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PATRIMONIO CULTURALE 

Il valore delle dimore storiche: 35 milioni di visitatori nel 2024, e il 17% produce anche vino

Osservatorio Adsi: sono 46.000, il 30% nei piccoli comuni dove sono una risorsa per le comunità. Per custodirle i proprietari hanno speso 1,9 miliardi

Oltre 35 milioni di visitatori nel 2024, di cui più di 2 milioni nelle sole aree interne del Paese, con il 60% delle dimore attive in produzioni culturali, turistiche o agroalimentari, e il 17% che produce anche vino (tanto che il 34% delle cantine italiane è legata ad una dimora storica, con il 100% che fa anche enoturismo e l’86% che ha visto aumentare le visite nell’ultimo anno), ma anche olio o cereali, per un comparto che immette nel sistema economico centinaia di milioni di euro l’anno (con l’attività agricola che arriva ad incidere fino al 75% del reddito annuo, con una quota export anche del 30%), “pur sostenendo quasi integralmente da sé i costi di conservazione e manutenzione” (nell’85% dei casi, con una spesa media superiore a 50.000 euro all’anno, per un totale di 1,9 miliardi di euro investiti dai proprietari nei restauri, pari ad oltre il 10% dell’aumento del Pil italiano), e che rappresenta “una risorsa viva” per le comunità locali e per l’Italia. Sono questi alcuni dei dati più significativi del Rapporto dell’Osservatorio sul Patrimonio Culturale Privato n. 6, presentato, oggi, alla Camera dei Deputati e promosso dall’Associazione Dimore Storiche Italiane - Adsi (46.000, con il 30% che si trova nei piccoli comuni), insieme alla Fondazione per la Ricerca Economica e Sociale, con il sostegno di Confedilizia, Confagricoltura e Fondazione Pescarabruzzo.
L’evento, introdotto dal vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, e dalla presidente Adsi Maria Pace Odescalchi, ha visto la partecipazione, tra gli altri, del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, in un’occasione di confronto tra istituzioni e rappresentanti del mondo associativo, economico, culturale e della ricerca sul valore e sul potenziale delle dimore storiche.
Il comparto agricolo si conferma una colonna portante per l’economia delle dimore storiche: il 17% svolge un’attività agricola (in aumento del 17% sul 2023), con una netta prevalenza della vitivinicoltura (25%), che sale al 36% se si includono anche i soli viticoltori. Seguono la coltivazione di cereali e l’olivicoltura (21% ciascuna). Nel 39% delle dimore agricole, questa attività rappresenta oltre il 75% del reddito annuo, mentre nel 21% dei casi incide tra il 50% e il 75%) come leva strategica di sviluppo per il Paese.
Il legame con il turismo è altrettanto forte: il 100% delle dimore produttrici di vino offre percorsi di degustazione, che nell’86% dei casi hanno generato un aumento delle visite nell’ultimo anno, in un terzo dei casi superiore al 30%. Le esportazioni coprono il 25-30% della produzione agricola, con una prevalenza verso i Paesi europei (80%). A dimostrazione del legame tra patrimonio culturale e produzione enogastronomica, il 34% delle aziende vitivinicole italiane afferisce a una dimora storica.
Secondo i dati del Rapporto il patrimonio culturale privato costituisce un pilastro del sistema economico e sociale italiano. Le 46.000 dimore storiche vincolate presenti in Italia, tra palazzi, ville e castelli (e di cui fa parte anche WineNews, con Palazzo Farnetani, la sede di rappresentanza, a Montalcino), sono distribuite in tutte le regioni e rappresentano una componente essenziale del tessuto territoriale e della identità collettiva nazionale. Quasi il 30% si trova in comuni con meno di 5.000 abitanti e, in media, oltre due dimore per comune si concentrano proprio in queste aree, a testimonianza del loro ruolo di presidio identitario e culturale nei piccoli centri e nelle aree interne. Si tratta di un patrimonio unico in Europa: luoghi che, oltre a custodire bellezza e memoria, generano valore economico, occupazione e sviluppo locale. Il 60% delle dimore storiche svolge, infatti, attività economiche, tra turismo, agricoltura, cultura e gestione di eventi: del 20% che opera come impresa strutturata, quasi il 46% si concentra nel settore ricettivo o di gestione immobiliare, il 17% nel comparto agroalimentare e il 13% nel settore culturale e poco meno del 10% negli eventi. Il loro impatto è rilevante anche in termini occupazionali e di filiera, coinvolgendo artigiani, agronomi, restauratori, tecnici e professionisti del patrimonio culturale e del turismo.
Il Rapporto dell’Osservatorio n. 6 evidenzia, in particolare, tre ambiti in cui il contributo delle dimore storiche risulta particolarmente rilevante: turismo, conservazione e agricoltura. Il turismo esperienziale e culturale trova nelle dimore storiche un punto di forza: luoghi che uniscono ospitalità, cultura e identità locale, contribuendo alla sostenibilità e alla promozione dei territori. Il 35% delle dimore è oggi destinato alla locazione e, tra queste, 3.700 offrono formule di ospitalità turistica breve, un segmento in costante crescita (+46% nell’ultimo anno): si tratta di un’attività che valorizza l’esperienza diretta e autentica del patrimonio, genera indotto e contribuisce alla destagionalizzazione dei flussi.
Un ruolo significativo è svolto dalle dimore storiche anche specificamente nella formazione scolastica: il 58% delle dimore storiche accoglie, infatti, studenti di ogni ordine e grado, offrendo esperienze formative in ambito storico-artistico, che trasmettono valori di identità, memoria e appartenenza alla cultura italiana ed europea.
