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KUKI GALLMANN, ANDREA BATTISTONI, GIOVANNI RADOSSI, GIAN ANTONIO STELLA E L’INSTITUTE OF MASTERS OF WINE: ECCO I VINCITORI DEL PREMIO MASI 2012 (DI SCENA IL 29 SETTEMBRE A GARGAGNAGO IN VALPOLICELLA E VERONA). FOCUS: TUTTI I VINCITORI

Kuki Gallmann, Andrea Battistoni, Giovanni Radossi, Gian Antonio Stella e l’Institute of Masters of Wine. Sono i nomi dei cinque vincitori del Premio Masi 2012 (di scena il 29 settembre a Gargagnago in Valpolicella e Verona, www.premiomasi.com), che da 31 anni celebra la vitalità della cultura attraverso i suoi protagonisti più impegnati. E quest’anno la botte di Amarone che, come da tradizione, custodirà le firme dei vincitori unirà simbolicamente anche cinque diverse specialità culturali nelle quali si sono distinti i premiati: dal giornalismo all’ambiente, dal vino alla musica, alla lingua. Altro fil rouge determinante nelle scelte dei giurati della Fondazione Masi, presieduta dalla scrittrice e produttrice Isabella Bossi Fedrigotti, è stato il ruolo fondamentale della cultura in termini di impegno civile e di risposta all’avvitamento dell’economia mondiale.
“Oggi più che mai - ha detto Isabella Bossi Fedrigotti - la cultura può generare un nuovo scatto di orgoglio, in grado di alimentare l’ingegno, l’estro creativo e le attitudini di cui siamo ancora capaci”. Da qui le scelte. Kuki Gallmann si aggiudica la sezione Grosso d’Oro Veneziano “per l’impegno della scrittrice di origine veneta nella salvaguardia dell’ecosistema africano e la ricerca di un’armoniosa convivenza tra uomo, animali e natura”.
Tre i vincitori del premio Civiltà Veneta: Andrea Battistoni, veronese, classe 1987, che a soli 25 anni è già tra i grandi direttori d’orchestra del mondo; Giovanni Radossi (Rovigno-Istria), fondatore del Centro ricerche della Comunità italiana di Rovigno, impegnato a salvaguardare la memoria veneto-italiana in Istria; Gian Antonio Stella, il giornalista di Asolo (Treviso) che - cita la motivazione - “con le sue inchieste ha messo a nudo i vizi nazionali nella prospettiva di un nuovo riformismo”.
Il Premio Internazionale Masi per la Civiltà del Vino, categoria riservata ai protagonisti dello sviluppo vitivinicolo, andrà all’Institute of Masters of Wine, l’autorevole istituzione londinese (297 membri selezionati in tutto il mondo) che forma i più qualificati ed influenti esperti internazionali di vino. “Produrre vino è sempre più una responsabilità anche in termini culturali, ancor più ora che è diventato un prodotto globale - ha detto il vicepresidente della Fondazione Masi e presidente Masi Agricola, Sandro Boscaini. Fare vino oggi significa in primis aver rispetto di un insieme di valori, da quelli ambientali paesaggistici a quelli legati al sapere, al lavoro, alla storia e alla salute. In una parola, significa fare cultura”.

Focus - Il Premio Internazionale Masi per la Civiltà del Vino all’Institute of Masters of Wine
All’Institute of Masters of Wine, la più autorevole accademia di formazione di esperti, va il Premio Internazionale Masi per la Civiltà del vino, il riconoscimento riservato al settore vitivinicolo, ai protagonisti del suo sviluppo e ideali interpreti della ‘civiltà del vino’ nel mondo. Organismo indipendente fondato nel 1955 a Londra, dove ha sede, L’Institute of Masters of Wine promuove da oltre 50 anni l’eccellenza, la cultura e il business del vino.
Conoscenza e integrità sono le parole chiave dell’attività dell’Istituto presente ormai in 23 Paesi, con una comunità internazionale globale di 297 membri Masters of Wine; titolo acquisito dopo un percorso pluriennale di studi tra i più selettivi al mondo.
Per i Masters of Wine il vino è innanzitutto scoperta e simbolo di uomini capaci di ‘dialogare’ incessantemente con la loro terra, talvolta addomesticandola, esprimendone i valori ed elevando le tradizioni millenarie a cultura di un popolo. Per questo rifuggono dalla semplicistica classificazione del vino come bevanda. Il loro impegno educazionale, infatti, è rivolto innanzitutto all’apprendimento dei valori umani, produttivi e culturali racchiusi in ogni bottiglia perché senza la conoscenza non può esserci divulgazione, e senza la divulgazione non può esserci business. Ogni anno, da Singapore a New York, da Hong Kong a Parigi passando da Atene ad Helsinki fino a Victoria in Australia, l’Institute of Masters of Wine organizza degustazioni guidate per gli operatori professionali in genere abbinate a seminari di approfondimento, oltre ad eventi che coniugano il vino alla cucina locale.
