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Italy 24

Parla Lamberto Frescobaldi … Nel corso degli anni ci sono state molte vendemmie con abbondanti scorte di cantina. Ma il mercato era vivace e non c’erano troppe preoccupazioni. Quest’anno, però, le cose sono diverse. Il vino, italiano e non solo, sembra subire una riduzione dei consumi che, forse, non è solo congiunturale, ma più profonda, e legata non solo ad uno scenario economico pesante in tutti i mercati più importanti, dall’Europa agli Usa, che frena il consumo di tutti i beni di lusso, compreso il vino. Inoltre, anche l’Italia si trova a fare i conti non solo con numeri di cantina più alti che mai, ma anche con previsioni incerte, tra chi parla di cali molto forti e chi addirittura parla di aumenti di produzione nel 2022, in un quadro caotico, ma anche con molte “aree grigie” nei dati, rendendo ancora più difficile effettuare stime realistiche di produzione. Soprattutto in un anno come questo dove anche il clima, tra piogge, peronospora e caldo intenso, con situazioni diverse da zona a zona, rende tutto ancora più complesso. Anche perché “magari quello che dico non piace a molti, e farà arrabbiare qualcuno, ma noi diamo sempre conto di un raccolto, e poi quando arriviamo alla fine ci sono sempre quei 2, 3, 4 milioni di ettolitri in più che , forse provengono da cantine non troppo precise nella rendicontazione, oppure da poche uve da tavola che passano da un luogo all’altro. Sono cose che si possono dire con difficoltà, ma sono sotto gli occhi degli operatori. Solo dirveli in questa intervista mi porterà qualche sana critica, ma sarò felice di essere smentita numeri alla mano”. Parola di Lamberto Frescobaldi, alla guida di una delle aziende più importanti del vino italiano, come il Gruppo Frescobaldi, ma anche di Unione Italiana Vini (Uiv), il più grande sindacato di categoria, in una chiacchierata a tutto tondo con WineNews. Che parte da una sua frase: “il vino non manca, ma manca il mercato”. Cosa significa?
“Significa che c’è stato un rallentamento molto forte dopo l’euforia post-Covid, che aveva portato molte persone a riabbracciare la libertà perduta con la pandemia. Poi anche grazie all’aumento dei tassi di interesse, il costo che le famiglie hanno per i mutui per la casa, e per quant’altro comprano, si è verificata una revisione delle spese per piacere, come mangiare fuori, aperitivi e così via, e questo è successo ovunque nel mondo. Negli USA l’aumento del costo del denaro è stato ancora più forte che in Italia, e con incrementi molto consistenti del costo degli spostamenti fuori casa, e ciò ha comportato un rallentamento dei consumi. Fenomeno di cui abbiamo avuto un piccolo assaggio lo scorso anno, ma che forse non abbiamo compreso appieno. E, quindi, oggi, numeri alla mano, come quelli della “Cantina Italia” dell’ICQRF, lo scorso 31 luglio, avevamo in cantina una quantità di vino che non abbiamo mai avuto negli ultimi 20 anni, vista la raccolto. Questo è innegabile e dobbiamo riconoscere che le cose sono più rallentate di quanto pensassimo”.
È vero, però, che anche noi negli anni abbiamo realizzato tanti “titoli” che annunciavano una vendemmia che iniziava con l’equivalente di un anno di produzione in cantina. E allora c’è da chiedersi perché, da questo punto di vista, ci sia più tensione che in passato. E la risposta sta nel calo dei consumi, ma non solo, spiega Frescobaldi. “Molti Paesi che erano diventati grandi consumatori di vino come la Cina, per esempio, hanno visto la loro economia rallentare, e quindi il taglio dei consumi di alcuni beni di lusso, e non gli piace sentircelo dire, ma si può rinunciare a bicchiere di vino e non succede nulla. E poi tutto è peggiorato. Anche qui, in un luogo molto frequentato come l’Emilia Romagna, ad esempio, dove mangiavi una piadina per pochi euro, oggi ne spendi anche 10, e anche se vai a mangiare una pizza con un bicchiere di vino, in generale la spesa è notevolmente aumentato rispetto al passato. E tante famiglie hanno tirato i remi in barca, questo è un dato di fatto. E questo aspetto, unito ad una cantina “pesante”, provoca questa preoccupazione”.
