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“Saranno famosi” - La nuova generazione del vino italiano ha una cosa in comune: un sentiment positivo per il futuro, grazie a mercati in crescita, la cucina ambasciatrice, un occhio a sostenibilità e grado alcolico, e tanti coetanei da conquistare

Italia
Valentina Abbona, Anselmo Guerrieri Gonzaga, Arianna Occhipinti, Tancredi Biondi Santi, Sophia Antinori, Vittorio Marzotto, Caterina Allegrini, Gaia Gaja, Dominga Cotarella, Alessia Antinori, Francesca Moretti e Andrea Farinetti

In comune hanno un sentiment positivo per il futuro del vino italiano, pieno di sfide e, per questo, stimolante, come piace a loro. Vino che, dalla sua ha mercati in forte espansione nei consumi e un’ambasciatrice in grande spolvero come la cucina italiana. Davanti a sé, ha, invece, tanti giovani coetanei ancora da conquistare - qui la critica alla generazione precedente - che hanno tanta voglia di sperimentare novità, in Italia e in un mondo in cui, sempre più connessi tra di loro, parlano la stessa lingua, attenti anche alle grandi tematiche, dalla sostenibilità al grado alcolico. Il gap con l’estero, però, dove la crescita dei millennials è impressionante, come consumatori ma anche professionisti già al lavoro, resta enorme. Per questo l’educazione, che possa aiutare a comprendere una bevanda con alle palle una cultura come nessun altra, è fondamentale all’estero come in Italia. Ma lo sono anche le nuove occasioni di consumo, eventi divertenti in location trendy, all’insegna della contaminazione tra vino, cucine, musica, arte e web, per sperimentare come uno-due bicchieri sono un piacere, un consumo eccessivo, semplicemente, è un errore. È così che la pensa la nuova generazione del vino italiano, di cui WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, ha raccolto le idee, per Vinitaly, la rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 10-13 aprile; www.vinitaly.com), che celebra i suoi primi 50 anni, guardando al futuro insieme ad alcuni tra i più celebri “figli d’arte enoica”, nati (quasi in una botte), cresciuti, e oggi parte integrante delle aziende di famiglia, alcune tra le più importanti realtà del vino italiano.
Ma, prima, “non si può parlare del futuro, senza partire dal passato - sottolinea Valentina Abbona dalla piemontese Marchesi di Barolo - mi ritengo fortunata perché la nostra è un’azienda storica. Allo stesso tempo vedo un futuro molto stimolante per il vino italiano, in tutto il mondo, dove lavoro più che in Italia. Sono appena tornata dall’India, dove abbiamo abbinato i nostri vini alla cucina indiana. Abbiamo tante nuove sfide di fronte a noi. A partire dal rapporto tra il vino ed i giovani, pieno di opportunità, dai compagni di scuola che fino a ieri non lo conoscevano e invece ora frequentano corsi e mi fanno tante domande, ai più giovani, come mio fratello Davide che ha studiato enologia, e i suoi amici che si avvicinano al vino in maniera molto interessata”. Anche per Anselmo Guerrieri Gonzaga della trentina San Leonardo, il vino italiano, “cresciuto negli ultimi anni in qualità in modo eccezionale e migliorato enormente anche nel marketing, con la cucina italiana come ambasciatrice, e mercati in forte espansione nei consumi, non può che avere davanti a sé un futuro roseo. Soprattutto i vini con un ottimo rapporto qualità-prezzo, di qualsiasi fascia, anche superlusso. Ma l’educazione è fondamentale: comprendendo la meraviglia che c’è dietro ad un vino, i giovani accrescono la loro passione, a partire da chi studia per lavorare un giorno nel settore”.
Senza guardare troppo lontano, “penso che già nel futuro più prossimo il vino italiano possa risentire in maniera positiva della ripresa, che c’è dopo anni di crisi - sottolinea Arianna Occhipinti dalla siciliana Agricola Occhipinti - è un settore in continua evoluzione, fatto di aziende storiche capaci di rafforzare le proprie posizioni e nuove realtà che sono sempre le benvenute. Sono più critica, invece, nel rapporto con i giovani: è stretto con chi già lavora nel settore, ma è lontano da molti, soprattutto nel Vecchio Mondo, dove hanno una cultura molto scarsa. Nel Nuovo Mondo c’è invece un trend di crescita impressionante del consumo di vino tra i giovani, ma anche di curiosità e partecipazione agli eventi. Quando faccio degustazioni in Italia, l’età media continua ad essere di 50 anni”. Un futuro, “sempre più incentrato sull’export, che sul mercato italiano - secondo Tancredi Biondi Santi della toscana Tenuta Greppo-Biondi Santi - perché oltreconfine la voglia di imparare a capire che cos’è un vino fa intravedere la possibilità di una crescita ulteriore. In tanti miei coetanei italiani, invece, nonostante i molti sforzi che facciamo, c’è ancora la volontà di restare agli stessi marchi, quelli che vanno di moda, fermandosi ad un rapporto superficiale. Per loro un Sassicaia, un Tignanello o un Brunello Biondi Santi sono buoni per forza, e tutto il resto non lo valutano neanche”.
Oltre ad avere sempre la valigia sempre in mano, la nuova generazione del vino italiano, spesso, all’estero ci vive proprio. Come Sophia Antinori, che, dalla toscana Tenuta di Biserno, dice che, “mentre in Italia l’interesse per il vino da parte della mia generazione è un po’ fiacco, in Uk, dove mi trovo ora a studiare, c’è invece una grande curiosità già a partire dai miei coetanei. Sono nata e cresciuta in questo meraviglioso mondo, ed oggi mi appassionano sì i vini più classici, ma anche “moderni”, dai rosè del Mediterraneo al Sauvignon della Nuova Zelanda, amo i vini italiani dei grandi territori dell’Italia del vino ma mi incuriosiscono anche le etichette di quelli meno conosciuti o emergenti”.
