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VINO E TERRITOIRO

Il “Valdarno di Sopra Day” ha chiuso le “Anteprime di Toscana” 2025: le nuove annate nel calice

A Il Borro della famiglia Ferragamo anche tanti approfondimenti sul territorio, e su tematiche centrali nel presente e nel futuro del vino

Piccola, ma dinamica, è stata la denominazione del Valdarno di Sopra, con il “Valdarno di Sopra Day”, ospitato da Il Borro della famiglia Ferragamo, a chiudere, nei giorni scorsi, le Anteprime di Toscana 2025. Tra gli assaggi delle nuove annate delle 22 aziende del Consorzio, e momenti di approfondimento su varie tematiche: dalla comunicazione del vino alla genetica, alla gestione dei territori e delle denominazioni, e non solo.
Il primo panel ha cercato di definire le problematiche che il mondo del vino sta attraversando, tentando di proporre delle soluzioni. Secondo il critico Daniele Cernilli, le ultime prese di posizione di Unione Europea e Organizzazione Mondiale della Sanità in merito alla pericolosità dell’alcol sulla salute dell’uomo, i recenti parziali racconti dei media italiani sul settore del vino, l’aumento di controlli e l’inasprimento delle pene verso chi consuma alcol e si mette poi alla guida, stanno diffondendo un’immagine negativa del vino tra i consumatori, già meno inclini a consumarlo per questioni culturali e di salute. D’altronde “il vino è un prodotto non necessario - ha spiegato Cernilli - che punta molto sulla motivazione all’acquisto. Se questa si deprime, diventa un problema per il settore”. Secondo il professor Michele Antonio Fino, dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, sarebbe utile rendere più flessibili le norme che regolano disciplinari e consorzi, perché ci vuole oggi troppo tempo per adeguarsi ai velocissimi cambiamenti in atto. Sergio Marchi, dg Ismea, partendo da alcuni dati sulla produzione di pregio italiana (il cui indotto totale è di 20 miliardi di euro, 11 dei quali rappresentati dal vino, in cui la parte di export è preponderante), ha puntato la luce sulla qualità percepita dei prodotti italiani, sostenendo che qualsiasi decisione e soluzione intrapresa a qualsiasi livello dovrà cercare di non abbassarla. Armando Castagno, firma storica del racconto del vino italiano, ha invece ricordato come l’attuale scetticismo dei confronti delle denominazioni e delle loro norme sia in realtà un problema culturale che riguarda tutti i settori e tutta la società trasversalmente (citando la nota diffidenza verso medici e scienza, verso i politici o la giustizia) e che bisogna ridare valore sociale e comunitario ai consorzi e ai disciplinari, per superare la percezione settaria e privatista che ne hanno i consumatori. Il presidente del Consorzio Colli Tortonesi, Gian Paolo Repetto, ha portato la sua esperienza positiva nel trasformare una denominazione a ombrello (che comprende tanti vitigni) di difficile riconoscimento sul mercato, in un marchio preciso basato su un vitigno unico (il Timorasso) legato ad un nome storico del territorio (Derthona). Esperienza arricchita dalla testimonianza del produttore Walter Massa - il primo a credere e costruire su questo cambiamento nei territorio tortonese - secondo cui bisogna mettere la faccia nelle scelte che si fanno, per riconquistare la fiducia dei consumatori. L’assessore all’Agricoltura e vicepresidente Regione Toscana, Stefania Saccardi, ha concluso il primo panel, sottolineando quanto sia necessario innovare, senza tradire la storia e il territorio che hanno portato o agevolato quell’innovazione. Rinunciare alle denominazioni o ai consorzi porterebbe ad una discrezionalità preoccupante, ma ciò non significa che non si possano ammodernare, facendo scelte supportate da studi e ricerche solide, quindi favorendo la cooperazione tra università, istituzioni e produttori.
Il secondo panel, più tecnico, ha affrontato le diverse alternative che la ricerca sta proponendo ai produttori per affrontare l’emergenza climatica. A partire da Stefano Stefanucci, direttore della certificazione Equalitas, ente terzo che ha costruito una serie di regole e standard utili alle cantine per misurare la propria sostenibilità economica, ambientale e sociale. “L’obiettivo è essere inclusivi e capire che ci sono diverse soluzioni per lo stesso problema. Noi facciamo da setaccio, ricordando che la sostenibilità dev’essere olistica e laica”. Tra le tante soluzioni ci sono quelle genomiche portate avanti dal Crea e illustrate dal direttore Riccardo Velasco: la ricerca è, infatti, riuscita a portare in laboratorio il miglioramento genetico, velocizzando ciò che avviene in natura in tempi lunghi. In questo modo - attraverso il processo Biotech, che utilizza una proteina per indurre mutazioni biologiche che possono avvenire in natura casualmente - si è creato, ad esempio, il vitigno Glaurum, versione resistente della Glera incrociata col Solaris, disponibile dal 2027 (sempre che gli enti facciano il loro lavoro, sbloccando le autorizzazioni alla coltivazione). Ma la ricerca, fatta da prove e riprove, fallimenti (tanti) e successi (pochi), deve fare i conti anche con le resistenze sociali. È il caso del progetto EdiVite del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona coordinato dal professor Mario Pezzotti: 25 anni di ricerca e sperimentazioni partite dal sequenziamento del genoma della vite e giunte finalmente alla messa a dimora autorizzata in campo aperto il 30 settembre 2024 (con 5 barbatelle