Il passato ricchissimo di storia del vino italiano, che si lega ad un presente fatto di successo sui mercati, di ricerca sulle varietà, sui territori, sull’enoturismo, elementi che lasciano presagire un futuro altrettanto florido. Grazie ad uno sforzo congiunto di istituzioni, politiche e culturali, ma anche delle imprese, da quelle grandi che fanno i mercati (che devono essere aperti, regolamentati, ma senza dazi) a quelle piccole, e degli artigiani del vino, quelli che, oggi come ieri, sono capaci di “pensare diverso”, di rischiare e di innovare, e che quando hanno successo, portano benefici a tutto il settore. Con il vino che è capace di dare valore al “tempo”, nell’era dell’“eterno presente”, ma anche di rappresentare valori come quelli della solidarietà e del riscatto sociale. Sono i messaggi, “firmati” dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in persona, con una presenza che sottolinea ancora una volta la vicinanza della prima carica dello stato al settore, ma anche di Franco Ricci, presidente della Fondazione Italiana Sommelier, del produttore Angelo Gaja, di Letizia Moratti (co fondatrice della Comunità di San Patrignano), e di Emma Marcegaglia e Paola Severino, presidente e vicepresidente della Luiss Guido Carli di Roma, “istituzione” dell’istruzione di alto livello in Italia, che ha ospitato il “Forum Internazionale della Cultura del Vino” n. 11, oggi a Roma, promosso dalla Fondazione Italiana Sommelier, alla presenza di alcune delle cantine più importanti del Belpaese enoico, da Antinori a Tasca d’Almerita, da Planeta a Caprai, da Donnafugata a Feudi di San Gregorio, da Tedeschi a Gruppo Italiano Vini, da Famiglia Cotarella a Allegrini, Castellare di Castellina, Venica e Santa Sofia, da Biondi Santi a Masciarelli, da Vespa Vignaioli a Di Majo Norante, da Cà del Bosco a Terra Moretti, da Frescobaldi a Castello del Terriccio, da Velenosi a Bisol, da Sartarelli a Ciacci Piccolomini d’Aragona, a Rocca delle Macìe, solo per citarne alcuni.
“Il vino ci riporta alle radici della nostra civiltà - ha detto il Capo dello Stato, Mattarella - alla terra. Tocca tanti aspetti della nostra vita, storia, letteratura, cultura, economia, aspetti che raccontano di quanto il vino sia un’eccellenza del nostro Paese, frutto non solo della natura, ma della grande capacità di una grande comunità di operatori, di professionalità di grande valore apprezzate in tutto il mondo, che richiedono la conoscenza dei territori, dei saperi tradizionali ma anche della ricerca moderna”. Una testimonianza, l’ennesima, da parte del capo dello Stato, di vicinanza ad un settore trainante dell’economia italiana, agricola e non solo, vero alfiere del made in Italy nel mondo, “grazie alla qualità, alla diversità, ma anche ai valori che esprime”. Vino che, ricorda Mattarella, offre lo spunto per riflettere sull’attualità, “sul valore del tempo, in questa epoca dell’“eterno presente”, ma anche sulle dinamiche mondiale, “in questa era in cui si rincorrono idee di nuove barriere e nuovi dazi. Ma il vino italiano, come e più di altri settori, grazie al suo successo nel mondo, dimostra come i produttori italiani abbiano bisogno di mercati aperti, che sanno affrontare perché hanno il coraggio di misurarsi in una competizione dura e aperta, e perché hanno le qualità per vincerla. Ogni economia, ogni Paese ha da guadagnare da mercati aperti, e vale anche per l’Italia. E perché la competizione sia leale e corretta, ci sono i trattati internazionali per regolare i rapporti commerciali. Ed il vino ed il suo successo sono qui a ricordarcelo”.
“Un onore avere qui Mattarella, in una giornata bella e importante in cui celebriamo il vino, una delle nostre grandi eccellenze”, ha detto Emma Marcegaglia. “Come scriveva Eschilo, il bronzo è lo specchio del corpo, il vino quello della mente. Il vino è cultura, questo è un fatto condiviso, lo è profondamente in Italia, dove il Paesaggio è costellato di vigne, ovunque. Ma non è solo cultura, non è solo storia, ma è anche una parte del futuro dell’Italia - ha sottolineato l’ex presidente di Confindustria - una parte importante della cultura di oggi e di domani. Una ricerca UnionCamere e Google analizza come il made in Italy, se fosse un solo brand, sarebbe il terzo più importante al mondo, e non è un segreto che l’agroalimentare sia un protagonista importante del made in Italy, anche dal punto di vista economico. Il vino, in questo senso, è un’eccellenza nell’eccellenza, dal 1986, anno dello scandalo del metanolo, ad oggi, il nostro export è cresciuto del 575%, un dato che inorgoglisce, e che racconta non solo la crescita del settore, ma della capacità del vino di testimoniare la capacità di riscatto del Paese. Un grande imprenditore come Adriano Olivetti diceva che un’impresa non è solo un luogo di produzione, ma anche un motore di sviluppo economico e sociale. Negli ultimi decenni solo pochi settori, come vino e agroalimentare, hanno portato avanti il pensiero di Olivetti”.
