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PROMOZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ, EFFICACE GESTIONE DEL TERRITORIO, SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA E UN UNICO CODICE DEL VINO, ALLA BASE DEL DOCUMENTO CONDIVISO DA TUTTO IL COMPARTO: ECCO I PUNTI CARDINE DE “LA CARTA DI MARSALA” BY ASSOVINI E IRVO

Promozione della sostenibilità, efficace gestione del territorio, semplificazione burocratica ed un unico codice del vino, alla base del documento condiviso da tutto il comparto: ecco i punti cardine de “La Carta di Marsala”, documento-manifesto che contiene le indicazioni e alcune proposte operative per il futuro della vitivinicoltura italiana in generale e siciliana in particolare, che sarà presentato domenica 17 novembre, da Assovini Sicilia e Irvo (Istituto Regionale Vini e Oli di Sicilia), nel Forum internazionale dell’Economia e del mercato vitivinicolo n. 1, organizzato dall’Assessorato alle Risorse Agricole ed Alimentari della Regione Sicilia guidato da Dario Cartabellotta, e dall’Istituto regionale Vini e Oli di Sicilia, in collaborazione con l’amministrazione comunale di Marsala, Città europea del vino 2013. Si tratta di un testo programmatico che nasce dal contributo degli attori dell’intero comparto vitivinicolo nazionale e che guarda con molta attenzione anche ai fattori ambientali, nella convinzione che, per il sistema del vino siciliano, ci sia la necessità di fondare il processo di qualificazione su obiettivi e indicatori comuni, in modo di mettere il prodotto ed il consumatore al centro della proposta di cambiamento.
“In questa chiave - si legge in una nota - il concetto di sostenibilità diventa fondamentale così come l’interconnessione tra economia, società ed ambiente , per affermare che il vino siciliano non è solo un’eccellenza qualitativa ma è anche un prodotto responsabile. Promuovere la sostenibilità dello sviluppo economico è, peraltro, alla base della Green Economy, una nuova visione delle politiche agricole, ambientali e del territorio, condivisa dal mondo del vino soprattutto su alcuni nodi cruciali quali: la riduzione del consumo del suolo agricolo e della sua cementificazione, il riconoscimento del verde agricolo come spazio produttivo economicamente rilevante, l’attenzione alla multifunzionalità delle imprese che presidiano le aree rurali, l'incentivazione dell’archeo-agri-turismo, la diffusione dell’agricoltura biologica e del consumo di prodotti agroalimentari a filiera corta e l'adozione di buone pratiche agronomiche. Sostenibilità, infatti, non vuol dire solo l’impiego di strumenti di analisi ma innovazioni da introdurre nell’intero processo produttivo, tutela della biodiversità, etica del lavoro in vigna e in cantina. Significa disseminare quanto più possibile tutte quelle pratiche che possono consentire una più efficace gestione del territorio anche alla luce dei recenti cambiamenti climatici: introduzione delle agroenergie e dell'agricoltura di precisione, razionalizzazione dell’uso delle risorse idriche, creazione di un osservatorio sulle temperature e di un sistema cartografico interattivo dei fondi agricoli, progettazione di attività di zonazione viticola. La vitivinicoltura, come del resto tutte le attività agricole, ha effetti sull’ambiente, incide sul paesaggio, sull’uomo, sugli animali e sulle piante. Indirizzare la coltivazione verso modelli sostenibili a basso impatto, quali la lotta integrata e la conduzione biologica, integrate con le conoscenze e le innovazioni tecnologiche, comporta non solo la difesa ma anche la valorizzazione del territorio stesso. Da questo punto di vista, la vite e il vino possono essere un modello di sviluppo, culturale e colturale, di riferimento anche per altri settori. A questo fine, la semplificazione burocratica e la riduzione degli oneri amministrativi a carico delle aziende, così come la frammentazione dei centri decisionali e la necessità di un unico codice del vino, sono esigenze imprescindibili per garantire la competitività delle imprese.
Fondamentale è anche il rapporto con i centri urbani. La difesa dei suoli agricoli dalle aggressioni del mattone e del cemento è un elemento di equilibrio (pianificazione territoriale tra aree urbane e aree rurali) da cui dipende la tutela del paesaggio di domani. In questa direzione, un contributo fondamentale può venire dal Piano Regolatore delle Città del Vino, che, grazie a linee metodologiche di pianificazione territoriale ed urbanistica coerenti con la valorizzazione dei comprensori vitivinicoli e la qualità della vita dei suoi abitanti, è uno strumento fondamentale per conoscere e valorizzare il patrimonio materiale e immateriale di una comunità e regolarne l’uso. La certificazione rappresenta, infine, un altro punto importante sia perché le aziende e i consumatori hanno bisogno di asserzioni sempre più accurate e verificabili (dichiarazioni, etichette, marchi), sia perché le asserzioni devono essere in grado di trasferire con efficacia il reale valore “green” di un prodotto (ad esempio la biodegradabilità, la percentuale di riciclabilità, la provenienza da aree gestite in maniera sostenibile). Tali attività di normazione e di certificazione hanno, tra l’altro, ricadute positive in tema di innovazione organizzativa, tecnologica e legislativa, relativamente ai servizi di tracciabilità dei prodotti, di contrasto alla contraffazione e di informazione/comunicazione al consumatore”.