Gli eventi culturali e le aperture al pubblico restano in questo contesto un volano strategico: nel 2024 oltre 20.000 dimore hanno realizzato almeno un evento, accogliendo più di 35 milioni di visitatori - di cui oltre due milioni nelle sole aree interne - e 17.000 di queste hanno promosso iniziative gratuite o con finalità sociale, a conferma del ruolo delle dimore come leve di turismo culturale diffuso e sostenibile. L’80% dei proprietari rileva inoltre un effetto positivo degli eventi ospitati sullo sviluppo locale, grazie alla creazione di reti con aziende agricole, produttori enogastronomici, guide turistiche e operatori outdoor.
Sul fronte della manutenzione e del restauro, le dimore storiche rappresentano un motore di investimento diretto nel patrimonio architettonico italiano. L’Osservatorio ha mostrato come l’85% degli interventi sia autofinanziato dai proprietari, con una spesa media superiore a 50.000 euro annui per singolo bene, mentre solo il 2% ha beneficiato di contributi pubblici. Si tratta di un impegno che si traduce in investimenti costanti - spesso superiori a quelli del settore pubblico - per la tutela e la fruizione del patrimonio vincolato. Complessivamente, la spesa per interventi di restauro è cresciuta da 836 milioni di euro nel 2017 a 1,2 miliardi nel 2024 per i soli interventi straordinari. Considerando anche quelli ordinari, il totale supera 1,9 miliardi di euro, un valore pari a oltre il 10% dell’aumento del Pil italiano registrato nel 2023. È il segno di una responsabilità civica profonda, ma anche un richiamo alla necessità di strumenti di sostegno adeguati.
Cresce, inoltre, l’attenzione alla sostenibilità e all’innovazione tecnologica: molte dimore hanno avviato progetti di efficientamento energetico, digitalizzazione degli archivi e manutenzione preventiva, contribuendo alla salvaguardia del patrimonio e alla riduzione dell’impatto ambientale. Nell’insieme si tratta di interventi che generano un indotto fatto di artigiani, maestranze e professionisti altamente specializzati, contribuendo così alla trasmissione del sapere tecnico e alla conservazione dell’identità architettonica italiana.
I dati del Rapporto descrivono, dunque, un comparto dinamico, con ampi margini di crescita: sono infatti oltre 10.000 le dimore storiche che si dichiarano pronte ad avviare o ampliare le proprie attività economiche qualora il contesto burocratico e normativo fosse più favorevole, segno di un potenziale di crescita importante che potrebbe essere liberato da una politica di maggiore semplificazione e sostegno.
“Le dimore storiche rappresentano un presidio culturale, un museo diffuso e uno straordinario patrimonio per l’Italia - ha commentato il vicepresidente della Camera dei Deputati, Giorgio Mulè - sono delle gemme sparse sul territorio che per storia, bellezza e capacità di conservazione costituiscono un tesoro da preservare. È dunque fondamentale valorizzare questo patrimonio riconoscendole la specificità e l’importanza nella tutela e valorizzazione della cultura italiana. Per questo motivo ho sostenuto e sostengo attualmente con una proposta di legge le dimore storiche affinché si possa ulteriormente valorizzare questo capitale con interventi al codice dei beni culturali del paesaggio”. Per Maria Pace Odescalchi, presidente delle Dimore Storiche Italiane, il Rapporto “conferma come le dimore storiche siano una risorsa viva per il Paese: luoghi di cultura e bellezza, ma anche motori di economia e coesione, capaci di generare lavoro, promuovere turismo sostenibile e rafforzare il legame tra comunità e territorio, in particolare nelle aree interne e nei piccoli comuni dove una dimora o una casa storica sono spesso identitarie e motori economici per la comunità locale. Per valorizzare appieno questo potenziale e rendere possibile, come richiesto dalla Costituzione, la miglior tutela e custodia dei beni culturali privati, è fondamentale consolidare la collaborazione tra pubblico e privato, prevedendo strumenti stabili e continui che incentivino gli investimenti dei proprietari e che consentano loro di pianificare a lungo termine la manutenzione necessaria e obbligatoria. Misure come l’Iva unificata per gli interventi di restauro sui beni culturali e l’estensione dell’Art Bonus ai privati, in particolare nei comuni con meno di 20.000 abitanti, non solo renderebbero più sostenibile la manutenzione e valorizzazione dei beni culturali, ma moltiplicherebbero i benefici per il sistema economico e sociale, soprattutto nelle aree meno centrali e più fragili, dove le dimore storiche rappresentano non solo un presidio culturale ma anche una risorsa indispensabile per la vitalità dei territori”. Per il dg Confagricoltura, Roberto Caponi, relatore alla presentazione del Rapporto, “le potenzialità di questo patrimonio privato, che di fatto è un bene pubblico diffuso sono state colte già 60 anni fa dalla nostra Confagricoltura attraverso Agriturist, che per prima ne ha esaltato la vocazione enogastronomica e ricettiva”. Ed ancora, “oggi è importante che i proprietari delle dimore siano messi nelle condizioni di poter continuare a preservare questo patrimonio fortemente identitario dei territori. C’è, infatti, il rischio che fondi immobiliari stranieri guardino con sempre maggiore attenzione ai piccoli borghi per investire nelle dimore storiche italiane. È preferibile, al contrario, non interrompere il legame concreto con chi il bene lo conosce e lo mantiene con impegno, investimenti, costanza. A livello nazionale - ha concluso Caponi -lo sviluppo delle aree interne e dei borghi rurali va sostenuto con una precisa politica di investimenti e semplificazioni burocratiche, economiche e fiscali per i territori montani, collinari e le aree interne, che trainano il turismo del Paese e registrano un interesse crescente”.

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