In attesa del Dpcm con cui il Premier Giuseppe Conte - che ieri ha presentato il Decreto Rilancio con cui lo Stato metterà a sistema aiuti ad imprese e lavoratori per 55 miliardi di euro - dovrebbe fare definitivamente ordine sulle tempistiche e le modalità delle riaperture delle attività commerciali ancora chiuse, le Regioni hanno intanto ricevuto le linee guida di Inail ed Istituto Superiore di Sanità, che i ristoranti dovranno seguire per riaprire le porte ai loro clienti. Nulla di diverso da quello che avevamo anticipato nei giorni scorsi (e che riportiamo integralmente nel Focus in coda all’articolo, ndr): il documento Inail-Iss raccomanda di rimodulare la disposizione dei tavoli e dei posti a sedere, definendo un limite massimo di capienza predeterminato che preveda uno spazio di norma non inferiore a quattro metri quadrati per ciascun cliente, fatta salva la possibilità di adottare altre misure organizzative, come per esempio le barriere divisorie. La prenotazione obbligatoria viene indicata come ulteriore strumento di prevenzione, utile anche per evitare assembramenti di persone in attesa fuori dal locale. Durante il servizio, infatti, non è evidentemente possibile l’uso di mascherine da parte dei clienti. Lo stazionamento protratto, inoltre, in caso di soggetti infetti da Sars-CoV-2 può contaminare superfici come stoviglie e posate. Un altro aspetto di rilievo è il ricambio di aria naturale e la ventilazione dei locali confinati, anche in relazione ai servizi igienici, che spesso sono privi di possibilità di aerazione naturale.
Misure, come detto, che adesso dovranno essere le Regioni a declinare in norme che permettano l’effettiva riapertura dal 18 maggio. Ma a che punto sono le Amministrazioni regionali. Come prevedibile, si procede in ordine sparso. Protocolli di sicurezza per la riapertura già pronti in Abruzzo, Calabria e Marche, mentre tutte le altre Regioni aspetteranno il 18 maggio, e quindi le linee guida ufficiali del Ministero della Salute, per adeguare le normative regionali. Non tutti, però, hanno fretta di riaprire: la Basilicata è in stand-by, ma come Campania, Molise e Umbria si atterrà alle indicazioni del Governo, il Friuli ha tutta l’intenzione di riaprire, così come Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto. Cautela arriva dalle Giunte di Toscana, Piemonte e Lombardia, mentre la Sicilia dovrebbe rimanere “chiusa” fino al 31 maggio. A cascata, poi, saranno i Comuni, nei limiti delle loro possibilità ed ovviamente dei loro poteri, a dover trovare forme di sostegno per i propri ristoratori, alfieri e custodi di centinaia di eccellenze, spesso catalizzatori, con la loro cucina, di attenzioni mediatiche e flussi turistici. Come? Magari facendo loro l’appello-idea di WineNews (che abbiamo lanciato ieri, qui), indirettamente accolta dal Premier Conte, che ieri ha parlato specificamente delle piazze : i Comuni dovrebbero rinunciare in toto agli introiti del suolo pubblico. Un suolo pubblico che, in luoghi grandi e consoni, deve diventare spazio comune per le diverse attività (botteghe storiche, attività al dettaglio, bar e ristoranti, gelaterie, pizzerie, alimentari) delle via e della piazza stessa, e per la creazione di mercati coperti e scoperti delle diverse filiere locali, anche in questo caso da promuovere e sostenere, ma anche per tornare a vivere la città con nuove regole di sicurezza e garantendo il distanziamento sociale.
Mettere a disposizione vie e piazze, chiudendole ovviamente al traffico, non sarebbe una boutade, né tanto meno un azzardo, ma un modo per far tornare le persone - ancora intimorite da un virus contro il quale l’unica arma è il vaccino, ma che sembra aver perso virulenza - fuori casa, a godere della bella stagione e della convivialità, senza ovviamente rinunciare alla sicurezza, in quei “salotti” che sono i centri storici di città e borghi, di cui tornare a godere al tavolino, con arredi e soluzioni consone al decoro ed al distanziamento sociale, perché con ogni probabilità saranno i luoghi delle nostre vacanze, e quale miglior “cartolina” da spedire al resto del mondo delle piazze italiane che tornano a vivere?
