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VINO E PROMOZIONE

Vinitaly “road show”, un giro del mondo in 50.000 chilometri per promuovere il vino italiano

Dal 19 gennaio al 23 febbraio 2023, tour in partnership con Ice, istituzioni e sistema camerale, in 9 Paesi strategici, tra America, Europa ed Asia
PROMOZIONE, ROAD SHOW, VINITALY, vino, Mondo
Federico Bricolo e Maurizio Danese, presidente e ad VeronaFiere

La promozione del vino italiano nel mondo riparte con Vinitaly, con un “road show” senza precedenti che, da domani 19 gennaio al 23 febbraio 2023, toccherà 9 Paesi (e 12 città del mondo, con 13 tappe in 3 continenti: Europa, Asia e Nord America) che rappresentano complessivamente i due terzi del totale delle esportazioni di vino del Belpaese che, secondo tutte le previsioni, a fine 2022, avrà superato il record di 8 miliardi di euro in valore, come sembrano confermare anche i dati Istat sui primi 10 mesi 2022, analizzati da WineNews, con le spedizioni arrivate a quota 6,52 miliardi di euro, in crescita dell’11,2% sullo stesso periodo del 2021 (a volumi pressochè stabili, ndr). Una lunga volata per lanciare poi Vinitaly n. 55, che sarà di scena a Verona dal 2 al 5 aprile 2023. La prima tappa sarà il 19 gennaio a Rust (Austria), seguono Princeton (Usa) il 23 gennaio, New York (Usa) il 24 e 25 gennaio, Copenaghen (Danimarca) sempre il 24 gennaio; in febbraio, il calendario prevede gli appuntamenti di Chicago (Usa, 2 febbraio), Monaco (Germania, 6 febbraio), Bruxelles (Belgio, 7 febbraio), Zurigo (Svizzera, 8 febbraio), Londra (Uk, 8 febbraio) e Cardiff (Uk, 9 febbraio). Febbraio 2023 si chiude poi con gli appuntamenti di Tokyo (Giappone, 21 febbraio) e Seoul (Corea del Sud, 23 febbraio), in collaborazione con le istituzioni, Ice-Agenzia e il sistema camerale.
“É un lavoro di squadra che vede coinvolte le istituzioni, l’Ice e il sistema camerale, la rete di rappresentanza estera e la struttura interna - sottolinea il presidente Veronafiere, Federico Bricolo - un’attività in linea con la mission aziendale che guarda, in primis, alla promozione delle etichette italiane, in un momento particolarmente delicato per il settore impegnato a fronteggiare l’impatto dell’aumento dei costi di produzione. Il roadshow è anche una occasione di esplorare nuove opportunità per un presidio stabile della Fiera di Verona su alcuni mercati di interesse, come già in atto con Wine To Asia e Vinitaly China Road Show per la Cina e la più ampia area del Far East, e con Wine South America per il Brasile e il continente sudamericano”.
“Si tratta - evidenzia l’ad Veronafiere, Maurizio Danese - di una iniziativa di promozione senza precedenti nella storia di Vinitaly, che si aggiunge e implementa l’importante investimento di oltre 3 milioni di euro per l’incoming di buyer ed operatori in vista della prossima fiera, in programma a Verona dal 2 al 5 aprile. 50.000 chilometri complessivi di viaggio verso i Paesi-obiettivo che rappresentano, sia in chiave prospettica che di consolidamento, buona parte del presente e del futuro commerciale del vino italiano nel mondo”.
In programma, in molti appuntamenti, anche un percorso formativo, curato dalla Vinitaly International Academy, creata da Veronafiere-Vinitaly, con la funzione di diffondere la conoscenza della unicità e varietà del patrimonio enologico italiano verso i buyer, gli operatori del settore horeca e dei mass media.
Il Vinitaly n. 55, che al progetto incoming internazionale, spiega una nota di VeronaFiere, abbina un tour interno tra le principali imprese italiane del vino, si preannuncia ancora più strategico sul fronte del business, in particolare con innovazioni legate al business to business diretto aziende/buyer, ma anche con un potenziato “Taste & Buy”, con operatori individuati dalla rete internazionale di delegati della fiera in collaborazione con le imprese. Spazio anche al formato digitale, con la piattaforma “Vinitaly Plus” per il consolidamento dei rapporti commerciali lungo tutto il corso dell’anno e che permette la creazione di un’agenda per incontri a Vinitaly 2023 tra buyer e produttori.

