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CULTURA

Il vino che nasce nei luoghi dell’anima, dove si coltivano la vite e le comunità dei territori

Il mondo monastico, accademico ed enoico al Convento dell’Annunciata in Franciacorta con Fondazione Vittorio e Mariella Moretti e “Vini d’Abbazia”

“Un convento rappresenta un ideale di armonia tra vita e lavoro, quasi uno stile di vita, che ho sempre cercato nel mio percorso. In un convento come questo si coltiva il sapere, ma anche l’orto; si coltiva la vite, ma anche le amicizie; ci si prende cura della famiglia ristretta composta dai frati, ma anche della comunità allargata. E questo è un pensiero che mi appartiene: un’economia di vita e lavoro che oggi chiamiamo sostenibile come se fosse una novità, ma che invece fa parte di una tradizione antichissima”. Parole di Vittorio Moretti, presidente Fondazione Vittorio e Mariella Moretti che, nei giorni scorsi, ha aperto le porte del suggestivo Convento della Santissima Annunciata in Franciacorta, un luogo dell’anima, in cui si produce vino, e del quale la Fondazione è la “custode”, per ospitare il convegno nazionale “La cultura del vino e l’identità dei territori” nell’edizione invernale di “Vini d’Abbazia”. Un momento di riflessione di forte valore culturale e simbolico, che ha riunito voci dal mondo monastico, accademico, vitivinicolo ed istituzionale per sottolineare il legame profondo tra tradizione spirituale e produzione agricola, mettendo in luce il ruolo millenario, ma anche contemporaneo, delle abbazie nella conservazione del paesaggio, nella diffusione del sapere e della produzione di vino nei territori italiani, dove rappresentano l’identità culturale delle comunità e un’eredità viva da tramandare alle generazioni future (come WineNews racconterà in un video prossimamente online).
Lo sfondo, è un luogo di grande valore storico, spirituale e architettonico, affidato dal 2018 dall’Ordine dei Servi di Maria alla Fondazione Vittorio e Mariella Moretti, che ne cura la gestione restituendolo alla comunità come centro di cultura e accoglienza, come ha fatto con “Come in famiglia”, una giornata di eventi aperti al pubblico con percorsi nella natura, laboratori, letture e incontri dedicati alla spiritualità, alla cultura e al senso di comunità come il convegno, con il patrocinio della Fondazione Italia Patria della Bellezza, che sostiene i progetti capaci di valorizzare l’autentico talento italiano per la bellezza. “Un luogo meraviglioso al quale la mia famiglia è profondamente legata e che oggi ospita la Fondazione intitolata ai miei genitori - ha detto Valentina Moretti, consigliere delegato alle attività culturali della Fondazione - il Convento apre le sue porte alla comunità per stimolare la condivisione, proprio come avviene in famiglia: trascorrere tempo insieme, ascoltarsi e coltivare ciò che ci fa stare bene. È un invito a riconnettersi con la natura, che ci insegna la circolarità e l’importanza di prendersi tempo, custodendo quei valori che ci uniscono e che danno senso alla vita”.
“Il progetto “Vini d’Abbazia” - ha aggiunto Vittorio Moretti, patron del Gruppo Terra Moretti, che della Franciacorta e del Franciacorta ha scritto la storia con le cantine Bellavista e Contadi Castaldi - nato cinque anni fa, risponde pienamente alle intenzioni che animano la nostra Fondazione, nata nel giorno stesso in cui il Convento della Santissima Annunciata ci è stato affidato dall’Ordine dei Servi di Maria (2016). Qui abbiamo la nostra sede e da questo luogo intendiamo promuovere una riflessione sul territorio e sulla identità. Il Convento rappresenta molto per noi perché è sintesi dei valori in cui crediamo. È la sua vigna storica nel legame con Bellavista, ma è anche il Monte Orfano nella sua fondamentale rilevanza sul microclima del territorio di Franciacorta. Ed è poi la storia di molte amicizie: con Padre Sebastiano che ci ha affidato la vigna, con Gianni Brera che qui ha scelto la propria, con la cittadinanza di Rovato che considera questo luogo un punto di riferimento comunitario. Oggi, con la nostra Fondazione, ci prendiamo cura di questo Convento e ci impegniamo a realizzare, proprio partendo da qui, iniziative come queste e come l’intera giornata che dedichiamo al territorio aprendolo per iniziative dedicate alle famiglie, e che servono a riflettere sul passato e a ripartire dalle nostre radici per trovare nuove ispirazioni, e anche un nuovo senso di unione. Abbazie come queste, e come quelle dei nostri ospiti, non sono solo testimonianze del passato, ma luoghi carichi di futuro”. “Un luogo di comunità, uno spazio in cui il bello e il buono coincidano. Un bene comune restituito al territorio attraverso la visione e a generosità di chi se ne prende cura”, come dice Carlo Petrini, fondatore Slow Food, anche grazie al vino.
