L’inflazione ancora pesa sul carrello della spesa e sui consumi, in Italia e in molti altri Paesi del mondo, così come il caro energia e le materie prime, sebbene con un’intensità minore su qualche mese fa. E anche le tensioni generate dalla guerra da Russia e dall’Ucraina non aiutano nei mercati. Eppure, i maggiori produttori di vino italiano guardano con fiducia ad un 2023 secondo cui le vendite di vino nel complesso cresceranno, seppure di un modesto +3,3%, così come l’export, previsto a +3,1%, grazie, neanche a dirlo, all’ottimismo legato alle bollicine, segmento per cui si stima un +5,2% nei ricavi ed un +4,2% all’export, mentre per i vini fermi ci si aspetta una crescita intorno al 2,8% tanto nelle vendite che nelle esportazioni. Emerge dall’“Indagine sul settore vinicolo in Italia” 2023 dell’Area Studi Mediobanca, che riguarda le 255 principali società di capitali italiane con fatturato 2021 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati per 10,7 miliardi di euro, pari all’89,3% del fatturato nazionale del settore (di cui 155 Spa ed Se, per un fatturato di 5,8 milioni di euro, 82 cooperative, che assommano 4,1 miliardi di euro, e 18 società estere, per 716 milioni di euro, e ancora 203 produttori di vini fermi e 52 di spumanti).
Una lettura del prossimo futuro che, come già raccontato, arriva dopo un 2022 tutto sommato positivo, in cui i maggiori produttori italiani di vino hanno chiuso con un aumento del fatturato in media del 10% (+10,5% il mercato interno, +9,5% l’estero), seppur perdendo qualcosa in redditività, visto che l’Ebit margin, spiega Mediobanca, ha riportato un calo del 7,6% sul 2021, con un rapporto tra il risultato netto e il fatturato dell’8,7%. Con spumanti e vini frizzanti che, come accade ormai da anni, con un +16,9%, sono cresciuti più del doppio dei vini fermi +8,2%.
Guardando alla performance delle aziende, al top per fatturato nel 2022 si conferma il gruppo Cantine Riunite-Giv (Gruppo Italiano Vini), con 698,5 milioni (+10,1% sul 2021), davanti al neonato gruppo Argea, nato sotto l’egida del Fondo Clessidra (e che mette insieme realtà come Botter, Mondodelvino e Zaccagnini, ndr), con 455,1 milioni di euro, +9,6%, e ad Italia Wine Brands, con 430,3 milioni di euro, in crescita del 5,2% sul 2021. Appena ai piedi del podio il colosso romagnolo Caviro, con 417,4 milioni di euro in progresso del 7,1% sul 2021. Ancora, tra i big in “top 10” la più grande realtà cooperativa del Trentino, Cavit, con 264,8 milioni di euro (-2,3% sul 2021), e poi il gruppo Santa Margherita della famiglia Marzotto, con 260,7 milioni di euro, in crescita di ben il +18,2% sul 2021, e di fatto la prima realtà privata del vino italiano, seguita da vicino da Antinori, top brand del vino tricolore, con 245,4 milioni di euro, a +14,9% sul 2021. A chiudere la lista delle migliori dieci per volume d’affari, seguono la piemontese Fratelli Martini (237,6 milioni, +8,2%), La Marca, cantina trevigiana specializzata nella produzione di spumanti, con fatturato 2022 pari 235,2 milioni di euro (+30,9%), Mezzacorona, altro pilastro della cooperazione del vino del Trentino (213,4 milioni, +8,6%), e la veneta Zonin1821 (200,1 milioni, +0,8%).
A livello di redditività, invece, il 2022 vede in testa la toscana Frescobaldi, con rapporto tra risultato netto e fatturato del 28,4%, seguita dalla veneta Santa Margherita (19,7%), e da Terra Moretti della famiglia Moretti con un utile su fatturato del 13,7%, in aumento di 4,4 punti percentuali sul 2021, secondo tasso di crescita più alto dopo quello della Berlucchi (10,7%, +6% sul 2021). A livello di propensione all’export invece, primeggiano Fantini Group (già Farnese Vini, che, dal 2019, è di proprietà del fondo Usa Platinum, ndr), con una quota di fatturato realizzata all’estero del 96,4%, e Ruffino, storica realtà chiantigiana, ma con cantine e vigneti anche in terra di Prosecco Doc, e di proprietà del gruppo americano Constellation Brands, con il 93,2%, e poi ancora Pasqua (90,9%) e Argea (90,2%).
Tra i tanti aspetti indagati dall’indagine, anche quello sull’efficienza delle aziende con fatturato sopra ai 50 milioni di euro, una misurazione di sintesi che dà conto, attraverso una metrica coerente, dei profili reddituali, patrimoniali e di efficienza esaminati mediante una batteria di tredici indicatori rilevati nel 2021. Da cui, con un punteggio “z-score normalizzato” di 1, emergono al vertice Antinori e Santero, davanti a Frescobaldi (0,9), Bottega (0,7) e Fratelli Castellani Holding (0,7), e poi ancora Capetta Group, Cantina Vini Armani, Ruffino, Masi Agricola, Castelvero (Araldica Castelvero), Santa Margherita, Società Agricola Montalbera (della famiglia Morando), Fratelli Martini Secondo Luigi, Mionetto, Astoria e Valdo Spumanti.
A livello di mercati stranieri, a livello di singoli Paesi al top restano Usa (1,8 miliardi di euro), Germania (1,1), Regno Unito (812 milioni di euro), Canada (427) e Svizzera (426), che insieme pesano per il 60% delle esportazioni in valore, spicca la crescita della Francia, a +25,2% sul 2021, per 289 miloini di euro, quasi completamente imputabile al Prosecco, davanti a Paesi Bassi (239 milioni di euro), Belgio (238), Svezia (209) e Giappone (119 milioni di euro, in crescita del +28,6%, la crescita migliore della top 10). A livello di macroaree, invece, prevalgono i mercati di prossimità (Paesi Ue) con il 37,1% dell’export, ma si riduce la distanza con il Nord America (34,6%), mentre si registra una crescita importante (+26,9%) per l’America centro-meridionale. Interessante l’analisi per canale delle esportazioni. Il grosso, ovvero il 75,5% del valore, passa attraverso un importato intermediario (+29,8%), canale seguito a grande distanza dalla gdo estera, che pesa per il 17,1% (ma con un calo in valore, sul 2021, del -24,2%), mentre solo il 5,1% passa da filiali estere di proprietà delle cantine (con valori in crescita del +5,3%). Le piattaforme on line, specializzate o generiche che siano, rappresentato appena lo 0,4% del totale esportato.
Nel mercato interno, invece, nel 2022, il ritorno alle normali abitudini di consumo e la ripresa del flusso turistico, spiega ancora Mediobanca, hanno favorito le vendite nel canale Horeca (+19,9%), che passa dal 16,6% del mercato nel 2021 al 18,1% del 2022, a svantaggio della Gdo, (+3,3% a valore) in calo dal 37,7% al 36%. Le dinamiche inflattive del 2022, del resto hanno rallentato le vendite nella Gdo che si è mostrata più restia a trasferire i maggiori costi sui listini al fine di preservare i volumi. Gli aumenti di listino hanno interessato in minor misura i vini Basic (+6,6% a valore); aumenti a doppia cifra per i vini Premium (+13,7%) ed i vini Icon (+11,1%). L’attenzione alla sostenibilità spinge le vendite 2022 del bio (+9,6% sul 2021) confinato, però, al 4,3% del mercato. In ridimensionamento, dopo il boom in fase Covid, l’e-commerce: nel 2022 le vendite on-line delle principali imprese vinicole si sono ridotte del 3,7% (2,1% del fatturato nazionale). Al contrario, invece, nel 2022 crescono i ricavi dei servizi enoturistici (+67% sul 2021). Al primo posto le visite in cantina (78,8% delle imprese), seguite dall’accoglienza presso una propria struttura alberghiera (32,5%) e dalla ristorazione (27,5%). Il 17,5% delle società, però, non svolge alcuna attività enoturistica.
Dai conti aziendali emergono le specificità regionali. Nel 2021 il miglior Roi tocca alle aziende piemontesi (8,9%), alle toscane il più alto Ebit margin (15,7%). In Toscana anche la maggiore solidità finanziaria, con i debiti finanziari pari ad appena il 22,1% del capitale investito. Grandi esportatori i produttori piemontesi (68,9% del fatturato). Brilla la Lombardia (Ebit margin 2021 all’8,5%) con vendite 2021 in aumento del 18,6% trainate dalle bollicine (+29,9%) che rappresentano la metà del fatturato complessivo. Nel 2022 gli spumanti spingono la crescita delle imprese venete (+13,4%); performance superiori alla media nazionale anche per Puglia (+21,1% sul 2021) e Sicilia (+14,9%). Ottimismo per il 2023 per il Friuli-Venezia Giulia (+9,9% sul 2022), Lombardia (+6,7%), Piemonte (+6,1%) e Sicilia (+5,6%).
Ma come abbiamo raccontato spesso nelle nostre cronache quotidiane, anche l’indagine di Mediobanca testimonia un cambiamento strutturale in corso a livello di proprietà e governance: nel 2022 cresce ancora la partecipazione dei fondi di private equity nei capitali delle principali imprese vinicole (+63,5% sul 2020) attestandosi al 4,6% del totale. Al controllo familiare spetta, invece, il 65,8% della proprietà delle cantine italiane. A livello di Board, prevalgono compagini asciutte (l’86,6% dei Cda non superano i 5 componenti) e verticistiche (52% i casi in cui le deleghe operative sono concentrate nelle mani di un solo soggetto). Le presidenze (età media 62,5 anni), soprattutto nel caso in cui sono associate alla carica di Consigliere Delegato (64,4 anni), sono ricoperte da soggetti relativamente più anziani. L’età media del Consigliere è di 55 anni. Gli appartenenti alla Gen X sono la fascia generazionale più rappresentata (41,2%), seguiti dai Baby Boomers (39,1%). I Millennials occupano il 13,1% delle cariche. Le donne, invece, sono il 12,8% dei board (23,8% nelle società non cooperative) e l’8,8% dei presidenti (15,7% tra le non cooperative). Il 68,6% degli amministratori italiani ricopre la propria posizione in una società situata nella stessa provincia di nascita. Più localismo degli amministratori nelle regioni del Nord Est (76,4%) e nel Sud e Isole (74,1%).
Il dato sulla comunicazione è molto interessante: nel 2022, secondo Mediobanca, le spese pubblicitarie sono cresciute del 9% sull’anno precedente (+22% nel caso di produttori di spumanti) e rappresentano il 3% del fatturato complessivo.
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