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IDEE DI TERRITORIO

La Sicilia del vino, “singolare e plurale”, dopo il suo “Rinascimento”, vuole “coltivare il futuro”

Il messaggio di “Sicilia en Primeur” n. 20 nei 25 anni di Assovini Sicilia (con l’intervento di Alessandro Regoli, direttore WineNews, in focus)

In Sicilia, si può parlare di un “Rinascimento” della viticoltura, nel fare impresa, ma anche dell’immagine, frutto di un “miracolo” di quest’isola e della “sicilitudine”, per dirla come Leonardo Sciascia: la capacità degli imprenditori di guardare lontano, di non essere egoisti, ma di avere una visione comune che unisce nella diversità. Una visione che, negli Anni Novanta del Novecento, ha ispirato le idee “illuminate” e l’azione sinergica di Diego Planeta, Giacomo Rallo e Lucio Tasca, i tre “tenori” artefici della rinascita del vino siciliano, e che, trasmessa tra le generazioni, da 25 anni, continua ad ispirare le 100 cantine in Assovini Sicilia, che si raccontano in questi giorni con i loro vini a “Sicilia en Primeur” 2024, a Cefalù. Le scelte che hanno ispirato il “Rinascimento” del vino siciliano, che sono state collettive, frutto di una contaminazione di idee diverse come il mare e il vulcano, ma che su quest’isola si fondono, e che si riflette nei vini, dove vitigni autoctoni ed internazionali si incontrano, e di una mentalità aperta al dialogo, un tempo tra popoli e culture, oggi tra il feudo antico e il resort contemporaneo, sono state la vera forza della Sicilia. Che, per il futuro, deve puntare ad accrescere il valore dei vini, che ne rifletta la qualità in crescita e la vera essenza dei territori, vero valore aggiunto e sempre più attrattori di turismo, in quanto espressione di biodiversità, cultura e bellezza, che si respirano e si condividono nella gioia di vivere tutta siciliana. È questo che fa sentire il turista ben accolto e coinvolto nei tanti “mondi” della Sicilia. È questo che cercano, soprattutto, i giovani di oggi.
Se la Sicilia è stata assoluta protagonista di un vero e proprio “Rinascimento” del vino, dunque, come raccontato dal direttore WineNews Alessandro Regoli (la sua relazione integrale nel focus) - al tavolo insieme a colleghi come Monica Larner di “The Wine Advocate”, e produttori come Alessio Planeta, Alberto Tasca e Antonio Rallo, tra gli altri - è grazie ad un’imprenditoria illuminata che ha saputo guardare lontano e fare squadra. Una squadra, quella di Assovini, le cui aziende associate producono 900 etichette da cui si genera più dell’80% del valore del vino siciliano imbottigliato. Il 99% delle aziende produce vini a denominazione di origine controllata (Doc), mentre l’export rappresenta oltre il 50% delle vendite, arrivando a raggiungere, in alcuni casi, oltre 100 Paesi. È il mercato europeo, con il 98,6% delle esportazioni, il primo sbocco dei vini siciliani, seguito da quelli Nord americano, inglese, giapponese, cinese e australiano. Inoltre, mentre il mercato premia i vini siciliani, soprattutto bianchi, come abbiamo già raccontato, le imprese sono capaci di guardare al futuro, con una transizione generazionale nelle aziende familiari che evidenzia un quadro proattivo, con il 78% che ha già integrato una nuova generazione under 40 nella gestione.
