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UN NATALE ENOGASTRONOMICO TUTTO ITALIANO. E LA CRISI CHE SPINGE A RISCOPRIRE I NOSTRI PRODOTTI IN ITALIA E ALL’ESTERO. LA FOTOGRAFIA DELLA TAVOLA E DEL WINE & FOOD DELLE FESTE SCATTATA DAL CENTRO STUDI DI FEDERALIMENTARE

Italia
Un Natale di auguri by Chianti Classico

C’è chi per le Feste si siederà a tavola davanti ad un piatto dell’antica tradizione locale, chi perpetuerà il rituale del più classico cibo delle feste, chi sceglierà prodotti della propria regione e chi di una regione diversa, ma quasi tutti mangeranno italiano. Nei bicchieri più rossi e bianchi, le bollicine non potranno mancare, ma anche queste saranno nazionali, e adieu champagne. Non nazionalismo, ma riscoperta e valorizzazione delle specialità nostrane. La riprova? Anche all’estero piatti e bicchieri per Natale saranno sempre più tricolori. E sempre più vini, spumanti e prodotti gastronomici saranno scelti come regali.

Ecco la fotografia dell’enogastronomia delle feste scattata dal Centro Studi di Federalimentare.
Il nuovo che torna: la riscoperta delle tradizioni culinarie regionali di natale
Avete presenti i detti popolari secondo i quali “ogni medaglia ha il suo rovescio” e “non tutti i mali vengono per nuocere”? Bene, applicateli alla crisi in atto e collocate il tutto sotto l’albero (o davanti al presepe, per i più osservanti) di Natale. Risultato: la negativa autarchia si trasforma in positiva riscoperta delle tradizioni. Anche, e soprattutto, alimentari. Dunque basta con caviali e ostriche, manghi e papaye, meglio rispolverare vecchi ricettari della nonna o - per i fortunati che ne dispongono - la nonna stessa. Già, ma come mangiare nel rispetto della tradizione locale? Dalle Alpi alla Sicilia un itinerario gastronomico descritto dal Centro Studi di Federalimentare ci racconta come si mangiava a Natale 30 anni fa: ecco riaffiorare tante ricette locali, alcune scomparse, altre divenute patrimonio di tutti gli italiani grazie al ruolo unificatore svolto dall’industria nel dare vita ad una tradizione alimentare nazionale. Minestra con l’arzilla, pasta con le sarde, brodetto alla termolese, baccalà alla vicentina. E poi ancora la “carbonade” della Val d’Aosta (fette di carne macerate nel vino rosso con erbe aromatiche e sale, poi tagliate a pezzetti e cotte in padella nel burro); il baccalà alla Trentina in Trentino (guarda un po’...); il cappone allo spiedo in Friuli; gli agnolotti gobbi ai tre arrosti ed il gran bollito misto in Piemonte; i tortelli di zucca a Mantova. Superfluo citare il pandoro di Verona o il panettone di Milano.
La tavola natalizia come “campanile” per affermare le proprie radici cultural-gastronomiche, allora. Una cucina che forse oggi non vive più così come ce la raccontano i vecchi libri di ricette regionali, ma che certamente ha condizionato il menu nazionale che risente - e ha assorbito - molte di queste tradizioni locali, rendendole patrimonio dell’Italia intera e non di una sola regione o provincia. Che a Natale ritrovano la loro dimensione originaria non solo in un più giusto contesto, ma anche in una più giusta misura. Otto italiani su dieci infatti imbandiranno la tavola all’insegna della “neofrugalità” e della sensibilità etica: niente sprechi, abbuffate inutili e - soprattutto - niente ristoranti. Proprio come da tradizione di un tempo. Quando i ristoranti neanche esistevano. Ma quale salmone, caviale e champagne? Lasagne, baccalà e prosecco. Infallibili
Alcuni rispolvereranno polverosi ricettari regionali in pergamena, pochi continueranno a soddisfare la voglia di esotico, molti rimarranno fedeli a piatti tradizionali di ogni festività: da quella “massima” del Natale a quella “minima” della domenica, tra le quali si scoprono - a tavola - profonde analogie. Per Federalimentare la tavola della Vigilia verrà occupata per lo più dalle “evergreen” lasagne al forno (17,3%); poi da pasta in genere (15,4%); l’immancabile zuppa di pesce, crostacei o cacciucco (14,8%) tra i primi piatti. Tra i secondi, trionfo di must quali baccalà in umido (17,3%) e capitone (14,8%); poi le carni, tra le quali dominerà il vitello (13%). Nella tradizionale sfida tra i dolci natalizi il panettone (63%), una volta dolce tipico milanese ed ora icona delle festività, supera di gran lunga il pandoro (27,8%), anch’esso oramai ben svincolato dalla sua origine veronese. Ottima performance anche per i dolci tipici, regionali e italiani (38,9%). Per quanto riguarda le bevande gli italiani scelgono di abbinare i pasti della sera della Vigilia a vino rosso (56,9%) vino bianco (54,6%) e prosecco (53,2%). Champagne? Se ne beve oramai poco (4,5%) e sorprende ritrovare questo ex simbolo delle festività appaiato dalla birra (4,5%), vera e propria new entry delle abitudini festive e festose dei nostri connazionali.