Nella mappa geografica dei Masters of Wine, spicca l’assenza della bandiera tricolore, nonostante l’eccellenza qualitativa del vino italiano, infatti, il nostro Paese non annovera ancora alcun Master of Wine. Una lacuna che presto sarà colmata. Nel marzo scorso a Tignanello (FI), e per la prima volta, si sono svolte le selezioni degli aspiranti Masters of Wine italiani. Quaranta i partecipanti tra produttori, giornalisti ed esperti del settore con almeno cinque anni di esperienza in ambito enologico. Di questi, 35 hanno deciso di cimentarsi nell’esame di ammissione al corso triennale per diventare Master of Wine; solo cinque i candidati ammessi al programma di studio a conclusione del quale anche il Belpaese potrà vantare di avere un suo rappresentante nel prestigioso Istituto. Non solo. E’ del dicembre 2011 l’annuncio che l’Institute of Masters of Wine ha accettato la candidatura dell’Italia ad ospitare il simposio mondiale del vino che si terrà a Firenze nel 2014. Una decisione importante che riconosce la leadership produttiva e culturale vino italiano. Ritira il Premio Internazionale Masi per la Civiltà del vino, Lynne Sherriff, presidente uscente Institute of Masters of Wine.
Diventata Master of Wine nel 1993, Lynne Sherriff è stata alla guida (l’anima) dell’Istituto londinese negli ultimi due anni. Dopo essere stata eletta all’unanimità presidente dell’institute of Masters of Wine, nel settembre 2010, la Sherriff ha sempre messo a disposizione della comunità MW la sua esperienza e il profondo amore per il vino. Proseguendo sulla strada già tracciata dai suoi predecessori, la presidente ha dedicato il suo lavoro all’opera di promozione e internazionalizzazione del vino come esperienza educazionale e professionale. Dopo aver partecipato alle rigorose selezioni dell’Istituto, nel 1993 Lynne Sherriff diventa Master of Wine. La dedizione e la passione per il vino unitamente all’esperienza maturata negli anni, le consentono l’elezione all’unanimità alla presidenza (2010). Tra gli obiettivi del suo mandato, l’impegno incessante per la promozione culturale e l’internazionalizzazione del vino.

Focus - Il “Premio Internazionale Grosso D’Oro Veneziano” alla scrittrice Kuki Gallmann
Kuki Gallmann, l’africana bianca, trevigiana di origine e naturalizzata kenyota, scrittrice di fama internazionale, poetessa, rispettata attivista nella salvaguardia dell’ambiente in Africa è la vincitrice del Premio Masi, categoria “Premio Internazionale Grosso D’Oro Veneziano”. Il riconoscimento attribuito dalla Fondazione Masi, accanto ai premi “Civiltà Veneta” e “Civiltà del Vino”, è riservato a personalità che hanno contribuito a diffondere un messaggio di cultura nel mondo, generando quella comprensione tra i popoli che si sviluppa in solidarietà, in progresso civile e pace. Parlare di Kuki Gallmann significa fare un “download dell'Africa”: nessuno più di lei è un tutt’uno con il Kenya, non solo ci vive ma ne ha fatto una ragione di vita. Il suo amore per l’Africa e il desiderio di proteggerla l’hanno trasformata in una fervente conservazionista con la missione di salvaguardare il suo ecosistema e la sua cultura attraverso l’attivismo e la scrittura. Ma da dove nasce tutto questo amore per l’Africa nelle sue mille meravigliose e difficili sfaccettature? Nasce dalla passione familiare tramandatole, ma anche dal grande dolore causato da due tragedie personali. Nel 1972 Kuki si trasferisce in Kenya con il marito Paolo e il figlio Emanuele, nato dal suo precedente matrimonio, dopo aver acquistato una tenuta nella regione di Laikipia, che si estende dal monte Kenya all’orlo della grande Rift Valley. E’ la tenuta di Ol Ari Nyiro, un ranch enorme di 400 chilometri quadrati, che si estende su colline, gole e pianure, famoso per l’abbondanza e la varietà di animali selvatici, comprese savane, boscaglia, foresta e pareti rocciose. Pochi anni dopo perde tragicamente, incinta della figlia Sveva, marito e figlio. La Gallman, “accettando ed imparando dalle lezioni della vita ad andare avanti” ritrova prontamente