E proprio “Cultivating the future”, non a caso, è stato il claim scelto per “Sicilia en Primeur” 2024, nel tracciare un bilancio di un doppio anniversario, i 20 anni dalla nascita del format dell’anteprima, la prima itinerante, e dei primi 25 anni di Assovini Sicilia, protagonista e testimone del “Rinascimento” vitivinicolo siciliano. Era il 1998 quando Diego Planeta, Lucio Tasca e Giacomo Rallo, firmarono l’atto costitutivo di Assovini Sicilia. A sposare quella visione lungimirante, coraggiosa, rivoluzionaria, che ha creduto nell’associazionismo come strategia vincente per promuovere la Sicilia, sono state 8 aziende, le prime a fare parte dell’associazione. Dopo un quarto di secolo, Assovini Sicilia conta 100 associati, 47,6 milioni di bottiglie prodotte nel 2023, l’83% dei vini Doc e 11.000 ettari coltivati sugli oltre 95.760 vitati di tutta l’isola, secondo “vigneto d’Italia” e primo per superficie a biologico. E, oggi, si può dire oltre ogni dubbio che il sogno dei “padri fondatori” di attribuire un valore culturale, di promozione e di storytelling al vino siciliano è pienamente realtà.
Il forte vento di cambiamento ed evoluzione continua a soffiare su Assovini Sicilia che, mossa dallo spirito di fare squadra e sistema, è diventata in questi anni un faro nel panorama enologico, dimostrando non solo che in Sicilia la produzione vitivinicola è di qualità, il profilo manageriale delle aziende è competitivo, il vino è ambasciatore culturale nel mondo, ma che la Sicilia che sa fare squadra è vincente. “Sono orgogliosa di rappresentare un’associazione che ha sempre veicolato e promosso un’immagine contemporanea della Sicilia, legata alle tradizioni, dinamica, elegante - ha commentato Mariangela Cambria, presidente Assovini Sicilia - grazie al coraggio di chi ha creduto nell’associazionismo sfidando ogni resistenza culturale e mettendosi in gioco senza protagonismi, credendo nel fare squadra, facendo sì che, oggi, la Sicilia nel mondo sia un brand dal potente e profondo valore culturale e dall’appeal internazionale. Assovini Sicilia è nata da una visione e progettualità che ha spinto l’isola verso orizzonti nuovi, l’ha fatta conoscere nel mondo per le sue bellezze, per la sua storia. Una storia il cui racconto è stato affidato al potere narrativo e simbolico del vino. La grande rivoluzione di Assovini Sicilia è stata quella di aver creduto nel vino come un prodotto culturale, dal potenziale straordinario e unico, prima che economico”. Il racconto di questi straordinari 25 anni, declinato in molteplici temi - l’evoluzione del vigneto, il valore culturale del vino, la percezione nel mercato americano, l’enoturismo e la Next Generation - è stato il cuore del convegno “Cultivating the Future”, moderato dallo storico giornalista Gioacchino Bonsignore del Tg5 Mediaset, curatore della rubrica “Gusto” e “Gusto DiVino”, nel complesso monumentale di San Domenico a Cefalù, che ha ripercorso la storia dell’associazionismo di Assovini Sicilia attraverso le testimonianze di chi in questi anni ha sostenuto la visione e il percorso dell’associazione.