Ed i protagonisti di questa ripartenza, cosa ne pensano? Dalla Sicilia arriva l’ultima delle tante voci sentite in queste lunghe settimane da WineNews - di chef ed imprenditori, spesso lucidamente intimoriti dall’ipotesi di ripartire a condizioni eccessivamente limitanti ed in un contesto economico di chiara sofferenza - ossia quella di Pino Cuttaia, chef due stelle Michelin a Licata, nel cuore della Sicilia, secondo cui “queste condizioni è difficile ripartire, non solo per le misure che verranno imposte, comunque eccessivamente stringenti, per garantire la salute pubblica, ma anche e soprattutto per la mancanza di clientela e turismo. L’economia è ferma, ed il nostro non è un settore di prima necessità, perché al ristorante si va per stare bene e condividere, abbiamo bisogno di sostegno da parte dello Stato, anche economico. Da noi dipendono lavoratori e filiere produttive di qualità e prossimità - che abbiamo riscoperto in queste settimane - di grande importanza. Per ripartire davvero devono tornare la fiducia e la stabilità economica, specie tra piccoli imprenditori, commercianti ed artigiani. Sono fiducioso, ma non facciamo il passo più lungo della gamba”.
Qualche giorno fa, ancora a WineNews, era stato Antonio Santini, decano dell’alta ristorazione italiana con il Dal Pescatore di Canneto sull’Oglio, storico tre stelle Michelin guidato con la moglie Nadia, e con i figli Alberto e Giovanni, a sostenere che “chi governa dovrebbe allungare la cassa integrazione il più possibile, fino a quando servirà, e che servano finanziamenti a fondo perduto per salvare le imprese, come avviene in altri Paesi, da dare sulla base di una percentuale, che va stabilità, del fatturato dichiarato l’anno precedente”. Più ottimista Matteo Baronetto, stellato con il Ristorante del Cambio di Torino, ai cui tavoli sedette Cavour, da tempo pronto a riaprire, sostenendo però che “ci sarà bisogno che degli imprenditori inizino a fare i politici, nel senso che devono essere gli imprenditori, che hanno ogni giorno a che fare con la realtà e con i problemi da affrontare, a tracciare le linee e consigliare i politici, perchè la sensazione è che ci sia una distanza siderale tra la realtà delle cosa che accadono e chi legifera e prende misure. Oggi va interpellato chi fa il nostro mestiere, per capire cosa serve, cosa fare per ripartire il settore”.
In prima linea nelle battaglie della ristorazione Gianfranco Vissani, stellato con il suo Casa Vissani di Baschi, ma con locali anche a Roma, che qualche settimana fa denunciava come “i sostegni non arrivano, i prestiti di 25.000 euro sono un delirio, le banche ti dicono che li prendono come acconto per chi deve rientrare dal fido, non li danno alle persone che hanno pendenze di tasse, vuol dire che l’80% della platea è escluso. Servono misure vere, soldi a fondo perduto. Sennò è una rivolta”. “È difficile capire cosa fare, c’è tanta voglia di ripartire - ha commentato Fabiana Gargioli, terza generazione della famiglia che gestisce Armando al Pantheon, una delle più celebri trattorie di Roma, a pochi metri da uno dei suoi monumenti più famosi e visitati - e anche ad investire per adeguarsi a norme che non si sa quali saranno è difficile. Viene da pensare, però, che lo scenario più chiaro sarebbe che ci dicessero di riaprire direttamente a settembre, per esempio, sperando che per allora sia tutto più chiaro e che ci sia una cura efficace, e, allo stesso tempo, fermando subito le tasse e garantendo i dovuti ammortizzatori sociali”.
Tra chi dà prova di resilienza, Giancarlo Perbellini, per esempio, chef due stelle Michelin con il Casa Perbellini a Verona, e con altri locali con diversi target nella città dell’Arena e non solo, che pensa a riduzione di coperti per rispettare le distanze dove ci sarà bisogno, un menu unico, senza scelta alla carta, per ottimizzare tempi di preparazione e costi, cercando di mantenere tutto il personale. Orizzonti che, nei limiti del possibile, si schiariscono via via che ci si allontana dalle città, puntando verso le campagne, gli spazi aperti ed una ristorazione che dipende meno dal turismo, più o meno di massa, e più sul legame con i territori e con le comunità locali. È il caso, ad esempio, di Antonia Klugmann, alla guida de L’Argine a Vencò, a Dolegna sul Collio. “Abbiamo reagito subito, con un’attività di delivery, che copre le tre province del Friuli, e che ci sta dando molte soddisfazioni. Per quanto riguarda la riapertura al pubblico, penso che la salute sia la priorità per tutti, non ho mai creduto ad una ripartenza in concomitanza con le attività primarie.