Temi, quelli de “La Carta di Marsala”, di portata generale, e che sono stati toccati anche da alcuni dei relatori del convegno. Come Lucio Brancadoro, ricercatore dell’Università degli Studi di Milano che ha parlato di “Innovazione e ricerca per la competitività e la sostenibilità: L’esperienza della banca del germoplasma delle viti”. “La competitività del settore vitivinicolo su mercati ormai globali - spiega - richiede un recupero di efficienza, produttività, organizzazione della filiera che, a sua volta, presuppone un massiccio investimento in ricerca ed innovazione. L’agro-alimentare è un settore a bassi livelli di intensità di ricerca e sviluppo, se comparato ad altri settori industriali e in Italia il ruolo della ricerca pubblica a favore dell’agro-alimentare sembra sostituirsi completamente all’assenza di ricerca nel settore primario e ad un debole livello di investimento in ricerca delle industrie alimentari che molto spesso possiedono scarsa capacità nell’adottare strategie innovative. E’ importante che la domanda di ricerca e tecnologia sia espressa attraverso lo sviluppo di efficaci sistemi di innovazioni che sappiano coinvolgere in parallelo, scienza, tecnologia e mercato. L’impresa sviluppa competenze innovative tanto più è coinvolta nel sistema pubblico di ricerca, dalla abilità di cambiare radicalmente le competenze collettive dalle collaborazioni con altri imprenditori e dall’investimento dell’impresa in competenze specialistiche dei suoi dipendenti. Servono in pratica più strumenti che favoriscano le collaborazioni pubblico private, in chiave sia nazionale che internazionale. L'idea di realizzare una Banca del Germoplasma delle viti nasce dalla volontà di salvaguardare e valorizzare il patrimonio ampelografico siciliano sia in termini di utilizzazione viticola che enologica e commerciale sostenendo il comparto vitivinicolo regionale nella creazione di vini di qualità in grado di contraddistinguersi per caratteri di tipicità e salubrità, prodotti in armonia con le tradizioni e rispettosi dell’ambiente”.
Caratteristiche che si raggiungono anche con “Strumenti e azioni per la tutela del Paesaggio Vitivinicolo”, di cui ha parlato Gianni Moriani, docente dell’ Università Ca’Foscari di Venezia. “Dobbiamo disegnare e pianificare il territorio - ha detto - integrando virtuosamente la città alla campagna, con l’obbiettivo di conservare e tutelare un bene comune: il paesaggio vitato e rurale, anima delle produzioni enogastronomiche di alta qualità ma anche motore del turismo. A partire dall’esperienza del Piano Regolatore delle Città del Vino, lo strumento urbanistico ad hoc di cui si sono dotati alcuni Comuni del vino italiani per attuare una politica di governo del territorio che persegua lo sviluppo economico fondato sulle reali vocazioni vitivinicole del territorio in un quadro di attenta salvaguardia ambientale, e dove il suolo agrario occupa da sempre il ruolo che gli spetta: non semplice “area extraurbana” candidato a divenire, prima o poi, città anch’esso, ma risorsa collettiva che garantisce la sicurezza e la sovranità alimentare, idrica ed energetica di un Paese. Ma non basta che il vino sia buono, dev’essere anche bello. È stato dimostrato che solo un territorio vitato ben conservato è in grado di suscitare indimenticabili emozioni e farsi veicolo di un messaggio che si trasmette in modo inconscio fino alla qualità percepita del vino.
Cosicché, uno stesso vino, quando associato a un bel paesaggio, viene inequivocabilmente preferito ad un vino associato ad un paesaggio monotono o ancor peggio deturpato. Perché la contemplazione di un vigneto, capace di suscitare gradevoli stati d’animo, indurrà nel consumatore una predisposizione inconscia a premiare il prodotto di quel luogo, rispetto ad un vino del quale non conosce l’origine o che proviene da un luogo che mani sciagurate hanno sfregiato. Per tutte queste ragioni non basta più che un vino sia buono, dev’essere anche bello per vincere le sfide sui mercati esteri”. Sfide che si vincono anche facendo toccare con mano i territori del vino italiano ai tanti turisti che visitano il Belpaese, utilizzando l’enoturismo e l’enogastronomia come strumenti di promozione territoriale, come ha spiegato Donatella Cinelli Colombini, fondatrice e primo presidente del Movimento Turismo del Vino: “l’Enoturismo, si sta confermando fenomeno di successo. Solo in Italia, ogni anno, vuol dire 5 milioni di turisti e 4-5 miliardi di euro di giro d’affari. Un enoturismo che si sta evolvendo verso la “cultural adventure”, in cui il turista viene alla scoperta non solo dei prodotti, ma dei territori, per vivere un’esperienza, delle emozioni, provare e conoscere tutto quello che può essere evocato attraverso i prodotti stessi, vino e non solo, ma anche dall’accoglienza, dal territorio, dalla tipicità”. Un contesto in cui si stanno aprendo tante frontiere, con un interesse sempre maggiore anche da parte dei celebri Paesi “Bric” (Brasile, Russia, India e Cina), ma anche Messico, Corea, Paesi del Golfo e così via, “che tendono a partire dall’aspetto enogastronomico - spiega Cinelli Colombini - per entrare in contatto con il “genius loci”, con il patrimonio culturale di ogni territorio”.
Info: www.assovinisicilia.it - www.vitevino.it

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