“È un po’ come è avvenuto per la lingua italiana: è nata nella Firenze di Dante, nel Trecento, ma la precorritrice è la Scuola Siciliana della corte dello “Stupor Mundi”, Federico II di Svevia, nel Duecento - ha sottolineato Alessandro Regoli, direttore di Winenews - le “Anteprime” sono nate negli anni Novanta in Toscana, ma è “Sicilia en Primeur” con la sua formula fin da subito itinerante, due decenni fa, ad aver gettato le basi della comunicazione contemporanea, nella quale il vino non mostra solo se stesso nel calice, ma diventa il “medium” per raccontare le bellezze dei territori che fanno della Sicilia un vero e proprio “continente” enoico. Perché questa era l’idea del “Rinascimento” della Sicilia del vino, che è stato nella viticoltura e nel fare impresa, ma anche nell’immagine, e il frutto di quello che è il vero “miracolo” di quest’isola: la capacità degli imprenditori di guardare lontano, di non essere egoisti, ma di avere una visione comune che unisce nella diversità, che ha ispirato i tre “tenori” del vino siciliano, Diego Planeta, Giacomo Rallo e Lucio Tasca, e che oggi ispira le cento cantine di Assovini”. Con Assovini Sicilia, l’isola ha superato i confini approdando nei mercati di tutto il mondo. A parlare di storia, cultura e valori sono le etichette dei produttori con la loro qualità. Tutti puntano all’export: l’Europa si conferma il principale mercato di esportazione, per il 95.7% delle imprese, seguito dal Nord America. “Ho assistito in prima persona al “Rinascimento” del vino siciliano in questi ultimi 20 anni e scrivere dei vini della Sicilia mi ha regalato alcuni dei momenti professionali più gratificanti. Credo di far parte di quel ristretto gruppo di colleghi che ha partecipato fin dall’inizio ad ogni edizione di “Sicilia en Primeur” di Assovini Sicilia. Questo importante contesto ha confermato la mia profonda convinzione che il brillante futuro del vino italiano inizia qui, in Sicilia, nel cuore del Mediterraneo. Vorrei presentare la Sicilia come un modo contemporaneo di vedere il vino italiano grazie al materiale genetico (le uve autoctone) che sarà sicuramente uno strumento importante mentre affrontiamo il cambiamento climatico. Vorrei anche raccontare personalmente quanto sia stato importante per me il vino siciliano in termini di comprensione del mondo più ampio del vino italiano””, ha affermato Monica Larner, Italian Reviewer per “The Wine Advocate - Robert Parker”.
Alessio Planeta, Antonio Rallo e Alberto Tasca, figli dei fondatori, hanno raccolto il testimone e portato avanti il disegno iniziale del saper fare squadra che ha gettato le basi del vincente “sistema vino” di Assovini Sicilia. “La mia esperienza in entrambe le organizzazioni, da figlio di uno dei fondatori e nella mia attuale veste di presidente del Consorzio di Tutela Doc Sicilia, ha fatto nascere in me la convinzione che collaborare e condividere obiettivi comuni sia essenziale per promuovere efficacemente la nostra straordinaria eredità vinicola. L’associazionismo per me è stato e continua ad essere quindi un percorso di successo, che incarna pienamente lo spirito di collaborazione e d’impegno verso l’eccellenza che caratterizza la viticoltura siciliana”, ha detto Antonio Rallo, presidente Consorzio Doc Sicilia e alla guida di Donnafugata. Alessio Planeta, ceo e presidente Planeta Winery, ha definito l’arco temporale e storico del vigneto siciliano attraverso tre epoche emblematiche: l’incanto del passato, il fervore degli anni Ottanta e la vitalità del nuovo Millennio: “ogni fase racconta una storia, intessuta con numeri, tendenze e varietà che riflettono il nostro impegno per il futuro. Non è solo un esercizio di riflessione, ma un ponte verso il domani, plasmato dall’esperienza familiare e dall’innovazione. In un mondo in cui esportiamo in 75 mercati, operando in cinque regioni siciliane diverse, ci affidiamo alla saggezza dei nostri predecessori, come mio zio Diego Planeta, e alla nostra visione”. In questi 25 anni, la capacità di Assovini Sicilia è stata quella di innovarsi e rinnovarsi, abbracciando lo spirito del tempo come le nuove frontiere del green e contribuendo anche alla nascita della Fondazione SOStain Sicilia. “L’esperienza della Fondazione SOStain integra e si inserisce perfettamente nell’associazionismo di Assovini Sicilia. Ed è così che, proseguendo nel solco della positiva esperienza di associazionismo insegnataci da Assovini, nel 2020 è nata la Fondazione SOStain Sicilia, il cui obiettivo è accompagnare le cantine verso la misurazione dell’impatto che la loro azione ha sull’ecosistema. Alla Fondazione SOStain Sicilia ad oggi hanno aderito ben 43 cantine siciliane che, facendo rete, si confrontano su temi diversi utilizzando il contradditorio non più come presa di posizione, ma come crescita reciproca”, ha aggiunto Alberto Tasca, presidente della Fondazione SOStain Sicilia e di Tasca d’Almerita.
