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MINACCIA

Il vigneto italiano sotto l’attacco della Peronospora: produzione a picco nelle Regioni adriatiche

A WineNews, il punto sugli effetti devastanti delle piogge di Leonardo Valenti, Attilio Scienza e Adriano Zago. Uiv: perdite fino al 40%
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Il pericolo peronospora

Non è tanto la siccità a far tremare la viticoltura italiana, quanto gli eccessi di un clima sempre più difficile da prevedere, le cui conseguenze - sia a breve che a lungo termine - rischiano di rivelarsi drammatiche. Così, dopo il caldo record del 2022, adesso sono le conseguenze delle piogge incessanti cadute a maggio e giugno a preoccupare i vignaioli del Belpaese. Prima di tutto, la Peronospora che, come hanno raccontato a WineNews, tre dei più grandi esperti internazionali in materia - i professori dell’Università di Milano Attilio Scienza e Leonardo Valenti e Adriano Zago, punto di riferimento della viticoltura biodinamica - ha trovato il clima perfetto per attecchire, specie nelle Regioni adriatiche (Puglia, Abruzzo e Molise), ma la presenza è importante anche in Basilicata, Umbria, Lazio e Toscana, mentre le Regioni del Nord Italia, più abituate ad averci a che fare, sembrano destinate a pagare un prezzo inferiore. Difficile, al momento, fare stime precise, anche se l’Osservatorio di Unione Italiana Vini (Uiv), parla di perdite per la prossima campagna vendemmiale fino al 40%, con la viticultura biologica che, in alcune aree, risulta fortemente compromessa.

Facendo una rapida ricognizione del vigneto italiano, dove non si è riusciti a trattare al momento giusto le condizioni sono disastrose, difficilmente si riuscirà a raccogliere anche solo un grappolo d’uva”, mette in guardia Leonardo Valenti, docente di viticoltura all’Università di Milano. “La situazione, dalla Basilicata alla Toscana, è complicata in molti vigneti, e non va meglio in Sicilia. In Italia centromeridionale si è meno abituati a dover fronteggiare la Peronospora, e capita spesso che il patogeno abbia la meglio. Per fare un censimento, e capire l’entità del danno, ci vorranno ancora una quindicina di giorni, ma ci sono situazioni difficilmente recuperabili, che potrebbero avere effetti anche sulla prossima vendemmia”.

Qualcosa, al di là dell’eccezionalità delle precipitazioni delle ultime settimane, è andato storto nella gestione del vigneto. “Si è dato per scontato che le temperature dell’estate scorsa avessero disattivato l’inoculo, e invece non era così, era semplicemente basso, ed è cresciuto esponenzialmente in relazione all’andamento stagionale decisamente favorevole allo sviluppo della malattia. In questa situazione è comprensibile che il viticoltore abbia ritardato l’intervento, ma si è rivelato un passaggio catastrofico”, continua Leonardo Valenti. “La Peronospora è infingarda: quando fa freddo e piove il tempo di incubazione è piuttosto lungo (almeno due settimane), all’inizio sembrava fosse andato tutto bene, ma quando la malattia si è palesata lo ha fatto in maniera molto forte, cogliendo impreparati i produttori”.

Un disastro, non troppo annunciato, ma che insegna qualcosa, ossia “a tenere la guardia sempre alta, a prescindere dalle previsioni meteo e dalle aspettative che ci facciamo. Servono programmi di lotta coerenti per salvaguardare la produzione, e risposte rapide, perché l’attendismo non ha portato nulla di buono, e le previsioni a lungo termine non sono attendibili”. E l’emergenza non finisce qui, oltre alla Peronospora riguarda anche l’oidio, “che ha la capacità di infettare le piante a macchia d’olio, in maniera tutto sommato prevedibile”, chiosa Valenti, sottolineando come la produzione, comunque, “è prevista in grande crescita rispetto alla 2022, e questo potrebbe mitigare gli effetti delle malattie della vite: la fertilità è ottima, e di conseguenza il numero di grappoli, alla fine potremmo ritrovarci in una situazione di equilibrio”. Specie considerando che gli stock di vino, nelle cantine italiane, sono a livelli mai visti.