il coraggio di vivere. Non fugge via e non si arrende, decide invece di rimanere in Africa, la terra tanto amata dai suoi cari. In loro memoria, nel 1984, dà vita alla Gallmann Memorial Foundation (GMF), un'organizzazione senza scopo di lucro che si occupa di promuovere progetti educativi sulla tutela e la salvaguardia dell'ambiente, con l’obbietivo di proteggere la natura e rispettare e conservare le tradizioni locali. Il suo ranch diventa un’oasi di riserva per la sopravvivenza di animali insidiati come il rinoceronte nero e gli elefanti, in una possibile convivenza con animali domestici, piantagioni ed esseri umani, un’armoniosa coesistenza tra uomo e natura. Nella sua tenuta convergono scienziati e botanici, etnologi e zoologi, veterinari ed erboristi, tutti animati da spirito conservazionista. Gli indigeni ritrovano le abilità creative tradizionali nel Centro d’arte e artigianato, lavorando pelli e materiali naturali. Una piccola scuola tramanda la medicina delle erbe, secondo l’uso tradizionale a scopi terapeutici. Si cerca di ritrovare e conservare tutto il patrimonio e l’identità di un popolo che è indifeso di fronte all’invadenza della civiltà consumistica “della plastica e del nylon”. La riserva continua ad essere anche oggi un angolo prezioso del Kenya. Nella tenuta di Ol Ari Nyro si ospitano gratuitamente ragazzi Kenyoti nel Wilderness Educational Center, si studia antropologia nel Center for African Humanities ad Biodiversity, si studiano i comportamenti animali e si proteggono le specie in via di estinzione.
Figlia di una nota storica d'arte e dello scrittore, medico, esploratore e archeologo Cino Boccazzi, da cui eredita l’amore per l’Africa e per la scrittura, cresce in un ambiente dove artisti, pittori e soprattutto scrittori (Giovanni Comisso e Goffredo Parise solo per citarne alcuni) erano di casa. Anche la sua letteratura parla di amore universale e tutela dell'ambiente. I suoi 5 libri (Sognavo L'Africa, Notti Africane, Il Colore del Vento, La notte dei Leoni, Elefanti in giardino; tutti editi da Mondadori) contengono un messaggio in tal senso “Tutto ciò che faccio dalla morte di mio figlio, è cercare di proteggere l'ambiente in cui lui - e Paolo- era vissuto e dove ora vivo io e sua sorella- sua figlia. Attraverso i miei libri si respira la vitalità della natura e delle sue infinite specie che vanno salvate dalla distruzione umana perché tutte contengono la nostra storia”. La sua vita avventurosa, il suo coraggio hanno ispirato il film del 2000 “Sognavo l’Africa” tratto dall’omonimo suo libro di successo, interpretato da Kim Basinger e Vincent Perez.

Focus - I premi “Civiltà Veneta”: Gian Antonio Stella, Andrea Battistoni, Gianni Radossi
Gian Antonio Stella
Il giornalista ed editorialista Gian Antonio Stella entra nell’albo d’onore del Premio Masi, categoria “Civiltà Veneta”, il riconoscimento che la Fondazione Masi annualmente riserva a personalità venete per nascita, per famiglia o per adozione che si sono distinte nei diversi campi della cultura, della scienza, dell’arte e dell’economia, promuovendo e valorizzando, con la loro opera, le capacità della gente veneta, facendosi portatori dei valori fondamentali di questa terra. Giornalista e scrittore, Gian Antonio Stella è nato ad Asolo, in provincia di Treviso, nel 1953. A 22 anni entra nella redazione milanese del quotidiano ‘Corriere d’informazione’ dove si occupa inizialmente di cronaca e interni, fino a ricoprire il ruolo di inviato per il Nord Est, sua terra d’origine. Oggi è editorialista e inviato speciale del Corriere della Sera.
Considerato l’inventore dell’antipolitica, con i suoi libri-inchiesta Gian Antonio Stella ha scoperchiato, portandole alla luce, le vicende di malcostume della politica italiana, di quella classe dirigente inamovibile e titolare di privilegi ingiustificati: la casta. Con occhio indagatore, il giornalista analizza i fatti della cronaca politica, anche quella più sommersa, traendone spunti di riflessione in grado di influenzare il dibattito e il linguaggio dei nostri tempi.