Non solo produzione di qualità, promozione all’estero, Assovini Sicilia ha vinto la scommessa anche sull’enoturismo come strumento di racconto del territorio e del patrimonio storico e vitivinicolo. Oggi, l’84,8 % delle imprese associate ha implementato nelle proprie cantine una serie di servizi enoturistici che sono delle vere e proprie wine experience contribuendo ad evolvere l’offerta enoturistica, che da semplice degustazione è diventata una parte del turismo esperienziale. “In Sicilia, l’esperienza del vino è metafora di una terra che sta cambiando e che ha saputo esaltare un asset, quello vitivinicolo, capace di rappresentare al meglio la nostra Sicilia”- ha commentato Marcello Mangia, presidente e ceo Mangia’s - Aeroviaggi, che possiede 9 resort di alto livello, di cui 6 in Sicilia e 3 in Sardegna.
Con le radici solide nella tradizione e nel passato, dunque, Assovini Sicilia getta le basi per il futuro continuando a seguire la traiettoria e la strategia vincente che ha condotto l’associazione a celebrare con successo questi primi 25 anni. Le aziende si preparano alla transizione generazionale: il 78% delle cantine associate ha già integrato una nuova generazione nella gestione aziendale. In seno all’associazione è nato il gruppo “Generazione Next” che rappresenta le nuove generazioni di Assovini Sicilia, giovani under 40 anni che sono già operativi e membri della famiglia nelle aziende familiari e che guidati dall’esempio di Assovini, si stanno impegnando a dar vita ad una squadra che guardi al futuro ed alla valorizzazione del territorio vitivinicolo siciliano. Tra i principali settori di intervento del neo gruppo: comunicazione, formazione e valorizzazione de territorio. “Io credo che le NextGen delle nostre famiglie imprenditoriali abbiano molto chiaramente in mente che tipo di antenati vogliono essere: ed è così che trasformeranno i modelli di business, qui in Sicilia e nel vitivinicolo come in tutti i settori e le geografie”, ha detto Giovanna Gregori, executive director Aidaf - Italian Family Business.
Messaggi arrivati da un evento, “Sicilia en Primeur” 2024, ideato e organizzato da Assovini Sicilia sin dal 2004, e che, quest’anno, compie 20 anni dalla sua prima edizione. Un evento itinerante che ha fondato il suo successo su un format vincente: affiancare all’anteprima dei vini dell’ultima annata la visita delle cantine e dei territori, raccontando le bellezze storico-archeologiche e paesaggistiche della Sicilia attraverso lo storytelling del vino. “Con “Sicilia en Primeur” il vino diventa strumento di narrazione non solo del patrimonio vinicolo, ma anche del patrimonio umano e storico della Sicilia. Il vino è il filo conduttore che unisce le storie dei produttori a quelle dei territori, intreccia racconti, unisce tasselli di un mosaico unico dove la Sicilia è uno straordinario continente vitivinicolo”, ha concluso la presidente Mariangela Cambria.

Focus - Sicilia “singolare plurale”: il “Rinascimento” della Sicilia del vino nella lettura di Alessandro Regoli, direttore WineNews
“È un po’ come è avvenuto per la lingua italiana: è nata nella Firenze di Dante Alighieri, nel Trecento, ma la precorritrice è stata la Scuola Siciliana della corte dell’Imperatore Federico II di Svevia, lo “Stupor Mundi”, nel Duecento. Il format delle “Anteprime” del vino italiano è nato negli anni Novanta in Toscana, ma è “Sicilia en Primeur” con la sua formula fin da subito itinerante, venti anni fa, ad aver gettato le basi della comunicazione del settore. Una comunicazione nella quale il vino non mostra solo “se stesso” in degustazione, ma, andando ben oltre la descrizione delle caratteristiche organolettiche nel calice, diventa il “medium” per raccontare i territori che fanno della Sicilia un vero e proprio “continente” enoico.