Aprendo i lavori, il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, in un video-messaggio, ha ringraziato “frati e monaci che nel network “Vini d’Abbazia” rappresentano un modello che nella tradizione legata alla loro opera vede la trasmissione di tante tradizioni, tanta cultura per l’agricoltura e non solo. Voglio, però, ringraziare anche due cari amici: Renzo Cotarella e il Cavaliere del Lavoro Vittorio Moretti, da sempre sostenitori del vino e protagonisti di un nostro prodotto eccezionale che hanno garantito in termini di qualità ed anche di promozione in Italia e all’estero. Siamo davvero orgogliosi di voi. Anche a distanza voglio sottolineare il grande sostegno del Governo alle imprese per garantire sempre più la qualità che rappresentano, creando ricchezza e lavoro, come hanno fatto nella storia i monaci con il loro sapere: hanno mantenuto il territorio, l’hanno migliorato, hanno creato attraverso fondazioni anche tanta solidarietà. L’agricoltura è anche questo: è identità, è cultura, è difesa del paesaggio, è lavoro, è economia, è tutela della biodiversità e molto altro. Con la presidente Giorgia Meloni abbiamo investito sull’agricoltura come elemento centrale, settore primario, non solo a chiacchiere, ma primo elemento per garantire benessere in termini di produttività, di lavoro, ma anche di qualità della vita. La filiera vinicola è una filiera che ci dà grande soddisfazione: nell’export 8 miliardi; siamo per produzione la prima nazione del mondo, la seconda per valore per ora. Dobbiamo lavorare proprio su questi nostri punti di forza e anche le nostre abbazie, i conventi, i luoghi in cui mani sapienti nei secoli hanno preservato, difeso, valorizzato la nostra cultura, ci hanno trasmesso tante capacità tecniche, innovazioni. Alla nostra Chiesa, per chi è credente, ma anche per chi non è credente, dobbiamo molto, dobbiamo ricordarcelo, e oggi abbinare un prodotto straordinario a questi antichi saperi crea una suggestione eccezionale”.
Dalla Franciacorta al Chianti Classico, anche Marchesi Antinori si prende cura di un luogo dell’anima, grazie anche al vino: la Badia a Passignano, dove il vino riposa nelle cantine dell’antichissimo monastero all’ombra dell’“Ultima Cena” del Ghirlandaio, capolavoro del Rinascimento, restaurato con il sostegno della storica famiglia del vino. “Nel 1983, all’interno della Badia, fu ritrovata una vite millenaria, simbolo di una vocazione che attraversa i secoli - ha raccontato Renzo Cotarella, ad Marchesi Antinori - in questa tenuta, arte, storia, viticoltura e innovazione convivono da sempre e il nostro impegno va oltre il vino. L’Osteria di Passignano, in dialogo con i monaci, ha inoltre dato vita a un percorso di visita della Badia, esempio concreto di valorizzazione nel rispetto della storia e della bellezza”.
