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DA “AGRIFOOD FUTURE” A SALERNO

Turismo enogastronomico: tra overtourism e diminuzione del turismo domestico cambia la domanda

Parola del “Rapporto Turismo Enogastronomico e Sostenibilità” di Roberta Garibaldi. La ricerca di esperienze green & social e di “mete sostenibili”

Dopo il Covid si sperava in una nuova forma di turismo sostenibile, con meno overtourism e più viaggi nel nostro Paese. Ma, dopo un 2022 di “revenge tourism”, nell’estate 2023 sono cresciute la domanda di voli aerei e la presenza di turisti internazionali, e i flussi interni sono calati per l’aumento generalizzato dei costi. I turisti italiani sono spesso la base del mercato: anche se gli stranieri di solito spendono di più, sono loro che viaggiano tutto l’anno e visitano le aree interne. In Italia il 47% di arrivi di stranieri si concentra in sole sei Province: Venezia (12%), Bolzano e Roma (9%), Milano (6%), Verona e Firenze (5%), mentre gli italiani hanno una distribuzione molto più omogenea. Cosa è accaduto? La prima risposta è stata che recarsi all’estero costa meno, ma in realtà si assiste ad un cambiamento significativo, con la classe media che continua ad avere stipendi accettabili e andare in vacanza (anche all’estero), mentre chi ha un reddito inferiore o è disoccupato vede erodersi il proprio potere d’acquisto e rinuncia al viaggio, e la tendenza è europea (in Uk nel 2022 il reddito è sceso del 7,5% per 14 milioni di persone, mentre è aumentato del 7,8% per i più ricchi, viaggiare per gli spagnoli in Spagna è aumentato del 25% dal 2019, mentre il reddito medio solo del 4,6%, ed è quindi sceso il turismo domestico del 5%). È la fotografia scattata dal “Rapporto Turismo Enogastronomico e Sostenibilità” a cura di Roberta Garibaldi (con la quale WineNews ha analizzato alcuni highlights), con i contributi dei maggiori esperti nazionali ed internazionali ed il supporto di Unioncamere e Rete Valpantena, presentato ieri, nell’edizione n. 1 di “Agrifood Future” a Salerno.
Il turismo enogastronomico è una leva strategica di sostenibilità - come emerso anche dal confronto tra Ermete Realacci, presidente Symbola-Fondazione per le Qualità Italiane (di cui fa parte anche WineNews, ndr), Luigi Cabrini, chair Global Sustainable Tourism Council, Nicola Francesca della Fondazione SOStain, Andrea Rigoni della Rigoni di Asiago e Sara Roversi, founder Future Food Institute, tra gli altri - contribuisce ad accrescere l’attrattività della destinazione e la reputazione delle produzioni locali, crea ricchezza diffusa e nuove opportunità per le filiere del turismo e dell’agricoltura, sostiene processi di riscoperta, tutela e valorizzazione del patrimonio enogastronomico, aumenta la qualità e la sicurezza del cibo favorendo un approccio carbon neutral. Questo in teoria, ma nella pratica, qual è il grado di sostenibilità raggiunto dall’attività turistica legata al cibo? “Il Rapporto evidenzia da una parte il cambiamento della domanda, con un consumatore sempre più orientato verso una condotta sostenibile che porta a scelte precise di destinazione, attività svolte e conseguenze socio-ambientali - spiega Roberta Garibaldi - e dall’altra, la necessità di un cambio di passo a livello di visione strategica dell’offerta. Si avverte il bisogno di azioni politiche in grado di gestire i flussi in modo più sostenibile, rilanciare in ottica green e social le economie del cibo dalla produzione al consumo. In sostanza, passare all’azione”.
