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La carenza di manodopera, tra presente e futuro, nel “ProWein Business Report” 2023

Dopo la pandemia, il 45% delle cantine non trova personale, né stagionale né specializzato. L’unica via: automazione e stipendi più alti

Tra i tanti problemi che il mondo del vino si è trovato ad affrontare negli ultimi anni, quelli che hanno seguito la pandemia di Covid-19, per molto versi vero e proprio spartiacque per la vita economica, politica e sociale di una buona parte del mondo, c’è la carenza di manodopera, al centro non a caso dell’ultimo ProWein Business Report, “The Staff Shortage in the Wine Industry - The Worldwide Challenge of the Future” (che verrà pubblicato integralmente a gennaio 2024), ma di cui la fiera di Dusseldorf (che torna, per i suoi trenta anni di vita, dal 10 al 12 marzo 2024, come abbiamo raccontato qui) ha deciso di anticipare gli highlights più interessanti, che raccontano, attraverso le testimonianze di 2.500 professionisti del settore - piccole e grandi aziende, cooperative, esportatori, importatori, rivenditori, retail e ristoratori - a ogni parte del mondo un quadro complesso e articolato, e per certi versi preoccupante.

Mediamente, il 45% delle imprese della filiera hanno sofferto la carenza di personale negli ultimi due anni (2021 e 2022), ma la percentuale sale tra le grandi aziende produttrici di vino (55%), tra i piccoli produttori (48%) e tra le cooperative (47%). La ragione principale è da ricercarsi nella forte stagionalità del lavoro, concentrato nei periodi di raccolta e potatura. Quasi due aziende su tre (63%) dichiarano di non avere lavoratori stagionali nel periodo della vendemmia e in estate, quando le cantine vengono prese d’assalto dagli enoturisti. La soluzione, tradizionalmente, è quella di coinvolgere casalinghe non lavoratrici, pensionati e studenti, una riserva “prosciugata” dalla quota crescente di donne nel mercato del lavoro, dall’aumento dell’età pensionabile e dalla maggiore sicurezza finanziaria. A causa dei bassi tassi di natalità tra i più giovani, ci sono anche sempre meno studenti che potrebbero dare una mano in prospettiva futura, e quelli che rimangono sono fortemente corteggiati da altri settori con salari talvolta sensibilmente più elevati. Di conseguenza, in molti Paesi e regioni dell’Europa centrale - come Germania, Austria e Italia settentrionale - la parte del leone da tre decenni la fanno i lavoratori stagionali arrivati dall’Europa dell’Est, che spesso, nel corso del tempo, hanno stabilito qui legami solidi, con intere famiglie di lavoratori stagionali che vivono e lavorano nella stessa azienda.

Paesi come Australia e Nuova Zelanda, dove la metà delle aziende non riesce a trovare un numero sufficiente di lavoratori stagionali, soffrono principalmente del crollo del turismo seguito alla pandemia, che ha anche impedito l’arrivo degli stagionali, e se la ripresa globale potrebbe migliorare la situazione, il forte aumento delle tariffe aeree ne complica il ritorno. La carenza di lavoratori stagionali è grave anche tra i produttori di vino in Portogallo (94%), Spagna (77%) e California (73%), e un’azienda vinicola su due lamenta di non riuscire a trovare personale sufficiente per la produzione e l’imbottigliamento del vino. Per la maggior parte, i lavoratori qualificati in queste aree richiedono un titolo professionale qualificato, e siccome nella maggior parte dei settori gli artigiani e i lavoratori qualificati scarseggiano, le aziende vinicole spesso competono con industrie molto più solvibili. Situazione che si fa ancora più grave nelle cooperative: tre su quattro risentono della carenza di personale nella produzione. Nelle altre aziende questa carenza è un po’ meno pronunciata perché, soprattutto in quelle più piccole, sono i membri della famiglia a metterci una “pezza”. In Francia, comunque, il 77% delle aziende vinicole cerca personale qualificato per la cantina, seguita da California (67%) e Germania, Austria e Portogallo (50%).

Un produttore su cinque, così, cerca di coprire i posti vacanti nei settori vendita, distribuzione e amministrazione, mentre la carenza di manodopera qualificata e altamente qualificata è meno grave tra i dirigenti di medio e alto livello (solo il 4%), in parte a causa della natura su piccola scala del settore vitivinicolo, dove i compiti di leadership in molte aziende sono svolti da membri della famiglia. Solo le grandi imprese hanno bisogno di assumere dirigenti, un’esigenza destinata a crescere in futuro a causa dei cambiamenti strutturali in corso nel settore, tra fusioni ed acquisizioni. La situazione è completamente diversa per importatori, distributori, esportatori e wine merchant, dove a lamentare la carenza di personale sono tra il 32% ed il 36%, e questo perché i lavoratori specializzati nel vino tendono ad avere orari di lavoro più regolari e non sono soggetti a fluttuazioni stagionali, oltre ad essere spesso assunti a tempo indeterminato. Sul fronte del commercio, infine, i settori più colpiti dalla carenza di personale sono quello alberghiero (90%) e quello della ristorazione (66%), che durante la pandemia sono stati costretti a chiudere per periodi prolungati a causa dei lockdown e del forte calo del turismo internazionale. In questa fase, molti lavoratori furono licenziati, e alcuni di loro hanno trovato lavoro in altri settori, che prevedono spesso orari di lavoro più regolari e adatti alle esigenze familiari, nonché una retribuzione migliore. Dopo che la situazione è tornata alla normalità, molte aziende del settore alberghiero e della ristorazione hanno avuto difficoltà a recuperare il vecchio personale o ad assumerne di nuovo.