Dal Chianti Classico all’Alto Adige, Werner Waldboth, direttore Sales & Marketing Abbazia di Novacella, fondata nel 1142 e una delle cantine più antiche al mondo, ha evidenziato come il valore della tradizione monastica rappresenti un elemento centrale nella continuità dell’opera monastica: “credo che la chiave della nostra longevità risieda proprio nel fatto che siamo un’abbazia: nel nostro Dna c’è la sostenibilità, intesa come impegno a trasmettere alla prossima generazione ciò che abbiamo ricevuto da quella precedente. Così operiamo anche nella nostra cantina, dal vigneto alla produzione, mantenendo e custodendo con responsabilità tutto ciò che ci è stato affidato”. Per Manfred Bernard, enologo e direttore della Cantina Convento Muri-Gries, custode di vitigni autoctoni come il Lagrein, sempre in Alto Adige, l’eredità più importante della tradizione monastica è l’idea della continuità: “vediamo che il cristianesimo oggi affronta grandi sfide. Anche per i monasteri significa dover ripensare il proprio futuro e garantire a lungo termine la base economica delle diverse attività. In questo quadro la viticoltura ha un ruolo centrale: come bene culturale, come elemento identitario e come garanzia di stabilità”.
Dall’Alto Adige ai Colli Euganei, Don Stefano Visintin dell’Abbazia di Praglia, a Padova, dove i monaci producono vino da quasi mille anni, ha evocato la dimensione spirituale del vino e della viticoltura: “nel passato, la coltivazione della vite e il vino davano concretezza alla necessità fondamentale di sostenere la vita propria e altrui: il vino era allo stesso tempo alimento, elemento della liturgia e medicamento per monaci e ospiti, tramite gli enoliti. Oggi, questi elementi possono diventare strumenti per sottolineare valori spirituali come il rispetto per la natura, per i lavoratori e per i consumatori, attraverso prodotti di qualità e la memoria condivisa di una lunga tradizione”.
Dai Colli Euganei alle Crete Senesi, Don Andrea Santus dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, a Siena, ha ripercorso le origini del monastero fondato da San Bernardo Tolomei nel 1319: “la produzione del vino nella nostra comunità ancora oggi assume definizioni diverse in relazione al tema della liturgia, del lavoro, del rapporto con il creato. Per noi ha un significato molto particolare e profondo il fatto di poter utilizzare per la celebrazione della Santa Messa il vino frutto della vite e del nostro lavoro”.
Dalla Val d’Orcia all’Umbria, Fratel Michele Badino del Monastero di Bose, ad Assisi, terra di San Francesco, ha sottolineato come, nella vita monastica, la coltivazione della terra sia intimamente legata alla custodia dell’ambiente: “questo impegno si articola in vari modi: primo, per noi è stato recuperare un vitigno storico di oltre cinquant’anni che era in stato di quasi abbandono; secondo, lavorarlo con una viticoltura biologica che rispetti l’ambiente; terzo, avere cura della vite e allo stesso tempo della vita. Ogni anno la vite ci ricorda che come dono arriva l’uva, e quest’uva diventa poi vino che è occasione di comunione e di fraternità”.
Un’occasione come quella che ha seguito il convegno, che ha visto l’intervento anche di Padre Luigi Cavagna, del Convento francescano di Rodengo Saiano e rettore dell’Accademia Symposium, sempre in Franciacorta, e la moderazione del giornalista Rai Rocco Tolfa, ideatore “Vini d’Abbazia”, con la degustazione dei vini delle abbazie presenti in banchi d’assaggio curati da Ais-Associazione Italiana Sommelier Lombardia Lombardia, in un percorso cultural-enologico che, fuori e dentro il calice, ha dato voce alle identità dei luoghi e delle comunità monastiche.
Perché, come ha detto Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura al mondo, professore all’Università di Milano (del quale abbiamo pubblicato l’intervento integrale al convegno, ndr), “poche piante hanno come la vite una funzione simbolica legata all’uso rituale, sacrale del vino che ha accompagnato per millenni la vita dell’uomo. Nella grande diversità culturale che la storia ha costruito attraverso le diverse influenze dell’ambiente fisico, biologico e umano, la cultura in senso generale, sia nelle manifestazioni sociali che in quelle quotidiane, è rimasta profondamente legata a questa cultura minore, che si esprime in innumerevoli tradizioni alimentari, con infinite varianti, diverse da luogo a luogo. La storia del vino è inseparabile dalla storia dell’umanità. Il vino, frutto della vite e del lavoro dell’uomo, è l’essenza di una cultura millenaria. Il vino appartiene allo stesso tempo al sacro e al profano. È un valore della civiltà e criterio della qualità della vita. Costituisce un bene culturale ed è un fattore della vita sociale. È una condizione dello sviluppo economico, del progresso tecnologico e scientifico”.

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