Se ancora non si può certo festeggiare, quanto meno il periodo più duro sembra alle spalle, per le enoteche italiane. Avamposti commerciali e culturali del vino nei territori, interfaccia tra cantine, clienti e spesso ristoranti, e quindi cartina-tornasole di quello che sta succedendo e che, dall’indagine WineNews, pur facendo la conta dei danni ingenti portati dalla pandemia, in una situazione difficile da superare, stanno registrando qualche piccolo segnale di ripartenza e di fiducia, soprattutto in giugno. Seppur con differenze importanti, soprattutto tra i locali che si trovano nelle grandi città d’arte e di business, che continuano a soffrire di più per la mancanza di turismo ma anche per il ricorso ancora massiccio allo smart working, e quelle che si trovano in periferie e piccoli borghi, che sembrano meno in difficoltà. Ma anche tra tipologie di attività, con chi è concentrato sul puro asporto e sulla vendita delle bottiglie che, in questa fase, sembra ripartire meglio di chi fa anche mescita, distribuzione e piccola ristorazione. E non mancano casi atipici, che registrano addirittura una crescita sul 2019.
In media, però, la perdita del giro d’affari è tra il -30% ed il -50% nel primo semestre 2020 (rispetto al 2019), che, comunque, era il terzo anno di crescita consecutivo per il settore, come sottolinea a WineNews Andrea Terraneo, presidente Vinarius (associazione che riunisce oltre 100 enoteche di tutta Italia) e guida di Enoteca La Barrique a Cantù: “sicuramente c’è un po’ di ripresa, c’è stato un periodo difficile soprattutto appena riaperto per chi fa mescita, anche per i ritardi nel rilascio delle norme, però si è riaperto. La ripresa del fatturato più importante è sull’asporto, sulla mescita ancora ci si muove poco, soprattutto nelle zone turistiche che fino ad oggi hanno sofferto tantissimo. In molti guardano già a cosa succederà da settembre 2020 in poi, in vista della fine anno e del Natale, che per tante enoteche è il periodo più importante dell’anno. Ovviamente la situazione è nettamente migliore di 2-3 mesi fa, ma non è semplice. Si continua a sentire che arriveranno aiuti e sovvenzioni, ma in molti casi si parla di marzo-aprile 2021, e ci si chiede quanti nel settore riusciranno ad arrivarci, soprattutto per chi fa anche somministrazione e ristorazione”.
In ogni caso, qualcosa si muove, e una visione organica di quello che sta succedendo è quella di Luca Pizzighella, alla guida di Signorvino, catena che oggi conta 17 store in tutta Italia, di cui due Milano, e poi ancora Brescia, Verona, Bologna, Firenze, Merano, Torino e non solo, e che a fine anno dovrebbero arrivare a 15, con la prossima apertura a Parma, e poi ancora a Milano, Roma e non solo, segnale importante di fiducia nella ripresa: “vogliamo essere ottimisti, siamo ripartiti subito, appena possibile, con grande prudenza e tutte le misure di sicurezza, e percepiamo di settimana in settimana un miglioramento delle performance dei negozi, si vede che la gente torna ad uscire. È importantissimo avere spazi aperti, e per fortuna in tutti i punti vendita abbiamo dei dehors e dei plateatici. Tutto sommato siamo contenti, vediamo performance interessanti, chiaramente non ai livelli del 2019, ma comunque buone. É chiaro che in alcune piazze si soffre di più, come Milano, che oltre ad essere una delle città più colpite sente forte la mancanza del turismo, della clientela business e del lavoro in smart working che chiaramente taglia le pause pranzo e gli aperitivi a fine giornata. Ma, in generale, arrivano buoni segnali, anche all’insegna di una nuova curiosità nello scegliere vino, con la voglia di esplorare. Siamo partiti anche con l’on-line, che per noi resta comunque una integrazione del servizio, dato che il nostro focus è l’esperienza in store, nei locali. Comunque abbiamo lanciato le consegne gratuite in tutta Italia, la possibilità di ordinare on-line e ritirare in negozio, e a breve arriverà anche il servizio che consente di ordinare in negozio e veder recapitare il vino a casa. I nostri piani di sviluppo proseguono, magari un po’ rallentati, ma crediamo nella ripresa. Tanto che se ora, sulla metà dell’anno 2019, saremo intorno ad un -30/-40%, tra i segnali che arrivano e le nuove aperture puntiamo almeno ad un pareggio con il bilancio dell’anno scorso (intorno ai 35 milioni di euro, ndr)”.
