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LO STATO DELL’ARTE

La filiera agroalimentare è forte e strategica per il made in Italy. Ma perde competitività

I trend evidenziati dal Rapporto Ismea. Il Ministro Lollobrigida: “ricerca e innovazione fondamentali, ma serve una strategia complessiva”
AGRICOLTURA, ALLEANZA COOPERATIVE, Coldiretti, Confagricoltura, ISMEA, LOLLOBRIGIDA, Non Solo Vino
Il Ministro Lollobrigida nella presentazione del Rapporto Ismea sulla competitività

La filiera agroalimentare si conferma un pilastro strategico dell’economia italiana: nel 2022 il valore aggiunto è arrivato a 64 miliardi di euro: 37,4 miliardi generati dal settore agricolo e 26,7 miliardi dall’industria alimentare. Dal campo alla tavola, la filiera rappresenta il 15% del Pil nazionale. Soprattutto, il cibo e vino made in Italy vanno a gonfie vele sui mercati esteri e nell’ultimo decennio hanno anche migliorato il loro posizionamento competitivo: le esportazioni sono cresciute al ritmo del 7,6% all’anno, superando la media delle esportazioni mondiali (+5,6%), con una quota di mercato passata dal 2,8% del 2012 al 3,4% nel 2022. Tuttavia gli effetti del clima hanno peggiorato il posizionamento competitivo dell’Italia nel settore agricolo, superata dalla Francia nel valore aggiunto della fase agricola (16,9% contro 16,6%), mentre sorride la produzione industriale, cresciuta a un ritmo superiore all’Ue e all’Eurozona. L’industria alimentare italiana si posiziona al terzo posto nella graduatoria dei paesi Ue, arrivando al 12% del valore aggiunto totale dopo la Germania e la Francia, con una leadership incontrastata nell’industria pastaria, (oltre il 73% del fatturato dell’Unione Europea) e un ruolo di rilievo nel vino (28%), prodotti da forno e biscotti (21%). Il rilevante ruolo dell’agroalimentare italiano all’interno dell’economia nazionale e in ambito emerge dal Rapporto Ismea sulla competitività dell’agroalimentare italiano, presentato ieri a Roma a Palazzo Merulana, con la partecipazione del Ministro dell’Agricoltura della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, e che ha visto confrontarsi rappresentanti della comunità scientifica e le principali sigle associative dell’intera filiera.
Nel triennio tra il 2019 e il 2022, le esportazioni agroalimentari italiane - ha rilevato ancora il rapporto - sono aumentate del 34%, superando il record di 60 miliardi di euro nel 2022 e, nello stesso periodo, le importazioni sono cresciute del 37%. La bilancia commerciale agroalimentare è migliorata nel triennio, con il saldo in attivo nel 2020 e nel 2021; mentre nel 2022 si è consolidato il surplus per i trasformati, ma è aumentato contemporaneamente il deficit della fase agricola, facendo tornare in negativo - sia pur di poco - il saldo complessivo. Il rapporto Ismea ha anche dedicato un focus all’inflazione, rilevando che nel 2022 il contributo dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari all’inflazione è stato significativo. La crescita media dei prezzi (misurata dall’indice Istat per i prodotti alimentari, bevande e tabacco, armonizzato per i confronti europei) ha raggiunto l’8,1%, ma è stata più contenuta della media Ue (10,2%) e dell’Eurozona (9%). Nella prima metà del 2023, nonostante il raffreddamento dei listini internazionali dell’energia e delle materie prime, l’inflazione per i prodotti alimentari nel carrello della spesa ha continuato a salire, raggiungendo in Italia il suo picco a marzo (+12%), ma evidenziando, anche in questo caso, una dinamica inferiore a quella registrata a livello comunitario. Ismea ha sottolineato che la filiera è stata in grado di mantenere sotto controllo le variazioni dei prezzi, rallentando e diluendo nel tempo gli incrementi a valle. Se infatti gli shock al rialzo dei prezzi all’origine si sono ripercossi in tempo reale sui costi dell’agricoltura e, a seguire, sui costi dell’industria di trasformazione, il trasferimento alla distribuzione e al consumo finale è avvenuto con maggior gradualità, sia per l’impossibilità dell’industria di ritoccare tempestivamente i contratti in essere con la Gdo, sia per evitare eccessive e repentine contrazioni della spesa delle famiglie. La soddisfazione per una fotografia dell’agroalimentare tricolore che ha saputo dare una risposta migliore rispetto ad altri competitor di fronte a uno scenario destabilizzante tra tensioni geopolitiche, caro-energia e corsa delle materie prime, è stata espressa dal commissario straordinario Ismea, Livio Proietti, che ha osservato come “la frontiera del domani per il settore sia l’innovazione e forme di difesa per una produzione di quantità e qualità”. A pesare sull’agricoltura italiana, oltre agli effetti del clima - ha rilevato il rapporto - sono debolezze strutturali, quali la scarsa presenza di giovani imprenditori (solo il 9%, contro il 12% della media Ue) e il correlato basso livello di formazione di chi guida la maggioranza delle aziende agricole; persiste, inoltre, la frammentazione del tessuto produttivo, nonostante l’aumento della superficie agricola aziendale occorsa nell’ultimo decennio, che segnale la presenza di un lento processo di concentrazione e riorganizzazione. Anche l’accesso alla terra si conferma un punto dolente per l’agricoltura italiana, principalmente a causa della scarsa disponibilità di terra che porta i valori fondiari ad essere in media quasi sei volte superiori quelli della Francia e due volte quelli della Spagna
