La congiuntura vitivinicola mondiale affronta una fase delicata con la ripresa dei consumi che tarda ad arrivare. Se da un lato, nel 2013, la produzione mondiale di vino può essere qualificata come medio-forte (nuovi record produttivi sono stati registrati da Cile e Spagna), dall’altro i consumi mondiali scontano tuttora gli effetti della crisi.
L’Italia mantiene, tuttavia, un ruolo di rilievo nella produzione mondiale (prima in volume nel biennio 2012-2013 secondo le stime preliminari dell’Oiv), ma sconta evidenti difficoltà sul mercato domestico, con i consumi in continuo calo. L’export rimane quindi il driver principale della domanda: nonostante segnali di debolezza in termini di volumi, con le vendite all’estero di vino italiano tornate sui livelli del 2009-2010, gli introiti continuano ad espandersi (+8% in valore nel 2013 sul 2012), grazie a prezzi medi sostenuti, in parte derivanti da una migliore qualità esportata. Bene anche il primo quadrimestre 2014 con le vendite all’estero che crescono dell’1% in volume e del 3% in valore.
Nello scenario nazionale, la Toscana gioca un ruolo rilevante: con un settore agricolo che, nel 2012, incideva sulla formazione del valore aggiunto regionale per l’1,95% e di quello agricolo italiano per il 6,53%, il vitivinicolo della Regione si conferma un’eccellenza, con volumi produttivi che la collocano al 3° posto nella graduatoria nazionale. Bene anche l’andamento delle quotazioni dei prezzi medi all’origine dei principali vini: nel primo semestre 2014 i prezzi medi del Chianti crescono del 16,5% a/a e quelli del Chianti Classico del 22,3%. Ecco gli aotut dello studio dell’Area Research di Banca Mps che ha preso in considerazione l’andamento del settore vitivinicolo in Italia e nel mondo.
Sebbene il commercio mondiale di vino nel 2013 sia diminuito in termini di volumi di oltre il 2% sul 2012, l’incremento dei prezzi, che ha caratterizzato la prima parte del 2013, ha consentito una crescita delle entrate totali dell’1,5%, con una spesa corrispettiva che si è attesta a 25,7 miliardi di euro. Il 2014 sembra iniziare in salita con gli scambi internazionali che tornano a rallentare (-1,6% e -3,4% in volume ed in valore rispettivamente) a causa della flessione registrata dallo sfuso.
Una qualità esportata più elevata dovrebbe consentire al Belpaese di limitare la concorrenza spietata sul segmento di vino meno pregiato, che rimane il comparto più penalizzato anche nei primi mesi del 2014. I vini sfusi subiscono, infatti, una riduzione degli introiti legata alla discesa delle quotazioni all’origine. I prezzi alla produzione dei vini comuni italiani, cioè quelli che hanno il peso predominate nell’export di sfuso, hanno perso, secondo Ismea il 23%. Su questa fascia il vino italiano va in concorrenza con quello spagnolo che, a causa di una produzione di circa 50 milioni di ettolitri per il 2013, ha subito una caduta dei prezzi importante: -41% e -31% i prezzi dei bianchi e dei rossi, rispettivamente nel primo quadrimestre 2014. In tale contesto indirizzarsi verso una maggior ricerca della qualità e trovare il giusto rapporto qualità prezzo diviene essenziale per mantenere quote di mercato.
Il settore vitivinicolo tricolore rimane vitale malgrado la crisi e la presenza di alcune criticità quali: la dinamica dei costi operativi, la difficoltà, per le imprese meno strutturate di sopperire alla riduzione dei consumi interni con le vendite all’estero, il peso della burocrazia all’interno e di barriere e contatti commerciali non sempre facili ed efficienti all’estero, l’adeguatezza del rapporto prezzo/qualità in un contesto di forte concorrenzialità. Per il 2014 la maggior parte delle aziende contattate si mostra decisamente ottimista per quanto riguarda il fatturato, con oltre la metà degli intervistati che prospetta un aumento delle vendite, superiore al 5%. Inoltre, anche in un contesto di debole ripresa degli scambi internazionali, quasi il 78% del campione prospetta un proprio aumento dell’export di vino. Le vendite all’estero tornano a concentrarsi verso mercati tradizionali come Usa e Germania (economie che sembrano avviate verso una ripresa più rapida dalla crisi) a scapito di mercati ad alto potenziale, ma difficili da penetrare come la Cina.
L’Unione Europea resta, infatti, primo mercato di sbocco (con una quota di export in valore sul totale del 53% circa - Usa, Germania, Uk, coprono da soli il 54% delle vendite estere), ma le maggiori potenzialità in termini di valore e volumi si riscontrano all’esterno dell’Ue, dove i prezzi medi unitari sono più elevati ma la concorrenza è più spietata. Cresce quindi l’importanza dei nuovi mercati di destinazione, anche se mercati ambiti come quello cinese continuano a deludere, costringendo a rivedere le modalità con cui raggiungere markets spesso protetti e che scontano problematiche burocratiche.
