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MAFIA: “CONVITATO DI PIETRA ALLA TAVOLA DEGLI ITALIANI”, CHE “SI MANGIA” 12,5 MILIARDI DI EURO. “MA SI PUÒ FARE DI PIÙ PER TUTELA, ANCHE IN SEDE INTERNAZIONALE”. ECCO LA RELAZIONE N. 1 SU CONTRAFFAZIONE E PIRATERIA NELL’AGROALIMENTARE DEL PARLAMENTO

Italia
Battaglia Coldiretti contro la contraffazione del made in italy agroalimentare

“Alla tavola di ciascun cittadino mangia un convitato di pietra: la mafia”. Parole durissime e che fanno riflettere, quelle di Piero Grasso, capo della Procura Nazionale Antimafia, nella presentazione della prima relazione sulla contraffazione e pirateria nell’agroalimentare della Commissione Parlamentare di Inchiesta, oggi a Palazzo Rospigliosi, nel quartier generale di Coldiretti. Che, insieme a Eurispes, presenta il conto: 12,5 miliardi di euro all’anno, ovvero il “fatturato” delle mafie nel settore.

“Che si abbattono con un impatto devastante: crollo dei prezzi pagati agli agricoltori, che spesso non coprono i costi di produzione, e rincari anomali ed esagerati dei prezzi al consumo, anche per via delle infiltrazioni criminali a tutti i livelli della filiera”, spiega Coldiretti, “fino a determinare costi di acquisto pari a 10 volte quelli di mercato”, sostiene Grasso, e mettendo a rischio, tra l’altro anche la sicurezza dei prodotti per la salute, oltre che qualità. E c’è chi chiede di estendere, nella lotta alla contraffazione alimentare, gli stessi metodi utilizzati nel contrasto ai reati di mafia, come l’inserimento nel codice penale del delitto di associazione a delinquere finalizzato alla commissione del reato di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine, prevedendo l’obbligo di pubblicare le sentenze in caso di condanna per i delitti in materia, e dotando la polizia giudiziaria di poteri investigativi già previsti nella disciplina antimafia, come ha detto il presidente della Commissione Giovanni Fava.
“C’è spazio per un disegno di legge per rafforzare la tutela del made in Italy - ha detto il Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania - e non solo agendo su questioni penali in Italia: le cose vanno affrontante anche in sede internazionale tra Unione Europea e Wto”.Contrastando le agromafie, insieme a tutto il resto della contraffazione alimentare non legata alla criminalità organizzata, secondo la relazione, potrebbe addirittura triplicare il valore dell’export alimentare, recuperando quei 60 miliardi di euro all’anno che il fenomeno sottrae alle imprese oneste. Senza contare che, secondo Coldiretti, per aumentare la lotta alla “criminalità alimentare” si potrebbero creare fino a 300.000 posti di lavoro.


Focus - Con stop a falsi triplica l’export agroalimentare e si creano 300.000 posti di lavoro

Le esportazioni agroalimentari potrebbero addirittura triplicare con una radicale azione di contrasto al falso Made in Italy. Lo afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini sulla base dei risultati della prima relazione sulla contraffazione e pirateria nell’agroalimentare elaborata dalla Commissione Parlamentare di inchiesta. Secondo l’analisi Coldiretti/Eurispes, per giungere ad un pareggio della bilancia commerciale del settore agroalimentare italiano, ad importazioni invariate, sarebbe sufficiente recuperare quote di mercato estero per un controvalore economico pari al 6,5% dell’attuale volume d’affari del cosiddetto “Italian sounding”.

Ad essere colpiti sono i prodotti più rappresentativi dell’identità alimentare come è stato evidenziato dall’esposizione della Coldiretti sui casi più eclatanti di pirateria alimentare divisi per regione. Se sul piano nazionale le recenti operazioni hanno scoperto falsa mozzarella di bufala dop, ma anche vino ed olio etichettati come doc e dop senza documenti di tracciabilità, a livello internazionale sono state scovate aberrazioni, dai pomodori San Marzano coltivati in Usa al “Parma salami” del Messico, dal Parmesao del Brasile allo Spicy thai pesto statunitense, dall’olio Romulo con tanto di lupa venduto in Spagna al Chianti prodotto in California, ma anche una curiosa “mortadela” siciliana dal Brasile, un “salami calabrese” prodotto in Canada, un barbera bianco rumeno e il provolone del Wisconsin.

Il comune denominatore degli esempi di imitazione e contraffazione di prodotti agroalimentari italiani è la spinta motivazionale da cui tali comportamenti traggono origine e si diffondono a livello globale. Tale spinta motivazionale consiste nell’opportunità, per un’azienda estera, di ottenere sul proprio mercato di riferimento un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza, associando indebitamente ai propri prodotti valori riconosciuti ed apprezzati dai consumatori stranieri, come quelli del vero Made in Italy agroalimentare, in primis la qualità. Una concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali con il rischio che, soprattutto nei Paesi emergenti come la Cina, si radichi tra i consumatori un falso Made in Italy che non ha nulla a che fare con il prodotto originale e che toglie invece spazio di mercato ai prodotti autentici.

