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IL CLIMA, SEMPRE PIÙ CALDO, REGALA VINI SEMPRE PIÙ ALCOLICI. TANTO CHE ORA LA SFIDA È RIDURNE IL GRADO ALCOLICO. CON TECNICHE DI DEALCOLAZIONE IN CANTINA, O CON LO STUDIO DI NUOVE PRATICHE IN VIGNA, COME L’USO DEGLI ANTITRASPIRANTI

Un po’ per via dei cambiamenti climatici, un po’ per stare dietro al gusto internazionale, che dagli Usa, negli ultimi anni, si è orientato su vini dalle gradazioni alcoliche decisamente elevate, oggi il mondo della produzione enoica si trova a fare i conti con la necessità di ridurre il grado alcolico dei vini. Soprattutto in Italia, dove molte zone del Centro e del Sud si ritrovano a fronteggiare maturazioni accelerate delle uve, che portano a un eccessivo accumulo di zuccheri nel frutto, con un inevitabile innalzamento del grado alcolico del vino. Un problema a cui, finora, si è risposto solo ricorrendo a pratiche di cantina, particolarmente costose e capaci di abbassare la gradazione solo di 2 gradi. Anche in vigna si può fare qualcosa, dall’utilizzo ragionato dell’irrigazione, alla potatura verde e al diradamento, mentre una frontiera ancora da esplorare è quella studiata da un team di studiosi dell’Università Cattolica di Milano, il cui lavoro è stato recentemente premiato dall’American Society for Enology & Viticulture: l’uso degli antitraspiranti.
Ne esistono di due tipologie, i film di polimeri, da spruzzare sulle superfici fogliari in maniera uniforme, e i composti, che favoriscono la chiusura degli stomi (le cellule della foglia che consentono lo scambio gassoso fra interno ed esterno del vegetale, in particolare l’entrata di anidride carbonica e la fuoriuscita di ossigeno, in poche parole la fotosintesi clorofilliana, ndr).
La squadra degli studiosi Palliotti, Panara, Famiani, Sabbatini, Howell, Silvestroni e Poni, che ha curato il progetto “Postveraison Application of Antitranspirant Di-1-p-Menthene to Control Sugar Accumulation in Sangiovese Grapevines”, ha testato un antitraspirante, per due anni, su un vigneto di Sangiovese, per testare l’efficacia di un’applicazione post invaiatura con un film antitraspirante atto a ritardare l’accumulo di zuccheri negli acini, valutando gli effetti sulla fisiologia della vite, la qualità del vino e l’accumulo di riserve di elementi minerali nelle radici. L’antitraspirante è stato applicato post invaiatura sulle foglie funzionali, ovvero quelle mediane completamente funzionali. Questa strategia di gestione della chioma è stata efficace nel ridurre il ritmo di accumulo di zuccheri nella bacca, segnando un -1,2 Brix (la misura delle sostanze allo stato solido dissolte in un liquido, ndr) al momento del raccolto e abbassando il tenore alcolico nei vini ottenuti del - 1 % vol. Quindi si tratta di una pratica consigliabile nelle aree dove la maturazione delle bacche inizia precocemente, quando è ancora in corso la stagione più calda.
In questi contesti, la maturazione è spesso associata a fenomeni come innalzamenti repentini del pH e della concentrazione di zucchero, con formazione di composti fenolici atipici, al pari di un profilo aromatico squilibrato. L’unica soluzione potrebbe essere una raccolta precoce, neanche lontanamente ipotizzabile per le uve rosse, perché si otterrebbero vini amari ed astringenti, per estrazione delle proantocianidine (tannini condensati, ndr) dai semi. L’utilizzo del film antitraspirante non ha queste controindicazioni: riducendo il grado Brix senza alcun danno sull’accumulo di fenoli ma solo in quelli antocianici, riducendo la pigmentazione. La riduzione del contenuto antocianico è probabilmente proprio dovuta al ridotto stress da temperatura. Infine, la limitazione fotosintetica indotta dal trattamento non ha comportato la ricostituzione della concentrazione di elementi negli organi di riserva: il recupero della fotosintesi dopo il raccolto è stato probabilmente sufficiente per ricostituire le riserve di zuccheri solubili e amido. A seconda delle condizioni meteorologiche, in Italia centrale, infatti, le foglie possono mantenere un buon tasso fotosintetico fino a 60-70 giorni dopo la raccolta.

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