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Quando la tutela di un marchio commerciale va troppo in là: la casa di moda Ferragamo cita in giudizio un quarterback-vigneron per “violazione di trademark” e uso “illegittimo” dello stesso. Il paradosso? L’accusato si chiama Ferragamo

Le cronache non sono povere di esempi sull’uso aggressivo delle leggi che tutelano la proprietà intellettuale e i marchi commerciali, e anche se non c’è dubbio sul fatto che in molti casi queste leggi non vengono rispettate a livello globale - specie per i prodotti di larga e comune falsificazione, come la quasi totalità di quelli made in Italy - spesso il loro uso (o abuso) crea situazioni al limite del paradossale. Come quella che, come riportato dal “New York Post” (www.nypost.com), vede l’un contro l’altro armati due soggetti tra loro diversissimi, e senza alcun dubbio di “stazza” ben diversa tra di loro.
Da una parte, infatti, si trova la celeberrima casa di moda globale Ferragamo, e dall’altra un quarterback storico della squadra di football americano degli L. A. Rams, Vince Ferragamo. Il colosso globale del fashion ha fatto causa all’ex atleta perché quest’ultimo, dal 2010, ha avviato una piccola azienda vinicola in California dove coltiva Sangiovese e Cabernet Sauvignon. I legali della multinazionale sostengono che il fatto che Vince Ferragamo usi il suo cognome per promuovere i suoi vini, avendo battezzato l’azienda “Tenuta di Ferragamo”, costituirebbe non solo un uso “illegale” del trademark Ferragamo, ma arrecherebbe danno al marchio stesso, dato che la famiglia Ferragamo produce, da anni, in Toscana, in due diverse tenute, Il Borro, nel Valdarno, e Castiglion del Bosco, nel territorio del Brunello di Montalcino, e sostiene di detenere ogni diritto di uso del proprio marchio relativamente al vino - a norma di una registrazione datata 2006. Inoltre, secondo la citazione in giudizio, Ferragamo è accusato anche di “cybersquatting”, ovvero di utilizzo abusivo di un dominio Internet (www.ferragamowinery.com) che rimanda al sito della sua azienda vinicola. La citazione in giudizio si conclude intimando all’ex giocatore di consegnare tutti i propri prodotti affinché vengano distrutti.
Come è facile notare, la vicenda è una descrizione plastica dello scarto che spesso esiste tra norma giuridica e realtà, al di là dell’opinione che si può avere relativamente a chi abbia ragione o meno tra la maison e l’ex quarterback losangelino; ed è fuori di dubbio che questo non appare certo un caso di plagio, di falsificazione o di sfruttamento doloso di un marchio, quanto più un banale caso di omonimia - specie se si considera il fatto che le due tenute in questione sono a circa diecimila chilometri di distanza. L’ex quarterback definisce i suoi vini “Super Tuscan”, si chiama Ferragamo, ha battezzato la sua tenuta californiana col proprio cognome e utilizza un dominio Internet che associa il termine “Ferragamo” e il vino. Che questo basti o meno per definire tale utilizzo “illegale”, e che tale utilizzo perdipiù “svilisca” ipso facto un marchio omonimo, tramite la vendita di vino “di inferiore qualità”, lo dovrà decidere un giudice di Manhattan.

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