Per questo, in Sicilia, si può parlare di un “Rinascimento” della viticoltura, nel fare impresa, ma anche dell’immagine, frutto di un “miracolo” di quest’isola e della “sicilitudine”, per dirla come Leonardo Sciascia: la capacità degli imprenditori di guardare lontano, di non essere egoisti, ma di avere una visione comune che unisce nella diversità. Una visione che, negli Anni Novanta del Novecento, ha ispirato le idee “illuminate” e l’azione sinergica di Diego Planeta, Giacomo Rallo e Lucio Tasca, i tre “tenori” artefici della rinascita del vino siciliano, e che, trasmessa tra le generazioni, da 25 anni, continua ad ispirare le 100 cantine in Assovini Sicilia. L’epoca alla quale mi riferisco, sono gli anni in cui l’agricoltura in Italia da povera e contadina diventa una ricchezza e una risorsa economica per il Paese. Nelle più importanti Denominazioni del vino italiano, questo avviene grazie a - poche - grandi aziende che investono nella costruzione e nell’ammodernamento delle cantine, e, di pari passo, nei territori, rilanciandoli economicamente, socialmente e culturalmente, se non “inventandoli” da zero. E facendoli conoscere al mondo, aprendo i mercati, grazie ai loro vini, a molti altri produttori (e prodotti della loro terra). È stato questo il modo di fare impresa anche dei “padri nobili” del vino siciliano, consapevoli che per ampliare i loro affari dovevano prima creare le basi per il futuro in un’ottica di distretto. Questi territori, oggi, sono tra i più importanti distretti dell’agroalimentare made in Italy. E possiamo affermare con certezza che in Sicilia non ha prevalso lo “short-termism”, la visione di “corto respiro” del capitalismo trionfante di oggi. Ma nella Sicilia “Una, nessuna, centomila” di Luigi Pirandello, sul finale del Novecento, come dicevo prima, avviene un altro fatto importante. Come nel resto d’Italia, si investe nel miglioramento delle tecniche enologiche, nella ricerca e nell’innovazione vitivinicola nel vigneto ed in cantina, scegliendo di puntare sulla qualità più che sulla quantità, sperimentando la vocazione ai vitigni internazionali dei terroir, e, soprattutto, con un lavoro di rilancio e valorizzazione dei vitigni autoctoni che è stato, e continua ad essere, la vera forza del vino siciliano e della ribalta sempre nuova dei suoi “micro-territori”. Contemporaneamente e pionieristicamente, si è investito anche nella comunicazione con un grande lavoro di costruzione dell’immagine del vino siciliano, legandolo alla storia, al paesaggio, alla natura, alla cultura, alle tradizioni dei popoli che hanno abitato la Sicilia, e, ovviamente, ad una cucina che è tra le più ricche al mondo, ma anche, e sempre di più, all’enoturismo, forte dell’ospitalità siciliana che non ha davvero eguali al mondo. La riprova sta nel fatto che il vino ha contribuito a rilanciare nell’immaginario collettivo mondiale l’intero volto di quest’isola bellissima, riuscita, ben prima di altre regioni, a rendere riconoscibilissimi al consumatore internazionale addirittura i singoli terroir, grazie alle loro identità ben definite. Un modo di comunicare più che mai contemporaneo. E un combinato disposto unico.
