Il primo passo, in linea con quanto immaginato da WineNews nei giorni passati, è il ricorso alla distillazione d’emergenza, misura sposata già dall’Alleanza delle Cooperative Alimentari insieme ad Assodistil, che mette sul piatto 22 milioni di litri di vino, e dalla proposta per la filiera del vino presentata alla Ministra delle Politiche Agricole Teresa Bellanova da Coldiretti, il “Salva Vigneti”, che metterebbe sul piatto 3 milioni di ettolitri di vino. Ma la risposta che il comparto enoico dovrà dare alla crisi causata dall’emergenza Covid-19, ormai globale, non si esaurisce certo qui, ed in attesa di una linea comune del tavolo di filiera, abbiamo raccolto le opinioni delle principali organizzazioni - Uiv, Federvini, Fivi, Federdoc - su alcune proposte che, nei prossimi giorni, saranno valutate, insieme a Consorzi ed imprenditori, per mettere a punto un piano che sappia tutelare e rilanciare il settore, alle prese come ogni altro comparto produttivo del Belpaese e non solo, con la peggiore crisi dalla Seconda Guerra Mondiale. Dal taglio delle rese, necessario ad evitare eccessi di offerta sul mercato che porterebbero a crolli inevitabili delle quotazioni, alla promozione, non solo nei Paesi Terzi, ma anche sul mercato europeo, il primo, potenzialmente, a ripartire, dal blocco ai nuovi impianti, misura di più ampio respiro, al sostegno economico alle imprese, l’aspetto più delicato, ma anche più urgente e complesso, che coinvolge il Governo italiano e quello europeo.
Mette già in fila le idee la Uiv - Unione Italiana Vini, partendo “dalle misure classiche della Politica Agricola: rispetto al budget di 336 milioni di euro, si vorrebbe investire sulla misura Promozione cercando una modifica in deroga al regolamento attuale, per fare promozione anche sul mercato interno dell’Unione Europea”, spiega a WineNews Paolo Castelletti, segretario generale Uiv. “Un altro aspetto importante è il consolidamento della misura dedicata agli investimenti in cantina, mentre sulla vendemmia verde - dove è applicabile, aiuterebbe a non generare eventuali giacenze - c’è il problema della reperibilità di mano d’opera. Altre misure, come la ristrutturazione e riconversione dei vigneti sulla prossima campagna, non è ritenuta strategica, perché in questo momento la priorità è riuscire a stare sul mercato. Queste sono le misure più stringenti, mentre tornando sulla distillazione di crisi - riprende Castelletti - riteniamo che si possa attuare, ma solo a determinate condizioni: il rischio è che si premi solo chi lavora per la scarsa qualità a rese alte e per prodotti che avrebbero comunque difficoltà a trovare una collocazione sul mercato. Quindi, il nostro è un sì, ma a patto che si rivedano le rese, a partire dall’immediata revisione del Testo Unico per una riduzione dai 500 quintali ad ettaro ai 300, derogabili a 400, sui vini generici, ed eventualmente lasciare alle denominazioni la possibilità di ridurre le rese di rivendicazione dei vini a denominazione. Ma queste sono dinamiche che riguardano le singole Denominazioni. Altro aspetto della distillazione di crisi è che dovrebbe riguardare anche i vini a denominazione, ma con una netta divisione di prezzo: 20-22 centesimi per i vini generici, 40 centesimi per i vini a denominazione, che hanno comunque qualche fondo di magazzino e scorte da liberare. È una decisione che, però, non possiamo prendere adesso, prima di capire come sarà la prossima annata: fosse scarsa, 3-5 milioni di ettolitri sotto la media, rischieremmo di trovarci in una situazione svantaggiata successivamente. Poi - conclude Casteletti - ci sono le misure economiche, a partire da quelle contenute nel decreto “Cura Italia”, di cui due principali: la proroga ai pagamenti di mutui e pagamenti fiscali e poi, soprattutto, la liquidità. Servono garanzie da parte dello Stato, a 20 o 30 anni, altrimenti non sappiamo chi potrà ripartire, e questo è il tema più importante, che viene prima di ogni altro, e che ci rendiamo conto andrà risolto a livello comunitario, perché l’Italia da sola non può farcela a garantire una mole tale di finanziamenti necessari a garantire la tenuta economica delle imprese e sociale del Paese”.
