02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2025 (175x100)

Il ruolo dei grandi chef italiani come ambasciatori del made in Italy nel mondo finalmente riconosciuto anche dalle istituzioni, la crisi che sta passando ed il bello e il brutto del food porn: a WineNews i sentiment di alcuni tra i top chef d’Italia

Italia
Gli chef Bottura, Romito, Fèolde, Beck, Crippa, Scabin, Sultano, Cedroni, Oldani, Baronetto, Mollica, Perbellini e Bowerman intervistati da WineNews

Il ruolo dei grandi chef italiani come ambasciatori del made in Italy nel mondo finalmente riconosciuto anche dalle istituzioni, ma che è solo l’inizio di un percorso possibile, la costruzione di una eredità importante per il futuro, e che promette molto anche grazie al senso di “squadra” che si è creato negli ultimi anni ed è stato cementato soprattutto grazie ad Expo; la consapevolezza che gli effetti della crisi economica sulla ristorazione che secondo alcuni ha fatto non solo danni, ma anche un po’ di “pulizia”, iniziano a passare, e la conferma che si respira un positivo clima di ripresa tra le tavole dei locali di tutto il Paese; il fenomeno del “Food Porn” dilagante tra tv riviste e social, che porta con sé alcuni aspetti negativi, ma che è inarginabile, ed in fondo in fondo non un male assoluto, poiché pur con qualche distorsione della realtà, contribuisce a suo modo a far appassionare sempre più persone al mondo dell’enogastronomia e della cucina, anche se sarebbe importante, come si sta cercando di fare in Germania, riconoscere una sorta di “diritto di autore” sui piatti; ecco, in estrema sintesi, il parere rilasciato a WineNews di molti tra gli chef più importanti del Belpaese (dai tristellati Bottura, Romito, Fèolde, Beck e Crippa ai bistellati Scabin, Sultano e Cedroni, agli stellati Oldani, Baronetto, Mollica, Perbellini e Bowerman) nella settimana in cui le due guide italiane ai ristoranti più importanti, quella dell’Espresso (che per la prima volta nella sua storia ha assegnato i 20/20, la perfezione, a Bottura) e quella del Gambero Rosso (che al top delle sue “Tre Forchette insieme allo chef modenese ha messo Heinz Beck con 95/100) hanno certificato il fatto che in Italia non c’è mai stata una ristorazione di così alta qualità, e diffusa come oggi (in attesa dei verdetti della Guida Michelin, che sarà presentata il 10 dicembre a Milano, ndr).
“Le istituzioni hanno riconosciuto finalmente il nostro ruolo, come ambasciatori dell’Italia nel mondo - commenta a WineNews Massimo Bottura, il n. 1 degli chef del Belpaese con la sua Osteria Francescana di Modena - hanno capito che la cultura, la formazione, il turismo e l’agroalimentare sono legati e la loro promozione passa anche dalla testa di chi, come noi, ha fatto del proprio lavoro una sorta di bottega rinascimentale. Con il nostro lavoro rappresentiamo e valorizziamo i nostri territori, da Nord a Sud, siamo testimoni di cosa è l’Italia, della biodiversità, delle microculture che si trasformano in emozioni. Sul tema del “Food Porn” direi che l’unico aspetto positivo è che fa parlare di cucina, la gente appassionata davvero si avvicina a questo mondo e ne capisce la vera realtà. Poi diventa devastante quando trasmette messaggi come “dai che se vinci il reality diventi chef”. Ma diventare un grande cuoco richiede tanto sudore ogni giorno, io sono 30 anni che lo faccio, quotidianamente, sette giorni su sette, ma se hai la passione non senti la fatica, perché umiltà, fatica, e sogno sono gli ingredienti fondamentali per fare questo mestiere”.
“Il nostro ruolo di ambasciatori è riconosciuto - aggiunge Heinz Beck, alla guida de La Pergola del Rome Cavalieri - viaggiamo tanto per il mondo senza abbandonare i nostri ristoranti, è uno sforzo che facciamo per il made in Italy, perché dobbiamo portare le eccellenze e la qualità di questo Paese bellissimo, perché tante volte il made in Italy è trattato male, viene copiato spesso e male. Si potrebbe fare più gruppo, ma le istituzioni stanno facendo tanto. A volte manca un po’ di coordinazione, ma il Paese è grande, gli chef sono tanti, non è facile mettere tutti sotto un cappello. Expo ci ha lasciato tante contaminazioni, abbiamo visto il mondo e quello che ha da offrire, che è tanto, ma non c’è dubbio che il più grande patrimonio gastronomico è italiano, e l’Esposizione ci ha dato tanti stimoli per andare avanti e sicuramente per fare di più. Sul “Food Porn” e sulla mania di fare foto ai piatti, e sull’idea che hanno avuto in Germania di vietarle, in qualche modo, o meglio di tutelare il copiright sui piatti, dico che può essere una cosa su cui riflettere, da capire bene come attuare. Più che altro sarebbe importante almeno riconoscere dove nascono certi piatti, ma quello che conta davvero, alla fine, è che il cliente sia contento”.