Focus - Le dinamiche dei prezzi sui mercati internazionali
Sui mercati internazionali, il valore medio unitario all’esportazione di vino continua a crescere e nel 2013 ha raggiunto i 2,62 euro/litro rispetto ai 2,53 del 2012 e i 2,09 del 2009. I prezzi dei vini confezionati variano di anno in anno in misura inferiore rispetto a quelli sfusi, perché il segmento dei vini in bottiglia sconta per sua natura una volatilità minore. La Francia, ad esempio, la cui quota di confezionato sul totale esportato in volume supera il 70%, ha visto una sostanziale stabilità del valore unitario medio delle proprie esportazioni in questo segmento. Interessante però vedere la divergenza tra i valori medi unitari del vino confezionato nei diversi paesi. In Italia il valore medio unitario delle esportazioni di vino in bottiglia è basso rispetto a quello dei principali competitors, inferiore addirittura a quello argentino. Peggio dell’Italia solo Sudafrica, Cile e Spagna.
Focus - Le dinamiche dell’export made in Italy
L’export è il driver della domanda, ma mostra segnali di debolezza: in volume, le vendite all’estero di vino italiano si sono riportate sui livelli di quasi quattro anni fa. Tuttavia la tendenza sembra verso una timida ripresa. Ipotizzando un tasso di crescita dell’export di vino italiano pari a quello medio registrato negli ultimi quattordici anni, il 2014 potrebbe segnare il ritorno ad un espansione dei volumi, così come confermato dai dati relativi al primo quadrimestre del 2014 quando le esportazioni italiane di vino in volume hanno raggiunto i 6,42 milioni di ettolitri con un recupero dell’1% a/a. Non si arresta, invece, la progressione degli introiti: nel 2013, le vendite estere in valore avanzano intorno all’8% sul 2012 e il primo quadrimestre 2014 segna un incremento del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
A partire dal 2000, l’area Extra Ue-28 diviene l’area più dinamica per le esportazioni italiane sia in valore che in quantità. L’Unione Europea rimane il primo mercato di sbocco (con una quota di export in valore sul totale vicina al 53%). Ma le maggiori potenzialità in termini di valore e volumi si riscontrano all’esterno dell’Unione, dove i prezzi medi unitari sono più elevati sebbene la concorrenza più spietata.
Circa il 54% della domanda internazionale di vino, in valore, si concentra nei primi tre paesi clienti: Stati Uniti, Germania e Regno Unito. La sostanziale stabilità della domanda europea per i vini italiani renderà i mercati extra Ue-28 ancora più importanti nei prossimi anni. I dati Ismea evidenziano nel primo trimestre 2014 un forte recupero della domanda di vino italiano, in volume, da parte di Francia, Austria e Paesi Scandinavi; tiene il Regno Unito, grazie anche agli spumanti; flettono invece le esportazioni verso Germania e States. Mentre i volumi domandati dalla Russia tornano positivi, il mercato cinese continua a deludere, sia per motivi congiunturali di mercato sia per problematiche burocratiche.
Focus - Toscana: le prospettive economiche in agricoltura e in vitivinicoltura
Secondo le stime Prometeia, confermate anche dall’indagine Bankitalia, nel 2013, il Pil toscano si contrae dell’1,7%, in misura lievemente meno intensa di quella registrata al livello italiano. Il 2014 dovrebbe essere caratterizzato, per l’intero Paese, da una ripresa modesta e guidata dal recupero della domanda estera. Il 2015 risulterà il vero anno di svolta anche al livello regionale (+1,6% la stima per la Toscana).
Nel 2012 il settore agricolo toscano ha prodotto un valore aggiunto di oltre 1,836 milioni di euro (prezzi correnti), contribuendo alla formazione del valore aggiunto regionale per l’1,95% e di quello agricolo nazionale per il 6,53%. I prodotti legnosi (tra cui predominano i vitivinicoli) si confermano come le produzioni più rilevanti per l’agricoltura toscana, rappresentando quasi il 70% del valore della produzione vegetale da coltivazioni agricole.
Nel 2012 gli occupati toscani nel settore agricolo sono diminuiti di oltre il 7,6% rispetto al 2011, attestandosi poco al di sotto delle 48.300 unità. La Superficie Agricola Utilizzata (Sau), secondo i dati del Censimento 2010, è pari a 754.345 ettari, più della metà della superficie totale censita.
Secondo i dati Federdoc in Toscana, nel 2011, si sono prodotti 1,6 milioni di ettolitri di vini a denominazione su una superficie denunciata di 33.000 ettari, da cui deriva una resa di 70 quintali per ettaro (2,3 milioni di quintali di uva prodotta). I volumi produttivi della Toscana la collocano alla posizione n. 3 nella graduatoria nazionale (fonte: Ismea).
Chianti e Chianti Classico sono le due denominazioni di riferimento, con volumi produttivi, pari ai due terzi del totale. Nel primo semestre 2014, i prezzi all’origine del Chianti sono cresciuti del 16,5% e quelle del Chianti Classico del 22,5%. Secondo Ismea, che ha stimato il valore della produzione 2011 dei Dop toscani, il peso del Chianti sul valore totale è del 35%, il Brunello conta, invece, il 20% del valore, il Nobile di Montepulciano per il 7%. Tra i bianchi, spicca la Vernaccia, con il 2% sul valore totale.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025