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Se la riduzione dello sperpero e dell’ostentazione del lusso in Cina non è un male per il vino: per Judy Chan, alla guida di Grace Vineyard, realtà privata n. 1 del Paese, ha aiutato a capire meglio il vero mercato e ha fatto anche “pulizia”

Tra nuovi ricchi e voglia di ostentazione del lusso, la Cina, negli ultimi anni, ha visto un vero e proprio boom dei consumi di vino, che ha spinto alle stelle, tra le altre cose, le quotazioni dei più grandi nomi di Bordeaux. Poi è arrivata l’austerity su regali e stili di vita imposta dal Partito Comunista che governa la Cina, e questo ha un po’ sgonfiato la bolla, e frenato quella crescita che tutti si aspettavano, guardando al Celeste Impero come nuovo “Eldorado” per il vino mondiale. Ma non è stato un male assoluto, almeno secondo il parere di Judy Chan, alla guida di Grace Vineyard, la più importante cantina “privata” cinese (ma con forti legami con il Governo), nel convegno “The Wine in Cina” moderato dalla Master of Wine Debra Meiburg nella Hong Kong International Wine and Spirits Fair, riporta “The Drink Business”.

In sostanza, secondo la Chan, questo cambio di rotta ha permesso ai produttori nazionali, ma anche agli importatori, di capire meglio quali e quanti siano i “veri” appassionati di vino del Paese, e non solo quelli attratta da una moda. Ma non solo: la riduzione degli spazi (che rimangono sempre potenzialmente enormi) ha portato anche all’uscita dal mercato di tanti operatori, non sempre professionali, che si erano lanciati nel business del vino perché rappresentava una via per fare soldi rapidamente, quasi con una visione speculativa.

Altra tendenza registrata da Grace Vineyard, quella di un mercato cinese che, comunque, continua a crescere e si orienta sempre più sulla qualità, anche per i vini nazionali, ma sul quale bisogna stare attenti. Prima di tutto prendendo consapevolezza che i consumatori reali di vino, in Cina, sono ancora un “piccolo gruppo di persone”, e poi pensando a “convertire al consumo del nettare di Bacco le tante persone che ancora non bevono vino”, attraverso i tanti percorsi possibili (dai social media ai corsi), prima di darsi a campagne di marketing mirate ad un target di appassionati che, ancora, di fatto, è davvero piccolo.

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