Celebrata la liturgia gastronomica della Vigilia, c’è da dedicarsi a quella del giorno di Natale. Tra gli antipasti che gli italiani porteranno sulle tavole dominano i salumi (59,4%), ma buone performance verranno anche da sottaceti e sottoli (24,2%), insalata russa, patè e salse (23,9%) e formaggi (12,1%). E dall’intramontabile antipasto di pesce (21,7%). Tra i primi emerge un simbolo del Natale come i tortellini - cardini della tradizione gastronomica romagnola - che sommando le versioni “in brodo” e “asciutta” risultano essere tra i preferiti dagli italiani (36,7%). A pari merito, però, (36,8%) ritroviamo le irriducibili lasagne, che confermano un ruolo leader durante le festività. Riscuotono buoni consensi anche i pasticci al forno (10,8%), il risotto (7,1%) e i tortelli di magro (5,5%).
Italian Christmas: come ti aggiusto gli stranieri per le feste. A tavola, ovviamente
Se gli italiani preferiranno per le festività abbandonare l’esotico per il nostrano, non così accadrà all’estero. Secondo “Xmas survey”, un’indagine di Deloitte, il Natale fuori d’Italia sarà infatti festeggiato dal 41% degli stranieri con prodotti extranazionali, made in Italy alimentare in pole position. L’Ufficio Studi Federalimentare poi ha indicativamente calcolato che l’export di prodotti alimentari trasformati, in occasione del Natale 2009, ha raggiunto i 2 miliardi di euro. Questa valutazione colloca l’export alimentare natalizio su di una percentuale superiore al 10% dell’intero export annuale dell’industria alimentare del Paese, che quest’anno dovrebbe sfiorare i 19 miliardi. Il consuntivo delle esportazioni nei primi otto mesi dell’anno raggiunge, infatti, quota 12.016,8 milioni di euro, con un calo del 4,3% in valuta a fronte del trend ben più critico (-23,8%) registrato dall’export complessivo italiano. Il comparto enologico fa la parte del leone nelle esportazioni natalizie, rappresentando circa il 40% del totale. L’export di vino legato alle festività dovrebbe toccare i 400 milioni; quello di spumanti i 240 milioni: in particolare, lo spumante italiano sta vivendo una stagione di grande successo all’estero e l’Italia è diventata il secondo Paese (dopo la Francia e prima della Spagna) per volumi esportati. Insegue il comparto degli alcolici (grappa e liquori) con 100 milioni, mentre l’aceto (compresa la specialità principe del balsamico) tocca i 25 milioni. Ma anche i dolci nostrani - il panettone su tutti - sono molto richiesti sulle tavole estere sotto Natale e raggiungono un valore di 280 milioni di euro. 130 milioni riguardano i prodotti a base di cioccolata, 90 milioni biscotteria e pasticceria e 60 milioni il panettone, affiancato dal pandoro e dagli altri lievitati di ricorrenza. È significativo il fatto che il panettone in venti anni sia passato da 3.800 tonnellate esportate a 10.000 tonnellate, pari a 10 milioni di pezzi. Infine, la pasta italiana si ritaglierà un bello spazio sulle tavole delle Feste: l’export di pasta “secca” tocca i 160 milioni e la pasta “fresca” oscilla attorno ai 60 milioni. Un successo che potrebbe essere ancora più considerevole arrivando - stima ancora il Centro Sudi Federalimentare - addirittura a 6 miliardi di euro se non esistesse la concorrenza sleale della contraffazione e del cosiddetto “italian sounding”, che sottraggono fette mercato ai nostri prodotti alimentari all’estero.
Vino e prosciutto sotto l’albero. Sempre più italiani sceglieranno regali enogastronomici
Quello dell’alimentare italiano è uno dei pochi settori che se non è benedetto dalla crisi poco ci manca. Non solo infatti i prodotti made in Italy andranno a comporre pranzi e cene delle festività, ma andranno anche a rimpiazzare in gran parte i tradizionali cadeau natalizi. Federalimentare stima infatti una tendenza generale alla contrazione delle spese da parte di 4 italiani su 10 (41,2%), con in particolare il 38,1% dei nostri connazionali che prevede un budget destinato ai regali in calo sul 2008. L’alimentare è però il settore che meglio tiene fra gli altri registrando il saldo migliore (-3,9%) tra chi pensa di spendere di meno e chi prevede di spendere di più, a fronte di performance negative a due cifre di settori importanti, nel periodo natalizio, come quello di svaghi e tempo libero fuori casa (-20,5%), abbigliamento (-15,4%), arredo e rinnovo casa (-14,4%), elettrodomestici (-13,5%), viaggi e vacanze (-11,5%). Più in dettaglio il 72,4% degli italiani non prevede di dover cambiare le proprie abitudini di spesa in fatto di cibo e bevande a fronte di un 15,2% di persone (soprattutto over 55 abitanti nel nord est e nelle isole) che pensa di rivedere i budget familiari al ribasso, mentre si affaccia una pattuglia di circa 4 milioni e 700 mila italiani - soprattutto giovani, fra i 21 e i 34 anni, ma anche 45-54enni - abitanti nel sud d’Italia, che a Natale prevedono di spendere di più in acquisti e consumi di cibo e bevande. Il cibo, i vini e gli spumanti restano infatti un’ottima idea regalo: l’80% degli italiani pensano “che l’industria alimentare fornisce prodotti tipici e ricercati che costituiscono doni natalizi sempre più graditi”. Insomma, in vista del Natale vi conviene fare spazio in frigo, dispensa e cantina.

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