“Il vino ha cambiato il genere umano più di quanto il genere umano abbia cambiato il vino”. Questa è la frase guida - attribuita al poeta, pittore e incisore britannico William Blake (1757-1827) - che aprirà il percorso del “non Museo del Vino” di Verona, fino ad oggi identificato come “Muvin” dal nome della Fondazione nata a Verona nel 2022 per promuovere la realizzazione, in Italia, del primo “Museo del Vino di livello Internazionale, al pari dei più importanti musei europei, quali la Cité du Vin a Bordeaux (Francia), WoW a Porto (Portogallo) e Vivanco in Spagna”, secondo i promotori. Sarà un hub internazionale di cultura, innovazione e identità territoriale, non si chiamerà “museo” e potrebbe vedere la luce tra meno di due anni se sarà dato il via libera al sostegno pubblico per raggiungere il totale dell’investimento necessario, stimato in 25 milioni di euro.
Sono pronti gli studi preliminari sui concept culturale e architettonico, da affinare anche in funzione della sede, l’ex “Ghiacciaia” dei Magazzini Generali, ormai definita, e, soprattutto, la sostenibilità economica è avallata da analisi dettagliate e puntigliose. Il “disegno” nitido e stimolante dell’hub culturale - il cui nome è allo studio - ha l’ambizione, non nascosta, di creare una proposta innovativa in cui il vino diventi un “metatema” importante per andare oltre le esperienze precedenti, ed è stato illustrato alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, a Venezia, nella terza Conferenza Internazionale “Il Museo del Vino tra Cultura, Innovazione e Identità Territoriale”, promossa, nei giorni scorsi, dalla Fondazione Muvin, e moderata dal giornalista e saggista Massimo Zanichelli. Alcuni numeri rappresentano l’impatto economico ipotizzato della futura istituzione - 350.000 visitatori stimati all’anno a regime, 12 milioni di euro di fatturato al decimo anno e 130 nuovi posti di lavoro - ma non quello culturale, altrettanto e forse più importante per il vino italiano tutto, al di là della geolocalizzazione dell’hub a Verona, scelta per la sua centralità nella produzione vitivinicola di qualità, con il resto del Veneto, quale sede di Vinitaly a Veronafiere, la più importante fiera del vino italiano per i mercati nazionale e internazionali, e città rappresentante nel mondo dell’enoturismo italiano in seno alla Rete “Great Wine Capitals” (che riunisce le principali città del vino del mondo per favorire scambi commerciali, turistici e accademici, ndr).
A sostenere la proposta della Fondazione Muvin - ente senza scopo di lucro, fondato da un coacervo di associazioni economiche del territorio - finora sono state Regione Veneto, che ha finanziato gli studi preliminari, e il senatore Matteo Gelmetti, che ha portato il progetto a Roma per ottenere un finanziamento governativo. A Venezia, alla voce del presidente del Consiglio Regionale, Roberto Ciambetti - che ha assicurato che “la Regione Veneto c’è e ci sarà anche in futuro” - si è unita quella del deputato Ciro Maschio. “Un polo dedicato alla cultura del vino è strategico per la valorizzazione economica e turistica di tutto il settore vitivinicolo nazionale - ha affermato Maschio - per questo abbiamo avviato una interlocuzione con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per individuare già in questa Legge di bilancio le risorse necessarie a rendere concreto questo sogno condiviso da tanti attori del settore”.
“L’idea del “Muvin” nasce proprio dalla forza collettiva di istituzioni, Università, imprese, consorzi e produttori, che unisce e valorizza il nostro patrimonio comune - ha sottolineato nel suo intervento il presidente Veronafiere, Federico Bricolo - e noi lavoriamo ogni giorno su questo stesso orizzonte con Vinitaly e le altre attività dedicate al vino”.
Diego Begalli, presidente della Fondazione Muvin e già prorettore dell’Università di Verona, ha confermato la missione culturale e identitaria del nuovo polo culturale, unico nel panorama nazionale e internazionale, e il suo ruolo nella valorizzazione del patrimonio enologico italiano. “Dobbiamo dar vita a un’iniziativa che sia di grande valore per il Paese - ha detto Begalli - in questa fase complicata per il vino è utile individuare delle parole chiave, dando per scontata la qualità, che rimane un prerequisito. Tra queste cito: sostenibilità, termine purtroppo inflazionato, identità, autenticità, innovazione, ricerca e la dimensione della qualità che possiamo definire come stile ed eleganza. Di particolare importanza è l’autenticità direttamente connessa all’identità del territorio, pur soggetta a innovazione e ricerca che ne supportano l’evoluzione. Il vino si basa sulla diversità dei territori e delle aziende, è un prodotto della cultura e un Paese come il nostro, leader nel settore vitivinicolo, non può non investire su di esso. Il nuovo hub sarà dedicato all’esplorazione a tutto tondo della cultura del vino ben lontano dal concetto tradizionale di museo, sarà partecipativo e volto a stimolare il continuo dialogo intergenerazionale, grazie ai linguaggi dell’innovazione, della formazione e dell’edutainment. Terminata la fase di start up - ha spiegato Begalli - abbiamo l’obiettivo di diventare una Fondazione rappresentativa a livello nazionale, coinvolgendo istituzioni, associazioni e tutti gli altri attori di questo mondo, divenendo un centro nazionale del vino”.
