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VINITALY 2007 - UN GIRO D'AFFARI DI 2,5 MILIARDI DI EURO E 3,5 MILIONI DI ENOTURISTI. I NUMERI DEL FENOMENO FOTOGRAFATI NEL CONVEGNO DI VERONAFIERE E MOVIMENTO TURISMO DEL VINO

Un giro d’affare di 2,5 miliardi di euro all’anno e 3,5 milioni di enoturisti (con un incremento medio dell’8% e del 10% a livello di fatturato): sono i numeri del turismo enogastronomico in Italia, fotografati da un’indagine di Acqua Research nel convegno organizzato oggi da VeronaFiere e Movimento del Turismo del Vino.
Lo studio ha evidenziato la stretta connessione tra enoturismo e agriturismo senza comunque dimenticare la tendenza, in atto in molte cantine molte cantine, a strutturarsi per l’accoglienza e il pernottamento dei visitatori. Nel 2004 le aziende agrituristiche in Italia erano 14.786, di cui 530 prettamente enologici. Il numero cresce e arriva a vino a 5.771 unità, pari al 39% dell’offerta complessiva, se si considerano le aziende agrituristiche che, oltre al vino, contemplano anche altre tipi di attività. Nel 2005 lo studio ha stimato un incremento delle aziende agrituristiche del 6,8%, arrivando a quota 15.748 imprese. Il valore di acquisto di vino da parte degli enoturisti nelle strutture agrituristiche ammonterebbe a 1,83 miliardi di euro con una tendenza a incrementare mediamente dell\\\\\\\'8% all’anno.
Il dato, è stato spiegato, sottolinea il significato economico ed organizzativo che il vino assume nella dimensione delle vendite dirette in agriturismo. Sul fronte della domanda, in base alla ricerca, il mezzo preferito per acquisire informazioni sulle mete enoturistiche è il passaparola, insieme a internet. Un trend questo confermato anche dalle aziende che nel 46% dei casi giudica il web come il mezzo di contatto più efficace con il mercato. Nell’incontro, dedicato al turismo del vino, la produttrice Albiera Antinori ha ricordato il progetto della “nuova del Bargino”, vicino Firenze, un’innovativa cantina i cui lavori termineranno nel 2009, realizzata con tecniche ed architetture modernissime pensate anche per favorire la visita degli enoturisti. Valentino Valentini, sindaco di Montefalco e presidente delle Città del Vino, che ha ricordato le fasi che hanno caratteriz “Il turismo del vino - ha ricordato Murcia - è una realta economica molto importante e dinamica in Francia che con l’arrivo dell’Alta velocità, il prossimo giugno, anche nei territorio dello champagne o in altre importanti zone vitivinicole, rafforzerà ulteriormente l’appetibilità dei territori rendendoli a distanza di soli tre ore di treno dall’Inghilterra, dalla Germania e a 45 minuti da Parigi”. Chiara Lungarotti, presidente del Movimento Turismo del Vino, ha sottolineato come “al turista del vino, sia esso un esperto o un neofita, occorre dare la migliore accoglienza perchè sono essi, una volta tornati nelle loro case, i promoter d\\\\\\\'eccellenza dei nostri territori e dei nostri vini”.

