Le aziende enoiche del Belpaese custodiscono un vero e proprio patrimonio, fatto di storia, di sacrifici e di duro lavoro. Un patrimonio che potrebbe andare perso in un attimo, perché l’Italia, come abbiamo imparato purtroppo a scoprire negli ultimi anni, da L’Aquila a Modena, è un Paese vulnerabile, costantemente sotto la minaccia sismica. Che in tante parti del mondo, dalla Turchia alla Grecia, dal Cile alla California, fino alla Nuova Zelanda, ha già fatto vedere di poter creare danni irreparabili all’impresa del vino, che ha avuto bisogno di anni per rialzare la testa.
L’architetto Stefano Gregolo al tema ha dedicato uno studio diventato libro, “Il vino perso - la vulnerabilità sismica delle aziende vinicole”, che vuol essere uno strumento da cui partire, per conoscere meglio queste aziende e pensare ad un progetto di messa in sicurezza delle stesse, come ha raccontato a WineNews (l’intervista su www.winenews.tv). “La vulnerabilità delle aziende vinicole - spiega Gregolo - è un rischio sottovalutato, ma non è colpa delle persone: ci stiamo confrontando con una normativa relativamente recente, e quindi stiamo imparando, anche dalle esperienze internazionali, a migliorare la risposta sismica che le nostre aziende potrebbero avere”.
Ma come si fa a prevenire il rischio sismico, un evento di per sé imprevedibile, ma da cui, comunque, ci si può difendere? “Per prevenire il rischio sismico - continua l’architetto - basterebbe che il proprietario o il direttore della cantina che avesse dei dubbi sulla vulnerabilità sismica della propria struttura facesse fare un’ispezione preliminare da un tecnico esperto in materia, che, a fronte di un modesto investimento iniziale (essenzialmente, un sopralluogo) potrebbe dare dei consigli, ed eventualmente valutare la possibilità di fare approfondimenti antisismici migliori”.
Dopo di che, “le grandi migliorie si possono fare in fase di progettazione del nuovo, perché dovendo aderire alla nuova normativa, sicuramente saranno strutture antisismiche. Poi ci sono degli interventi di miglioramento delle strutture, che si possono comunque fare, come quelli messi in essere in Emilia Romagna. E in ultimo, per gli elementi non strutturali, quando si vanno a sostituire quelli esistenti chiedere sempre che vengano specificamente progettati con criteri antisismici in riferimento alla zona in cui vengono insediati. Da un punto di vista economico, gli interventi sul costruito rappresentano sempre una scelta legata alle migliorie che vengono fatte all’interno dell’azienda, quindi processi di razionalizzazione, e un progetto di restauro sicuramente deve coinvolgere la struttura anche da un punto di vista sismico.
Gli interventi possono essere anche molto semplici, come l’utilizzo di fasce di materiale in polimero, che possono contenere la muratura durante un evento sismico, oppure riguardando gli elementi strutturali come pilastri, travi e solai che possono essere maggiormente ammorsati alla struttura rendendola più solida. Hanno scale di costi e penetrazione all’interno dell’edificio diversi, in funzione della gravità della zona sismica, ma anche della vetustà dell’immobile, come dimostrano i danni subiti dalle cantine emiliane”.
Si potrebbe pensare, sbagliando, che alcune zone siano immuni dai rischi, ma non è così, perché come spiega Gregolo, “il rischio è uniformemente distribuito, perché il patrimonio è mediamente vetusto, trattandosi in larga parte di cantine storiche, ma oltre ad essere un rischio diffuso, bisogna valutare che ci sono zone in cui la densità di produzione è maggiore rispetto ad aree più sismiche dove la densità di produzione è minore. In Veneto, ad esempio, avendo una zona sismica elevata, ha una maggiore concentrazione di cantine che potrebbero in caso di evento sismico perdere intere produzioni, ma ci sono anche piccole realtà come quella dell’Aceto Balsamico di Modena, dove sono concentrati enormi valori che richiederebbero più di 20 anni per essere prodotti”.
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