modificate di Chardonnay resistenti ai patogeni e 5 piante di controllo), sono stati interrotti e forse persi perché il campo recintato è stato vandalizzato il 21 febbraio 2025. Secondo l’agronomo Maurizio Gily, l’ignoranza in merito alla ricerca genomica è ancora molta: resistenze aggravate da polarizzazioni da entrambi i lati, che si possono superare solamente ascoltando gli scetticismi di entrambe le posizione e argomentando con fatti e dati. D’altronde la ricerca non si fermerà e le risposte potranno venire dall’estero, ed “è meglio guidare un treno che prenderlo nella schiena”. Danielle Callegari, firma dall’Italia per “Wine Enthusiast” e storica del Medioevo, ha portato la sua esperienza: “la sostenibilità ha valore solo se contestualizzata. La sua definizione cambia nel tempo - ieri era diversa da oggi - e nello spazio: negli Stati Uniti è concepita in modo diverso dall’Italia”. In quest’ultimo caso è presto spiegato: “l’Europa deve fare i conti con la sua profonda storia del vino; negli Stati Uniti questa storia non c’è e si è quindi molto più propensi a legare la sostenibilità alla sperimentazione e alla ricerca, ecco perché spesso è più avanzata oltreoceano”.
Guardando più in particolare alla denominazione, l’introduzione di Armando Castagno all’assaggio delle nuove annate di Valdarno di Sopra Doc, non si è limitata a descrivere l’andamento climatico del 2022 e del 2021. Con un breve, ma intenso approfondimento sulla denominazione, Castagno ne ha spiegato l’origine, per una denominazione nata sì con Cosimo III de’ Medici nel 1716 che cita il Valdarno di Sopra come territorio da proteggere assieme al Chianti, a Carmignano e a Pomino, ma in realtà molto recente in termini di disciplinare (nato nel 2011) e successiva revisione (avvenuta nel 2024); ne ha spiegato le tipologie - ben 44, dai bianchi ai rossi, passando per i rosati, le vendemmie tardive e il Vin Santo, gli spumanti e le Riserva, tutti previsti in versione monovitigno o blend di 16 diverse varietà; e la zona di produzione, 11 comuni in Provincia di Arezzo e 4 comuni in Provincia di Firenze, nel territorio compreso tra i Monti del Chianti a Ovest e il Pratomagno a Est, a partire dai 170 metri di altezza. Quest’ultimo passaggio è molto interessante e si lega fortemente all’origine geologia della zona. Tra i due promontori, infatti, si era creato un lago conseguente all’arretramento dell’acqua marina durante il Pliocene (3-4 milioni di anni fa). In seguito, questo lago si ritirò abbastanza velocemente, lasciando affiorare le “balze”, cioè strutture geologiche simili a canyon, che si sono formate grazie al materiale rimasto aggrappato alle colline una volta defluita l’acqua. Sotto alle balze, nel fondovalle è quindi rimasto suolo grasso e pesante, alluvionale, non idoneo alla viticoltura, che infatti è escluso dal disciplinare (con quel limite minimo di 170 metri di altezza). A questa struttura di suoli, si aggiunge il clima particolare del Valdarno di Sopra, che è, infatti, uno dei territori più piovosi d’Italia: problematico per il suolo a fondovalle, utile, invece, per le vigne in collina (soprattutto in questo periodo storico di siccità e alte temperature), coltivate su suoli ricchi di macigno e galestro. A questa delimitazione alto-basso, si aggiunge anche la suddivisione tra destra-Arno e sinistra-Arno, che ha aiutato il Consorzio nel processo di zonazione approdato nella recente revisione del disciplinare, entrata in vigore con la vendemmia 2024. “La menzione vigna è necessaria per permettere al vino di parlare del proprio pezzo di terra, così da valorizzare le particolari condizioni pedo-climatiche di cui è ricco il nostro territorio”, hanno sottolineato il presidente del Consorzio Luca Sanjust (Petrolo) e il direttore Ettore Ciancico (La Salceta). A cui si aggiunge il progetto di menzione “Biologico” per l’intera denominazione, alla quale si punta da anni, ma per il quale non arriva il “placet” definitivo, ed al quale il consiglio consortile non ha rinunciato, anche se non ancora presente nell’ultima revisione del disciplinare stesso.
Infine l’andamento climatico. La 2021
verrà ricordata per la gelata che attanagliò l’Italia e la Francia a inizio aprile, e che portò ad una calo della produzione del 30-40%. L’estate calda è stata interrotta dalle piogge di fine agosto e da un settembre dalle forti escursioni termiche (anche di 20 gradi) tra giorno e notte, che hanno portato ad acidità altissime nelle uve (riscontrate solo nel 2012 e prima nel 1996). Il risultato sono vini energici, magari più scuri, ma nitidi nelle espressioni aromatiche, con promessa di longevità. La 2022, invece, è stata calda a lungo, con picchi di calore tra luglio e agosto, interrotti per fortuna da piogge a metà mese. La vendemmia, prevista inizialmente con largo anticipo, si è svolta durante la prima decade di settembre, con maturità soddisfacenti. Il risultato sono vini estroversi ed esuberanti, ricchi ed espressivi, con acidità sorprendentemente superiori alle annate 2020 e 2019. All’anteprima, 15 le aziende presenti (delle 22 aderenti al Consorzio), con 54 etichette in degustazione, di cui 10 vini bianchi, 2 rosati e 32 rossi, tra vitigni in purezza e blend. E alla prova del bicchiere, ecco i migliori assaggi dello staff WineNews da un territorio che ha fatto da sfondo nientemeno che alla Gioconda di Leonardo da Vinci, e che Giorgio Vasari ha raffigurato nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze. 

