160 ettari di vigneto nelle migliori zone del Verdicchio Classico e del Rosso Cònero, una gamma di vini di altissimo pregio, più volte premiati nei concorsi nazionali ed internazionali, una barricaia da favola immortalata anche dalle più importanti riviste di architettura (AD), un’immagine che da alcuni anni è in costante ascesa: sono queste le principali componenti della Umani Ronchi, l’azienda della famiglia Bianchi Bernetti diventata la vera punta di diamante della moderna enologia marchigiana ed una dei più blasonati marchi del vino italiano nel mondo.E’ questo il frutto di un’intensa attività imprenditoriale di Massimo, Stefano e Michele Bernetti, che, ponendosi l’obiettivo di creare un’azienda modello destinata a produrre vini di alta qualità, hanno investito notevoli risorse finanziarie (3,2 milioni di Euro, oltre 6 miliardi di lire) nell’impianto e dell’ammodernamento dei vigneti e nella completa ristrutturazione della cantina di Osimo, con la “ciliegina” finale, appunto, della costruzione della nuova barricaia.
Oltre che nella zona del Verdicchio Classico (100 ettari di vigneto di proprietà, più altri in affitto), dove il programma di trasformazione degli impianti è tuttora in corso e si concluderà entro il 2007, Umani Ronchi ha riposto grande fiducia nel Rosso Cònero, zona ad alta vocazione per i rossi, dove la superficie vitata è stata portata a 60 ettari e dove nascono i grandi crus dell’azienda. “L’incremento produttivo e la necessità di razionalizzare le operazioni di cantina, evitando dispersioni di energie - ci spiega Michele Bernetti, il figlio di Massimo - è stato il motivo del restyling dello stabilimento di Osimo. Un investimento quadriennale che ha interessato tutti i reparti e che ha visto la costruzione di una nuova cantina di vinificazione delle uve rosse (le bianche sono invece vinificate “in loco” nella cantina di Castelbellino, ndr), l’ampliamento delle vasche in acciaio, la costruzione di un magazzino termocondizionato per l’affinamento delle bottiglie e la costruzione della barricaia”.
Progettata secondo i canoni dell’architettura destrutturata, quest’ultima si presenta con una linea modernissima dove tutto è stato studiato per creare le migliori condizioni ambientali per favorire la maturazione dei grandi vini rossi. Interrata sotto il vigneto vicino alla cantina, i soffitti in pendenza sorretti da piloni d’acciaio inclinati, i rivestimenti in cotto antiumidità e i corridoi laterali in ghiaia fanno da cornice alle 500 barriques di rovere francese e americano dove maturano il Pelago e il Cùmaro. All’interno si trova anche un’elegante saletta degustazione. Una barricaia che può essere giustamente considerata il “salotto buono” dello stabilimento.
La produzione attuale dell’azienda è di circa 4 milioni e mezzo di bottiglie, ripartiti su 14 etichette, per un fatturato annuo di 11 milioni e 360.000 Euro (22 miliardi di lire). Il 75% della produzione è commercializzata all’estero, in 32 Paesi di tutto il mondo, con ai primi posti Regno Unito, Germania, Svezia, Stati Uniti e Giappone. Sul mercato interno i vini Umani Ronchi sono presenti ormai ovunque, soprattutto nei migliori ristoranti ed enoteche. Fiori all’occhiello dell’azienda, oltre al Pelago (Marche Igt) e al Cùmaro (Rosso Cònero Doc), sono il Casal di Serra (Verdicchio di Jesi Classico Superiore) e il Maximo (Sauvignon blanc botritizzato), splendido vino da dessert.
“Il nostro impegno – dice ancora Bernetti – è rivolto anche alla ricerca e sperimentazione, sia sui vitigni alloctoni che sugli autoctoni, che stiamo conducendo in collaborazione con l’università di Ancona. Oltre al Montepulciano stiamo dedicando grandi attenzioni al Lacrima di Morro d’Alba, un vitigno pressoché scomparso col tempo, con il quale lo scorso anno abbiamo prodotto il Fonte del Re, un vino che sta ottenendo grandi consensi”.
Emanuele Pellucci
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