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ATTUALITÀ

Le Cooperative del vino italiano e il futuro, tra clima, costi, logistica e accesso al credito

Luca Rigotti (presidente settore Vino Confcooperative): “problema n. 1 è il costo del denaro”. 40 cooperative tra le prime 117 aziende per fatturato

Non c’è soltanto la crisi climatica e il cambiamento dei consumi, in primis quelli delle nuove generazioni, ad impensierire il mondo del vino perché, nell’insieme delle problematiche rientrano, a tutto tondo, anche fattori determinanti come le materie prime in aumento e l’inflazione che mina il potere di acquisto delle famiglie. Parlano di “un sentiero stretto, dal quale uscire in fretta”, le Cooperative del vino italiano, che sintetizzano così un momento complicato ma che, allo stesso tempo, conferma tutta l’importanza che hanno nel mercato, basti considerare (vedi focus) che nella classifica delle principali cantine italiane per fatturato della giornalista Anna di Martino, sono presenti ben 40 cooperative (su un totale di 117) che fatturano 3,7 miliardi di euro. Tutto questo non può nascondere, però, le criticità che continuano a minare la competitività delle imprese e che rischiano, alla lunga, di avere impatti anche sull’indotto del settore. “Il problema numero uno si chiama costo del denaro a cui si aggiunge l’impennata dei costi delle materie prime che non registra ancora riduzioni consistenti”, ha spiegato Luca Rigotti, presidente settore Vino di Confcooperative (e ai vertici della trentina Mezzacorona) , oggi a Milano, nella conferenza organizzata da Confcooperative Fedagripesca, con Regione Lombardia. “Sui bilanci delle aziende - ha sottolineato Rigotti - pesano ancora l’onda lunga dell’incremento dei costi produttivi, ai quali si sommano gli effetti inflazionistici e soprattutto l’innalzamento del costo del denaro che sta impattando pesantemente anche sulla capacità di spesa delle famiglie, un fattore che si ripercuote negativamente pure sul consumo del vino”. Lo scenario di difficoltà che sta attraversando il vino rappresenta per il presidente del settore Vino di Confcooperative “una crisi strutturale, non congiunturale, con impatti differenti su prodotti e aree di produzione. A pesare sono anche i cambiamenti climatici che rendono sempre più difficile fare viticoltura”.
A Milano è stato presentato lo studio Censis “Il vino italiano si confronta con una non facile congiuntura”, dove sono stati messi sotto la lente vari aspetti. Ad iniziare dagli effetti dei costi delle materie prime con la crisi della logistica mondiale che ha creato forti ritardi nella fornitura di materie prime e semi lavorati, determinando un’impennata dei prezzi di molti prodotti. Tra il 2020 e il 2023, ad esempio, gli imballaggi di legno per il settore del vino sono lievitati del 28,2%, il sughero del 14,8% e gli imballaggi di carta del 31,7%; questi ultimi, insieme agli imballaggi di legno, hanno avviato una riduzione del prezzo tra il 2022 e il 2023. Il vetro (e quindi le bottiglie) hanno invece seguito una tendenza crescente a partire dal 2021: +20,4% tra il 2021 e il 2022, e +25,3% tra il 2022 e il 2023. A consuntivo degli ultimi quattro anni, l’aumento del prezzo del vetro ha superato il 50%. E poi c’è il rallentamento dell’export e la crisi del canale di Suez. Se negli ultimi anni l’acquisto di vini italiani dei Paesi esteri ha sempre mantenuto un segno positivo, tra il 2019 e il 2023, infatti, l’incremento del valore esportato è stato del 20,8%; su un più lungo periodo, 2013-2023, la crescita è stata del 54,2%, e solo nell’ultimo anno si registra un segno negativo, comunque inferiore al punto percentuale (-0,8%). Rispetto al totale dei vini esportati, i frizzanti e gli spumanti si mantengono su una traiettoria di crescita (rispettivamente il 7,5% e il 3,3%), mentre perdono terreno i Dop e gli Igp (-0,6%), i comuni e varietali (vini senza Dop o Igp designati con il nome del vitigno, -2,5%), e i vini fermi (-3,2%).