Focus - I mercati dei 9 Paesi toccati dal Road Show di Vinitaly
I 9 Paesi selezionati da Vinitaly per le missioni promozionali rappresentano i due terzi del valore e del volume di vino tricolore esportato nel 2022 (dati cumulati a settembre). Sono - rileva l’Osservatorio Uiv-Vinitaly - oltre 10,5 milioni gli ettolitri spediti (-2% sul corrispondente periodo del 2021), per un controvalore di 3,8 miliardi di euro, in aumento del 10%. In valore, gli Usa rappresentano il primo mercato per i prodotti nazionali (1,4 miliardi di euro, sempre a settembre 2022, e una quota del 25% sul totale fatturato dal settore vitivinicolo nel mondo), seguiti da Germania (851 milioni di euro, +6% e una quota del 15%) e UK (10% di share, 581 milioni di euro, per una crescita del 15%). Insieme questi tre mercati rappresentano la metà del totale valore/volume del vino italiano spedito nel mondo. Alle spalle dei primi tre, per valori, incontriamo la Svizzera: 302 milioni di euro di giro d’affari (+3% sul 2021 e 5% di quota, equivalenti al 5° posto assoluto, dietro al Canada), seguita dal Belgio, che negli ultimi due anni ha incrementato notevolmente le proprie importazioni, specialmente di Prosecco, riesportato poi in UK: a tutto settembre 2022 il fatturato generato dalle cantine italiane è cresciuto del 9%, a 168 milioni di euro, che valgono al piccolo Paese europeo l’ottava posizione nel ranking generale, con una quota del 3% (identica nei volumi). Primo Paese asiatico per le esportazioni italiane, il Giappone nel 2022 è cresciuto a valori del 30% (158 milioni di euro), guadagnando la 10° piazza (3% di quota). Immediatamente a ridosso la Danimarca, 118 milioni di euro di controvalore (+1%), e l’Austria, con valori di poco superiori a 96 milioni di euro (+17%): i due Paesi europei valgono il 2% di quota ciascuno. Ultimo della lista è la Corea del Sud, Paese che nell’ultimo decennio - soprattutto grazie agli accordi di libero scambio siglati con l’Unione europea - è cresciuto enormemente per il vino italiano: a tutto settembre Seul vale 56 milioni di euro, in riduzione del 6% sul corrispettivo del 2021 (che però era stato record), e l’1% di quota, ovvero il 18° posto. Secondo l’Osservatorio Uiv Vinitaly, i 9 Paesi rappresentano il 63% del valore dello spumante esportato dall’Italia nel mondo (dati sempre a settembre 2022): in testa gli Usa (26%, tra l’altro primo mercato assoluto), seguiti da UK (18%), Germania (6%), Belgio (4%). Per i vini frizzanti, è la Germania il primo mercato assoluto (con il 23% di quota sul totale, dove a fare la parte del leone è il Prosecco), seguita dagli Usa (19%, feudo del Lambrusco), quindi con quote più piccole Austria (4%) e Giappone (3%). Insieme, i 9 Paesi rappresentano una quota del 55% a valore sul totale dell’export della categoria nel mondo. Per i vini bianchi fermi confezionati, i 9 Paesi rappresentano il 63% del totale export, con 1/3 del valore generato dagli Usa, il 18% dalla Germania e l’11% dal Regno Unito. Quote superiori al 2% per Belgio, Svizzera e Giappone, rispettivamente 6°, 7° e 8° mercato. Anche per i vini rossi fermi confezionati sono gli Usa il primo mercato, con una quota del 23% sul totale, seguiti dalla Germania al 16%. Sale in classifica la Svizzera (8% e quarto posto, dietro il Canada), ma anche la Danimarca, che sfiora il 4% (6° posizione). Poco meno del 6% il valore del mercato