Dall’interland milanese, e più precisamente da Legnano, lancia segnali positivi anche Paola Longo, che cura l’enoteca del gruppo di famiglia, tra i leader della regalistica aziendale in Italia. “Si respira aria di ripresa, in provincia si soffre meno che in città, i locali con i dehors esterni stanno tornando a lavorare. Noi poi in questa fase ci siamo anche trasferiti fuori da una Ztl e questo ci ha aiutato, abbiamo lavorato da subito con on-line e delivery, che hanno funzionato bene. In questo momento, complice l’estate, stanno andando tanto bianchi e bollicine, come sempre, e c’è una forte rotazione sui vini rosati, ma il più venduto è il Prosecco, di cui facciamo anche una private label che ci aiuta molto. Diciamo che, in generale, la fascia di prezzo che funziona meglio è quella tra i 7 ed i 9 euro. Per il futuro vedremo, il 90% del fatturato del nostro gruppo è la regalistica, e dovremo capire come si muoveranno le aziende in questo senso, ma è presto. Comunque sono ottimista, e da qui a fine anno, per la parte enoteca, punto addirittura ad una crescita sul 2019”.
Come detto, dunque, emerge un quadro decisamente diverso tra le grandi città d’arte e di business, che soffrono di più delle piccole città e delle zone più rurali.
Partiamo dalle città. E da Roma Capitale, con Francesco Trimani, alla guida di una delle enoteche più famose ed antiche d’Italia: “in lockdown abbiamo lavorato tanto con l’on-line, che ora sta vedendo un leggero ridimensionamento, ha aiutato ma ovviamente non ha arginato le perdite. In centro, a Roma, è dura: mancano i turisti, mancano tutte le persone che lavorano nelle grandi aziende e nei Ministeri, tanti grandi alberghi sono ancora chiusi. Qualche prenotazione per luglio inizia ad arrivare, ci dicono, ma siamo lontani da livelli che consentano di guadagnare. In più, oltre ai turisti, mancano anche i romani che ovviamente nel fine settimana vanno al mare. Guardare i dati ora sarebbe un errore, è chiaro che siamo tutti sotto, registrare un -40% è già un successo. Dobbiamo lavorare con fatica, avere fiducia, e penso che per parlare di ripresa ancora sia presto. Penso che si dovrà arrivare almeno all’anno nuovo, perchè si è fermato un sistema economico, e farlo ripartire, considerando anche che tante persone sono in difficoltà economiche, non sarà facile. Nelle periferie e nelle località di villeggiatura, comunque, parlando con i colleghi, le cose sembrano andare meglio. Dobbiamo ripartire dal fatto che, comunque, c’è vitalità intorno al vino, se ne è parlato tanto in questi mesi, è una passione di tanti che non si è indebolita, per molti un buon calice è una parte importante del vivere bene, e non appena ci saranno le condizioni non c’è motivo di per pensare che le cose non ripartano”.
Sulla stessa linea Virginia Ilie, che cura La Rimessa, uno dei diversi luoghi di vino e ristorazione della famiglia Roscioli nella Capitale: “molto lentamente ma qualcosa torna a muoversi, grazie agli italiani che hanno voglia di andare a cena fuori, ma la ripresa è lentissima, saremo intorno ad un 40% del normale. Noi abbiamo poi un target medio alto, e stiamo lavorando per creare dei momenti di attrattività intorno alla cultura del vino, aiutandoci anche gli spazi aperti che abbiamo, e che considerato il momento vanno molto bene, ma in ogni caso il colpo del lockdown è stato duro”.