Nella maggior parte dei casi, le aziende per trovare una soluzione hanno compensato la carenza di personale istituendo straordinari e orari di lavoro più lunghi, ma le imprese a conduzione familiare hanno già raggiunto il loro limite e non sono più in grado di compensare un ulteriore aggravamento della situazione. Uno degli effetti più evidenti di questa situazione è il carico mentale che le preoccupazioni economiche portano con sé, con molti membri della famiglia che abbandonano l’azienda, causando così un ulteriore aumento dei costi. Come se non bastasse, il bisogno di manodopera, socialmente ed economicamente insostenibile nelle aziende vitivinicole, allontana le nuove generazioni dalla gestione delle cantine, spingendoli a vendere, ritenendo che non ne valga la pena.

Inoltre, la carenza di personale ha un impatto diretto anche sulla produzione delle aziende, un terzo delle quali non è riuscita a raggiungere i propri obiettivi di qualità produttiva o di livello del servizio offerto. In certi casi, la vendemmia è stata ritardata, con ricadute sulla qualità, e per mantenere i servizi esistenti sono state costrette a ridurre parzialmente la capacità. Sul fronte della somministrazione, alcune osterie, ristoranti e alberghi hanno deliberatamente ridotto la loro offerta, per garantire un livello di servizio sufficiente per i tavoli e le camere rimanenti. Quasi un’azienda su quattro ha dovuto sopportare perdite di fatturato dovute alla carenza di personale, perché non poteva più offrire l’intera gamma dei suoi prodotti e servizi. Quasi un’azienda su cinque (18%) ha ridotto gli orari di servizio, e il 16% non ha potuto consegnare la merce in orario. Le ricadute sono anche a lungo termine, con il 36% delle aziende che non è riuscito a sfruttare nuove opportunità commerciali o ha dovuto ridurre le stime di crescita pianificate precedentemente. Un’azienda su quattro, soprattutto aziende vinicole (32%) e hotel (33%), ha dovuto esternalizzare determinati lavori a fornitori di servizi terzi a causa della mancanza di personale interno sufficiente, con il margine di profitto richiesto dai fornitori di servizi esterni che finisce per ridurre il profitto dell’azienda.

Le aziende, racconta il “ProWein Business Report”, hanno reagito alla carenza di personale con una serie di misure: un’azienda su quattro ha assunto personale con competenze insufficienti per poi formarlo internamente, il che, a sua volta, richiede tempo aggiuntivo; un’azienda su tre ha migliorato le condizioni di lavoro per trattenere il personale in organico; un’azienda su quattro ha aumentato i salari sia dei dipendenti che dei nuovi assunti, scontrandosi spesso con i propri limiti economici, e mettendo ulteriormente sotto pressione la sostenibilità economica delle stesse aziende. Quelle con il minor margine di manovra in termini di redditività, si troveranno ad affrontare maggiori difficoltà nella guerra per i talenti, in cui le poche risorse tendono a migrare verso settori con un valore aggiunto più elevato, salari più alti e migliori condizioni di lavoro. In futuro, la situazione demografica di molti Paesi produttori è destinata ad aggravarsi ulteriormente, così come la carenza di personale, e allora economicamente è opportuno automatizzare e digitalizzare il lavoro stagionale, come ha iniziato a fare un’azienda su cinque, specie nei vigneti pianeggianti, dove la potatura e la raccolta meccanizzata su grandi superfici hanno senso, e l’uso della robotica è possibile, mentre i vigneti più ripidi dovranno affrontare costi sempre più elevati.

Il futuro, così, è fatto più di rischi che di opportunità per il settore vino. Oltre il 70% dei professionisti della filiera, infatti, ritiene che gli stipendi più elevati pagati in altri settori comporteranno ulteriori perdite di personale, su cui influirà anche la bassa redditività del settore, che limita l’attrattiva del settore. D’altro canto, il 51% delle aziende vede la vicinanza alla natura e alla natura, rappresentata dal vino, come un’opportunità per rendere questo settore attraente per i futuri dipendenti. Oltre la metà (57%) delle aziende prevede un ulteriore aumento dell’automazione e della digitalizzazione, il tutto innescato dalla carenza di manodopera. Alcuni, tuttavia, soprattutto le grandi imprese e le cooperative, potranno beneficiare delle economie di scala, poiché sono in grado di sostenere gli elevati costi di investimento e di manutenzione richiesti. Questi processi, quindi, sono destinati ad aumentare la pressione economica sulle attività vitivinicole.

La maggior parte delle aziende (54%) è convinta che in futuro il settore dipenderà sempre di più dall’immigrazione e dai lavoratori stagionali internazionali. Il fascino del prodotto vino e il lavoro nella natura, come detto, rappresentano agli occhi di molte aziende un punto di forza particolare di questo settore, che lo rende particolarmente attraente per i potenziali lavoratori. Le generazioni più giovani, infatti, sono fortemente interessate alle professioni “verdi” e ai grandi temi della sostenibilità, aree in cui il vino può sicuramente segnare punti. A differenza delle crisi economiche passate, il numero dei dipendenti disponibili non aumenta, e di conseguenza solo un numero molto limitato di imprese considera l’attuale crisi economica un’opportunità per assumere più facilmente personale. Inoltre, molti Paesi sono colpiti da carenza di personale in molti settori, quindi molte aziende evitano di licenziare i dipendenti.

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