Che ci siano criticità non solo contingenti, ma anche strutturali a pesare sull’agricoltura italiana l’ha sottolineato il Ministro Lollobrigida, nel suo intervento. “I dati Ismea - ha detto il Ministro Lollobrigida - dimostrano come la nostra produzione agricola e di trasformazione sia forte e competitiva, ma ci sono dei ritardi di anni su logistica, distribuzione e promozione. Ciò che il nostre governo sta facendo sin dal primo giorno è attivare le istituzioni su queste criticità che vanno risolte; bisogna investire le poche risorse a disposizione nella maniera più corretta possibile, efficientando il sistema e abbattendo i costi di produzione e garantendo che la qualità continui a essere il valore aggiunto, il primo elemento che va difeso”. Per spingere la competitività del settore, secondo il Ministro, “bisogna battere su ricerca, innovazione, promozione e difesa della filiera. Ma soprattutto ci vuole una strategia complessiva in cui ciascuno provi a fare la sua parte”. Anche in Europa dove, tre le altre cose, in nome della salute si torna a mettere in discussione in fondi promozione per prodotto come salumi e vino, che sono eccellenze italiane e non solo. E su questo, spiega il Ministro Lollobrigida a WineNews, la posizione dell’Italia è chiaramente contraria, come lo è già stato in passato: “siamo stati i primi a trasformare un voto di astensione in un voto contrario, da parte dell’Italia, per evitare che prodotti come quelli citati venissero considerati prodotti da non promuovere. Riteniamo che vadano invece promossi, non tanto o non solo perchè rappresentativi di imprese di qualità legate al mondo del lavoro, ma perchè sono prodotti di qualità importanti, anche per il benessere complessivo di chi li consuma”.
Ma tra le possibili riforme che potrebbero aiutare il settore agricolo a guadagnare competitività, il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, ha indicato un auspicabile potenziamento di Ismea stessa, “che potrebbe diventare la Cassa Depositi e Prestiti dell’agroalimentare. Siamo stati scippati - ha aggiunto Prandini - di tanti marchi dell’agroalimentare perchè non avevamo un Sistema Italia in grado di dare risposte e sostenere la filiera, che mettesse in sinergia soggetti economici ed evitasse appunto che i nostri marchi andassero a finire nelle mani di multinazionali di altri Paesi”. Secondo il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, invece, i macrodriver sui quali insistere per crescere in produttività sono “filiere forti verticali su settori premium quali vino, pasta, ortofrutta, lattiero-caseario, oltre a una collaborazione stretta con industria e Gdo, e investimenti in digitalizzazione e tecnologie applicate”. Mettere in campo gli strumenti giusti per aiutare le filiere, soprattutto quelle più insofferenza, permettendo loro di continuare a guardare al futuro, è l’appello rivolto anche dal presidente di Cia - Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. Gli strumenti giusti, per Fini, sono ricerca e innovazione e, a questo proposito, il presidente Cia - Agricoltori Italiani ha invitato il Governo a sollecitare l’Unione Europea per avere una risposta, entro fine anno, sulle Tea-Tecniche di Evoluzione Assistita, per avere piante più resistenti alle sfide climatiche e valide nella difesa dalle fitopatie. Per il presidente Alleanza Cooperative Agroalimentari, Carlo Piccinini, è importante migliorare la qualità del lavoro agricolo: “una delle principali criticità che le aziende agricole si trovano ad affrontare è la mancanza di manodopera qualificata, mancano in diverse filiere lavoratori specializzati”. Sul fronte del credito, Piccinini ha inoltre notato come “L’aumento dei tassi di interesse ha messo in difficoltà tantissime aziende, in particolare quelle che avevano fatto maggiori investimenti”.
Sulla necessità di avere dalla Unione Europea la definizione del nuovo quadro regolamentare relativo alle Tea, ha posto l’accento anche il presidente Copagri, Tommaso Battista, osservando che, in questo modo, “la scienza può dare una mano all’agricoltura”. Ma per il presidente Copagri è anche importante “individuare una strategia condivisa tra tutti gli attori della filiera, promuovendo aggregazione e i contratti di filiera”. Sulla necessità di razionalizzare e ottimizzare la rete dei mercati all’ingrosso, rispondendo anche all’osservazione espressa dal Ministro Lollobrigida che “124 Mercati è un numero scandaloso”, è invece intervenuto il presidente Italmercati, Fabio Massimo Pallottini, annunciando che presenterà un piano in tal senso nella prossima assemblea annuale, a maggio 2024, della Rete d’imprese che raduna i principali mercati all’ingrosso nazionali. Il presidente Federdistribuzione, Carlo Alberto Buttarelli, e il presidente Federalimentare, Paolo Mascarino, hanno sottolineato l’evidenza del ruolo virtuoso svolto dalla Gdo e dall’industria alimentare per calmierare la trasmissione sui prezzi allo scaffale dell’impennata dei prezzi agricoli all’origine. A costo anche di rinunce sui margini: infatti, come ha sottolineato Mascarino, in base all’ultima analisi fatta dal Centro Studi di Confindustria, il margine lordo del settore industriale alimentare si è molto ridotto, passando dal 10,3% medio nel 2019 al 5,7% nel 2022. “Segno evidente - ha notato il presidente Federalimentare - che le imprese hanno dovuto assorbire internamente parte dei maggiori costi della spirale inflazionistica non scaricandoli sul consumatore finale”.

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