La filiera del vino italiano si conferma al vertice tra le filiere agroalimentari. Per valore della produzione, proiezione sui mercati (con un export cresciuto del 60% dal 2000 al 2020) e non solo. E, questo nonostante, un 2020 di piena pandemia che ha messo a dura prova un settore che, però, nel 2021, soprattutto nella sua seconda parte, sta vivendo un rimbalzo che, però, il lavoro di imprese, banche, fiere ed istituzioni devono saper trasformare in crescita strutturale. È il messaggio che arriva al via di “Vinitaly Special Edition” 2021, dal 17 al 19 ottobre, a Verona, che, pur con un evento dai numeri forzatamente molto ridotti, marca la ripartenza non solo del mercato, ma anche delle fiere, in quella che è “la nostra terza iniziativa dopo Opera Wine e Vinitaly Preview, e che segna la ripartenza di un settore fieristico da cui le imprese sviluppano oltre il 50% del loro export”, ha detto il presidente Veronafiere e Aefi, Maurizio Danese. Al centro, come detto, la filiera del vino (qui rappresentata da oltre 400 dei più importanti nomi del Belpaese). Che, con un valore pari a 68 punti, si posiziona al primo posto nella classifica dell’“AGRI4index”, il super-indice creato da Nomisma per UniCredit, in grado di fornire il livello di strategicità della filiera per il sistema agroalimentare italiano e il suo posizionamento competitivo.
Uno scoring quello del vino, che supera quello della filiera lattiero-casearia (seconda con 56), della pasta (54) e dell’ortofrutta (51) e che in un confronto a livello europeo, ci posiziona sopra la Spagna (48) ma dietro la Francia (76). La disamina congiunta di un set analitico e omogeneo di oltre 60 indicatori riferibili a 4 “domini” (struttura, produzione, mercato e performance economico-finanziarie) ha permesso così di evidenziare i punti di forza e debolezza della singola filiera e di contestualizzarli nello scenario evolutivo di mercato, identificando al contempo interventi e percorsi di sviluppo che sono stati condivisi con i principali stakeholder della medesima filiera (imprese, associazioni di rappresentanza, consorzi di tutela).
Dall’analisi, che ha preso in considerazione le maggiori filiere integrate dell’agroalimentare italiano (quelle in cui sia la fase di produzione che di trasformazione si svolgono all’interno del territorio italiano, e che valgono oltre 38 miliardi di euro alla produzione, ovvero il 73% della produzione agricola del Paese, e oltre 86 miliardi di fatturato), emerge che il vino è n. 2 per struttura, ma al vertice in tutti gli altri indicatori. Con delle eccellenze assolute a livello Regionale, a partire dal Veneto, prima Regione in assoluto (“e che è il quarto esportatore di vino a livello mondiale, con oltre 2,2 miliardi di euro”, ha sottolineato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia) secondo l’“AGRI4index”, con 89 punti, davanti a Toscana e Alto Adige con 77, e Piemonte 72 (4 Regioni che mettono insieme oltre il 77% dell’export nazionale, ndr), Sicilia 69, Emilia Romagna 68, Puglia 65 e Abruzzo 62.
Lo studio Nomisma-UniCredit ha messo ancora una volta in luce come, in una comparazione europea, la filiera vitivinicola italiana detenga un peso in ambito nazionale superiore a quella francese e spagnola in merito al valore espresso sia nella fase della produzione agricola (17% contro il 15% della Francia) che in quella industriale (8% contro 7%), mentre sul fronte dell’export l’incidenza del vino sulle vendite oltre frontiera di prodotti alimentari (trasformati) si fermi al 18% contro il 21% della Francia.
Proprio con i francesi, con i quali l’Italia si contende da sempre il primato dell’export mondiale, si evince uno dei principali divari da colmare, in particolare nel posizionamento di prezzo che ancora oggi, dopo anni di importanti rivalutazioni (negli ultimi vent’anni, il prezzo medio all’export dei vini fermi italiani è cresciuto di oltre il 50%) presenta ancora un differenziale del 76% a favore dei transalpini.
“Lo scenario evolutivo per la filiera vitivinicola italiana è carico di nuove sfide ma anche di rilevanti opportunità che per essere colte richiedono investimenti in innovazione - digitale, tecnica ed agronomica - nel presidio diretto dei mercati esteri, nell’aggregazione dell’offerta e nella crescita dimensionale delle singole imprese. Si tratta di alcuni dei principali interventi la cui necessità è riconosciuta ormai da anni ma che con i cambiamenti intercorsi nello scenario post-Covid non sono più rimandabili” ha sottolineato Denis Pantini, responsabile agroalimentare di Nomisma.
“Questo Vinitaly ha sapore diverso dal solito, perchè sa di ripartenza. Quello vitivinicolo - ha detto il presidente Unicredit, Pier Carlo Padoan - è uno dei comparti che sta trainando la ripresa del made in Italy sui mercati mondiali, grazie ad un riposizionamento in linea con le caratteristiche della domanda estera e all’eccellente qualità dei prodotti. La crisi pandemica ha avuto forti ripercussioni sull’export, l’Italia, in generale, ha fatto -14,5% in termini reali nel 2020, ma poi le cose cambiate, e il Paese ha dato segnale di saper ripartire che nessuno si aspettava. Chi lavora in economia deve saper dare più forza possibile a questo rimbalzo che stiamo vivendo. Da questo punto di vista il rapporto imprese e banche deve cambiare, devono lavorare insieme per sostenere questa fase di transizione e far crescere anche la dimensione delle singole imprese. Unicredit - ha detto ancora Padoan - intende proporsi come partner di riferimento per gli operatori del settore con azioni concrete, come l’ormai consolidata partnership con il Vinitaly e la collaborazione con Nomisma per analizzare ancora più nel dettaglio il mondo del vino italiano. In particolare l’approccio innovativo da noi adottato ci ha permesso di valorizzare il concetto di filiera in quanto strada obbligata per accrescere il grado di competitività e di tradurre il tutto in nuove opportunità di business, come testimoniato dal programma “Basket Bond di filiera”, che ha portato Unicredit nei mesi scorsi a sottoscrivere come prima tranche di un piano da 200 milioni di euro obbligazioni emesse da imprese del settore vitivinicolo”.