“Penso che la gente, a tutti i livelli, si stia accorgendo che la grande cucina è uno strumento per far emergere l’Italia nel mondo - dice Enrico Crippa del Piazza Duomo di Alba e la biodiversità che c’è nel nostro Paese ci consente di esprimerci al meglio in tanti modi diversi, in ogni Regione e territorio. Expo ha lasciato un grande insegnamento, che è quello di ragionare su quello che viene fatto da altre popolazioni su certi temi, come i metodi di fermentazione o di conservazione per far vivere più a lungo certi cibi e distribuirli a più persone, come ho visto fare nel padiglione della Corea. Sulla crisi penso che per chi lavora in certi territori, come facciamo noi nelle Langhe, dove hai tante eccellenze, dove hai gente che visita cantine e così via, la clientela non manca mai. Ma posso capire che i tante altre realtà, se non sei in città, soprattutto, può essere più difficile”.
“Se penso a due anni e fa e penso ad oggi c’è stato un grande passo avanti nella considerazione del ruolo degli chef - conferma Niko Romito del Reale di Rivisondoli (L’Aquila) - Expo e tutto il movimento che si è costruito intorno ad essa ha fatto si che le istituzioni nazionali, ma anche regionali, abbiano capito che la cucina, la gastronomia, i produttori di cibo e di vino sono dei motori di marketing territoriale incredibili. Se parliamo di crisi penso che non sia ancora passata del tutto, ma che stia passando. I clienti al ristorante iniziano ad a venire più frequentemente. Ma c’è ottimismo nel nostro ambiente. Sul “Food Porn” dico che è un disastro. Si sta spettacolarizzando troppo il cibo e a volte si mandano dei messaggi che non sono reali. Io ho una scuola, ho un centro di formazione, conosco i ragazzi che iniziano questo percorso, che bellissimo ma anche duro e fatto di sacrifici, e spesso al primo colloquio si capisce che ne hanno un’immagine distorta. Si pensa allo show, allo spettacolo, alla tv, ma quando si entra davvero in cucina e dopo due tre mesi di formazione si fanno lavori umili come abbiamo fatto tutti, all’inizio, il 50% lo perdi per strada, non pensa che quello sia il vero percorso per diventare cuochi. Sul fatto del vietare le foto, io inizialmente lo avevo scritto anche nel mio menu, poi ho cambiato idea. Lo avevo fatto perché vedevo foto che non davano giustizia a quei piatti, chiedevo la mail per inviare a chi lo chiedeva immagini fatte da un fotografo, ma non funzionava. Ho capito che l’ospite vuole immortalare in quel momento quel piatto perché se lo vuole ricordare, siamo nel 2015, ognuno ha uno smartphone in mano, è una cosa che non si può arginare”.
“Far conoscere l’Italia nel mondo è il nostro ruolo, la nostra passione - dice Annie Fèolde, alla guida dei fornelli della mitica Enoteca Pinchiorri di Firenze - vogliamo far conoscere la bellezza del nostro Paese, di cui non si parla mai abbastanza. Siamo ambasciatori, dobbiamo andare fuori, dobbiamo far conoscere l’Italia. Noi facciamo diversi eventi di promozione, ma in squadra, per far capire alla gente, con la bocca, econ il cuore quello che l’Italia può fare. Sul “food porn” dico che dipende da come viene presentato il cibo, c’è chi cerca di far passare messaggi importanti e chi invece specula senza sapere di cosa parla. É un tema da non prendere sottogamba, bisogna discuterne, sia per il cibo che per il vino che sono complementari, sono gemelli. Sul fatto di vietare le foto, dico che è impossibile. Di sicuro c’è chi lo fa per ricordo, chi per condividere un momento, e anche chi lo farà per copiare i piatti, ma tanto si può copiare comunque e dovunque, è inutile fermare questo fenomeno. Semmai andrebbe fatto in maniera più discreta, ma i nostri piatti ormai sono pubblici, quindi inutile vietarne le foto”.
