Le immense cantine di vino avvicinano la Moldavia all’Europa … La produzione di vino non è solo uno storico pilastro dell’economia moldava, è anche diventata negli ultimi anni il trampolino con il quale la piccola repubblica ex sovietica tenta di avvicinarsi all’Europa e al suo grande mercato unico… Vi sono Paesi che vivono dell'agricoltura e altri che vivono di specifici prodotti agricoli. Uno di questi è la Moldavia. In quanti altri Paesi le cantine vinicole si allungano sottoterra per decine, se non centinaia di chilometri? La produzione di vino non è solo uno storico pilastro dell’economia moldava, è anche diventata negli ultimi anni il trampolino con il quale la piccola repubblica ex sovietica tenta di avvicinarsi all’Europa e al suo grande mercato unico. “La produzione di vino è lo specchio della nostra capacità di sopravvivere alle vicissitudini della Storia, ed è la prova della resilienza della nostra economia”, analizza Diana Lazar, specialista del settore vinicolo moldavo della società di consulenza Chemonics. L’agricoltura pesa per il 12% dell'economia nel suo insieme (in Italia rappresenta il 4%). Circa 500mila persone, su una popolazione totale di 2,5 milioni di abitanti, dipendono in un modo o nell’altro dall’attività vinicola. La Moldavia è poco più grande della Borgogna francese (appena 34mila chilometri quadrati, compresa la repubblica separatista della Transnistria). Eppure, il Paese è il primo al mondo per l’esportazione di vino rispetto alla grandezza del territorio nazionale. In termini assoluti, la Moldavia è il 19mo esportatore al mondo di vino. I campi coltivati a vigna occupano 112mila ettari di territorio (636mila in Italia), e i produttori raccolgono ogni anno 600mila tonnellate di uva. Il vino è lo specchio della storia moldava, diceva la signora Lazar. Si coltiva la vigna fin da quando i primi coloni greci giunsero sulle rive del Mar Nero, nel 600 avanti Cristo. Proprio l’arrivo dei Greci migliorò notevolmente i sistemi di coltivazione e la qualità del vino. Con l’occupazione ottomana, l’alcol fu bandito per oltre tre secoli, fino al Trattato di Bucarest firmato nel 1812. Da quel momento, la Moldavia cadde sotto la dominazione russa, e la produzione vinicola poté riprendere liberamente. Fin dal Settecento i produttori moldavi usano antiche miniere per custodire botti e bottiglie. Durante il periodo sovietico, le cantine sono state trasformate in città sotterranee. Quella di Milestii Mici, a 30 chilometri da Chisinau, è la più grande al mondo: due milioni di bottiglie in 200 chilometri di gallerie a 80 metri sotto la superficie terrestre. Si circola in auto elettrica, fra pannelli stradali e impianti semaforici. Tra i vantaggi del luogo, la temperatura che è stabile, intorno ai 14 gradi. Neppure durante l’era sovietica e poi russa mancarono nuove traversie. All’epoca della perestrojka, e della lotta all’alcolismo in URSS, Mosca impose di sradicare le vigne nelle repubbliche sovietiche produttrici di vino, in primo luogo la Moldavia e la Georgia. Racconta Tamara Cretu, una dipendente della fattoria Milestii Mici (in tutto 400 ettari di vigneti): “Di nascosto molti produttori recuperarono le viti, nascondendole e preservandole per il futuro”. Ancora nel 2006 Chisinau dovette fare i conti con le scelte del Cremlino. Mosca decise di interrompere le importazioni di vino dalla Moldavia, sulla scia delle tensioni sul futuro della repubblica filorussa della Transnistria. Allora l’industria vinicola pesava per il 15% del Pil. “L’embargo provocò dall’oggi al domani perdite dirette pari a 500 milioni di dollari, che salirono a quasi un miliardo di dollari tenendo conto della successiva recessione”, ricorda Diana Lazar. Diversificare l'export divenne una priorità. Oggi la produzione vinicola vuole essere il simbolo della graduale integrazione del Paese nell’Unione europea – la speranza del governo guidato dalla presidente Maia Sandu è di ottenere dai Ventisette entro la fine dell'anno l’apertura dei negoziati di adesione. Con la firma nel 2014 di un accordo di associazione con l’Unione europea, l’industria vinicola si adoperò subito per allinearsi con le norme fitosanitarie comunitarie pur di diversificare il proprio mercato. Negli ultimi sette anni, l’export di vino moldavo verso la Romania è triplicato. Seguono la Polonia e la Repubblica Ceca, mentre la Cina rappresenta il 6-7% delle esportazioni (molti produttori si lamentano delle difficoltà burocratiche). L’Italia, in compenso, è un mercato difficile e non solo per via dell’inevitabile concorrenza locale: “Sono vini con alto tasso di alcol e con prezzi medi più elevati che in Italia”, nota Fabrizio Pelizzari, il segretario generale della Camera di commercio italiana a Chisinau.
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