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CONGRESSO ASSOENOLOGI

Imprenditori del vino, creatori di un “sogno in bottiglia”, che racconta il made in Italy al mondo

Le riflessioni di Riccardo Cotarella, Antonio Galloni (Vinous), Brunello Cucinelli e del Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida

Il mondo del vino ha bisogno di enologi che diventino sempre più imprenditori, e di imprenditori che rimettano ancora di più al centro la dignità del lavoro, con salari più alti ma anche con luoghi di lavoro capaci di dare benessere a chi lavora e di stimolarne capacità e creatività. Imprenditori che, come del resto è sempre stato, devono continuare a battere i mercati, ad essere presenti ed in prima linea, a contatto costantemente con il trade e con i consumatori, che, attraverso il vino, cercano un pezzo di quel sogno, di quello stile di vita italiano fatto di convivialità, di bellezza, di storia, di paesaggi, di arte, e di qualità in genere, che nel mondo è amato più di quanto a volte, nella stessa Italia, non si riesca a comprendere. Un vino che, peraltro, ha bisogno di vedere riaffermato ancora di più il suo valore economico, sociale, ambientale e culturale, per difendersi dalla ondata sempre più forte di “neoproibiziosmo”, che, insieme ad un’economia mondiale in difficoltà e ad un clima geo politico e morale minato dalle tante guerre e tensioni che si vivono ogni giorno, sta vivendo un calo dei consumi importante, che sembra sempre più strutturale e non è semplice da gestire per un settore che vive, mediamente, di margini economici meno elevati rispetto ad altri settori. Messaggio di sintesi che arriva dal Congresso Assoenologi, di scena a Cagliari, “firmato” a quattro voci dal presidente degli Enologi italiani e mondiali, Riccardo Cotarella, dall’imprenditore-umanista e produttore di vino Brunello Cucinelli, dal giornalista Antonio Galloni (Vinous), considerato uno dei critici del vino più influenti al mondo, e dal Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida.
“Il vino è un amore trasversale. È un simbolo del nostro Paese e della nostra terra. Dobbiamo essere consapevoli che noi enologi - ha detto Riccardo Cotarella - abbiamo guidato con professionalità una rivoluzione nel vino, nell’ottica della qualità e della sostenibilità. Ma non possiamo vivere di rendita, anzi. Dobbiamo essere ancora più precisi, più presenti, disposti a più sacrifici, e serve una conoscenza viscerale del mercato e del suo mutare. Il nostro vino deve avere successo sul mercato, sennò non ha valore. Siamo nati tecnici, ma dobbiamo crescere, allargare le nostre competenze. Dobbiamo diventare imprenditori, però, ed è difficile, perché l’imprenditore è poliedrico. Deve avere una cultura a 360 gradi, scientifica ma anche umanistica. Dobbiamo saper raccontare il vino affascinando le persone, non possiamo parlare di Ph. Dobbiamo conoscere bene il mercato che cambia. Dobbiamo riconoscere che oggi produciamo troppo vino rispetto a quello che chiede il mercato. Nel 2023 abbiamo prodotto, in Italia, 12 milioni di ettolitri di vino in meno sulla produzione media. Ma, pur con meno prodotto, i prezzi dei vini non sono cresciuti sul mercato. Questo ci dice chiaramente che dobbiamo rivedere molte cose, puntando su una produzione minore ed una valorizzazione maggiore dei nostri vini”.
Una valorizzazione che passa anche dal racconto dell’identità del vino italiano, dalla valorizzazione delle sue peculiarità, della sua biodiversità e della sua qualità, da comunicare raccontando lo stile di vita italiano, il sogno italiano che il vino racchiude in bottiglia, con il vino medium dei territori, della loro bellezza, della loro storia e cultura, e non solo. Come ha ricordato, Antonio Galloni, in collegamento da Los Angeles, una delle città più importanti di quegli Usa che sono primo mercato del vino del mondo e primo approdo straniero del vino italiano. Che guarda a questo momento di impasse con una certa serenità.