Facendo un salto indietro, la Peronospora, come spiega il professore Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura ed enologia al mondo, “all’inizio aveva provocato solo danni alle foglie, ma adesso si stanno vedendo i primi disseccamenti dei grappoli. Il fungo è entrato nel grappolo durante la fioritura, è rimasto latente per qualche settimana e si manifesterà in maniera molto vistosa al momento dell’invaiatura, quando si farà la vera conta dei danni. Non ci sarà nessun problema di area fogliare, perché veniamo da una stagione molto piovosa, e le piante hanno delle chiome molto sviluppate che, però, hanno favorito un ambiente molto umido, in cui la Peronospora ha proliferato. Così come l’oidio, che non ha bisogno di pioggia, ma di umidità e temperature elevate. L’ideala sarebbe scoprire un po’ i grappoli, ma facendo attenzione a non esporli alle bruciature”.

Col senno di poi, riprende il professor Scienza, “bisognava aver indotto la produzione delle femminelle con una cimatura precoce, in modo da togliere qualche foglia intorno ai grappoli lasciando le femminelle a protezione del grappolo. La cimatura sarebbe stata necessaria ed importante anche per togliere la parte più giovane della chioma, che è anche la più sensibile alla Peronospora, altro elemento di contagio. I danni maggiori si registrano sul versante adriatico, quindi Abruzzo, Molise e Puglia, ma adesso i sintomi si vedono anche in Toscana, specie in Maremma. Difficoltà enormi si registrano poi nei vigneti condotti a biologico, dove c’è stata la necessità di trattare in continuazione, anche 17 volte, e di entrare in terreni cedevoli e spesso impraticabili”.

Anche per Attilio Scienza era fondamentale dare “risposte tempestive, usando prodotti di grande efficacia, non solo il rame, che è un prodotto di copertura. In una stagione come questa c’era bisogno di prodotti curativi, capaci di aiutare la pianta della vite anche con l’infezione in atto”. Importante, inoltre, l’aspetto varietale, perché “non tutte hanno reagito allo stesso modo. In Maremma, ad esempio, l’Alicante ha avuto danni gravissimi, il Sangiovese meno. Le varietà atlantiche - Merlot e Cabernet Sauvignon - non sono molto sensibili alla Peronospora”.

Al di là della chimica o delle soluzioni biologiche, la soluzione migliore, secondo Attilio Scienza, è nelle varietà resistenti, “che hanno avuto bisogno solo di due o tre trattamenti, a volte neanche di quelli, per superare indenni la minaccia della Peronospora. Esistono già i resistenti di molte varietà tipiche del Nord Italia, ma non del Sud, e situazioni come quella che stiamo affrontando dovrebbero accelerare l’iter sperimentale - portato avanti da vivai e Università - e avvicinare il via libera all’allevamento dei resistenti in tutte le Regioni e in tutte le Denominazioni. Il problema maggiore, ad oggi, è proprio l’impossibilità di impiantare queste varietà tolleranti, che frena anche la ricerca sulle varietà autoctone resistenti, che ci permetta di avere cloni capaci di dare uve di grande qualità senza paura delle malattie, seguendo l’esempio del percorso già avviato dalla Francia”, conclude il professor Scienza, ricordando che “a pagare il conto più salato, in questa situazione, saranno i viticoltori, e non le aziende, che attualmente hanno le cantine piene e con un calo della produzione potrebbero comunque garantirsi prezzi dello sfuso importanti”.

Come detto, il momento è complicato, ma secondo Adriano Zago, una laurea in Agraria all’Università di Padova e una specializzazione in Viticoltura ed enologia a Montpellier, e da vent’anni consulente agronomico ed enologico, “non ci sono grosse differenze tra sistemi di conduzione del vigneto - biologica, biodinamica o convenzionale - semmai la differenza è tra viticoltori che hanno lavorato bene e viticoltori che non ci sono riusciti. L’uso del rame, secondo il regolamento Ue, è limitato ad una media di 4 chilogrammi per ettaro, in un periodo di 7 anni, e venendo da anni in cui se ne è usato pochissimo, c’è assolutamente il margine sufficiente per lavorare bene, specie perché oggi lavoriamo con rami attivi a quantità molto più basse di prima: se una volta si usavano per ogni trattamento 500 grammi per ettaro, oggi riusciamo ad avere delle buone difese con 150 grammi di rame per ettaro. E poi, il rame non è che uno dei tanti strumenti a nostra disposizione, insieme a tanti corroboranti, sostenitori della difesa delle piante, tecniche e tecnologie molto più performanti di una volta, e consapevolezza nella gestione del vigneto. Del resto, neanche il metodo tradizionale ha mostrato i suoi limiti: non ha garantito una difesa perfetta, ed ha portato danni ambientali di lungo termine, per i suoli, gli insetti e le persone”.