Negli ultimi mesi si è profilato, secondo le Cooperative, uno scenario più critico per l’export italiano in genere e per l’export di vino in particolare. Se si osserva l’andamento della domanda di vino per aree di destinazione, tra il 2022 e il 2023 soltanto in Europa si riscontra un tasso di crescita positivo, che raggiunge il 3,6%. In tutte le altre aree il segno resta negativo: -9,7% per quanto riguarda l’Africa, -6% per l’intero Continente americano, settentrionale e centromeridionale, ed è intorno al 12% la riduzione del valore in Asia e in Oceania. Anche in questo caso la visione retrospettiva e di più lungo periodo propone un andamento decisamente favorevole per il vino rispetto al momento contingente. Tra il 2019 e il 2023, all’incremento dell’export verso l’Europa, pari al 25%, si associa un forte aumento del valore esportato in Africa (51,6%, sebbene su basi di partenza modeste), nelle Americhe (+15,4%), in Asia (+9,6%) e in Oceania (+11,7%).Complessivamente, nei cinque anni considerati il valore del vino esportato è cresciuto del 20,8%.Ma dal punto di vista del potenziale di copertura dei mercati e di nuove opportunità da cogliere o di situazioni da consolidare in altre aree del mondo, viene segnalata una recente deriva negativa proprio su quelle destinazioni che stavano acquistando una dimensione interessante. Gli ultimi mesi 2023 sono stati contrassegnati da gravi eventi che hanno coinvolto il trasporto commerciale via mare, nelle tratte basate sul passaggio del Mar Rosso e del Canale di Suez. Lo scenario incerto che si è venuto a creare nell’area mediorientale ha avuto un immediato contraccolpo sui costi e i tempi del trasporto, frenando la domanda di merci nel traffico tra Occidente e Oriente, costringendo alla revisione delle rotte e obbligando alla traversata attraverso il Capo di Buona Speranza. Il settore del vino e le sue esportazioni, non sono rimasti al riparo da questi eventi, e il dettaglio di ciò che è avvenuto in alcuni Paesi conferma la perdita di spazi di mercato di recente conquista. Il Vietnam, ad esempio, è passato dai 12 milioni di euro di vino acquistato nel 2019 ai 25 milioni del 2022, per poi ridurre a 16 milioni l’acquisto nel 2023 (-33,9%). La Corea del Sud era passata da una domanda di 33 milioni del 2019 ai 76 milioni del 2022; nel 2023 l’importo è sceso a 51 milioni (-32,5%). Un andamento analogo si ritrova per gli acquisti della Thailandia: 11 milioni nel 2019, 24 milioni nel 2022, 18 milioni nel 2023 (con una riduzione sull’anno precedente pari al 24,6%). Anche l’Australia ha ridotto la spesa in vino italiano: pur passando da 63 milioni di vino acquistato nel 2019 agli attuali 73, nei fatti tra il 2022 e il 2023 si è registrato un decremento di oltre di 9 milioni (-11,2%). Se si guarda alla variazione totale dell’export tra il 2022 e il 2023 (pari allo 0,8% in meno e corrispondente a 64 milioni di euro) si coglie solo una parte dell’impatto che si è concretizzato tra un anno e l’altro. Capitolo credito. Secondo i dati dell’Abi, il tasso praticato in Italia alle imprese per prestiti fino a un milione di euro è passato dall’1,75% del dicembre 2021 al 5,72% del dicembre 2023, sottolinea Confcooperative Fedagripesca ricordando che “nel caso dei prestiti superiori al milione di euro, dal tasso dello 0,89% del dicembre 2021 si è passati al 5,28% di due anni più tardi. Nel confronto con la media dei Paesi dell’Area Euro, le condizioni praticate in Italia risultano più restrittive in entrambe le categorie di prestiti presi in esame”. Nell’ultima Congiuntura agroalimentare di Ismea relativa al quarto trimestre 2023, è emerso, si legge nella nota di Confcooperative Fedagripesca, che il 30% degli operatori dell’industria alimentare ha richiesto e ottenuto nell’ultimo anno un prestito dalle banche, mentre il 64% ha dichiarato di non averne fatto richiesta e il 3% si è visto rifiutare la richiesta o ha rinunciato per le condizioni proibitive proposte. Tra quelli che hanno ottenuto un credito, la maggior parte degli operatori (57%) si è rivolto alla banca per un finanziamento a medio-lungo termine (oltre 18 mesi), soprattutto per l’acquisto di macchinari e attrezzature (per il 40%) e per la costruzione o ri-strutturazione di fabbricati e/o impianti (24%). Rispetto alle condizioni di accesso al credito, il 44% delle imprese dell’industria alimentare ritiene ci sia stato un peggioramento tra il 2022 e il 2023, dovuto prevalentemente agli elevati costi associati alle richieste di credito bancario