Vittorio Marzotto, brand manager Cà del Bosco, del Gruppo Santa Margherita, in Usa, dove abita, spiega perché “il vino ha un richiamo molto forte soprattutto per la hipster generation: figli di immigrati di prima o seconda generazione, da un lato conoscono i piatti più tipici dei Paesi del mondo, dagli spaghetti alla pizza, per esempio, dall’altro hanno seguito lo sviluppo dell’enogastronomia. Questo si traduce nei locali: nelle città esiste ancora lo stereotipo di ristorante italiano, ma anche interi quartieri di ristoranti di qualità, ricercati, fusion, di chef giovani ed emergenti, del posto ma con esperienze all’estero. E, quindi, nel vino: da una parte il mass market ricerca ancora vini classici, dal Pinot Grigio al Chianti Classico, e oggi Prosecco, dall’altra la nuova generazione si sta sempre più avvicinando a vini di nicchia, nuove denominazioni, nuovi territori, con un occhio al grado alcolico, perché curiosa e con tanta voglia di provare cose nuove”. Ma, dice Caterina Mastella Allegrini della veneta Allegrini, “spero che in futuro i giovani si avvicinino in maniera più spensierata al vino, senza esserne impauriti. Troppo spesso il vino viene identificato come un prodotto da intenditori. Credo invece che i wine lovers di domani debbano conoscerlo approcciandolo come altre bevande, lasciandosi cioè guidare, per prima cosa, dalla piacevolezza del gusto, dalla magia della condivisione e dall’emozione che si prova bevendo un vino della propria terra”. Partire dall’educazione resta comuque fondamentale perché “il vino è una bevanda con un profondo valore culturale ed è proprio la maggiore scoperta di questo aspetto che affascina le nuove generazioni - spiega Gaia Gaja dalla piemontese cantina di famiglia - attraverso il vino, ambasciatore di un territorio e dei suoi sapori, della sua storia e delle sue genti, i giovani riscoprono i luoghi agricoli più autentici. Sono, però, molto ottimista, perché le nuove leve di produttori hanno, rispetto alle precedenti, maggiore formazione didattica, più sensibilità ambientale e maggiore consapevolezza del valore delle proprie tradizioni: qualità perfette per produrre vini autentici e di valore. Ed hanno anche maggiore apertura al mondo per poterli valorizzare, comunicare e commercializzare”. Del resto, dice Dominga Cotarella dall’umbra Falesco, “la nostra fortuna come seconda generazione è aver ereditato una passione, ma, come diciamo sempre con Enrica e Marta con cui gestiamo Falesco, anche i nostri genitori sono stati fortunati perché quello che facciamo lo facciamo perché lo vogliamo, non per obbligo. Per questo se guardo al futuro provo entusiasmo. Ma due sono i valori da seguire: la credibilità, ancor più per le seconde generazioni, e la sensibilità con cui vivere il vino. Da produttrice e madre, dico sempre che bisogna abituare i giovani ad un consumo corretto, stimolandone la sensibilità fin da piccoli: dal dito nel bicchiere al vedere il vino come un progetto, nel rispetto degli uni e dell’altro”.
Ma se per molti giovani il mondo del vino è stimolante, “devono tener presente che ci vuole tanta passione, ma anche tanta pazienza, perché in agricoltura i risultati non si ottengono subito. Il progetto della Fattoria di Fiorano, che ho ereditato da mio nonno - spiega Alessia Antinori - è molto stimolante, ma anche una grande responsabilità: quella di portare avanti e dare continuità ad un progetto innovativo già all’epoca di mio nonno, vero e proprio “principe romano” che credeva nella terra, rispettandone valori e filosofia. Quelli che, poi, i giovani consumatori sono sempre più interessati a conoscere, e riconoscere ad un produttore ed al suo vino”.
“Quello delle “narrazioni” è un aspetto sul quale dobbiamo investire - sottolinea Francesca Moretti, ad delle cantine del Gruppo Terra Moretti - i valori rimangono quelli di sempre, l’identità nazionale, la nostra storia, la nostra cultura. Ma vanno rafforzati, a volte “snelliti”, e calati in nuovi codici linguistici e visivi, recependo le nuove tendenze di aggregazione, societarie ed economiche. Se sappiamo affrontare il futuro disposti a trasformaci anche noi. Futuro che risiede nell’affermazione come marchio di qualità a livello di “sistema Paese”, lavorando sulla reputazione dell’Italia come Paese che produce eccellenza, che sa distinguersi per innovazione e che si impegna nella tutela della biodiversità. Sono certa che ce la potremo fare proprio tramite le giovani generazioni”. E con la convinzione che, oggi, “ci sono pochi settori con un grande futuro come quello del vino - secondo Andrea Farinetti, dall’universo di Tenute del gruppo Eataly - perché ci sarà sempre più gente che lo berrà, perché siamo sempre di più nel mondo, nuovi popoli stanno iniziando a conoscerlo, quando si parla di vino le realtà più importanti restano Francia e Italia, e anche gli autoctoni stanno crescendo. Un futuro in cui potremo raddoppiare quantità e qualità, dai terreni ancora da coltivare al prezzo medio. Ma dobbiamo darci una spinta, investendo su un settore in cui l’Italia è forse prima in Europa: la sostenibilità, dalla ricerca al biologico, perché non possiamo consegnare alle prossime generazioni un mondo peggiore”.

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