britannico, 5° in classifica generale. Per i vini confezionati in contenitori tra 2 e 10 litri (quindi bag-in-box), il primo dei nove mercati selezionati è il Regno Unito, che occupa la terza posizione a valore (dietro Svezia e Norvegia, con il 14%). Seguono subito dopo Germania (11%), Usa (7%) e Svizzera (5%), mentre la Danimarca è solo in 10° posizione (2%). Insieme, i 9 mercati rappresentano una quota valore del 42% sul totale export della categoria.I n generale, tra spumante, frizzante e vini fermi in bottiglia, sono questi ultimi a fare la parte del leone sui 9 mercati: valori superiori al 70% di quota in volume troviamo in Germania, Corea, Giappone, Svizzera, con punte del 90% in Danimarca. Lo spumante ha alleggerito il peso dei fermi in Usa (33% contro 60%), ma soprattutto in UK (43% contro 55%), Belgio (38% contro 59%) e Austria (31% contro 46%). L’incidenza maggiore dei frizzanti la si trova invece in Austria (23% sul totale) e Germania (15%), mentre residuali sono gli spazi di questa categoria di vino in UK, Danimarca e Svizzera (2%). Giappone e Corea del Sud riservano invece lo stesso spazio, attorno all’8%. Sommando i valori dei 9 mercati, i vini fermi totalizzano il 64% dei volumi esportati, gli spumanti sono al 28% e il resto (8%) va ai frizzanti.
A livello di vini fermi per colore, e raggruppando tutti i confezionamenti (quindi anche lo sfuso), quote preponderanti di rosso troviamo in Danimarca (84% contro 16% dei bianchi), Svizzera (80%), Giappone (70%), Corea del Sud (63%). Sbilanciati sui bianchi sono invece UK (67-33), Austria (65-35) e Usa (60-40). Il Belgio e la Germania sono i mercati con maggiore equilibrio: il primo registra solo una leggera prevalenza dei rossi (56%), mentre la seconda riserva la stessa quota ai bianchi (grazie al contributo decisivo dato dalle basi spumante venete e romagnole). Sommando i valori dei 9 mercati, la prevalenza va ai bianchi (54%), dovuta ai maggiori pesi nominali di Usa e UK e ovviamente Germania.
A livello di macrocategorie, secondo l’Osservatorio i vini più pagati in assoluto sono quelli fermi confezionati spediti in Svizzera (7,30 euro al litro di media a settembre 2022, con picchi di 14 euro per un vino Dop rosso in provenienza dalla Toscana e 13 euro per un uno dal Piemonte), mentre all’opposto troviamo i 2,40 euro riconosciuti dalla Germania ai frizzanti nazionali.
In generale, il Paese più generoso risulta la Corea del Sud (5,15 per i frizzanti, 4,75 per gli spumanti e 6,80 per i fermi, con punte di 14,80 per i toscani rossi), mentre quello più “tirato” è il Regno Unito, che riconosce in media circa 2,80 euro per i vini fermi confezionati e 3,75 per gli spumanti.
In Usa, a fronte di medie attestate a 5,60 euro per i fermi confezionati, troviamo picchi di 12,40 euro per i piemontesi rossi e 10 per gli omologhi toscani, mentre 13 euro li raggiungono i vini trentini in Danimarca.
Se in generale la forbice di prezzo tra bianchi e rossi risulta in media abbastanza ampia a favore di questi ultimi (in Usa abbiamo un divario di quasi 4 euro al litro, 7,90 contro 4,05 euro), gli unici due Paesi fra i 9 selezionati con margini più risicati sono la Germania (3,80 contro 3,15) e il Giappone, con solo 7 centesimi di differenza (4,38 contro 4,31), e addirittura i Dop bianchi quotati a prezzi maggiori dei rossi.

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