Da Milano, passata in poche settimane da centro nevralgico della vita economica ad epicentro della pandemia, tra le voci storiche della ristorazione meneghina, si levava qualche giorno fa a WineNews quella di Maida Mercuri, alla guida del “Al Pont de Fer”, locale simbolo dei Navigli: “teniamo duro, capiamo la situazione, ma la latitanza dello Stato ci fa male, siamo abituati a lottare, con voglia di farcela, ma oggi siamo ridotti all’impotenza e senza alcuna presa di posizione nei nostri confronti da parte del Governo, e questo ci fa male. Meglio indebitarsi che fallire, ma specie qui a Milano i costi di gestione sono davvero alti”. Secondo Carlo Cracco, infine, “ci vorrà tempo, tanto. Nulla sarà più come prima, serviranno un paio di anni almeno per ripartire bene. Ma non per questo ci dobbiamo fermare. In questo momento si deve trasformare l’esperienza in forza, la pausa obbligata in pensiero costruttivo”.
Focus - Le linee guida Inail e Iss per la ripartenza della ristorazione
Ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive nel settore della ristorazione
Considerazioni di carattere generale
Fermo restando i punti imprescindibili sulla rimodulazione delle misure contenitive che riguardano l’impatto sul controllo dell’epidemia, si afferma che le decisioni dovranno essere preventivamente analizzate in base all’evoluzione della dinamica epidemiologica, anche tenuto conto delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che prevedono che il rilascio di misure di contenimento sia progressivo e complessivamente (non per singolo settore) valutato dopo almeno 14 giorni prima di ogni ulteriore allentamento.
Le indicazioni fornite rispetto alle specifiche proposte, sono coerenti con quanto riportato in precedenza e vanno, comunque, considerate nella pianificazione di misure propedeutiche a quando sussistano condizioni specifiche di allentamento delle misure contenitive.
Le indicazioni, pertanto, non potranno che essere di carattere generale, per garantire la coerenza delle misure essenziali al contenimento dell’epidemia, rimandando agli enti preposti per settore ed alle autorità competenti la declinazione di specifiche indicazioni attuative.
Da ultimo, ma non meno importante, si ribadisce l’importanza della responsabilità individuale e collettiva delle singole organizzazioni nei singoli settori, per garantire un’efficace ed efficiente applicazione delle misure di prevenzione e mitigazione.
Il settore della ristorazione presenta specifiche complessità connesse con le varie tipologie di servizi erogati.
Giova rilevare che il settore della ristorazione già nell’ordinarietà deve rispettare obbligatoriamente sia specifiche norme di igiene e di igiene degli alimenti nonché procedure ad hoc (ad es. HACCP) e, in presenza di lavoratori così come definiti dal D. Lgs 81/08 e ss.mm.ii., le relative norme di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Misure organizzative, di prevenzione e protezione nel servizio di ristorazione
L’attuale normativa sull’organizzazione dei locali addetti alla ristorazione non prevede norme specifiche sul distanziamento ma indicazioni molto flessibili, fino a uno spazio di superficie per cliente seduto pari a 1,20 metri quadrati, con eventuali specifiche disposizioni regionali.
Ne deriva che la questione del distanziamento sociale assume un aspetto di grande complessità, anche in considerazione che non è evidentemente possibile, durante il servizio, l’uso di mascherine da parte dei clienti e che lo stazionamento protratto possa anche contaminare, in caso di soggetti infetti da SARS-COV-2, superfici come, ad esempio, stoviglie e posate.
Altro aspetto di rilievo è il ricambio di aria naturale e la ventilazione dei locali confinati anche in relazione ai servizi igienici spesso privi di possibilità di areazione naturale.
Le misure organizzative relative a gestione spazi e procedure come quelle di igiene individuale delle mani e degli ambienti sono quindi estremamente importanti.
Andrebbero, in primo luogo e soprattutto in una prima fase, favorite soprattutto soluzioni che privilegino l’uso di spazi all’aperto rispetto ai locali chiusi, anche attraverso soluzioni di sistema che favoriscano queste modalità.
Il layout dei locali di ristorazione andrebbe quindi rivisto con una rimodulazione dei tavoli e dei posti a sedere, garantendo il distanziamento fra i tavoli - anche in considerazione dello spazio di movimento del personale - non inferiore a 2 metri e garantendo comunque tra i clienti durante il pasto (che necessariamente avviene senza mascherina), una distanza in grado di evitare la trasmissione di droplets e per contatto tra persone, anche inclusa la trasmissione indiretta tramite stoviglie, posaterie, ecc.; anche mediante specifiche misure di contenimento e mitigazione.
