of Viticulture and Enology” (www.ajevonline.org), sostiene invece che “le concentrazioni di arsenico nel vino consumato dalla stragrande maggioranza degli americani non rappresentano un pericolo biologicamente significativo, perché il vino non è una fonte significativa di esposizione in base al basso tasso di consumo degli americani”.
Il problema, resta che le tracce di arsenico in questi vini ci sono, e sono superiori alla media degli altri vini, ma è anche vero che gli Usa non hanno un legislazione che preveda dei limiti di arsenico nel vino, ma solo nell’acqua. Chi ha una legge del genere è invece il Canada, che prevede un limite massimo di 100 parti per miliardo. Limite, per quanto possa contare, abbondantemente rispettato dai vini esaminati, che presentano una concentrazione massima di 64,8 parti per miliardo, ed una concentrazione media di 12,5 parti per miliardo. La sentenza è attesa per il 21 marzo, ed una via d’uscita non si vede ancora, con gli avvocati dell’accusa che hanno chiesto di mettere in etichetta l’eventuale presenza di arsenico nel vino: come mettere un cappio al collo all’industria enoica della California ...

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