Un altro fatto, però, è che il vino ha superato molte crisi e difficoltà. Pensiamo ad esempio alla crisi finanziaria del 2007-2008. Ma oggi forse si pensa che questa crisi, che si innesta anche su questioni più ampie come ad esempio il salutismo, sia più profonda e strutturale, e non solo ciclica.
“Non vorrei. Certamente, quando si legge che la Francia sta pensando di estirpare i vigneti soprattutto nella zona di Bordeaux dove c’è troppo prodotto – dice Lamberto Frescobaldi – gli aiuti dati nella zona di Canberra, in Australia, dove ci sono tanti vigneti, per lasciarli improduttivi, e si pensa al fatto che sono comparsi nuovi grandi player nella produzione del vino, come la Cina, che rispetto a 10 anni fa è molto più importante, o il Sudamerica che ha ripreso molto vigore, o l’India, che ha aziende locali che poi esportiamo, grazie alla popolazione indiana, che si è diffusa in tutto il mondo, capiamo che oggi il vino è un prodotto molto più globale. Poi è chiaro che ci sono delle nicchie, Bolgheri, Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Montepulciano con il Nobile e così via, ma se devo avere una visione a tutto tondo come presidente Uiv dico che ci sono sempre delle eccezioni che mettono in discussione certi ragionamenti , ma oggi le regole del gioco sono molto più complesse rispetto a 15 anni fa”.
In ogni caso tutto parte dalla vigna. E a proposito di vendemmia, siamo già a fine agosto, la vendemmia è appena iniziata (e concretamente solo nelle zone degli spumanti), ma le stime sono già tante e variegate, con cali più o meno marcati attesi, e alcuni addirittura pensano di non raccogliere, mentre in altre zone si ipotizza addirittura una produzione superiore al 2022. Nel nostro giro di opinioni tra i vari Consorzi, a inizio agosto, ad esempio, c’è chi si fermava a un ottimistico -5% di uva sul 2022, come quello del Brunello di Montalcino, passando per -10/-15 % tra Chianti, Chianti Classico e Montepulciano, con qualche difficoltà in più tra Marche e Abruzzo, con perdite comprese tra -20% e -30%, fino al -35% previsto dalla Doc Sicilia, per fare alcuni esempi. Fino al -14% a livello nazionale, e stime in calo, in alcune situazioni specifiche, anche del -50%, ipotizzate dall’Unione Italiana Vini (UIV), insieme a Ismea e Assoenologi (che presenteranno i loro approfondimenti stime del 12 settembre, a Roma, ndr), ma anche da Confagricoltura.
Una tendenza a prevedere però un forte calo della produzione, su cui Lamberto Frescobaldi ha sempre però predicato cautela, con numeri da verificare alla fine. E questo si spiega con il fatto che, “in Italia, negli ultimi anni, il mercato ha dato grandi soddisfazioni, e quindi sono stati reimpiantati molti vigneti che porteranno un incremento di qualità, realizzato con i giusti cloni, varietà e sistemi di allevamento. E quest’anno molti entrano in produzione. Nel Nord Est, nonostante in alcune zone abbia colpito duramente la grandine, oltre alla peronospora, ad esempio, i dati alla mano ci dicono che si prevede un aumento delle quantità. Anche in questo caso di quanto è difficile dirlo perché oggi con tutti i numeri che la gente pensa sarebbe meglio giocare al lotto, e la confusione regna sovrana – provoca Frescobaldi – al Nord Est si ipotizza però un aumento del 10%. Poi sì, c’era la peronospora, come in Abruzzo per esempio, e non solo, ma ricordiamoci che, fino ad aprile 2023, in Italia si parlava di distillazione, lo abbiamo già dimenticato. All’epoca si pensava ad un raccolto molto ricco, e furono diverse Regioni che si allarmarono molto, dicendo che era necessario distillare. Poi è arrivato un maggio piovoso, anche al Sud dove sono meno abituati a questo aspetto, e la peronospora ha fatto quello che sappiamo, ma anche in questo caso alcuni produttori hanno saputo difendersi, altri no, ma per questo dico “facciamo Vedere”. Io vorrei dire che ci sarà un po’ meno uva, che sarà migliore, e quindi alzeremo i prezzi in modo che i produttori di uva siano remunerati e soddisfatti, perché poi alla fine se questo non avviene chi produce dall’uva vigneto ad un certo punto o si ferma o peggiora le cose. Ma questo, oggi, non sembra accadere, perché c’è ancora un magazzino molto importante, che non lascia spazio alle nuove uve, e poi abbiamo già voluto dimenticare che ci sono zone d’Italia dove da sempre ci sono eccezioni dato di produrre più di 300 quintali per ettaro, e quest’anno ne produrranno più di 300 quintali, e questo ci riporta al tema italiano dell’abbassamento delle rese per ettaro, perché forse alla fine se si riesce ad avere un po’ meno prodotto ma la soddisfazione migliore arriva a tutti”.