Un commento più o meno identico arriva da Firenze: “verrebbe da dire “acqua in bocca in enoteca”, sdrammatizza Simone Zanobini della storica Fratelli Zanobini, “in città legate tanto al turismo come Firenze si soffre tanto, si sta aperti più per dare un segnale e fare un servizio. Noi facciamo asporto e mescita al banco, che ovviamente girano a rilento, ma anche distribuzione nei ristoranti. Qualcosina si muove, ma piano piano, giustamente i ristoranti riordinano solo quello che gira e che chiaramente è poco”. “Con i privati, che sono più o meno la metà della nostra clientela, tutto sommato si riesce a lavorare, mentre per i locali che serviamo è dura, molto sono fermi, il centro della città è ai minimi termini in tema di presenze”, gli fa eco Vasco Vignoli dell’Enoteca Vignoli, tra i locali più quotati in città. “Vediamo che in periferia e nelle zone limitrofe le cose vanno un pochino meglio, ma è dura. Comunque qualche segnale di ripartenza c’è, noi siamo stati sempre aperti, e se, tra aprile e maggio 2020, giravamo a meno della metà del lavoro, ora saremo al 70% del nostro regime normale, e di questi tempi è già qualcosa”.
Da Firenze a Verona, dove regala qualche segnale di ottimismo Luca Nicolis, alla guida della Bottega del Vino, uno dei templi italiani del buon bere, oggi di proprietà della Famiglie d’Arte, 13 grandi realtà dell’Amarone della Valpolicella: “qualche segnale di ripartenza c’è, ma molto morbido, lavoriamo al 50% rispetto alla norma, perchè manca tutto il turismo che a Verona è importantissimo, e poi con il caldo la gente dalla città si sposta verso il Lago di Garda, dove mi dicono i colleghi che, nel fine settimana, si lavora a ritmi quasi normali. É chiaro che qui senza Vinitaly, senza stagione lirica e senza turismo è impossibile pensare ad un anno che non sia in negativo rispetto al passato, ma vuol dire che lavoreremo per assorbire la perdita e ripartire di slancio il prossimo anno” Visione confermata da Giovanni Bertoni, guida di diversi locali nella città dell’Arena, tra cui la centralissima Enoteca 07: “Verona è ripartita molto lenta, c’è il 40% del lavoro che c’è di solito, perchè manca tutto il turismo, e poi nelle città ancora la gente è restia ad uscire la sera. Va meglio sul Garda, in provincia, dove le persone si sentono più tranquille. In generale, comunque, la mescita e l’asporto tengono meglio, hanno qualche margine di redditività, mentre l’attività di ristorazione è maggiormente in difficoltà. Comunque qualcosina si muove, e speriamo che tutto vada bene nei prossimi mesi”.
“C’è un po’ di ripresa, ma anche tanta attenzione alla spesa, è un momento un po’ complicato, ma sono 10-15 giorni che un po’ di movimento si inizia a registrare - dice da Napoli Emanuele Annunziata, alla guida dell’Enoteca Dante - ma sono piccoli segnali. Noi siamo al centro della città e si sente la mancanza del turismo, che di dava possibilità di lavorare di più sia come asporto che come distribuzione, e la ristorazione chiaramente ha accusato il colpo. La fascia da 3 a 10 euro, all’asporto, è quella che si muove con più facilità, ma c’è anche il consumatori che magari beve una volta a settimana tende a comprarsi la bottiglia dai 10-20, perchè vuole qualcosa di più. Chi è abituato a bere un bicchiere di vino non ci rinuncia, anche a casa si è cercato di bere qualche cosa di più ricercato, e da questo segnale dobbiamo provare a ripartire e guardare al futuro”.
Tra le città più in difficoltà c’è Venezia, e questo si riflette anche nel quadro raccontato da Giovanni D’Este, che guida l’Enoteca Ai Rusteghi, a due passi dal Ponte di Rialto: “le cose stanno andando molto a rilento, Venezia è una città di meno di 50.000 abitanti, qui si vive di turismo. Teniamo aperto per gli amici, per dare un segnale di vita e di sicurezza per chi vive qui intorno, ma stiamo girando al 20% del normale, tanto che molti aprono solo nel weekend. Speriamo, però, che, nelle prossime settimane, le cose migliorino, magari con la ripresa del turismo”.