Nel triennio dal 2023 ad oggi - con 300.000 euro finanziati dalla Regione Veneto, grazie all’iniziativa del consigliere Enrico Corsi - la Fondazione, avvalendosi della collaborazione di esperti capaci, ha realizzato l’analisi dell’impatto economico territoriale e nazionale, il business plan, l’analisi di posizionamento strategico, il progetto dei contenuti scientifici del percorso di visita e lo studio di progetto architettonico di interni ed esterni, e, infine, ha lanciato Winipedia, una sezione del sito www.fondazionemuseodelvino.it, che raccoglie oltre 100 schede tematiche su cultura ed economia del vino, a cura di esperti di settore.
L’hub del vino sarà un asset di un progetto più ampio che affiancherà agli aspetti culturali proposti, esperienze didattiche, degustazioni di vino, enoteca e altri esercizi commerciali, ristorazione, eventi, mostre e e così via, come ha spiegato Enrico Ghinato, manager e membro del consiglio della Fondazione Muvin, illustrando la sostenibilità economico-finanziaria dell’iniziativa. “Voglio per prima cosa sfatare l’idea che la cultura non possa sorreggersi da sola - ha esordito Ghinato - si possono creare modelli che abbiano una loro autonomia economica e finanziaria. Superata la fase di startup, il progetto potrà raggiungere i 350.000 visitatori l’anno a regime, con un impatto occupazionale stimato tra 80 e 130 nuovi posti di lavoro. Il fatturato, previsto a 6 milioni di euro nella fase iniziale, potrebbe raddoppiare nel giro di dieci anni. L’investimento complessivo iniziale per il “Museo del vino” è di 25 milioni di euro, con ulteriori 7 milioni di euro per l’investimento al sesto anno, necessario per rinnovarne negli anni l’attrattività. Un investimento opportuno per un comparto come quello enologico, che caratterizza l’economia del made in Italy nel mondo. La struttura finanziaria di sostegno al progetto conta su 8 milioni di euro di capitale da soci istituzionali (Regione Veneto, Provincia, Comune e Camera di Commercio di Verona, Fondazione Cariverona, Ente Fiera spa e altri); 7 milioni di euro di finanziamento di Invitalia, particolarmente agevolato con un 20% a fondo perduto e il restante 80% al tasso agevolato dell’ 1,5% e 4 anni di ammortamento; e per arrivare al totale di 10 milioni di euro di finanziamento governativo a fondo perduto. Abbiamo ipotizzato una struttura basata su due società. La prima, che manterrà il controllo dell’iniziativa, a base totalmente istituzionale, proprietaria dell’investimento e della proprietà intellettuale del progetto di cui sostiene la realizzazione. La seconda, invece, a base mista istituzionale e privata, in cui il privato ha una funzione operativa gestionale, che deve essere in grado di attuare il business plan ipotizzato, garantendo così il pagamento di royalties per aspetti culturali, mantenimento dell’occupazione e sviluppo reddituale per garantire il proseguo”.
L’iniziativa sarà fondamentale per lo sviluppo di un nuovo tipo di turismo per Verona, quello dell’enogastronomia, che sostiene la destagionalizzazione dei flussi e accresce la qualità dei visitatori. “Sulla base dei flussi turistici attuali - ha spiegato Francesco Pecci, economista e responsabile Economics Living Lab, spin-off dell’Università di Verona, incaricato della valutazione dell’impatto economico del “Museo del Vino” di Verona - le stime prevedono circa 350.000 visitatori annuali a regime per un valore di 700 milioni di euro, considerando sia gli investimenti previsti per l’allestimento delle sale museali che l’indotto generato dall’afflusso di visitatori. Una rilevante crescita dell’indotto e una spinta significativa all’enoturismo per Verona, ma il nostro studio rileva una creazione di valore anche per il Veneto e l’intero territorio nazionale”.