“il valore degli chef e dei ristoranti, direi che in questo momento è stato capito di più – aggiunge Antonio Santini, alla guida, insieme a Nadia, dello storico Dal Pescatore a Canneto Sull’Oglio (Mantova) - l’importante è continuare a sviluppare il progetto complessivo legato ai ristoranti, alla cucina, e ai vini italiani nel mondo, perché credo che siano strumenti straordinari per far arrivare tanta gente nel nostro Paese. Expo in questo senso è stato un evento straordinario, ha permesso alle persone di venire in Italia e agli italiani di vedere cosa succede nel mondo, lascia un senso di entusiasmo e di crescita, speriamo che questo movimento continui perché ne abbiamo bisogno. Sul fatto che la crisi stia passando, credo che dipende dalle zone, dai territori e dalle città, ma in ogni caso bisogna guardare con positività le cose ed intervenire dove ci sono complessità. Una cosa è certa: chi fa il nostro lavoro deve capire subito dove può andare, quale direzione prendere. Ora non c’è più tempo di sbagliare un progetto e poi recuperare, diversamente da come succedeva in passato. Il “Food Porn”? Quello che conta è che chi scrive di cibo e di vino sia davvero un appassionato e competente in materia, e che lo scopo non sia di mettersi al petto una medaglietta, ma di trasmettere il piacere di crescere culturalmente con quello che si mangia e si beve, conoscendo bene le cose”.
“Il riconoscimento del nostro ruolo come ambasciatori dell’Italia è un processo che è iniziato finalmente - sostiene Davide Scabin del Combal Zero di Rivoli (Torino) -
ci si sta lavorando, anche con queste tavole di lavoro organizzate dal Ministro Martina. Probabilmente riusciremo a lasciare alle prossime generazioni un’eredità che noi non avevamo, ed è bene così, è molto importante. Expo è stata importante anche perché al pubblico italiano ha portato il mondo a disposizione da assaggiare, e questo per contrasto ha aiutato anche a rendersi conto di quello che è il valore cibo italiano e la cucina italiana, che forse ci stavamo un po’ dimenticando.
Sulla crisi ai ristoranti dico che c’è un leggero miglioramento, ma non si deve abbassare la guardia. Una crisi, che, peraltro, ha anche rimesso un po’ le cose al suo posto, perché abbiamo vissuto per 10 anni sopra le nostre possibilità, e ora abbiamo ridato valore a cose che non si consideravano più. Magari prima si andava in un ristorante di fascia alta perché era frequentato da questo o da quello, faceva immagine. Ora la clientela è molto più trasversale, di gente molto interessata, che fa molta attenzione quando spende 200 euro perché vuole spenderli bene, e perché magari risparmia 6 mesi per concedersi quella serata e non investe in un teatro o nella tribuna di uno stadio. E se sceglie il ristorante bisogna portare grandissimo rispetto a questa scelta. Sul tema del “Food Porn” io ho sempre difeso i giovani blogger e chi si avvicina ad un percorso gastronomico, se ha entusiasmo, se vuole fotografare non si può fermare. Poi è vero che spesso mi sono trovato davanti a foto di piatti assaggiati a metà, magari con descrizioni stupende, ma che sul web, dove la comunicazione è più visiva che altro, danno l’idea di un piatto non finito perché non è buono. Detto questo, gli estremi non funzionano mai, ma possono servire a far capire qualcosa. L’iniziativa della Germania sta facendo capire il concetto di proprietà intellettuale del piatto, e questo può essere l’inizio di una grande rivoluzione”.
“Sicuramente il nostro ruolo di ambasciatori ci è finalmente riconosciuto - commenta Moreno Cedroni, della Madoninna del Pescatore di Senigallia - e devo dire che è un lavoro che facciamo da diversi anni. All’inizio in silenzio e nell’ombra, ed era doveroso che arrivasse un riconoscimento a questa nuova cucina che valorizza il made in Italy anche all’estero. #FoodPorn è uno degli hashtag più usati, noi facciamo un cibo che deve essere buono, sensuale, appagante, ma niente di più. Io penso che limitare le foto non vada bene, più ce ne sono più il tuo piatto e il tuo nome girano, quindi, alla fine, ben venga”.
