Il clima sta cambiando: climatologi, meteorologi ed esperti del settore sono d’accordo sul fatto che in un futuro prossimo ci sarà un clima differente rispetto ad ora. E questo coinvolgerà anche la viticoltura. Ma di qui a cedere a catastrofismi ed allarmismi secondo cui sono a rischio, se non condannate a sparire, intere aree vinicole, ce ne passa. “Numerosi studi confermano che la temperatura si sta alzando - conferma Daniele Izzo, climatologo e meteorologo di Epson meteo e volto noto del meteo di Mediaset dal convegno “The Future of Wine” del “Merano Wine Festival” - in poco più di un secolo siamo stati testimoni di un innalzamento medio della temperatura di quasi un grado. Se è vero che questo trend (come dimostrano gli studi) è destinato a proseguire anche nei prossimi anni, ci troveremo davanti ad uno scenario dove anche la coltivazione della vite, nei luoghi ora più vocati, può andare incontro a delle difficoltà. Ma - conclude - è di fondamentale importanza non trasformare il giustificato allarmismo in catastrofismo. I dati che descrivono gli scenari futuri vanno letti e interpretati dando loro il giusto peso scientifico, perché hanno ancora dei limiti derivanti dall’imperfetta conoscenza del sistema climatico”.
Ma qualche segnale di allarme già arriva da vari studi a livello internazionale. I modelli RCP (Representative Concentration Pathways) , dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Changing) proiettano un futuro buio per la viticoltura italiana. Secondo questi modelli, infatti, “nel 2050 il 20% dei vigneti delle zone classiche italiane sono a rischio”.
“Dobbiamo adattarci a questi cambiamenti climatici - avverte Stefano Chioccioli, agronomo ed enologo - un aumento di questa portata in Europa dovrebbe avere effetti profondi sulla viticoltura. Ad esempio i margini di idoneità della viticoltura che, di questo passo, si sposterà sempre più a nord. Spostando la possibilità di produrre vino di 10-30 km (a Nord) per decennio. Non che la viticoltura scomparirà dai nostri territori - conforta - ma dovremo mettere in atto alcuni adattamenti. Questo surriscaldamento porterà ad un anticipo delle fasi fenologiche e in particolare sulla maturazione e raccolta. Ad una raccolta anticipata, dovremo poi far seguire uno spostamento delle viti in zone dove il clima è più mite. Il problema si vedrà dove la viticoltura è di più antica tradizione. In questi territori dovranno essere applicate alcune innovative tecniche agronomiche, lavorando dunque su un uso più consistente di “cover-crop” in vigna, quindi inerbimenti permanenti e semi permanenti o colture da sovescio. O lavorazioni del terreno superficiali e profonde, o irrigando di più i terreni. Insomma - conclude - in attesa di cambiamenti climatici che mettano a rischio l’esistenza stessa dei vigneti, il viticoltore ha degli strumenti di fine-tuning per consentire ai propri vigneti ancora una certa sopravvivenza, anche se non priva di cambiamenti sostanziali in termini di piattaforma ampelografica”.
“Io non sarei così drammatico - conforta l’agronomo ed enologo Gianni Menotti - le tecnologie e le esperienze che abbiamo in mano sono adatte a poter supportare questi cambiamenti. Non arriverei a forme ossessive nei confronti di questo clima che sta cambiando. La vite è una pianta che si adatta ai climi aridi, saprà rispondere da sola a queste problematiche. Basti pensare che in questi anni di gran caldo, abbiamo avuto prodotti di alta qualità. Paradossalmente i risultati peggiori si sono avuti nel 2014 quando c’è stato più freddo ed acqua. Se sappiamo organizzarci nel soddisfare le esigenze della vite. La vite si adatterà e darà risposte positive”.
Ma già alcune realtà “corrono ai ripari”. Come ammette Filippo Carletti, responsabile dei programmi di ricerca e sperimentazione della cantina leader del Sagrantino di Montefalco Arnaldo Caprai: “noi stiamo facendo degli esperimenti in vigna, anche se il singolo viticoltore può fare ben poco. Diverso l’approccio che si può ottenere a livello territoriale, andando a ricercare le migliori cultivar che più si adattano ai climi differenti rispetto alle coltivazioni tipiche delle aree di produzioni attuali. Dobbiamo studiare ed applicare in modo più sistematico le più innovative tecniche di coltivazioni e i sistemi di gestione agronomica. Come le prove di potatura invernale a diverse epoche, prove di cimatura a diverse intensità, prove sperimentali di applicazione di reti oscuranti con diverse proprietà di schermanti sulla fascia dei grappoli ...”.
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