A chiudere il cerchio, la disponibilità di Costa Edutainment, gruppo leader in Italia nella gestione e promozione di musei di nuova generazione, a candidarsi alla gestione dell’iniziativa “auspicando che il progetto venga portato a termine, perché assente nel panorama italiano e in assoluta tendenza con i trend internazionali”, ha sottolineato il ceo Giuseppe Costa, dopo aver condiviso in un contributo video una riflessione sui nuovi modelli di edutainment e musealità esperienziale, ispirata alle best practice internazionali. Tuttavia, come ha ricordato Enrico Ghinato, per l’assegnazione dell’incarico ci sarà un bando pubblico.
Infine, anche la Dea Capital Real Estate, società proprietaria dell’immobile candidato a ospitare l’hub del vino, ha dato la sua disponibilità ad affittare l’immobile. La “Ghiacciaia”, ex Stazione Frigorifera Specializzata, denominata “La Rotonda”, è stata restaurata per la parte architettonica dall’archistar Mario Botta, e dal 2022 a qualche mese fa ha ospitato Eataly. La sua posizione in funzione della nuova destinazione è strategica: tra il casello autostradale di Verona Sud e a poche centinaia di metri dal centro della città e dalla stazione Porta Nuova, nonché praticamente di fronte a Veronafiere, quindi a Vinitaly. E circa il concept plan architettonico del nuovo hub, esito di una collaborazione sinergica tra lo Studio Ardielli Fornasa Associati e Mirko Scaratti, Paola Fornasa ha spiegato come “al centro del lavoro vi sia stata l’idea di un’integrazione armonica tra esperienze digitali e analogiche, tra spazi e oggetti fisici, per costruire una narrazione che coinvolga attivamente il pubblico. Un progetto ambizioso e innovativo, che si snoderà all’interno di spazi flessibili e interattivi e, al tempo stesso, si integrerà armoniosamente nel contesto urbano attraverso la presenza di un parco attrezzato, pensato come luogo di incontro, socialità e fruizione collettiva. Il nuovo hub si configura, così, come un ponte vivo tra l’architettura e la città: non solo un contenitore, ma un luogo aperto e in dialogo costante capace di trasformare la visita in un’esperienza partecipativa e memorabile”.
Le sale espositive e le aree comuni accompagneranno il visitatore in un percorso fluido, in cui cultura, design e quotidianità si fonderanno in un’esperienza organica e coinvolgente sulla base di un “indice dei contenuti” redatto da un Comitato internazionale di esperti guidato da Steve Charters, docente alla Burgundy Business School, Master of Wine e autorità nel campo dei wine studies, che ha offerto una lettura meta progettuale del nuovo hub, inquadrandolo nel contesto internazionale e sottolineandone le caratteristiche distintive. Al suo fianco, lo storico britannico ed esperto di civiltà e comunicazione del vino, Graham Harding, docente a Oxford. “Abbiamo immaginato un luogo nuovo, che racconterà la cultura del vino con uno sguardo duplice: da un lato, le sue radici storiche e culturali; dall’altro, le sfide contemporanee, facendone una lente per interpretare tematiche globali, dalla geopolitica al cambiamento climatico”, ha spiegato Charters. Gli ha fatto eco il collega di Oxford, che ha svelato la frase guida che aprirà il percorso museale: “il vino ha cambiato il genere umano più di quanto il genere umano abbia cambiato il vino”.
L’indice dei contenuti è stato sviluppato nel percorso di visita da Capitale Cultura Group con il supporto di alcuni consulenti del settore viticolo-enologico. “Il nuovo hub - ha spiegato Antonio Scuderi, ceo Capitale Cultura Group e docente di Digital Heritage allo Ied e alla Link University - nasce per offrire un’esperienza coinvolgente ed educativa, capace di valorizzare in sinergia le dimensioni globale e locale, attraverso una narrazione a più livelli di approfondimento, a seconda delle caratteristiche dei visitatori”.
A caratterizzare il percorso di visita, sarà l’impiego di tecnologie immersive e di realtà estesa di ultimissima generazione, con soluzioni specifiche per i più piccoli e i portatori di disabilità. L’utilizzo mirato dell’Intelligenza Artificiale consentirà un livello molto alto di personalizzazione dell’esperienza, ma anche la partecipazione diretta del pubblico. Questa tecnologia consentirà ai visitatori di plasmare i contenuti di alcune sezioni, che saranno veri e propri laboratori in perenne evoluzione.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025



















































































































































