Rimane sul campo un’annata “che sta già producendo perdite di produzione importanti, specie sull’Adriatico, dalla Puglia alla Romagna, ma neanche la Toscana è messa benissimo, mentre il Nord è più abituato ad un andamento climatico del genere, con una primavera fredda e umida, e più in difficoltà semmai di fronte alla siccità degli ultimi anni. Eppure, annate simili, 15 anni fa, avrebbero portato disastri ancora maggiori”, continua Adriano Zago. “Si sa moltissimo, quasi tutto, sulla Peronospora e sulla sua individuazione, così come dell’efficacia di molti prodotti, ma la vera sfida è contrastarla in condizioni come quelle di quest’anno, in cui è difficile entrare in vigna. Era da tanti anni che, anche in biologico, non si registravano perdite così importanti e generalizzate, quindi vuol dire che, nelle altre annate, nella loro diversità, i metodi adottati e che ben conosciamo funzionano. Il banco è saltato perché durante la fioritura si sono registrati anche 200 ml di pioggia, e più della metà dei giorni piovosi, che è la situazione peggiore per un viticoltore nel mese di maggio: la tempesta perfetta”.

Annate del genere, come visto, hanno comunque un risvolto, a loro modo, positivo, perché sanno rivelarsi “formative, ma non si pensi adesso che il clima degli ultimi anni fosse perfetto, perché la siccità e gli eventi climatici estremi, come la siccità e le grandinate, così come Flavescenza Dorata e Mal dell’Esca, non sono certo la normalità. Le condizioni attuali, inoltre, sono ideali anche per l’oidio, e di fronte si prospetta una raccolta ritardata ed una stagione molto lunga e complessa da gestire, una Maratona più che una corsa come eravamo negli ultimi anni, quando in questo periodo già si facevano previsioni e bilanci dell’annata”, conclude il consulente agronomico ed enologico Adriano Zago.

Focus - La Peronospora nel vigneto italiano: i dati Uiv

Piemonte: la situazione appare sotto controllo: siccità fra marzo e aprile, piogge nella norma, più oidio che Peronospora.

Lombardia: in Valtellina si registrano problematiche di Peronospora su una produzione tendenzialmente abbondante. Pressione su foglia e su grappolo, con cali mediamente del 5%.

Veneto: pochi e localizzati attacchi grandinigeni, con perdite anche al 50%. La produzione attesa in regione per ora è molto abbondante.

Friuli-Venezia Giulia: bene Collio, qualche problema a macchia di leopardo nel resto della regione. I vigneti rimangono comunque carichi.

Emilia e Romagna: la situazione appare per ora sotto controllo per quanto riguarda la Peronospora. Resta problematico il post-alluvione, sia, soprattutto in collina, per l’accesso ai vigneti, sia per il fango in pianura.

Toscana: a causa delle forti piogge a maggio, la Peronospora è presente e si registrano difficoltà di accesso ai vigneti per i trattamenti. Per ora si prevede una riduzione su una produzione che si annunciava comunque abbondante (in media 10% di infezioni). Riportati problemi anche di botrite e grandinate locali.

Umbria: la pressione è molto forte, con cali dal 10 al 15%, con punte fino al 30%. La produzione iniziale prevista era abbondante, quindi si dovrebbe arrivare a una raccolta nella norma.

Abruzzo e Molise: è piovuto costantemente dal 4 aprile. A causa della conformazione del terreno (colline e vallate) è stato difficile accedere agli appezzamenti per poter eseguire i trattamenti fitosanitari. La Peronospora ha attaccato in forma abbastanza importante entrambe le regioni e si stima un calo di produzione del 30-40 % sulle uve convenzionali (50-60% in Molise), mentre si arriva anche al 70-80% sulle uve biologiche. Il danno maggiore sembra comunque subìto dalle varietà a bacca rossa, non trattate perché al momento dell’attacco erano ancora in fase primordiale, nelle zone collinari. Per tutta questa serie di situazioni, oggi le aziende produttrici hanno rallentato le vendite e qualcuna le ha addirittura fermate.