Grande sofferenza si registra anche in una città come Torino, come spiega Luigi Molinaro della Casa del Barolo: “io sono ottimista di natura, ho 68 anni, ma, con 22 dipendenti e 4 mesi fermi, è dura. Non vogliamo aiuti, vogliamo solo poter lavorare. Abbiamo fatto servizio via mail, un po’ di servizio a domicilio, ma più per dire che ci siamo ancora che altro. Noi facciamo sia enoteca che ristorazione. Per l’enoteca siamo sotto di un -37% a giugno 2020 (su giugno 2019), ma le cose lentamente si muovono. La ristorazione soffre molto di più, perchè manca il turismo ma anche tutta la clientela business, e qui siamo sotto del 57%. È durissima, considerando anche che abbiamo perso tutto il periodo di Pasqua che non si recupera più, che gli affitti vanno pagati.Abbiamo aiutato i nostri dipendenti perchè con la cassa integrazione ci sono stati tutti i problemi che ben conosciamo, e poi, tra poco, finirà. C’è tanta incertezza, ma guardiamo, comunque, avanti”.
“È difficilissimo delineare una tendenza, le cose cambiano quasi da locale a locale - aggiunge da Siena Francesco Bonfio, alla guida dell’Enoteca Piccolomini e di Aepi, l’Associazione degli Enotecari Professionisti - per l’asporto la situazione è pesante, ed è normale visti i presupposti: assenza totale di high spender, a partire da americani, brasiliani e russi che non ci sono e non ci saranno per molto tempo, visto anche le decisioni sulle aperture o meno delle frontiere prese in Europa. Fino a qualche settimana fa c’era una buona presenza italiana, che però è diversa e ha una minore propensione alla spesa, e che ora è già scemata perchè con il caldo la gente preferisce, comprensibilimente, andare al mare. A livello di ristorazione e mescita la ripartenza è lentissima, ma la cosa che conforta è che, comunque, non si vede poi una così grande paura o senso di oppressione per le limitazioni come la mascherina da parte di chi va nei locali, si respira voglia di socialità, di stare insieme, e questo fa ben sperare per un 2021 di ripartenza”.
Da Bologna arriva la voce di Marco Nannetti, tra i fondatori della celebre Enoteca Italiana: “non abbiamo mai chiuso perchè abbiamo anche la licenza come negozio di alimentari, tutto sommato con l’asporto abbiamo lavorato anche a Pasqua, anche se è stato molto faticoso, ma direi che sulla vendita delle bottiglie siamo forse addirittura un po’ in crescita. Tutto il contrario della mescita, che invece lavora al 10% del regime, perchè mancano tutti i turisti, ma anche tutti gli universitari, e tutte le persone che lavorano da casa. Parliamo di una città, Bologna, che solo con Ryanair fa 9 milioni di passeggeri all’anno, e questi non ci sono. Comunque, intorno qualcosa si muove, in Riviera un po’ di ripartenza c’è e, nei Colli Bolognesi, anche, speriamo siano segnali prologo di un autunno esplosivo e di festività natalizie ancora migliori, che sono il momento più importante”.
“Un po’ di movimento c’è, è chiaro che parlo da una città turistica e quindi si soffre abbastanza, ma le somme si faranno a fine anno. Noi non siamo andati in negativo, grazie alle vendite on-line, e speriamo che non arrivi un nuovo impatto a settembre/ottobre 2020”, sintetizza Guido Galli dell’Enoteca Galli di Ancona, nelle Marche.
“Noi siamo una bottiglieria, sono stato - racconta Marchio Marchiori de La Cantina in Città di Gorizia, in Friuli Venezia Giulia ed a due passi dal Collio - tra i fortunati a rimanere aperti: a marzo ovviamente abbiamo perso tanto fatturato, e già da aprile e maggio 2020, ma soprattutto a giugno la gente ha ripreso fiducia. Ovviamente chi aveva anche la mescita ha sofferto di più. Io di norma ho 500 etichette, magari ho ridotto un po’ l’assortimento, e chiaramente la spesa media è stata molto più bassa, qui il giro di grandi bottiglie si è praticamente azzerato, hanno girato bene il bag-in-box e le bottiglie fino a 12 euro. Ora però si vede tanto voglia di stare insieme, di condividere, ed in questo il vino è protagonista. Guardiamo avanti con fiducia e speriamo di tornare presto alla normalità”.