Una voce leggermente fuori dal coro, almeno su alcuni aspetti, è quella di Ciccio Sultano de Il Duomo di Ragusa Ibla: “io credo che sugli chef ambasciatori dell’Italia nel mondo ci sia ancora tanto da fare. Siamo molto indietro rispetto a Paesi come Spagna e Francia, e anche al Nord America. Come siciliani, poi, siamo frenati dalla burocrazia palermitana, anche se a Ragusa devo dire che le istituzioni sono attente a chi lavora bene nella ristorazione. Ma Expo, che è stato sicuramente un grande evento dell’Italia, per noi della Sicilia è stato un disastro, la Regione ci ha maltrattato, con l’associazione “Soste di Ulisse” abbiamo presentato un progetto che poi non è stato rispettato. Sul fronte della crisi io dico che nell’alto livello si è sempre lavorato, anche se in effetti gli anni tra il 2009 ed il 2011 sono stati tremendi per tutti, nessuno sapeva come si andava a finire, perché era sparita quella fetta di mercato che è la gente semplice, non facoltosa, che magari vede nel grande ristorante il regalo da farsi una volta nella vita. Oggi le cose sono cambiate in meglio, per fortuna, anche se un po’ di timore c’è sempre. Io cammino in punta di piedi, ma speriamo bene”.
“L’importanza del ruolo degli chef secondo me è stata capita da anni - dice Vito Mollica, chef executive dei ristoranti degli Hotel Four Seanson di Firenze e Milano - noi valorizziamo l’artigianato alimentare di qualità, e l’artigianato è l’anima dell’Italia. E nel farlo dobbiamo sostenere chi è rimasto a lavorare nelle terre e nelle campagne, e che così che si custodisce quella che è la vera ricchezza dell’Italia, che sono i territori. E sul passare della crisi sono davvero positivo: ho sentito tanti colleghi che stanno lavorando bene, e anche nei nostri ristoranti, per la prima volta forse che abbiamo fatto il pieno tutte le sere nel periodo estivo, ho visto una crescita nei coperti e nell’interesse della nostra cucina, ed è un segnale incoraggiante”.
“Finalmente il nostro potenziale come promotori all’estero dell’Italia è stato capito anche dalle istituzioni, si sta lavorando in maniera intelligente - conferma Davide Oldani del D’O di Cornaredo (Milano) - se continuiamo a lavorare così faremo grandi cose. Expo è stata un grande trampolino di lancio per l’Italia, per quello che sappiamo fare meglio, che è il turismo, e di riflesso, la ristorazione”.
Sulla stella linea di pensiero Giancarlo Perbellini, oggi alla guida di Casa Perbellini a Verona: “Expo ci ha aiutato ad aggregarci, e a confrontarci con le istituzioni, tanto che abbiamo già incontrato due volte il Ministro Martina. Sembra che qualcosa si stia muovendo. Abbiamo dato una grande visibilità alla cucina italiana, e c’è una consapevolezza incredibile delle potenzialità che abbiamo ancora da esprimere. E anche a livello economico è un momento felice, abbiamo iniziato a recuperare quello che abbiamo perso negli ultimi 6-7 anni. “Food Porn” e copyright? Io credo che se qualcuno lo fa per copiare, per esempio, il mio zabaione con caviale affumicato vuol dire che ho colpito nel segno: l’importante è riconoscere chi ha creato quel piatto”.
Pensiero identico a quello di Cristina Bowerma, ai fornelli della Glass Hostaria di Roma: “il nostro ruolo di ambasciatori del made in Italy è stato compreso, ma ora dobbiamo fare i fatti. Abbiamo iniziato un percorso, dobbiamo andare avanti e lavorare soprattutto per una maggiore visibilità della nostra cucina all’estero. Expo in questo senso ha fatto un ottimo lavoro, ha permesso di creare una coesione ed un fermento interno che non c’era prima. Sul “Food Porn” dico che è inutile mettere dei limiti, tante esperienze dimostrano che non funzionano. E sulle imitiazioni dei piatti uno può anche cercare di emulare quello che fanno un Beck o un Crippa, per esempio, ma poi la sostanza del piatto parla da sola”.
Positivo anche Matteo Baronetto, che ha ridato lustro e vitalità allo storico Ristorante Del Cambio di Torino: “io penso che le basi per un lavoro serio di promozione della nostra cucina all’estero siano state gettate, con incontri importanti fatti anche in Expo, con tanti rappresentanti della categoria. È un lavoro lungo, ma ragionando con colleghi che vogliono fare del concetto di “squadra” una filosofia di vita, penso che si possano davvero fare grandi cose”.

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025