Focus - Valdarno di Sopra Doc: i migliori assaggi WineNews
Campo del Monte, Valdarno di Sopra Chardonnay Vigna Pini Baltea 2024
Vino dorato e luminoso, profuma intensamente di note balsamiche, tropicali e agrumi canditi, che tornano al sorso sapido, aderente e fresco.
Cantine Le Pietre, Valdarno di Sopra Cabernet Sauvignon Magnificat 2023
Cabernet fitto e nero, mentolato e speziato, dal sorso fresco e vegetale, dolce, sapido e persistente in chiusura.
Fattoria Bellosguardo, Toscana Igt Rosso Fogliatonda Pipillo 2023
Un Fogliatonda giocato sul contrasto di note dolci ed erbacee, dall’aderenza decisa ingentilita dal sapore pieno e fruttato.
Tenuta San Jacopo, Valdarno di Sopra Rosso Orma del Diavolo 2022
Intenso e profondo, diffonde note di macchia mediterranea, mora in caramella e cenni ematici e di fiori essiccati.
Petrolo, Valdarno di Sopra Pietraviva Torrione 2022
Un vino fitto, rosso nei profumi di ciliegia e arancia rossa, rosa canina e camelia, nero nel sorso sapido, fresco di liquirizia e dolce di mora.
Podere Il Carnasciale, Toscana Rosso Il Caberlot 2021
Un Caberlot squisito, che profuma di foglia di pomodoro e violetta, mentre il sorso si distende pepato e floreale, pulito in chiusura.
La Salceta, Valdarno di Sopra Sangiovese Vigna Ruschieto 2021
Un Sangiovese molto profumato e carnoso, che alterna note dolci di ciliegia e note scure terrose anche al sorso, sapido ed energico.
Mannucci Droandi, Valdarno di Sopra Pugnitello 2020
Pugnitello contrastato tra note fernettanti e fruttate, crude e calde, ematiche e speziate, dal sorso pieno e saporito, floreale in chiusura.
Tenuta Scrafana, Toscana Bianco Gualdrada 2020
Melone bianco, salvia e cedro con una nota metallica a dare profondità e stratificazione anche al sorso, intenso e pieno, dolce di frutta, ma fresco di erbe aromatiche.
Il Borro, Valdarno di Sopra Syrah Alessandro del Borro 2019
Mora e pepe al naso, mentre in bocca è scorrevole, mentolato, dall’aderenza sapida e dalla gentile chiusura floreale.

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