E, per farlo, gli highlights del Rapporto da tenere in considerazione sono 10, accanto al cambiamento dello scenario turistico e alla crescente diseguaglianza all’approccio ai viaggi. A partire dalle aree rurali come soluzione sostenibile e al ritorno delle escursioni giornaliere dell’epoca Covid. Si aprono nuovi scenari, il turismo enogastronomico può muovere i visitatori verso aree di grande fascino, ma accessibili. Riducendo la distanza tra aree urbane (o ad alto afflusso) e rurali (a minore afflusso) si crea valore economico, sociale e culturale. Un esempio? Con il lavoro di Franco Pepe, il miglior pizzaiolo al mondo, a Caiazzo, dove si trova il suo ristorante “Pepe in Grani”, gli arrivi e le strutture in questo paese dell’entroterra casertano sono quasi raddoppiati nel periodo 2018-2022 (+93% e 89%). Come creare queste connessioni? Un piano integrato di sviluppo, trasporti più facili, prenotazioni digitali, promozione a livello internazionale. Passando per la creazione di hub enogastronomici, spazi polifunzionali di accesso al patrimonio locale e itinerari turistici alla scoperta dei borghi minori e della loro cultura culinaria. Chi governa il turismo dovrebbe supportare l’adozione di approcci sostenibili anche attraverso azioni di soft power - modifiche normative, formazione, scambio di conoscenze, momenti di valorizzazione delle buone pratiche locali anche con premi ad hoc - ed incentivi. Ed accrescere la propria visibilità (e reputazione) come meta enogastronomica sostenibile adottando una strategia di comunicazione coerente ed omnicanale verso l’esterno.
Non va poi dimenticato che la tutela del patrimonio enogastronomico passa attraverso il turismo. La perdita della biodiversità alimentare e della cultura culinaria italiana causerebbe un danno ingente per l’intero sistema-Paese. La valorizzazione del turismo enogastronomico porta benefici in termini di sviluppo turistico, reddito ulteriore per il sistema agricolo, ma anche per sostenere processi di tutela e valorizzazione. Anche la candidatura Unesco della cucina italiana può giocare a favore di questo obiettivo. Servono azioni di tutela del paesaggio enogastronomico e di educazione delle nuove generazioni, e la proposta di legge ora in discussione alla Camera è un passaggio importante. E valorizzare artigiani e luoghi storici del gusto - più di 1 italiano su 3 li ha visitati durante i propri viaggi - facendo tesoro dei modelli virtuosi analizzati nel Rapporto, e che vanno da SoStain, il primo Protocollo di sostenibilità per la viticoltura siciliana, guidata da Alberto Tasca della Tasca d’Almerita, prima cantina siciliana ad ottenere la certificazione internazionale di sostenibilità B-Corp, a Piper-Heidsieck, Charles Heidsieck e Rare Champagne, i primi produttori nello Champagne ad ottenere la certificazione B-Corp, dall’iniziativa della “bottiglia leggera” di Alois Lageder in Alto Adige per un futuro sostenibile, alla cura delle piante attraverso tecnologie avanzate al Castello di Montepò nella Maremma toscana, dall’innovazione sostenibile del tappo “Nomacorc Ocean” di Vinventions adottato dalla griffe siciliana Donnafugata, alla Cantina Salcheto, pioniera, tra i vigneti del Nobile di Montepulciano, delle certificazioni e delle iniziative per la sostenibilità, dalle vigne urbane, riunite nell’Urban Vineyards Association, come driver di un nuovo turismo enogastronomico, alle cantine didattiche come la veneta Ca’ Rugate, da Agriexperience, la piattaforma online che connette appassionati della natura e delle tradizioni con agricoltori sostenibili, al ristorante Don Alfonso 1890 della famiglia Iaccarino con la storica azienda agricola biologica a Punta Campanella tra i golfi di Napoli e Salerno, dalla Foresteria Planeta a Menfi, capace di coniugare lusso, ospitalità e sostenibilità, al Ristorante Venissa che si distingue per la sua sostenibilità gastronomica, innovando con piatti a base di pesci infestanti della Laguna di Venezia, per citarne solo alcuni.
Il turismo enogastronomico ha anche una dimensione educativa/trasformativa. Cattiva alimentazione e scarsa attività fisica sono seri problemi di salute individuale e pubblica, accrescono il rischio per patologie croniche. Gli italiani sono (dati Ocse) tra quelli che hanno i giovani con maggiore rischio di obesità, nonché con maggiore sedentarietà. L’esperienza turistica enogastronomica diventa occasione per acquisire abitudini più salutari: può migliorare la consapevolezza nutrizionale e, attraverso l’edutainment, fornire indicazioni per migliorare le proprie abitudini, tanto che 7 turisti su 10 vorrebbero trovare in vacanza menù con ricette salutari. Offre opportunità per ritrovare il benessere psico-fisico, abbinando la scoperta dell’enogastronomia locale ad attività sportive leggere (tour a piedi ed in bicicletta tra i vigneti, uliveti).