“È un momento particolare, ma ho imparato negli anni a cedere meno ai facili entusiasmi quando le cose vanno bene, ma anche ad essere meno pessimista quando vanno male. È vero che i consumi sono cambiati. La gente compra vino diversamente, magari non compra più una cassa da 6 bottiglie di un solo vino, ma 6 vini diversi. Il consumatore è meno legato a singole aziende o brand, ed inoltre molti non hanno neanche dove conservarlo bene, quindi rispetto al passato magari si compra una bottiglia nel momento in cui si vuole berla, e non si fa più molta “cantina” in casa. Si parla di disinteresse da parte dei più giovani - ha detto Galloni - ma non ci credo tanto. Negli eventi, nelle degustazioni e nei corsi che facciamo ci sono tanti trentenni, che sono interessati al vino, e che stanno iniziando a fare le loro professioni, attraverso le quali avranno una buona capacità di spesa, e compreranno anche tanto buon vino. È un tipo di consumatore che dobbiamo coltivare. Ma hanno un approccio diverso rispetto al passato, vogliono vivere degustazioni, esperienze, non vogliono solo il calice, ma vogliono vivere il contesto del vino, e noi dobbiamo adattarci, ma sono molto fiducioso sul futuro. Poi non c’è dubbio che si cerchino vini più freschi e leggeri rispetto al passato, e questo avviene di pari passo ad un cambiamento degli stili alimentari. E le aziende si devono saper adattare, ma senza diventare troppo schiave del mercato. Va trovato un approccio che concili le esigenze del mercato senza stravolgere quello che ha funzionato fino ad oggi. Questo è il vostro compito di enologi: a volte manca fiducia su alcuni vostri territori, e su alcuni vitigni. Serve più enfasi sul territorio, e sui vitigni autoctoni, dal cui connubio nascono vini che esprimono l’identità dei luoghi, che è la forza del vino italiano. Che è un pezzo importante del “sogno italiano” che hanno tanti americani, e non solo, che guardano al made in Italy come espressione della “dolce vita”, della moda, del cinema, dell’arte, del design. L’Italia ha questa forza unica, la forza di un “sogno” che va messo un po’ di più anche in bottiglia. E va raccontato, con gli imprenditori, i produttori, che devono essere sempre più presenti nel mercato, partecipare a più eventi, fare più promozione, anche grazie magari ai fondi Ocm vino, che aiutano da un punto di vista economico e fiscale, e che vanno usati bene”.
Con l’imprenditore, il produttore di vino, dunque, che deve farsi narratore di un sogno liquido, il vino, che racchiude tanti elementi. Ma che regge quando tutto è in equilibrio, come ha ricordato Brunello Cucinelli, imprenditore-umanista per eccellenza, “re” del cachemire e produttore di vino, nella sua Solomeo, in Umbria, con la regia enoica dello stesso Riccardo Cotarella, intervistato sul palco di Assoenologi dalla storica giornalista del Tg1, Anna Scafuri (e nominato “Personaggio dell’Anno” 2024 e Socio Onorario Assoenologi, ndr).
“Oggi si parla tanto di sostenibilità. Che è una cosa complessa, però. C’è una sostenibilità climatica, ma anche una economica, che è possibile solo quando il lavoro è remunerativo. C’è una sostenibilità culturale, ma anche spirituale, tecnologica, morale. E l’uomo, in ogni campo, dà il meglio quando tutto è in equilibrio. Oggi si parla molto dell’Intelligenza Artificiale, qualche giorno fa ho ospitato i vertici di compagnie come Microsoft, Apple, Ibm, Google ... davanti ad un buon piatto di pasta, ad un calice di vino, sotto le stelle, però, non si parlava di tecnologia, ma di idee, di spiritualità. L’Intelligenza Artificiale spaventa, ma aiuterà molto anche noi, e non sostituirà l’uomo. Siamo davanti ad un nuovo Rinascimento. A patto, però, che si rimetta al centro la dignità del lavoro, che è un tema fondamentale. Negli Anni Sessanta del Novecento i genitori spingevano i figli a fare gli operai. Oggi no, è quasi una “vergogna”. Ma dobbiamo ridare dignità al lavoro operaio, che è fondamentale, per l’agricoltura, ma anche per la moda. Altrimenti in futuro il problema non sarà a chi vendere i nostri vini, i nostri abiti, ma trovare chi zapperà la vigna, gli olivi, o chi produrrà una giacca o una maglia. E allora noi imprenditori dobbiamo creare condizioni di lavoro diverse, essere più generosi con i salari, creando luoghi di lavoro migliori, e, ovviamente, cercando il giusto profitto, perché siamo aziende, e, secondo me, il giusto profitto è intorno al 10% del fatturato. Il resto degli utili va redistribuito. E dobbiamo valorizzare di più i nostri prodotti, vino incluso. Anche con un po’ più di estetica, con un racconto migliore. E non dobbiamo avere paura di alzare i prezzi, quando c’è qualità. Dobbiamo avere il coraggio di raccontarci, di raccontare le nostre storie, dobbiamo credere nei grandi valori, e trasferirli sul prodotto e al mercato. E, cosa più importante, non dobbiamo perdere la voglia di vivere e di scherzare. Dobbiamo seguire tre semplici regole che sono valide fin dai tempi dell’Impero Romano: lavorare onestamente, non creare danni per nessuno, ed a ciascuno il suo. Dal mondo noi italiani siamo visti in modo speciale, come ha detto il giornalista Antonio Galloni. Dobbiamo rendercene conto e valorizzare questo aspetto”.