Le sue produzioni testimoniano la costruttiva propensione all’analisi che caratterizza tutta la sua carriera di scrittore iniziata nel 1996, con la pubblicazione di “Schei. Dal boom alla rivolta. Il mitico Nordest” (Mondadori). Sotto la lente d’ingrandimento il miracolo economico del nordest, che ha trasformato le Venezie, e il Veneto in particolare, da zona più povera d’Italia ad una delle più ricche. Dieci i titoli pubblicati successivamente fino al 2007 quando Gian Antonio Stella raggiunge l’apice della popolarità con “La casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili” (Rizzoli), scritto a quattro mani con il collega Sergio Rizzo. Il libro-inchiesta trova immediatamente il consenso del pubblico, superando il tetto di 1,2 milioni di copie vendute per un totale di 22 edizioni e con una versione aggiornata nel 2008. Numeri da best seller accompagnati anche da forti critiche. “La casta”, infatti, se da una parte ha trovato il consenso dei lettori, dall’altra ha incassato la disapprovazione di molti potenti della classe dirigente. Tra i temi dell’attualità italiana, analizzati da Gian Antonio Stella, non solo la politica ma anche la piaga sociale del razzismo con un altro successo editoriale, quello di “Negri. Froci. Giudei & Co. L’eterna guerra contro l’altro” (Rizzoli), dove l’autore afferma con forza che la diversità è una caratteristica imprescindibile della società contemporanea, in grado di produrre all’interno della comunità una ricchezza socio-culturale e anche economica.
Il 2011 vede il ritorno dell’accoppiata Stella-Rizzo nella sceneggiatura del film documentario “Silvio Forever” e ancora, successivamente, con il titolo “Licenziare i padreterni. L’Italia tradita dalla Casta”: un libro che mette i politici e la politica di fronte alle proprie responsabilità. Nella sua osservazione socio-politica quotidiana, Gian Antonio Stella non si dimentica dei giovani spronandoli a“fare irruzione in una classe dirigente vecchia, bisognosa di forze fresche, di fantasia, di voglia di fare, di creatività”, nella convinzione che nella creatività tipica della cultura una società in affanno come la nostra possa trovare nuova linfa per ripartire.
Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti, Gian Antonio Stella è stato protagonista, nel 1997, del Premio Ischia e nel 1998 del Premio E’ giornalismo, fondato da Indro Montanelli. L’anno successivo è stato insignito del diploma speciale del Premio Saint-Vincent per il libro “Lo Spreco” e vincitore del Premio Luigi Barzini all’inviato speciale nel 2001. Nel 2008, insieme al collega Sergio Rizzo, ha vinto l’internazionale Columnistas del mundo, prestigioso premio vinto da personalità del panorama giornalistico mondiale come Christiane Amanpour e dal filosofo e giornalista francese Bernard-Henri Lévy.
Andrea Battistoni
Enfant prodige della direzione d’orchestra, Andrea Battistoni è il protagonista più giovane della storia trentennale del Premio Masi, categoria “Civiltà Veneta”, il riconoscimento che la Fondazione Masi annualmente riserva a personalità venete per nascita, per famiglia o per adozione che si sono distinte nei diversi campi della cultura, della scienza, dell’arte e dell’economia, promuovendo e valorizzando, con la loro opera, le capacità della gente veneta, facendosi portatori dei valori fondamentali di questa terra.
Nato a Verona nel 1987, Battistoni si diploma in violoncello presso il Conservatorio “Dall’Abaco” della città scaligera; una passione, quella per la musica, che coltiva fin dall’infanzia. Dal 2004, Andrea Battistoni approccia lo studio della direzione d’orchestra, di coro e concertazione, avviando così la sua carriera di direttore in istituiti d’eccellenza tra Russia, Germania e Italia. A soli 23 anni è primo direttore ospite al Teatro Regio di Parma e con la sua bacchetta ha già conquistato il pubblico dei teatri internazionali da Tokyo a San Pietroburgo, da Manchester a Valencia, nonché dei più famosi templi della musica classica italiana: dalla Fenice di Venezia, al San Carlo di Napoli; dalla Scala di Milano fino all’Arena di Verona, alla direzione di Turandot nella novantesima stagione lirica.