Turismo ed agricoltura sono responsabili delle variazioni del clima e al tempo stesso ne subiscono le conseguenze in un effetto domino: un problema globale, per affrontare il quale è necessario dare risposte locali. Ecco che il turismo enogastronomico può essere una soluzione, poiché capace di combinare forme slow di scoperta ed esperienza del territorio con pratiche agricole sostenibili che si prendono cura dell’ambiente e garantiscono prodotti di qualità e sicuri.
Paradossalmente, però, il Rapporto evidenzia un calo di attenzione verso la sostenibilità degli italiani in viaggio. Il turista mostra una minore attenzione verso il rispetto dell’ambiente e il contenimento degli sprechi e dei consumi in viaggio. Il 65% (76% nel 2021) dichiara di evitare sprechi di cibo in hotel e nei ristoranti, il 54% (vs il 75%) di essere rispettoso dell’ambiente, il 51% (contro il 61%) di non mettere a lavare ogni giorno gli asciugamani nelle strutture ricettive, il 27% (contro il 51%, per un calo di ben 24 punti) di usare mezzi pubblici o biciclette per muoversi nella destinazione. È dimostrato che, spesso, alle dichiarazioni non corrisponde un effettivo comportamento, c’è quindi bisogno di aiutare chi viaggia, informandolo in modo semplice e trasparente e supportandolo nelle scelte.
I desiderata dei turisti? Prodotti locali, attenzione all’ambiente ed alle persone, e l’etica aziendale. La sostenibilità è un driver di scelta dell’esperienza enogastronomica, genera attenzione, stimola alla partecipazione. Alta è l’attenzione verso la tematica ambientale: per il 75% degli intervistati, degustazioni, pranzi e/o cene a base solo di prodotti locali sono tra gli elementi determinanti nella scelta. Inoltre, l’adozione di sistemi di raccolta differenziata (73%), di risparmio idrico (66%), di energia da fonti rinnovabili (66%), l’essere plastic free (63%) e altre condotte green guidano il turista, ma queste iniziative devono essere spiegate prima e nel corso della visita. Anche comportamenti aziendali ed iniziative di etica sociale sono tenuti in considerazione, sfatando in parte l’opinione diffusa che la sostenibilità riguardi solo l’ambiente. Il 68% si mostra più propenso a fare esperienza laddove l’azienda ha progetti a supporto della comunità locale, ed il 64% se il personale o i fornitori stanno affrontando situazioni di disagio e/o l’azienda ha adottato politiche etiche.
Anche nella scelta della meta la sostenibilità è “focal point”. Gli italiani valutano attentamente se e quanto è sostenibile la destinazione che si accingono a visitare. Quali elementi prendono in considerazione? La possibilità di alloggiare in strutture green (per oltre 3 viaggiatori su 4), raggiungere la meta con mezzi poco impattanti, muoversi in loco con biciclette. Ma sono ancora troppo poche le destinazioni (e le aziende) che hanno una certificazione di sostenibilità in ambito turistico.
Fondamentale è comunicare la sostenibilità per creare valore per il turista. Chi viaggia desidera essere informato in modo chiaro sulla sostenibilità. Prima della partenza e durante l’esperienza: 6 italiani su 10 vorrebbero conoscere in dettaglio le tecniche per minimizzare gli impatti sull’ambiente, le iniziative per il benessere del personale e dell’azienda. L’essere sostenibili deve essere mostrato e comunicato ai propri clienti, fornitori, agli operatori del territorio ed alla comunità locale affinché diventi valore aggiunto. Ed anche ai turisti: una comunicazione integrata e coerente stimola il viaggiatore e lo induce all’acquisto.
Infine, le imprese devono passare all’azione. L’interesse dei turisti c’è, sta alle imprese adoperarsi per soddisfare questa esigenza e trasformarla in valore aggiunto. Come fare? Partire dal verificare cosa si sta facendo e misurare il livello di sostenibilità partendo dalle check list del Rapporto. Rivolgersi a dei consulenti del settore, scegliere la certificazione da ottenere, partecipare ad uno dei molti bandi esistenti che possono abbattere i costi. Ricordando che i dati mostrano che le aziende altamente sostenibili sono il 10,2% più produttive di quelle che non adottano alcuna iniziativa.

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