Le sedute dovranno essere disposte in maniera da garantire un distanziamento fra i clienti adeguato, anche per le motivazioni in precedenza riportate e tenendo presente che non è possibile predeterminare l’appartenenza a nuclei in coabitazione.
In ogni caso, va definito un limite massimo di capienza predeterminato, prevedendo uno spazio che di norma dovrebbe essere non inferiore a 4 metri quadrati per ciascun cliente, fatto salvo la possibilità di adozioni di misure organizzative come, ad esempio, le barriere divisorie.
La turnazione nel servizio in maniera innovativa e con prenotazione preferibilmente obbligatoria può essere uno strumento organizzativo utile anche al fine della sostenibilità e della prevenzione di assembramenti di persone in attesa fuori dal locale.
Vanno eliminati modalità di servizio a buffet o similari.
Al fine di mitigare i rischi connessi con il contatto da superfici vanno introdotte soluzioni innovative, come di seguito rappresentate.
È opportuno utilizzare format di presentazione del menù alternativi rispetto ai tradizionali (ad esempio menù scritti su lavagne, consultabili via app e siti, menù del giorno stampati su fogli monouso).
I clienti dovranno indossare la mascherina in attività propedeutiche o successive al pasto al tavolo (esempio pagamento cassa, spostamenti, utilizzo servizi igienici).
È opportuno privilegiare i pagamenti elettronici con contactless e possibilità di barriere separatorie nella zona cassa, ove sia necessaria. È necessario rendere disponibili prodotti igienizzanti per clienti e personale anche in più punti in sala e, in particolare, per l’accesso ai servizi igienici che dovranno essere igienizzati frequentemente.
Al termine di ogni servizio al tavolo andranno previste tutte le consuete misure di igienizzazione, rispetto alle superfici evitando il più possibile utensili e contenitori riutilizzabili se non igienizzati (saliere, oliere, acetiere, etc.)
Misure specifiche per i lavoratori
In coerenza con quanto riportato nel Protocollo Condiviso del 24 aprile e richiamato dal DPCM del 26 aprile nonché nel Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-COV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione in tema di specifiche misure organizzative, di prevenzione e protezione nonché di sorveglianza sanitaria, ove prevista, di seguito si riportano alcune indicazioni per i lavoratori.
In considerazione della tipologia di attività che prevede la presenza di personale addetto alle cucine e di personale addetto al servizio ai tavoli, oltre a quello dedicato ad attività amministrative se presente, è opportuno, oltre ad un’informazione di carattere generale sul rischio da SARS-CoV-2, impartire altresì un’informativa più mirata, anche in collaborazione con le figure della prevenzione di cui al D. Lgs 81/08 e s.m.i. con particolare riferimento a specifiche norme igieniche da rispettare nonché all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, ove previsti, anche per quanto concerne la vestizione/svestizione.
In particolare per il personale di cucina, in condivisione di spazi confinati, va indossata la mascherina chirurgica; dovranno essere utilizzati altresì guanti in nitrile in tutte le attività in cui ciò sia possibile. Per il personale addetto al servizio ai tavoli è necessario l’uso della mascherina chirurgica per tutto il turno di lavoro e ove possibile, l’utilizzo dei guanti in nitrile; questi ultimi sono comunque sempre da utilizzare durante le attività di igienizzazione poste in essere al termine di ogni servizio al tavolo.
Va, comunque, ribadita la necessità di una corretta e frequente igiene delle mani, anche attraverso la messa a disposizione in punti facilmente accessibili dei locali di apposti dispenser con soluzione idroalcolica.
Per quanto concerne il personale eventualmente dedicato ad attività amministrative, in presenza di spazi comuni con impossibilità di mantenimento del distanziamento di un metro, è necessario indossare la mascherina chirurgica; allo stesso modo, il personale addetto alla cassa dovrà indossare la mascherina chirurgica prevedendo altresì barriere di separazione (ad es., separatore in plexiglass).
Particolare attenzione dovrà essere posta ai locali spogliatoi ed ai servizi igienici, in particolare prevedendo un’adeguata attività di pulizia degli stessi.
L’areazione dei locali è di particolare importanza favorendo sempre ove possibile il ricambio di aria naturale tramite porte e finestre. Relativamente agli impianti di condizionamento si rimanda alle specifiche indicazione del documento Rapporto ISS COVID-19 n. 5 del 21 aprile 2020.
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