Convegno - La comunicazione di WineNews - Quale futuro per il turismo del vino?
Introduzione
WineNews ha seguito attentamente l’evoluzione del turismo del vino che nel corso del tempo ha cambiato nettamente la sua domanda. Nel recente passato, sondaggi, indagini e analisi hanno occupato molto spesso le nostre pagine, segnalando inequivocabilmente che il turista del vino italiano stava mutando radicalmente il suo “dna”, abbandonando la sua originaria identità. E il felice motto “vedi cosa bevi”, coniato dal Movimento Turismo del Vino per “Cantine Aperte”, pare non basti più a soddisfare completamente le aspettative diversificate di una clientela sempre più competente. Insomma, la tendenza è evidente: il classico modello sociologico del turista del vino “indifferenziato” sembra aver fatto il proprio tempo. Alla figura “storica” dell’enoturista dei primi anni ’90 si vanno progressivamente a sovrapporre almeno due profili distinti.
Le nuove figure di riferimento
I protagonisti attuali del turismo del vino possono essere rappresentati da due nuove figure di riferimento, che esprimono esigenze distinte o, se vogliamo, corrispondono ad una “segmentazione” di mercato, espressione di forme di offerta diverse, destinate a scelte di marketing targettizzate. Da una parte un soggetto più attento al rapporto qualità/prezzo, figlio dell’attuale economia, animato da un fresco interesse per il vino ma anche per la ruralità in senso lato che lo accompagna, dall’altra un individuo, più scafato ed ecologicamente molto esperto, disposto a spendere anche cifre importanti e attentissimo ad ogni minimo dettaglio:
1) il turista del buon vivere, per il quale il vino è la prerogativa necessaria, ma non sufficiente perché per lui quell’elemento ha bisogno di una contestualizzazione con altri elementi quali cultura, cibo, storia ...;
2) l’ innamorato del vino, per il quale esiste solo il vino declinato in tutte le sue possibili forme non solo immediatamente organolettiche, ma produttive ed estetiche. Due figure tendenzialmente distanti, ma che in alcuni casi possono anche confondersi e perfino identificarsi. Talvolta, infatti, il turista del buon vivere e l’innamorato del vino sono la stessa cosa, riproducendo una sorta di doppia identità alla dottor Jekyll e Mister Hyde: con la moglie e la famiglia, per esempio, nei panni del turista del buon vivere; da solo o con amici altrettanto appassionati, o meglio, “fissati”, come innamorato del vino.
Il turista del buon vivere non è giovanissimo e viaggia soprattutto con la famiglia, specialmente durante le vacanze di calendario ed estive. Non compie grandi spostamenti per raggiungere le mete prescelte, che rintraccia su internet, oppure utilizzando le indicazioni di amici e conoscenti. Spende con giudizio, non necessariamente privilegiando il vino ed è attento più al “generale” che “al particolare” nel senso che ricerca un complessivo equilibrio dell’offerta del territorio che visita fra bellezza del paesaggio, ristorazione, con una netta preferenza per la gastronomia tipica, cordialità degli abitanti, mitezza del clima e patrimonio artistico-culturale.
L’innamorato del vino legge abitualmente le riviste e i siti specializzati e consulta pressoché tutte le guide in commercio, ha un’età compresa fra i 30 e i 40 anni, un titolo di studio elevato e un livello di reddito medio-alto. Nelle sue vere e proprie “spedizioni” a sfondo enologico viaggia prevalentemente da solo o in compagnie poco numerose formate da pari “grado” di coinvolgimento. Non si accontenta del semplice albergo, ma cerca il resort in azienda, non guarda solo alla cucina tipica, ma si aspetta di trovare nelle cantine che visita il ristorante del grande chef, più di degustare i vini in azienda e/o di acquistarli, vuole, per esempio, assaggiare i prodotti ancora in fase di affinamento e, ove possibile, vuole confrontarsi direttamente con il produttore. E dal lato delle aziende (almeno di quelle più sensibili ed attente), anche come risposta al “libeccio della crisi” non ancora sopito, da un lato crescono, specialmente nei territori più importanti, gli investimenti per ricavare ristoranti e foresterie a “cinque stelle” all’interno delle tenute, e, dall’altro, si profila una nuova tendenza organizzativa dell’ “eno-ospitalità” aziendale: una sorta di “formazione” innovativa e coinvolgente destinata a questo speciale tipo di clienti, con attività eseguite direttamente insieme al produttore (potatura in vigneto, tagli dei blend …). Una gratificazione assoluta per l’innamorato del vino, che vive il suo rapporto con il nettare di Bacco in un modo totalizzante e selettivo, senza badare a spese e quasi dentro una sorta di sindrome di Stendhal enoica.
Un modello entrato in crisi
Proprio l’offerta per eccellenza, quella delle manifestazioni, vede un suo progressivo indebolimento o meglio una sua inadeguatezza rispetto alle richieste delle due figure di riferimento. A partire dalla “madre” di tutte le manifestazioni enoturistiche, vale a dire “Cantine Aperte”. Diventata la festa del turista del buon vivere, ma non in grado di assolvere più alle esigenze dell’ innamorato del vino, essendosi trasformata in festa dei territori, piuttosto che delle cantine. Non solo, esiste anche un accavallarsi di eventi, “eventini” e quant’altro, spesso affidati al volontariato e allo spirito di iniziativa delle Pro loco, che, invece di arricchire l’offerta, ne mortifica la portata. Non si tratta di criticare chi con passione si occupa di organizzare e animare i sabati dei villaggi, ma certamente di invocare un utilizzo più capillare dei professionisti del settore. Anche lo strumento per antonomasia dell’enoturismo classico, le Strade del Vino, ha progressivamente perso il proprio appeal, sia perché in concorrenza con le strade Strade del Vino e dei Sapori, capaci di un’offerta più variegata, sia perché troppo spesso si sono limitate solo a fornire al territorio soltanto una cartellonistica.
Si possono quindi individuare una serie di “mancanze” che distanziano notevolmente il turismo del vino italiano rispetto ai modelli francese e americano che hanno dimostrato sul terreno e nel tempo un’efficacia a tutta prova. Nel nostro Paese sono rare le proposte che pongono al centro dell’attenzione la soddisfazione del cliente e l’acquisto di “sensazioni”, piuttosto che la vendita di semplici beni e servizi. Manca al turismo del vino una logica di sistema, un’offerta di territorio coerente, spesso disturbata da una sterile concorrenza fra “campanili” che allontana le necessarie sinergie e l’esigenza di valorizzare l’intera filiera. Manca ancora la necessaria sincronia fra aziende, operatori turistici, istituzioni ed enti locali e le stesse aziende, soprattutto di piccole dimensioni, non comprendono appieno la necessità di investire e di impegnarsi anche sul fronte della qualità del servizio e dell’ospitalità, limitandosi spesso al loro interesse di “bottega” espresso dalla vendita di qualche bottiglia in più. A questo quadro si aggiunge una scarsa comunicazione, per di più episodica e legata ad eventi stagionali, quando la promozione di un territorio, richiede invece un impegno a tutto campo e continuo per determinare ricadute omogenee e durature nel tempo.
Alessandro Regoli - Direttore - www.winenews.it

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