Al netto di ciò, i numeri, le previsioni e gli osservatori sono tanti, spesso anche contrastanti, e per qualsiasi settore è necessario disporre di modelli previsionali attendibili, al netto del fatto che in agricoltura e in vigna il “primo azionista” è il cielo e che il clima può sconvolgere le cose in qualsiasi momento. E viene da chiedersi quanto sia difficile lavorare in questo caos e quanto servirebbe una voce unica e affidabile.
“È una situazione complessa. I dati ci sono, ma allinearli non è un esercizio banale. Ricordiamo anche che spesso ci sono organizzazioni sindacali che tendono ad anticipare le cose, altre volte non si riesce a mettersi d’accordo su quando presentare i verbali di produzione del vino, che spesso vengono rinviati, mentre molti produttori chiedono di anticiparli per non disporre di dati troppo tardi nel corso dell’anno e talvolta anche all’inizio dell’anno successivo. Poi magari quello che dico non piace a molti, e farà arrabbiare qualcuno – racconta Frescobaldi a WineNews – ma succede che diamo sempre per scontato un dato di vendemmia, e poi quando arriviamo alla fine ci sono sempre quei 2, 3,4 milioni di ettolitri in più del previsto, che magari provengono da cantine poco precise nella rendicontazione, oppure da poche uve da tavola che passano da un posto all’altro… sono cose che si possono dire con difficoltà ma sono sotto gli occhi degli operatori. Il solo dirveli in questa intervista mi porterà qualche sana critica, ma sarò felice di essere smentito numeri alla mano. Ma se dico quello che ho detto, lo dico con rispetto per tanti vignaioli, perché la mia attenzione al vignaiolo è chiara a tutti, a volte più che al trasformatore, perché, fino a prova contraria, il vino si fa con l’uva, e quindi il Il lavoro attento del vignaiolo mi sta particolarmente a cuore e, per me, in cima all’agenda non c’è solo la sua capacità di sopravvivere, ma di vivere meglio e di produrre sempre meglio”.
In ogni caso, e se ne parla da anni, il tema della sovrapproduzione a lungo termine esiste, e non solo in Italia. E se in Francia sono arrivati 200 milioni di euro per la distillazione di crisi, con i transalpini che hanno scelto questa strada per eliminare un po’ di prodotto in eccesso in vista della vendemmia (senza dimenticare, nel lungo periodo, gli espianti a Bordeaux), in Italia forse c’è chi svende sottocosto, a prezzi che spesso associamo alla Spagna, il vino che viene imbottigliato all’estero, come sottolinea lo stesso Frescobaldi. E allora bisogna capire come gestire questa situazione in cui, da un lato, è evidente che il valore viene distrutto, e, dall’altro, è altrettanto evidente che chi non ha altri strumenti per farsi spazio nel mercato la cantina deve fargli posto. Trovare. “Abbiamo una situazione ancora più complessa che in Francia. Le zone molto rilevanti per la produzione del vino sono poche, abbiamo vigneti ovunque, dalle Alpi a Pantelleria, e ogni Regione è responsabile dell’agricoltura, ed è molto più difficile fare una strategia nazionale. Quando si parlava di distillazione si dava per scontato che ogni Regione avrebbe potuto attivarla oppure no, quindi abbiamo anche questa complessità. Oggi il tema non è più all’ordine del giorno, ma ricordiamoci che abbiamo la responsabilità di ogni Regione quando si parla di agricoltura e vino, e quindi abbiamo ancora un passo in più da fare e mettere tutti d’accordo non è sempre facile”. Neppure con un buon bicchiere di vino davanti.

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