Nel 2012 Battistoni, il direttore che non indossa mai il frac, arricchisce la sua bacchetta d’orchestra con la penna d’autore e debutta nel mondo editoriale con “Non è musica per vecchi” (Rizzoli), nella convinzione che “l’opera lirica e la musica sono le ambasciatrici più potenti dell’Italia nel mondo, la voce stessa dell’Italia”. Un’idea che diventa missione e fonte di impegno quotidiano anche verso i suoi coetanei, quelli della cosiddetta generazione 2.0, che paradossalmente vivono, proprio nelle scuole, un’inquietante diseducazione alla musica; un patrimonio culturale che invece andrebbe studiato e difeso. Messaggio ancora più significativo dal momento che Battistoni è un giovane d’oggi e con i suoi amici d’infanzia nelle serate libere suona nella jazz-band “B-side Trio”. Il successo del giovane maestro diventa così un’esperienza da condividere, come in un’orchestra; un messaggio da divulgare e un invito a considerare la musica classica come uno degli elementi propulsori per la “rinascita dell’Italia”, insieme alla cultura e alla poesia che rappresentano da sempre la parte virtuosa del nostro Paese.
L’Italia, infatti, dispone di un’eredità culturale unica al mondo, che la società contemporanea fatica a percepire come esperienza attuale, emozionante e travolgente. E Andrea Battistoni, con il suo estro, vuole essere uno dei portavoce dell’orgoglio di essere italiani.
Giovanni Radossi
Nato a Rovigno d’Istria nel 1936, Giovanni Radossi è uno dei tre protagonisti del Premio Masi, categoria “Civiltà Veneta”, il riconoscimento che la Fondazione Masi annualmente riserva a personalità venete per nascita, per famiglia o per adozione che si sono distinte nei diversi campi della cultura, della scienza, dell’arte e dell’economia, promuovendo e valorizzando, con la loro opera, le capacità della gente veneta, facendosi portatori dei valori fondamentali di questa terra. Riferimento culturale di quell’Istria, non più italiana, che ha vissuto per secoli respirando la Civiltà Veneta come soglia di quell’impero “da Mar e da Tera” con capitale Venezia, Giovanni Radossi fonda nel 1968 il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, istituto che documenta, recupera ed elabora globalmente la storia del territorio dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia con particolare riguardo alla presenza della popolazione romanza.
Negli oltre 47 anni di docenza presso il Liceo italiano di Rovigno, insegnando lingua e letteratura italiana e lingua inglese, Giovanni Radossi ha animato e promosso con grande tenacia l’educazione delle nuove generazioni, impegnandosi costantemente a trasmettere i valori dell’integrazione, nel rispetto e nella condivisione delle identità culturali. Una missione, questa, perseguita anche dal Centro di Ricerche, che ogni anno ospita un migliaio di studenti e 800 giovani ricercatori internazionali.
Se oggi la Civiltà Veneta manda ancora i suoi echi in Istria, molto si deve a quest’uomo. Infatti se la bandiera tricolore sventola ancora sui palazzi comunali istriani e se esistono scuole, università, teatri, quotidiani, periodici e tv in lingua italiana è sicuramente anche merito dell’impegno di Giovanni Radossi e del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno. Il Centro è una delle istituzioni della Comunità Nazionale Italiana (CNI), l’unica organizzazione rappresentativa della minoranza italiana che vive in Croazia e in Slovenia. Organizzato in 5 sezioni (storia, etnografia, dialettologia, ricerca sociale e storia del movimento operaio e della Resistenza) il Centro da oltre 40 anni promuove il processo di chiarificazioni storica di quanto accaduto in Istria nel secondo dopo guerra. In tutti questi anni di instancabile attività, Giovanni Radossi è riuscito a fare del Centro di Ricerche un luogo ideale di incontro e di osmosi tra la Comunità Nazionale Italiana del territorio e le genti della più vasta area nazionale ed internazionale, in particolare per quanto attiene ai rapporti tra Italia, Croazia e Slovenia. Un impegno, questo, che nel 1985 gli è valso anche l’onorificenza di Cavaliere Ufficiale della Repubblica Italiana per meriti scientifici ed attività culturali e pubbliche oltre ad altre onorificenze come quella del Premio Città di Rovigno (1998), di Commendatore della Repubblica Italiana (2001) e di Cittadino onorario del Comune di Montona d’Istria (2006). Tra i meriti di Radossi anche l’imponente opera di divulgazione storica: circa 80 saggi scientifici oltre alla direzione delle 12 collane edite dal Centro di Ricerche (280 volumi). Componente attivo della Comunità degli Italiani di Rovigno, Giovanni Radossi continua ad impegnarsi per ricomporre le fratture della storia e per interpretare al meglio quel ruolo di “ponte tra le culture” che viene riconosciuto alle minoranze.

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