“Aprile maggio sono stati mesi di salvataggio, abbiamo fatto molto domicilio e così via, mentre a giugno i ritmi sono più normali – spiega Fabio Leali, alla guida di Enoteca Grado 12 a Trento - mancano i turisti ma l’afflusso dei clienti storici è costante, e devo dire che il mese di giugno sull’anno scorso è nella norma. Le promesse di Luglio con tanta gente che dovrebbe venire in trentino fanno sperare. C’è anche richiesta di grandi bottiglie, come Sassicaia o Tignanello, anche se va bene soprattutto la fascia tra i 10 ed i 20 euro a bottiglia”.
Un po’ di fiducia si respira tra le enoteche del Sud, almeno tra Palermo e Bari. “Un po’ di ripresa c’è, noi non abbiamo sempre lavorato, anche come alimentari e abbiamo fatto delivery anche di vino, e da quando abbiamo riaperto anche la mescita e la piccola ristorazione, i nostri clienti sono ritornati, i numeri sono confortanti rispetto a quello che c’è in giro”, dice dalla capitale della Sicilia Vera Bonnano dell’Enoteca Picone di Palermo. “Noi siamo un locale storico, abbiamo clienti storici, che sanno che trovano un grande assortimento, è di certo momento difficile ma non drammatico, c’è stato di peggio. Tre mesi in perdita non azzerano una realtà solida, se lavori da anni e sai che qualcosa può succedere, come la crisi del 2008-2009, per esempio, devi fare un po’ di scorta. Certo manca il turismo, noi con gli stranieri facevamo un lavoro importante che ora manca. Non vuol dire che non ci sono difficoltà, quello che è perso è perso, ma chi è solido non trema”.
Addirittura di una crescita del +50% a giugno 2020 su giugno 2019 parla Luigi De Pasquale, alla guida della celebre Enoteca Vinarius De Pasquale di Bari: “giugno è andato ben oltre le nostre aspettative di ripresa, facciamo vendita al dettaglio e via web, ma anche ingrosso soprattutto per la ristorazione, e qui un po’ di ripartenza nell’horeca c’è. E, inoltre, rispetto al passato, vediamo un flusso costante di clienti lungo tutta la settimana, piuttosto che concentrati nel weekend. Realisticamente penso che il trend si stabilizzerà, ma se i prossimi mesi andassero come quello appena passato, avremmo recuperato buona parte di quello perso tra febbraio aprile e maggio”.
Se queste sono le testimonianze che arrivano dalle grandi e piccole città d’Italia, differenze importanti si registrano anche in alcuni dei più importanti territori del vino.
Nelle Langhe, ad esempio, le cose sembrano muoversi, soprattutto per i grandi vini, ma non mancano preoccupazioni, spiega Paolo Repetto, alla guida dell’Enoteca Vinifera ad Alba: “abbiamo tenuto aperto, abbiamo lavorato, le vendite on-line sono un pochino cresciute, e ha retto bene anche il mercato dei vini pregiati, i clienti hanno confermato ordini, fatto spedizioni, insomma non è stato un dramma, ed il mercato dei grandi vini non ha subito troppo. Poi si dovrà vedere cosa succede da settembre 2020 a fine anno, che sarà un altro scenario, per le conseguenze macroeconomiche e non solo. La nostra attività è di nicchia, si continua ad andare bene, non siamo tanto legati al turismo o alla stagionalità. Però, nel territorio, c’è grande preoccupazione, nei ristoranti a pranzo non lavora nessuno, la sera si apre, ma se manca il turista americano e nord europeo è un disastro. C’era anche un turismo elitario dalla Scandinavia tra Pasqua e l’estate, che non c’è. Però, qualche segnale positivo arriva, qualche prenotazione si registra, dovrebbe essere confermata anche la Fiera del Tartufo Bianco, seppure in forma ridotta, che qui è importantissima; quindi, c’è fiducia”.