Una crescita, quella del vino, legata anche alla sua cultura diffusa, nel Paese, ma per la quale ancora molto c’è da fare. “Ci siamo impegnati per tanti anni a lavorare sulla cultura del vino, trattandola, come la poesia, la letteratura, l’architettura - ha sottolineato Franco Ricci - un percorso lungo, in cui abbiamo scoperto, per esempio, che nelle scuole alberghiere non c’era neanche un’ora di lezione dedicata al vino, e per questo abbiamo lottato. Insieme alle istituzioni, perché siamo convinti che si debba partire dai giovani, perché chi ha cultura del vino, e del vino di qualità, ha anche la cultura della giusta misura nel consumo. Il vino che insegniamo è il vino di qualità del Paese, vanto in tutto il mondo, e oggi con la sua presenza - ha detto Ricci, rivolto a Mattarella - il valore del tempo che stiamo investendo si centuplica. La somma dei vitigni del mondo è solo una parte di quella d’Italia. Tutta questa ricchezza va compresa, rispettata e valorizzata. Conosciamo da anni, Presidente, il suo valore e le sue idee di libertà e di emancipazione culturale, grazie di essere qui per dare entusiasmo al tempo che dedichiamo alla cultura del vino e al suo valore simbolico, che crediamo pari a quello del Colosseo. Ce lo lasci credere, perché ne siamo profondamente convinti”.
Una valore, quello del vino, che insegna i tempi della natura, ma che racconta anche di come i tempi siano cambiati, come ricorda Angelo Gaja, uno dei produttori più ascoltati del vino italiano. “Ricordo che quanto ero bambino, agli studenti poco attenti si diceva: se non studi vai a zappare la terra, era una minaccia. Oggi, invece, si dice ai giovani che per fare gli agricoltori, o i produttori di vino, si deve studiare, ed è molto confortante che siano cresciute molto le iscrizioni alle Facoltà di Agricoltura. Il tempo, nel vino - ha sottolineato Gaja - è un valore fondamentale. Da quanto si comincia la potatura alla vendemmia, passano 8-10 mesi. Tra l’apprensione e la speranza di raccogliere uve che testimonino l’impegno, il sacrificio, il tempo che hai dedicato a produrle. Poi, con le uve in cantina, il tempo è importante di nuovo, ci sono vini che richiedono anni prima di essere introdotti sul mercato, e devi saper aspettare, in cantina per l’affinamento. Poi c’è il tempo che serve a certe vini per evolvere in bottiglia ed esprimersi al meglio. E il tempo per imparare a bere il vino, cosa che richiede tempo e buon senso, capacità di confronto, senso della quantità. Il vino crea convivialità, celebra gli incontri, ma si deve imparare a bere. Si parla sempre di quantità, ma mio padre diceva sempre: chi sa bere, sa ridere”.
Un Angelo Gaja che, sul palco con la figlia Rossana, torna sul ruolo, anche culturale, dell’“artigiano del vino”. “C’è chi dice che i piccoli produttori siano una palla al piede per lo sviluppo del settore. Non c’è balla più grande. Gli artigiani del vino, semmai, vanno liberati dalla burocrazia mostruosa che li opprime, ma sono fondamentali per tutto il settore. Sono quelli capaci di pensare diversamente, di innovare, rischiando del proprio, spesso fallendo, ma con il coraggio delle proprie idee, e quando riescono, i benefici sono per tutti. Personaggi che hanno agito e agiscono in “direzione ostinata e contraria” - dice Gaja citando Fabrizio de Andrè - come hanno fatto Ferruccio Biondi Santi 150 anni fa, quando era convito, unico ad esserlo, che il Sangiovese potesse dare grandi vini in purezza, e oggi 280 cantine di Montalcino devono ringraziarlo. Come ha fatto Mario Incisa della Rocchetta, che con il Cabernet Sauvignon a Bolgheri, con l’aiuto di Tachis, ha invetato il Sassicaia, oggi un alfiere del nostro vino nel mondo. O come ha fatto Valentini con il Trebbiano d’Abruzzo, o ancora uomini e donne, artigiani del vino come Josko Gravner, Arianna Occhipinti, Angiolino Maule, Walter Massa e tanti altri. A volte estremi, a volte contraddittori, ma capaci di mettere in discussione le cose, e di innovare. O come hanno fatto nomi come Paolo Desana, papà delle Doc, che per anni ha difeso quella che sarebbe diventata la legge sulle Denominazioni del vino italiano, o Gino Veronelli, che si arrabbiava perché in certi momenti l’acqua minerale costava più del vino, che fece la campagna contro la Coca-Cola perché rubava spazio al vino, che sosteneva gli artigiani. Tutti nomi che non hanno chiuso la strada a quello che c’era prima, ma hanno aperto prospettive nuove per chi è venuto dopo di loro”.
Ed il vino, prospettive nuove, le ha sapute aprire anche per chi, nel cammino della vita, si è perso. Come le decine di migliaia di ragazzi che hanno completato e stanno completando il loro percorso nella “Comunità di San Patrignano - ha ricordato la co-fondatrice e prima sostenitrice, Letizia Moratti - dove il vino è cultura, rappresenta un’opportunità di vita. Curare il vino e la vigna, che a Sanpa è quotidianità, perché siamo circondati da vigneti, vuol dire avere rispetto del tempo della terra, significa sapersi relazionare a qualcosa che ha bisogno di attenzione costante, ed i giovani così, imparano a relazionarsi con se stessi e con gli altri. Come in vendemmia, momento di aggregazione sempre più importante, anche simbolicamente, in un mondo che ci isola. Sanpa è anche solidarietà, a cui il Presidente Mattarella ci ha richiamato nella sua visita nei giorni scorsi. Solidarietà che è patrimonio degli italiani, e che dobbiamo trasmettere alle nuove generazioni. È la cultura del diverso, intesa anche come esaltazione dell’unicità nella diversità, e anche in questo il vino è distintivo, ci aiuta sempre più a sentirci parti di questa nostra storia, che è anche storia del nostro Paese, fondamentale per oggi e per il domani”.
Tanti spunti, tante riflessioni, scaturite da un calice ideale, riempito con il vino in tutta la sua essenza culturale.
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