“Ci stiamo avvicinando ai 7 miliardi di euro di export - ha sottolineato Paolo De Castro, coordinatore Socialists & Democratics Commissione Agricoltura del Parlamento Ue e presidente del Comitato Scientifico di Nomisma - una cifra enorme. E ci sono ancora tanti spazi di crescita. Ma la qualità, ormai, è una condizione necessaria ma non sufficiente, serve investire anche in struttura organizzativa. Ma in ogni caso stiamo recuperando quote e presenza nei mercati, e anche sul prezzo medio stiamo migliorando, anche se ancora dobbiamo crescere molto. Abbiamo una riforma della Pac alle porte, dal 2023, che contiene misure per il settore vitivinicolo molto importanti. E va detto che grande merito del successo italiano di questi anni è proprio legato all’Ocm, che questa riforma conferma e allarga, perchè servono ancora robusti investimenti in promozione ed investimenti. Dal 1 gennaio 2023, per esempio, si potrà investire sullo stesso mercato per più anni, una cosa che mancava nelle precedenti Ocm e che era una criticità più volte evidenziata. Ma ci sono tante partite delicate che si giocano in Europa, dove si gioca il futuro. La transizione ecologica - ha concluso De Castro - è un percorso che va fatto, ma, come nello stesso quadro del “Farm to fork”, non si deve lasciare nessuno indietro. Per affrontare sfide che per vincere richiedono innovazione. Penso a tutto quello che può ridurre la chimica, ai vitigni resistenti grazie alla genetica, all’agricoltura di precisione. Che vanno avanti grazie anche a tanti giovani che da anni stanno tornando in agricoltura, ed è importante, perchè i giovani tornano se c’è reddito, e sanno portare innovazione nel futuro”.
Ma è fondamentale l’apporto di tutto il “sistema Paese”, per la filiera del vino. A partire dall’Ice, “che in questi mesi non si è mai fermata e ha investito tanto anche sui canali digitali, creando 31 vetrine on line in diversi Paesi dedicate al made in Italy, di cui 12 specifiche per il vino in collaborazione con realtà come Tannico o Eataly”, ha ricordato il presidente dell’Agenzia, Carlo Ferro. O come le stesse fiere, a partire da Vinitaly, “che è una grande piattaforma di supporto al business delle imprese, in Italia e nel mondo, ma anche di relazioni e comunicazione - ha sottolineato il direttore Veronafiere, Giovanni Mantovani - ed avere sviluppato la fiera anche come driver di supporto alle aziende, di comunicazione e di conoscenza dei mercati, con strumenti specifici, ha dato a Vinitaly una centralità nel dialogo con le imprese del vino. Il digitale – ha detto ancora Mantovani - farà parte del nuovo modo di fare fiera, e con la nostra piattaforma “Vinitaly plus” ormai si è in fiera 365 giorni all’anno. Nel 2022 la competizione nel settore fieristico sarà ancora più importante e complessa di prima, sarà più difficile attrarre buyer, per esempio e quindi servirà un’offerta più qualificata. Tutti gli indicatori, per esempio, ci dicono che anche nel prossimo anno non avremo fisicamente il mercato asiatico presente, ma dovremo raggiungerlo lo stesso. Abbiamo già un nostro player fieristico di proprietà in Asia - ha sottolineato Mantovani - stiamo studiando di fare un’iniziativa analoga in Usa, e vogliamo essere in compagni ideali per le imprese anche in Europa”.
A chiudere, ricordando le tante sfide che attendono il vino italiano in Europa, è stato il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli. “Il vino è eccellenza, cultura, è la capacità degli italiani di legare prodotti della terra e territori, e dobbiamo far crescere il valore aggiunto di una filiera virtuosa che lo redistribuisce. Ma ci sono tanti elementi che ci preoccupano e sui cui dobbiamo lavorare con attenzione. Penso alle politiche sanitarie, che nel nome della salute vorrebbero standardizzare anche il modello alimentare, lo stesso per tutti. Ma non è possibile, ed in particolare il modo di bere moderato, il bicchiere di vino a pasto della dieta Mediterranea, che è benessere, non lo faremo attaccare da nessuno, che sia l’Europa o l’Onu. Penso al sistema delle Dop e delle Igp, che funzionano bene ma che sono sotto attacco. Penso al tema del nome Prosek che la Croazia vuole tutelare: se l’Ue consentisse questo, sarebbe come istituzionalizzare l’Italian Sounding e non lo consentiremo, stiamo lavorando ad una memoria di opposizione alla posizione croata, anche con il Sottosegretario Gianmarco Centinaio, che sia inattaccabile. Anche perchè il Prosecco è un valore aggiunto per tutto il made in Italy, oltre che per il vino, e non consentiremo che succeda di nuovo quanto successo con il Tocai con l’Ungheria”.
Messaggi e programmi che arrivano da un’apertura di “Vinitaly Special Edition”, da cui il settore del vino riparte per scrivere il suo futuro in quella che, come si dice in questi tempi, sarà la “nuova normalità”.
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