Decisamente positivo il commento che arriva da Bolgheri, dall’Enoteca Tognoni, uno dei punti di riferimento del territorio, guidata da Marco Tognoni: “qui, da 10 giorni, si lavora abbastanza bene, anche se manca lo straniero. Paradossalmente va meglio la ristorazione che la vendita di vino, dove saremo sotto di un 40%, ma considerato tutto siamo contenti. Il fine settimana si lavora a ritmi normali, per come si erano messe le cose sono felicissimo, e se perderemo qualcosa in questo 2020 vedremo di recuperare nel 2021. Certo si vendono meno i vini top come il Sassicaia, per esempio, e si punta maggiormente su vini di buona qualità a prezzi più accessibili”.
Meno dinamica, invece, sembra la situazione a Montalcino, patria del Brunello, come spiega Fabio Tassi, enotecario e ristoratore (ed anche produttore di vino) con diversi ottimi locali (La Sosta, Drogheria Franci, Enoteca La Fortezza): “con l’enoteca nella Fortezza siamo stati chiusi per lavori, ho rLiaperto a Sosta e la Drogheria Franci, siamo in fase di ripartenza, qualcosa si muove, ma è un anno difficile. Manca completamente il turismo americano che qui è fondamentale, dovremo rimodulare l’offerta su un consumatore diverso. Il danno ad oggi è significativo, saremo intorno al -50%, con l’on-line un po’ si continua a lavorare ma meno che nel lockdown, ovviamente. Noi poi siamo focalizzati su vini rossi importanti, e tra la stagione che privilegia bollicine e bianchi, e le difficoltà economiche di molte, ovviamente c’è più difficoltà. Speriamo almeno nel ritorno di un po’ di turismo europeo”.
Sulla stessa linea di pensiero Bruno Dalmazio, che, a Montalcino, guida l’Enoteca Dalmazio: “un po’ di turismo italiano si vede, ma è un turismo che viene più per il paesaggio della Val d’Orcia che per il vino, di cui magari non è neanche così appassionato. Mancano americani, russi e brasiliani, e di conseguenza il business va molto rilento. Anche i ristoranti che serviamo hanno ridotto molto l’assortimento, e in questa fase poi si vende molto di più il Rosso di Montalcino che il Brunello. Se guardiamo ai dati anni su anno è un disastro ovviamente, ma va anche detto però che se guardiamo alla situazione di due mesi fa possiamo fare i salti di gioia, oggi. È una fase difficile, serve sacrificio e pazienza”.
Una visione simile a quella che arriva da Randazzo, raccontata da Pippo Calò, proprietario de Il Buon Gustaio dell’Etna: “c’è pochissimo giro, si lavora solo con la clientela locale perchè di turismo non ce n’è, ed avendo un target alto se manca la clientela giusta è difficile lavorare. Poi ci sono troppre restrizioni, non si riesce a lavorare bene, la gente non viene a degustare con la mascherina. Il vino è libertà, è appagamento, e così non funziona. Saremo sotto del 60%, ma guardiamo al futuro, e come si dice in questi tempi, ce la faremo”.
Se questo è il quadro generale, ci sono poi case history del tutto peculiari e che, anche in tempi di crisi, seguono uno strada totalmente diversa, come spiega Adolfo Cianciulli della celebre Enoteca Cianciulli di Ottaviano (Napoli), una delle enoteche a più alta densità di grandissime etichette di vino del mondo: “noi facciamo poco testo, siamo rivolti ad un pubblico con un’alta capacità di spesa, siamo addirittura cresciuti in questi mesi, perchè con tanti professionisti ma anche calciatori fermi a casa, paradossalmente abbiamo venduto ancora di più grandi etichette come Dom Perignon, Cristal, Sassicaia, Masseto e così via. Siamo un una zona commercialmente florida, molto ricca della città, e questo ci aiuta. Al dettaglio abbiamo lavorato benissimo, qualche difficoltà in più c’è stata nell’attività all’ingrosso, perchè magari i ristoranti ora ricomprano solo quello che vendono, ti ordinano anche una bottiglia alla volta. Ma non abbiamo sofferto tanto”.
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