Il mondo del vino è cambiato, ovviamente, anche nella comunicazione, in generale, che lo ha accompagnato nella crescita ed ha fatto conoscere le sue etichette, prima agli italiani e poi sui mercati. Ma ha anche spinto i produttori a credere nella qualità e nel valore aggiunto dei territori, come ci hanno insegnato i maestri del giornalismo Luigi Veronelli, nella critica enologica e nel “racconto nel bicchiere”, e Mario Soldati, nella “degustazione di paesaggio” e nel nostro modo di raccontare il vino partendo dalla storie, dagli aneddoti e dalle notizie di attualità di cantine, produttori e comunità. Ma penso anche a grandi gastronomi come Folco Portinari e il fondatore Slow Food Carlin Petrini. Così come all’innata capacità di raccontare del critico d’arte Philippe Daverio che amava dire che “la cultura è anche conoscenza”: ovvero che l’esperienza, la strada, il marciapiede, sono fondamentali per capire le dinamiche anche nel mondo del vino. Altrimenti più se ne parla, e meno se ne beve. Dalla tv ai giornali, con i mezzi che avevano a disposizione hanno raggiunto il grande pubblico. Gli strumenti della comunicazione, così come la vitivinicoltura, continuano e continueranno ad evolversi alla velocità della luce, come il web e grazie anche all’Intelligenza Artificiale, ma non cambiano i contenuti del racconto. La Sicilia ha già vinto la scommessa sui contenuti, su cui è arrivata prima e meglio di altri, attingendo alla sua straordinaria biodiversità che non è solo naturale, ma anche “culturale”, e genetica come direbbe Andrea Camilleri. E il vino è il “medium” per raccontarla al mondo. I “territori del vino” sono quelli che hanno una forte identità all’interno e che è riconosciuta al loro esterno. La loro migliore strategia di comunicazione è il Brand Journalism, che si basa sul raccontare non tanto il prodotto in sé, ma i valori di cui si fa portatore verso i consumatori. Ogni territorio del vino dovrebbe avere una cabina di regia anche per la comunicazione e non solo per la governance, che lavori tutto l’anno nel trovare contenuti, nell’incoming e nel promuovere occasioni di incontro tra produttori, media ed addetti ai lavori. E, soprattutto, che sia capace di unire i migliori virtuosismi e le più belle storie di ogni singola azienda in un unico grande racconto. Per la Sicilia potrebbe rappresentare un ulteriore motivo di distinzione e di novità, e per Assovini un ulteriore impulso per fare squadra e consolidare l’azione di costruzione identitaria del vino siciliano.
Non ci stancheremo mai di ripeterlo: le scelte iniziali che hanno ispirato il “Rinascimento” del vino siciliano, che sono state collettive, frutto di una contaminazione di idee diverse come il mare e il vulcano, ma che su quest’isola si fondono, e che si riflette nei suoi vini, dove vitigni autoctoni ed internazionali si incontrano, e di una mentalità aperta al dialogo, un tempo tra popoli e culture, oggi tra il feudo antico e il resort contemporaneo, sempre tra generazioni vecchie e nuove che fanno ancora le cose insieme, sono state la vera forza della Sicilia del vino. Che, per il futuro, deve puntare ad accrescere il valore dei vini, che ne rifletta la qualità in crescita e la vera essenza dei territori, vero valore aggiunto e sempre più attrattori di turismo, in quanto espressione di biodiversità, cultura e bellezza, che si respirano e si condividono nella gioia di vivere che è tutta siciliana. È questo che fa sentire il turista ben accolto e coinvolto nei tanti “mondi” della Sicilia. È questo che cercano, soprattutto, i giovani di oggi. “Singolare plurale” per natura, la Sicilia del vino può farlo perché ha capito prima di altri che bisogna passare dall’ego sum all’ego cum. Forse una semplificazione finale, questa, che il mio essere comunicatore mi consegna, come chiosa finale: dal soggetto autoreferenziale moderno allo stare insieme che arricchisce, perché solo stando insieme si possono creare comunità, sistemi, distretti veri, solidi, reali, dal futuro prospero e radioso, appunto. Come quelli del vino di Sicilia”.
Alessandro Regoli - Direttore WineNews
Cefalù, 10 maggio 2024

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