02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2025 (175x100)

NELLE ANTEPRIME TOSCANE DI CHIANTI CLASSICO E BRUNELLO DI MONTALCINO LE “VOCI STRANIERE” CHIEDONO LA ZONAZIONE PER VALORIZZARE ANCOR PIU’ I TERRITORI. FOCUS - KERIN O’KEEFE (WINE ENTHUSIAST): “A MONTALCINO E’ UN PASSO ESSENZIALE, ANZI UN DOVERE”

Italia
La critica straniera chiede la zonazione

La necessità sempre più forte di una zonazione seria ed efficace tanto per i produttori che per i consumatori, soprattutto, ma non solo in territori come quello del Brunello di Montalcino e del Chianti Classico: a segnalarla, in più occasioni, nella settimana delle “Anteprime di Toscana” 2014, qualche produttore e alcuni dei nomi più importanti della critica internazionale: da Monica Larner (“The Wine Advocate”) a Kerin O’Keefe (“The Wine Enthusiast”), da Walter Speller (“Jancis Robinson”) al Master of Wine Tim Atkin, solo per citarne alcuni.
Una parola, “zonazione”, che si è aggirata tra le anteprime come uno spettro, seppur “benevolo”, nel senso che porta con sé una discussione tesa a qualificare i due vini in questione e a renderli ancora più importanti di quanto lo siano già. Un senso che però pare sfuggire a molti addetti ai lavori, sia tra alcuni giornalisti, specie di casa nostra, che tra gli stessi dirigenti dei consorzi “coinvolti” (eccezion fatta per il Chianti Classico, che ha visto debuttare la “Gran Selezione”, e che a partire da questa nuova tipologia che sarà il vertice qualitativo della denominazione, ha dato il via al dibattito sulla zonazione e sulle “denominazioni comunali”).
A partire dal fatto evidente, che l’opzione in discussione non riguarda, in nessuno dei due casi, una zonazione “qualitativa” o “classificatoria”, obbiettivamente impossibile da inseguire per i molteplici interessi aziendali già abbondantemente consolidati, ma solo “geografica” per una più precisa collocazione di questi vini, che sono fra i più importanti d’Italia, nei loro rispettivi territori e per una loro ulteriore valorizzazione.
Nel caso del Chianti Classico la soluzione sembrerebbe davvero a portata di mano, introducendo specifiche sottozone, o denominazioni “comunali”, usando gli storici comuni che compongono la denominazione (Barberino Val d’Elsa, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Poggibonsi, Radda in Chianti, San Casciano Val di Pesa, Tavarnelle Val di Pesa) e porterebbe un’ulteriore spinta propulsiva alla novità di fascia alta rappresentata dalla “Gran Selezione”, un vino che proprio nell’edizione 2014 di “Chianti Classico Collection” viene ufficialmente presentato pronto all’immissione sul mercato con la sua prima annata, la 2010.
Nel caso del Brunello la questione è solo leggermente più complicata, dato che la denominazione di Montalcino è compresa in unico comune. Ma è evidente che località e frazioni possono facilmente diventare delle sottozone anche perché molti di questi sono già riconosciuti dalla critica enologica (specialmente anglosassone) delle entità a sé stanti, in grado di produrre dei Brunello dalle precise connotazioni stilistiche.
WineNews ha chiesto a che punto si trova la discussione sulla possibile costituzione di sottozone a Montalcino a Kerin O’Keefe, responsabile per l’Italia del magazine a stelle e strisce “Wine Enthusiast” e autrice del libro “Brunello di Montalcino. Understanding and Appreciating One of Italy’s Greatest Wines” che, nel 2012, ha aperto, di fatto, la questione.
“Il comune di Montalcino è un singolo comune - spiega Kerin O’Keefe - ma è un comune enorme, con molta variabilità di altitudine, suoli e microclima, ed in più, è possibile piantare vigneti in tutto il suo territorio, ad eccezione delle zone boschive protette e quelle sopra i 600 metri sul livello del mare. È quindi diventato essenziale per una tale realtà una zonazione, anzi è proprio un dovere - sottolinea la wine writer statunitense - Montalcino, almeno in questo momento storico, va diviso geograficamente. Non è infatti possibile fare una zonazione per qualità o per classificazione. Forse un’altra generazione potrà prendere in considerazione questa possibilità, ma per il momento è importante almeno iniziare con una divisione geografica, per frazioni e località. Ormai questi luoghi - prosegue O’Keefe - hanno già acquistato un senso per le loro caratteristiche altimetriche e pedo-climatiche”.
Anche dal punto di vista del consumatore finale ci potrebbero essere degli esiti molto importanti perché “progressivamente questo tipo di esperienza diventa anche una guida per gli stessi consumatori - afferma la wine writer - così, per esempio, chi privilegia vini potenti sa in quale determinato luogo e/o sottozona vengono prodotti vini con quello stile. Attualmente Montalcino, nell’idea del consumatore specialmente estero, è una denominazione unica che produce un vino, che si differenzia solo per le scelte enologiche delle varie aziende. Invece, Montalcino è molto di più e questa ricchezza va valorizzata proprio attraverso la zonazione”.
Ma dove starebbe il riverbero più importante di questa operazione?
“Parliamoci chiaro - afferma la responsabile Italia di Wine Enthusiast - il Brunello di Montalcino è un grande vino, evidentemente, con declinazioni stilistiche molto diverse, ulteriormente valorizzabili attraverso le sottozone dove vengono prodotte quelle precise e diverse declinazioni di Brunello che al contempo valorizzerebbero se stesse e i vini del proprio territorio. Il Brunello di Montalcino - prosegue O’Keefe - è una delle denominazioni più importanti d’Italia e del mondo e tutti i grandi vini internazionali, dai francesi e compresi anche quelli prodotti nel cosiddetto Nuovo Mondo, stanno sempre di più valorizzando i loro territori con esperienze di questo genere. Anche in Italia, per esempio, si sta percorrendo questa strada con sempre maggiore convinzione. È il caso del Barolo e del Barbaresco con le loro menzioni geografiche. Ogni grande zona viticola ha un territorio alle spalle fatto di diversità che debbono essere valorizzate e in questo senso è giunto il momento che anche Montalcino mostri al mondo in modo sistematico la sua ricchezza e variabilità. Mi pare che anche nel Chianti Classico - conclude la giornalista - sia stata avviata una discussione in questa direzione e in quella denominazione esiste già, di fatto, una divisione già pronta rappresentata dai comuni storici del “Gallo Nero””.

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli