- South Australia, il fumo degli incendi minaccia l’annata vinicola
Gli incendi che stanno colpendo il South Australia, stanno seriamente minacciando la qualità dell’annata. Infatti a parte i vigneti direttamente colpiti dalle fiamme - come nel caso di Kersbrook Hill Wines - i viticoltori temono che il fumo provocato dagli incendi possa prima contaminare le uve e poi i vini donando loro quello sgradevolissimo sentore di portacenere che rovinerebbe l’intera produzione. L’anno scorso è stato il terzo anno più caldo mai registrato in Australia, e gli scienziati dicono che il cambiamento climatico sta già avendo effetto su tutti gli aspetti del business australiano, dall’agricoltura fino ai modelli di acquisto. Secondo il professor Christopher Wright della University of Sydney’s Business School, le ondate di calore sono sempre più frequenti, prolungate e difficili da gestire. Nel Paese novembre è stato il mese più caldo, con la temperatura più alta a 46,1°C, registrata nel Sud Australia. Le piogge sono il 34% sotto la media e l’intensità degli incendi dei boschi è aumentata. Mark Krstic, del Wine Research Institute, ha definito quello del fumo “un problema da incubo”. La contaminazione da fumo è uno dei sintomi più evidenti del cambio climatico ed è in via di peggioramento. Nel 2003 i gravi incendi che hanno devastato lo Stato di Victoria sono costati ai viticoltori più di 6,05 milioni di dollari in annate perse. I composti del fumo penetrano nella vite attraverso gli stomi e arrivano alla buccia dell’acino, e vengono poi rilasciati durante la fermentazione. Gli assaggiatori successivamente rilevano dei sentori che ricordano i posacenere, la gomma bruciata e il disinfettante di ospedale. I viticoltori con i vigneti contaminati hanno due possibilità: rinunciare all’annata oppure fermentare con costi elevati per far nascere un prodotto significativamente svalutato. “È un non vino” ha commentato Chris Pfieffer della Pfieffer Wines della zona di Rutherglen che ha perso la vendemmia 2003 a causa del fumo. Secondo il CSIRO, il centro di ricerche scientifiche australiano, le principali regioni vitivinicole stanno diventando sempre più calde e asciutte, con temperature che dovrebbero aumentare tra 0,3 e 1,7 gradi centigradi entro il 2030. Tra le misure per mitigare l’effetto del riscaldamento globale sono stati messi in campo nuovi sistemi di irrigazione e protezioni solari appositamente sviluppati per le uve. Sinora i sistemi per estrarre i composti del fumo hanno fallito e l’industria vinicola è preoccupata per la mancanza di denaro pubblico per la ricerca sul problema. L’attuale Governo conservatore ha minimizzato il ruolo dei cambiamenti climatici in agricoltura. Un fattore che complica la vita dei coltivatori è che il fumo non è immediatamente rilevabile. I campioni sospetti di uve contaminate non possono essere impiegati per i test e per le micro fermentazioni al fine di determinarne il gusto fino a un paio di settimane prima del normale tempo di raccolta. Per i viticoltori che pensano di avere le viti colpite, può significare una spasmodica attesa di settimane o di mesi. Peggio ancora, con la maturazione i vini giovani possono ulteriormente sviluppare il sentore di fumo. Chris Pfeiffer ha scelto di lasciare a terra il suo raccolto del 2003 rinunciando ai costi della fermentazione. Le uve di Pfeiffer sono state infettate nuovamente seppur in misura diversa, nel 2007, 2009, 2010 e 2013. Mentre un viticoltore può vendere tra 3 e 4 dollari australiani al litro il vino da uve di buona qualità, il prezzo cade ad appena 50 a 60 centesimi al litro per lo sfuso da uve parzialmente contaminate dal fumo. Se le uve sono molto colpite si possono solo distillare per recuperare l’alcol, con il prezzo che scende a circa 10 centesimi al litro.
Fonti: www.wine-searcher.com - www.reuters.com
- Oiv, una nuova banca dati digitale a disposizione
Dal giugno 2016 l’enorme banca dati costituita dalle informazioni sulla vite e sul vino contenute nel Bollettino trimestrale prodotto dall’OIV a partire dal 1928, sarà disponibile in formato digitale sul sito dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (www.oiv.int). L’Oiv è un’organizzazione intergovernativa di natura tecnico scientifica del settore della vite, del vino, delle bevande a base di vino, dell’uva da tavola, dell’uva passa e degli altri prodotti della vite. Ogni trimestre pubblica un Bollettino con articoli, studi, ricerche, ecc. inerenti la viticoltura, l’enologia, l’economia e il diritto vitivinicolo, nonché su vino e salute. Il database digitale a disposizione includerà anche l’analisi del mercato degli spiriti, i Paesi produttori di vino, i processi innovativi nella produzione del vino, ecc. La gara d’appalto per la digitalizzazione del Bollettino è stata vinta da Maison des Sciences de l’Homme de Dijon (MSH de Dijon) che si occuperà anche di organizzare i motori di ricerca. Il lavoro è stato svolto in collaborazione con l’Oiv, Crédit Agricole Champagne-Bourgogne, MSH de Dijon, e cofinanziato dal Ministère de l’Enseignement supérieur et de la recherche, con la direzione scientifica del professore Laurent Gautier. La banca dati è stata progettata per soddisfare le esigenze di tutti gli operatori del settore, “ognuno potrà trovare ciò che cerca - spiega Laurent Gautier - sia il pubblico che i professionisti o i ricercatori. Tutti potranno beneficiare del libero accesso a documenti finora mai pubblicati e di cui si ignora l’esistenza”.
Tutti gli articoli saranno fruibili in ordine cronologico e gli indici saranno organizzati per trovare rapidamente il tema desiderato: autore, anno, vitigni, località geografiche, nomi, congressi dell’OIV, ecc. Il lavoro di scansione riguarda 705 articoli pubblicati dal 1928 al 1999, anno in cui sono iniziati ad essere disponibili in pdf. Il progetto di digitalizzazione è costato 70,600 euro. Attualmente aderiscono all’Organizzazione 46 Stati membri e in veste di osservatori la città prefettura di Yantaï e la Regione autonoma del Ningxia Hui (Cina), Associazione Internazionale Giuristi della Vite e del Vino, Accademia Internazionale Amorim, Assemblée des Régions Européennes Viticoles (Arev), Associazione Universitaria Internazionale del Vino (Auiv), Centro di Ricerche, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura Montana (Cervim), Federazione Internazionale Vini e Spiriti (FIVS), Oenological Products and Practices International Association (Oenoppia), Unione Internazionale degli Enologi (Uioe), Federazione Mondiale dei Grandi Concorsi Enologici (Vinofed), Association de la Sommellerie Internationale (Asi).
Fonte: www.oiv.int
- California, pericolo coyote nei vigneti
I vigneti della California devono affrontare una sacco di parassiti, la maggior parte dei quali sono insetti, ma ora si stanno aggiungendo delle creature a quattro zampe, i coyote, che stanno diventando un problema molto serio. Infatti si stima che la popolazione di questi canidi presente in California sia compresa tra 1,5 e 3 milioni di esemplari. Se il dato complessivo totale può non essere preciso, l’aumento degli esemplari è una certezza, tanto che nella Central Valley è facile trovare le tane nei vigneti. Fred Rinder, wildlife specialist della Fresno County Department of Agriculture, dice che solo nella sua Contea, i coyote hanno causato centinaia di migliaia di dollari di danni, soprattutto ai sistemi di irrigazione a goccia dei vigneti. “Masticano le tubazioni e masticano gli emettitori. Inoltre scavano le tane nei vigneti e masticano le radici delle viti”. I coyote sono onnivori e mangiano anche la frutta, uva compresa. Secondo Rinder le luci e i cannoni per il rumore aiutano a spaventarli ma tenerli lontani è molto difficile.
Fonte: www.capradio.org/
- Nuova Zelanda, nel 2014 è ancora aumentata la redditività delle cantine
Secondo Vintage 2014, la nona edizione annuale dell’indagine comparativa/finanziaria di Deloitte e New Zealand Winegrowers, la redditività delle cantine neozelandesi è migliorata anche quest’anno. Il rapporto si occupa dei risultati finanziari delle aziende vinicole che rappresentano oltre il 40% del fatturato delle esportazioni del settore nel 2014. Il partner Deloitte Peter Felstead dice che per la prima volta dal 2007, ogni categoria ha mostrato una redditività prima delle imposte, che va dal 3,3% al 17,6%.
“I risultati di quest’anno continuano un trend di aumento crescente di redditività che abbiamo visto negli ultimi quattro anni e dimostra che l’inversione di tendenza è sempre più sostenibile - dice Felstead - i risultati dell’indagine sono la base di un rinnovato ottimismo del settore del vino, dopo un periodo di squilibrio dell’offerta, di livelli di debito estero elevato, delle crisi finanziarie globali e dell’impatto delle vendite di vino sfuso”.
Il 2014 ha visto un altro raccolto record di 445.000 tonnellate di uva, più elevato del raccolto record 2013 di 345.000 tonnellate. “Fortunatamente, l’industria vinicola sembra aver imparato dalle esperienze passate di eccesso di offerta e si è comportata in modo affidabile per affrontare l’incremento ed evitando di rimanere con grosse giacenze”, spiega Felstead. La fascia di fatturato più redditizio nel sondaggio sono risultate le cantine con un fatturato superiore a 20 milioni di dollari neozelandesi (15,3 milioni di dollari Usa), con un profitto medio del 17,6%. Segue la categoria tra 10-20 milioni di dollari con il 13,7%, quella tra 5-10 milioni di dollari con il 7,2% e poi 1,5-5 milioni di dollari e 0-1,5 milioni di dollari con il 3,3% ciascuno. “In generale, i risultati dell’indagine dimostrano che aumenta la redditività in tutte le dimensioni. Le cantine più grandi possono realizzare economie di scala e costi generali e amministrativi più bassi. Certamente esistono modelli di business di successo tra le cantine più piccole, ma i risultati dell’indagine dimostrano che è più difficile generare rendimenti accettabili” dice Felstead. Si stima che l’industria del vino neozelandese ha un fatturato annuo di circa 2 miliardi dollari dei quali 1,33 miliardi dollari sono dovuti all’export. L’importanza delle esportazioni viene confermata ed è ancora di rilievo nel 2014. I tassi di cambio però continuano ad essere il problema numero uno del settore.
- Oregon, il vino vale 3,5 miliardi di dollari
Cresce l’impatto economico del settore vinicolo in Oregon secondo il rapporto semestrale sullo stato dell’industria vinicola prodotto da Full Glass Research e commissionato dall’Oregon Wine Board. Infatti gli ettari vitati nel 2013 sono aumentati del 18% rispetto al 2011; le cantine attive sono cresciute del 45% raggiungendo le 605 unità mentre il numero delle casse di vino commercializzate segna +39% con 2,8 milioni di casse. Complessivamente l’impatto del settore vinicolo ha raggiunto 3,35 miliardi di dollari. Ecco alcuni dati salienti.
Le uve da vino sono prodotte da 950 viticoltori per un valore di 128.000.000 dollari. Le vendite al dettaglio di vino in Oregon hanno superato 816.000.000 dollari, con un fatturato totale delle cantine di 363,5 milioni dollari. L’industria impiega direttamente 9.387 persone e il totale occupazione compreso l’indotto raggiunge 17.100 unità, con salari per un valore di oltre 527 milioni dollari. Il contributo del turismo del vino è di 207.500.000 dollari.
L’Oregon sta attirando investimenti esterni, come nel caso di Kendall Jackson che nel 2013 ha acquisito Gran Moraine, Zena Crown e Maple Grove Vineyards così come l’acquisto di Domaine Drouhin del vigneto Roserock e del vigneto Willakia da parte di Chateau St. Michelle nel 2014. Recentemente Méo-Camuzet ha acquistato il vigneto Bishop Creek in settembre. Gli adulti statunitensi hanno consumato una media di 11,77 litri di vino nel 2013, il 26% in più rispetto al 2000. La Relazione semestrale Glass è uno dei due principali rapporti del settore.
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