Ed a rendere speciale l’Italia, nel mondo, è anche il vino, come ha ricordato ancora una volta il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “Dio, per chi crede, o la natura, per tutti, ci dà l’uva. Gli enologi di danno l’eccellenza del vino, che i consumatori vogliono conoscere sempre di più. Il vino è il centro della tavola nella ristorazione, è il pilastro della promozione della qualità italiana, è elemento di identità che fa di Enotria il centro della cultura del vino. Il vino è un emblema suggestivo del nostro modello di vita, legato a territorio, bellezza, arte e cultura, e dobbiamo pensare al suo valore, ma anche ai rischi che corre, perché c’è chi lo attacca e chi lo sminuisce. C’è, per esempio, chi ha un’opinione positiva del vino, anche per la salute, e chi lo considera una mera bevanda alcolica, anche se abbiamo sottolineato più volte che il vino contiene anche una parte minoritaria di alcol, per altro non aggiunto dall’esterno, ma è anche molto di più. Sulle etichette, che devono essere più dettagliate possibile, per semplificare scriverei, “guarda come mangia un italiano e segui il suo esempio”: siamo la popolazione più longeva insieme al Giappone, e il vino è elemento della nostra identità culturale e alimentare da migliaia di anni. Il vino, secondo molti, sempre se bevuto con moderazione, fa bene anche al corpo. Ma sicuramente fa bene alla mente e alla convivialità, che rasserena. E magari, per iperbole, se la convivialità non riesce ad evitare guerre e conflitti, può portare a buoni trattati. Ma senza vino - ha detto Lollobrigida - è difficile pensare alla convivialità. Il vino è legato alla terra, ai vitigni, alla tradizione, alla preparazione di chi ha messo insieme sapienza nel corso del tempo tempo, e questo si riassume nelle Dop e Igp. L’Italia è forte sulla qualità, non sulla quantità, anche se a volte la quantità di prodotto è eccessiva e si dovrebbe lavorare più sul valore. Dop e Igp sono un modello contro la standardizzazione, che economicamente, invece, sarebbe vantaggiosa per quei pochi che avrebbero il potere di ridurre i costi e di concentrare in poche mani la gestione delle filiere nelle mani di pochi”. Ovviamente, non può mancare uno sguardo al futuro dell’Unione Europea, in vista delle imminenti elezioni del Parlamento Ue. “Vorrei un’Europa che rimetta al centro l’agricoltura, come quando è nata. È fondamentale. L’Europa unita è nata per scongiurare il pericolo di rivivere le guerre che hanno devastato il continente nella prima metà del Novecento, ma anche intorno all’agricoltura. Si voleva avere la garanzia di accesso al cibo, perché molti avevano conosciuto la fame, e la garanzia del presidio dei territori, perché i fondatori, tra cui l’Italia, avevano capito che territori incolti si sarebbero spopolati, e si sarebbero degradati. La Pac, Politica agricola comunitaria, nacque per garantire reddito agli agricoltori. Ecco, oggi vorrei un’Europa che rimette al centro dell’agricoltura, senza la quale non c’è sicurezza alimentare. Il Covid - ha detto il Ministro Lollobrigida - ci ha insegnato che la libertà si può perdere anche senza aver commesso crimini. Abbiamo imparato che se l’energia è in mano ai dittatori non siamo sicuri. E anche la sicurezza alimentare può essere a rischio se non torniamo ad investire sull’agricoltura come priorità. Un’Europa che deve tornare orgogliosa dei suoi prodotti, del loro valore, a partire proprio dal vino”.

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