Che la vigna non viva, e quindi non produca, solo nel periodo della vendemmia, lo diciamo da tanto, ma che il reddito legato agli scarti del lavoro tra i filari potesse raggiungere certi livelli, è una vera sorpresa, come testimonia la storia di Cantina di Monteforte d’Alpone ed il suo progetto del vigneto a “ciclo continuo”. Dalla trasformazione dei sarmenti, cioè degli scarti della potatura, si può infatti produrre pellet da cui ottenere energia, invece che lasciare gli scarti sul terreno ed usarli semplicemente come concime naturale: “a pieno regime - spiega Gaetano Tobin, direttore di Cantina di Monteforte - il sistema potrebbe recuperare i sarmenti di circa 1.300 ettari. In base ad una stima, ogni ettaro potrebbe produrre circa 16,5 quintali di pellet: parliamo quindi di 20.000 potenziali quintali di pellet che, in termini energetici, genererebbero quasi 10.000 megawatt. Sono numeri significativi che stiamo seriamente considerando soprattutto perché ci piace l’idea dell’azienda che produce e non spreca, nemmeno nel caso degli scarti di potatura”.
Il progetto, che prevede un costo tra macchinari di raccolta ed impianto di pellettatura di 330.000 euro, è ammortizzabile in 4-5 anni senza incentivi, quindi particolarmente allettante, anche secondo Andrea Burato, agronomo di Cantina di Monteforte , che ricorda come “il residuo di potatura invernale viene in genere trinciato e lasciato in vigneto come concime. Questo sistema garantisce il ritorno di un quarto di sostanza organica, molto meno rispetto al sistema di recupero dei sarmenti, una volta a regime”. Ma come funziona il sistema teorizzato dal giovane laureando in ingegneria energetica Alberto Soarin, ospitato per la stesura della sua tesi proprio dalla Cantina di Monteforte? Grazie ad una macchina spezzettatrice i sarmenti vengono sollevati da terra con una coclea che li priva del terriccio e dei sassi, senza sfibrarli.
In questo modo, i sarmenti sono nello stato ottimale per l’essicazione naturale. Con una buona essicazione il residuo in cenere si aggira sul 3,5% del peso totale mentre in caso di fermentazione sale al 7 - 8%. Nella fase successiva viene impiegato un raffinatore che trasforma i sarmenti secchi in trucioli e solo dopo questo procedimento si giunge alla vera e propria trasformazione in pellet: su una trafila forata vengono sistemati e pressati i trucioli che assumono la classica forma del pellet grazie alla lignina, una sorta di colla naturale che col calore e la pressione fuoriesce e addensa i trucioli. La percentuale d’acqua in questa fase deve essere inferiore al 15% altrimenti uscirebbe solo vapore. È, a questo punto, che l’azienda beneficerebbe del “pellet-fatto in casa”: una volta ottenuto infatti lo brucerebbe e l’energia prodotta verrebbe così utilizzata nei processi di raffreddamento, attraverso una macchina frigorifera ad assorbimento, con un forte risparmio di energia elettrica.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025