Non ha ancora una posizione ufficiale Federvini, ma il direttore generale Ottavio Cagiano, che di certo ha il polso della situazione come pochi altri, ha una sua opinione sugli argomenti sul tavolo. “A partire dal blocco ai nuovi impianti: non credo che serva una legge, quando le aziende ripartiranno, dopo mesi di difficoltà, di liquidità perse e costi, anche solo di mantenimento - dalle concimazioni ai trattamenti - dovranno fare una scelta, e decidere con il poco ossigeno che avranno, o che riceveranno, su cosa investire, e difficilmente sarà sui nuovi impianti. Dovremo semmai ragionare sui meccanismi europei per non perdere quelle risorse, ma chi ne avrà la forza economica dovrà essere lasciato libero di investire in nuovi impianti. Per la promozione - continua Cagiano - è fondamentale l’unitarietà d’intenti, ma anche considerare più ampi orizzonti: alla ripresa non sarà solo il settore del vino ad avere bisogno della promozione, ma tutte le filiere del made in Italy. A partire dal turismo, che non potrà riprendere subito, perché anche se ne usciremo prima non potremo riaprire le frontiere e le città al resto del mondo. Dobbiamo, quindi, investire facendo un ragionamento d’insieme, tra patrimonio artistico, naturale, agroalimentare, industriale, come sistema Paese. Dovrà essere un ragionamento tra territori e Paese, non possiamo farci concorrenza tra noi, il messaggio all’esterno dovrà essere: “vieni in Italia”. E in questo senso dobbiamo portare l’Italia fuori, perché alla ripresa chi si muoverà meglio e prima saranno i nostri prodotti, la nostra immagine, prima delle persone. È un elemento da tenere ben presente, senza svendere la nostra immagine, né tanto meno i nostri prodotti: dimostriamo al mondo che siamo piccoli ma in gamba, ed il settore vino può fare tanto e meglio di altri settori, conscio della propria forza. Ci vorrà tempo prima che i turisti stranieri tornino a riempire città e cantine, per cui incominceremo dagli italiani. Sulle rese - conclude il dg Federvini Ottavio Cagiano - la filiera economica del vino dovrà fare un ragionamento importante, ma ancora non sappiamo quanto durerà questa situazione, dobbiamo vedere come ne usciranno le aziende per prima cosa”.
Proprio il taglio delle rese, secondo la presidente Fivi - Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, “può essere una misura da mettere in campo, mentre per i blocchi agli impianti credo che ogni produttore debba poter decidere autonomamente: bloccare gli impianti quando l’azienda ha fatto investimenti ed ha degli sbocchi sarebbe controproducente, sempre nell’ottica delle aziende che rappresentiamo, che vinificano le proprie uve. Al Ministro chiederemo, però, che le scadenze, per i diritti di impianto e riconversione, vengano posticipate per permettere ai vignaioli di spostare gli investimenti anche al 2021. Per la promozione, sul mercato nazionale, pensiamo ad una fiscalità agevolata per il canale ho.re.ca. che potrebbe una misura importante per ripartire, anche se le nostre abitudini ed i nostri sistemi di vendita cambieranno inevitabilmente, così come il sistema di redistribuzione. Andranno agevolati gli acquisti di vino italiano. Sui Paesi Terzi - continua Matilde Poggi - la promozione del Paese Italia credo che vada fatta in maniera univoca e congiunta, perché si disperdono troppe energie altrimenti: andrebbe studiata una promozione unica per il vino italiano, e che sia impattante, come stanno facendo molti nostri concorrenti sui mercati mondiali, dal Cile all’Austria. Penso ad una promozione che passi per il turismo, l’Italia è il Paese più bello del mondo, dobbiamo lavorare su questo, senza disperdere energie. Ci deve essere un ente cappello che veicoli lo stesso logo e la stessa immagine, perché tutti vogliono venire in Italia, dobbiamo cavalcare questo aspetto. L’Ocm promozione - conclude la presidente Fivi - è una misura importantissima, anche se vincolata troppo all’apertura di nuovi mercati e limitati a cinque anni, e con vincoli di spesa troppo alti per le piccole imprese: va rivisto e semplificato per renderlo adeguato alle esigenze di tutti”.
Infine, l’analisi di Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc, che parte da una necessità, quella “di avere numeri e dati precisi per capire la portata dell’emergenza, altrimenti è difficile gestire la situazione. Immagino, però, che ci siano denominazioni che, dopo anni di gelate, grandinate, piogge, non abbiano intenzione di ridurre le rese, per cui non possiamo dare una risposta univoca ad eventuali problemi di eccedenze, sempre aspettando i numeri. Per la promozione, dovremo fare i fuochi di artificio, ma con criterio: presumo che si dovranno coinvolgere l’Ice, i fondi del Ministero per lo Sviluppo Economico, gli Ocm e fare un progetto di senso compiuto. Stiamo parlando di un mercato che, allo stato attuale, rivedrà la luce alla fine dell’estate, per cui abbiamo il tempo di lavorare su un progetto complessivo che potrebbe vedere la luce a metà maggio, senza eccessiva fretta. Il blocco degli impianti, invece, non credo sia una misura necessaria, non darebbe risultati a breve termine, e rischierebbe al contrario di deprimere un altro settore, quello dei vivaisti. Trovo, invece, che una riflessione andrebbe fatta - aggiunge Ricci Curbastro - sulle rese dei vini da tavola, su cui ancora non abbiamo trovato la quadra: che, quest’anno, non si producessero 500 quintali ad ettaro. La distillazione, per me, va legata alla risoluzione del problema delle rese massime di questi vigneti. Le soluzioni su cui stiamo ragionando con i presidenti dei Consorzi, passa per una serie di misure che, al momento, sono ancora tutte da discutere e definire”.
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