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NIENTE MOSCATO D’ASTI AD ASTI. IL CONSIGLIO DI STATO HA RESPINTO IL RICORSO DELLA CASA VITIVINICOLA ZONIN E QUINDI IL TERRITORIO DEL COMUNE DI ASTI RESTA ESCLUSO DALLA ZONA DELLA DOCG LASCIANDO I CONFINI DI PRODUZIONE COME SONO

Niente Moscato d’Asti ad Asti. Il Consiglio di Stato ha respinto il 28 novembre il ricorso della casa vitivinicola Zonin proprietario della tenuta Castello del Poggio alle porte di Asti, favorevole all’ampliamento del disciplinare. A spuntarla però sono state l’Associazione produttori del Moscato d’Asti, la Coldiretti, l’Associazione dei comuni del Moscato e l’associazione “Muscatellum” schierate a difesa dei primi confini di produzione. Il Consiglio di stato si è espresso su una sentenza del Tar Lazio che annullava il decreto del 16 maggio 2012 con cui il Ministero delle Politiche Agricole aveva accolto nell’area della Docg Asti una cospicua fetta del territorio comunale astigiano. E appunto il giudizio boccia il ricorso contro quanto sentenziato dal Tar. La vicenda, qui ridotta ai minimi termini, è assolutamente di maggior complessità, ma quel che ai più sfugge è come sia possibile che una località di plurisecolare importanza nella geografia mondiale del vino, possa essere esclusa da una denominazione che porta il suo nome. Insomma, una vicenda che, perlomeno ai profani, appare tutta italiana.
La cosa che colpisce leggendo la sentenza del Consiglio di stato è il ruolo attribuito al Consorzio dell’Asti (che tutela un patrimonio di 100 milioni di bottiglie l’anno, pari a un fatturato di 140 milioni di euro) in questa ultima puntata della storia. Infatti, la perizia che doveva servire di supporto alla domanda del direttore del Consorzio per l’estensione della Docg, come recita la sentenza, “non conteneva una delimitazione puntuale delle frazioni comunali all’interno delle zone vocate ma si limitava ad indicare il territorio potenzialmente atto alla coltivazione del vitigno Moscato Bianco nel Comune di Asti con criteri di larga approssimazione”. E più avanti “In sostanza vi era una domanda ufficiale del Consorzio del 28 aprile 2010 che chiedeva l’inserimento di zone votate che per la sua indeterminatezza e ambiguità non poteva considerarsi integrare la domanda di cui all’articolo 10, comma 3 della legge”.

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