Focus - Le Cooperative di vino italiano ai “raggi x” nella classifica per fatturato
Nella classifica delle principali cantine italiane per fatturato sono presenti ben 40 Cooperative (su un totale di 117 aziende), che fatturano 3,7 miliardi di euro, con una quota pari al 42% del fatturato complessivo del campione. Nel dettaglio, le Cooperative detengono il 34% del fatturato generato dall’export, quota che sale fino al 52% se si considera invece il fatturato sul mercato domestico delle cantine “Top100”. Sono questi alcuni dei principali dati relativi alle performance economiche delle cooperative presentati a Milano, nel corso della conferenza di Confcooperative Fedagripesca, da Anna Di Martino, autrice della classifica annuale delle prime 100 cantine italiane. Nell’ultima elaborazione del 2023, il campione di imprese che sono entrate nella rilevazione rappresenta 8,9 miliardi di euro di fatturato, pari al 62% del mercato vinicolo nazionale, il 66% dell’export complessivo.
“L’incidenza delle cooperative nei primi posti della classifica si è mantenuta costante negli ultimi cinque anni”, ha commentato il presidente di Confcooperative Fedagripesca Carlo Piccinini che ha aggiunto come “fondamentale si conferma l’aspetto dimensionale delle nostre associate, oltre alla leva dell’aggregazione, come attestano alcuni recenti casi di fusioni e accorpamenti di cooperative che le hanno rese più forti e competitive sul mercato”. Tornando al peso delle cantine cooperative presenti in classifica, spicca il dato sugli ettari vitati lavorati dalle migliaia di soci che operano sul territorio nazionale: si tratta di 152.280 ettari che rappresentano più del 25% del totale vigneto Italia. Se si analizza l’andamento degli ultimi cinque anni “emerge come ci sia stato un incremento che supera il 26%: l’ammontare degli ettari è cresciuto o per l’arrivo di nuovi soci o per il potenziamento della proprietà di quelli esistenti o per l’aggiunta di altri vigneti in affitto”, ha spiegato Anna Di Martino.
Complessivamente le 40 Cooperative presenti in classifica portano sul mercato 1 miliardo e 186 milioni di bottiglie, dato che ha registrato un trend di crescita costante negli ultimi cinque anni pari al +20,8%. “L’evoluzione degli ultimi 5 anni del fatturato delle cantine cooperative - ha detto Di Martino - offre spunti di analisi particolarmente importanti poiché dimostra la capacità della cooperazione di attutire possibili contraccolpi, sostenendo i propri soci dinanzi a scenari economici anche non favorevoli. Ciò emerge con chiarezza raffrontando l’andamento del fatturato delle Cooperative del campione rispetto a quello della componente privata. Se si analizzano gli ultimi cinque anni che comprendono il prima il durante e il dopo pandemia, si nota la capacità di tenuta del sistema cooperativo anche nei momenti più complicati. Se è vero che nel 2021 il mercato privato è riuscito a crescere del 26,8% e la compagine cooperativa non è andata oltre il 12%, che è pur sempre un risultato importante e superiore di ben 5 punti a quello medio del mercato italiano va evidenziato che nel corso del 2022 sono state le Cooperative ad aver superato i privati di un punto (11,5% contro 10,5% di crescita rispetto all’esercizio precedente). E che nell’orribile 2020, massacrato dal Covid, quello cooperativo è stato l’unico comparto capace di reggere il timone e di non andare sotto: le cantine cooperative in classifica sono riuscite a realizzare un incremento del fatturato dell’1,9%, contro una flessione di oltre il 4% accusata dai privati”.

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