Marche: situazione non omogenea. In linea di massima è stata colpita di più la zona più prossima alla costa, ma le infezioni sono un po’ ovunque. È difficile quantificare la perdita ma sicuramente si profila un’annata di scarsa produzione (-20%), su una stagione ancora in ritardo nello sviluppo della fase fenologica rispetto al 2022.

Lazio: la stagione era partita bene, ma la pioggia di maggio ha innescato forti focolai, attorno al -25% di produzione prevista (su una partenza abbondante).

Basilicata: la Peronospora ha avuto un forte impatto sul Vulture e anche sui bianchi, in alcuni areali le previsioni sono a -60%.

Puglia: la Peronospora si è diffusa sia a Nord (tendoni tasso a 50%) sia a sud, su Malvasia, Negroamaro e Primitivo, con cali attesi del 25%.

Sicilia: la Peronospora è diffusa, soprattutto nel Trapanese: quelli che non hanno trattato a ciclo completo per questioni di costi avranno forti perdite, le aziende strutturate avranno una buona vendemmia. Siamo attorno a un’incidenza del 10-15%.

“In generale la stagione pre-vendemmiale era partita bene un po’ ovunque, poi da maggio in avanti la situazione si è guastata. Siamo passati repentinamente dal problema degli stock in eccesso - attualmente confermato con le Dop in eccedenza a +9% sullo scorso anno - a uno scenario di probabile importante riduzione dei volumi di raccolta previsti in diverse regioni”, commenta il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi.

Focus - La case history virtuosa del Conegliano Valdobbiadene

Da un’attenta osservazione del vigneto avvenuta in queste ultime settimane, si rileva un sensibile calo della presenza di piante sintomatiche rispetto all’annata 2022, questo accompagnato da un altro dato confortante rilevato ieri 28 giugno e che consiste in un calo del 70% di insetti nei 102 vigneti monitorati dal Consorzio del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg. Un risultato, quest’ultimo, dovuto principalmente ai comportamenti virtuosi tenuti l’anno scorso che hanno portato all’estirpazione delle piante malate e all’attenta lotta all’insetto.

“Siamo soddisfatti che quanto praticato nell’annata precedente abbia portato ad un riscontro concreto: si è messa in atto un’attività che possiamo definire rivoluzionaria in quanto non ancora sperimentata (vedi la mappatura attraverso l’utilizzo dei droni), e che ci ha permesso ad esempio di escludere il bosco come responsabile dei contagi al contrario dei vigneti mal gestiti che sono risultati invece la vera fonte delle infezioni. Una condizione fitosanitaria grave che ha spinto a creare uno spirito di collaborazione unanime tra gli associati che hanno seguito, uniti, le indicazioni degli Organi competenti quali l’Ufficio Fitosanitario Regionale, l’Università di Padova e naturalmente il Consorzio di Tutela”, commenta Diego Tomasi, direttore del Consorzio. “È stata la concreta dimostrazione di un comprensorio che ha saputo reagire in modo compatto e in tempi rapidissimi di fronte ad un problema che poteva diventare molto grave”.

I risultati di quest’anno sono principalmente dovuti al non aver sottovalutato la situazione che poteva ripresentarsi: tutti gli Organi deputati si sono attivati per rispondere alle esigenze dei viticoltori in primis gli uffici regionali. E se la situazione rimarrà tale si potrà ipotizzare una convivenza e gestione della malattia già dal 2024: tutte le barbatelle piantate in primavera sono in ottime condizioni e questo fattore porterà ad un regime di piena produttività già nei prossimi anni. Il Consorzio conferma che i viticoltori si sono attenuti all’uso solo di principi attivi iscritti nel Protocollo Viticolo e consigliati dal Consorzio. Tuttavia è molto importare mantenere un comportamento attento anche nel prossimo mese, luglio, durante il quale tutti i viticoltori devono assolutamente analizzare i loro vigneti e continuare con l’estirpo delle eventuali viti sintomatiche, eseguire i trattamenti consigliati nel periodo idoneo e con i formulati ammessi. Inoltre si constata che, rispetto al 2000, anno in cui la flavescenza dorata era stata risolta con soluzioni oggi assolutamente non più ammesse, in questa nuova fase la risoluzione è avvenuta tramite pratiche basate su fondamenti scientifici che hanno portato ai risultati esposti.

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