Ma dalla lotta alla contraffazione possono venire fino a 300.000 di lavoro con il fatturato del falso made in Italy che, solo nell’agroalimentare ha raggiunto i 60 miliardi di euro. “Il fatto che per effetto della falsificazione vengano sottratti all’agroalimentare nazionale ben 164 milioni di euro al giorno dimostra che il contrasto all’evasione fiscale, la lotta alla contraffazione e alla pirateria rappresentano per le Istituzioni un’ area di intervento prioritaria per recuperare risorse economiche utili al Paese e generare occupazione”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini. La lotta alla contraffazione alimentare è considerata prioritaria dalla maggioranza dei cittadini anche rispetto ad altri settori come il tessile: le frodi a tavola sono le più temute da 6 italiani su 10, secondo una indagine Coldiretti/Swg. Ai rischi per la salute si sommano i danni di immagine provocati al Made in Italy che nell’alimentare è il più copiato a livello internazionale per i grandi risultati raggiunti sul piano della qualità.


Focus - Il Ministro delle Politiche Agricole, Mario Catania: “c’è spazio per un disegno di legge per migliorare la tutela del made in Italy, ma servono azioni anche a livello internazionale

“Dobbiamo trovare strumenti nuovi” per contrastare la contraffazione nel settore agroalimentare, “perché” quello cha abbiamo fatto finora e’ importante ma non e’ sufficiente. Dobbiamo fare di più”. Lo ha detto il ministro dell’Agricoltura, Mario Catania. Ma bisogna agire sia a livello interno che internazionale, perchè “ci vogliono tutte e due le cose: ci sono dei problemi che possiamo affrontare tranquillamente a livello nazionale con la nostra normativa e la nostra attività di contrasto; altre cose devono passare necessariamente per accordi internazionali, in sede comunitaria per quanto riguarda l’Unione Europea e in sede di Wto per quanto riguarda il mercato mondiale.
Ci sono le condizioni per lavorare su un ddl a tutto tondo per tutelare e rafforzare le produzioni made in Italy - ha detto Catania - che non contenga solamente gli aspetti penali”. Il ministro ha sottolineato la complessità del fenomeno delle contraffazioni alimentari che riguarda diverse realtà e comportamenti non corretti che danneggiano fortemente il settore. E, sempre restando sul tema, Catania ha puntato il dito contro i finanziamenti accordati dalla finanziaria pubblica Simest a imprese italiane per produrre e commercializzare all’estero prodotti che del tricolore hanno solamente il nome; una problema denunciato da tempo dalla Coldiretti, come il Pecorino Romano prodotto in Romania o il Prosciutto Parmacotto a Nwe York.

“Ritengo che la Simest non debba concedere finanziamenti per progetti che possano danneggiare il made in Italy - ha precisato Catania - abbiamo sollevato il problema con il ministro Passera; questo non significa che ci sia qualcuno che si comporta male,ma bisogna avere dei meccanismi che evitino che il danaro del contribuente italiano venga speso per delle iniziative che finiscono per danneggiare le imprese italiane”.


Focus - Pietro Grasso: “mMfia, convitata di pietra alla tavola degli italiani”

“Chi apparecchia una tavola spesso fa mangiare anche qualcun altro che magari non vede, un convitato di pietra come la criminalità organizzata che interviene nella filiera distributiva facendo alzare i prezzi anche di 10 volte”. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, nella presentazione della relazione della commissione parlamentare sulla contraffazione nel settore agroalimentare. “Anche la normativa nazionale è perfettibile”, secondo Grasso, sottolineando che “il nuovo reato di contraffazione non è stato inserito tra quelli a livello associativo di competenza della procura nazionale antimafia”. Sarebbero poi necessari “l’interdizione dall’attività imprenditoriale di chi commette questi reati e la pubblicazione della sentenza, perché è giusto che i consumatori siano informati su quali sono le ditte che non rispettano la legge e attentano alla loro salute e alle loro tasche”. Ma, secondo Grasso, c’é anche “un problema di cultura: bisogna far capire al consumatore che il prodotto contraffatto lo danneggia e arricchisce la criminalità organizzata. Un consumo critico è un volano che non può che aiutare il made in Italy e le nostre imprese in questo momento di crisi. Ci devono aiutare i consumatori - ha concluso - e a questo proposito uno sportello unico di segnalazione per i prodotti non genuini o contraffatti, potrebbe instaurare un volano virtuoso per aiutare chi vuole davvero tutelare il made in Italy”.


Focus - Made in Italy - Fava: “Italia unico paese con organismo su contraffazioni”

“Se siamo il primo Paese al mondo dotato di un organismo specifico che si occupa di contraffazione è perché l’Italia è notoriamente conosciuta come paese di contraffattori, ma anche perché l’Italia ha un brand specifico che non ha eguali al mondo”. Lo ha evidenziato il Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla contraffazione e pirateria Giovanni Fava.

“Abbiamo condiviso - ha sottolineato Fava - la scelta di questo settore come il più colpito, ma stiamo concludendo anche l’indagine nel tessile ed abbiamo iniziato ad esaminare la contraffazione dei tabacchi, la pirateria nelle nuove tecnologie e la pirateria informatica (musicale, cine, foto e video). Per volumi e dimensioni il fenomeno dell’italian sounding è devastante - ha precisato Fava - con un valore di 60 miliardi di euro secondo il rapporto Coldiretti/Eurispes. Gli strumenti che possono essere messi in campo - ha concluso Fava - passano per l’etichettatura e la tracciabilità che in un mercato aperto, tuttavia, devono trovare applicazione non solo a livello nazionale”.

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