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LA SOSTENIBILITÀ DEL COMPARTO

Vino e ambiente oltre i filari: l’importanza del packaging alla Slow Wine Fair 2025

Bottiglie, tappi, capsule ed etichette: quali alternative e cosa scegliere? Un decalogo da approfondire a BolognaFiere, dal 23 al 25 febbraio
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La sostenibilità alla Slow Wine Fair 2025 (ph: Michele Purin)

Non solo tecniche di coltivazione e pratiche in cantina più attente all’ambiente, il vino può essere maggiormente sostenibile anche lontano dai filari e in tutta la sua filiera di distribuzione al consumatore. A partire dagli imballaggi e dal suo contenitore per antonomasia: il vetro, che, però, in futuro potrebbe non essere l’unico materiale da utilizzare. Una riflessione che si può estendere anche a tappi, capsule ed etichette e di cui si parlerà dal 23 al 25 febbraio a BolognaFiere nell’edizione n. 4 della Slow Wine Fair, con la direzione artistica di Slow Food, e realizzata per la prima volta in concomitanza con Sana Food, con focus sul tema della sostenibilità lungo tutta la filiera del vino (tendenza raccontata, a WineNews, anche da Giancarlo Gariglio, curatore Slow Wine e coordinatore Slow Wine Coalition).
Gli imballaggi sono una parte importante nella catena, dal momento che la produzione e lo smaltimento delle confezioni hanno un impatto notevole sull’ambiente e sulle emissioni di Co2. E quando gli acquisti vengono fatti online, l’inquinamento aumenta a causa del cosiddetto overpacking, ovvero imballare eccessivamente prodotti con strati multipli di plastica, cartone e altri materiali, comportando un aumento del peso totale del collo, rendendo più oneroso il trasporto e generando emissioni aggiuntive. Stando agli ultimi dati Eurostat del 2021, lungo l’intera catena di approvvigionamento e distribuzione dei prodotti acquistati, l’Unione Europea ha generato 188,7 kg di rifiuti di imballaggi per abitante, ovvero 10,8 kg in più per persona rispetto sul 2020 (l’aumento maggiore in 10 anni) e quasi 32 kg in più rispetto al 2011. Un recente studio di Nomisma, inoltre, spiega come il 54% degli italiani abbia acquistato una marca diversa dal solito perché aveva un imballaggio più sostenibile, e come il 40% preveda di incrementare gli acquisti di prodotti alimentari e bevande dotati di packaging sostenibile nei prossimi 12 mesi.
Ma come intervenire per diminuire l’impatto ambientale del packaging del vino? Storicamente il contenitore è la bottiglia di vetro perché era il materiale che riusciva a mantenerne nel tempo intatte le caratteristiche, olfattive e di colore. Negli anni, le bottiglie hanno avuto sempre più centralità, al punto da diventare un elemento essenziale per il vino e ne sono nate di diversi tipi per forma, dimensione e stile. Ma la crisi del vetro - carenza della materia prima e, quindi, crescita dei costi - e crisi ambientale - l’energia usata per produrre e trasportare le bottiglie - hanno spinto molte aziende a chiedersi se esistono delle alternative. Rimanendo nel campo del vetro, al momento ci sono due soluzioni: spessore inferiore e riciclo. Se quest’ultima è un punto fermo - visto anche che nel 2023, grazie all’utilizzo di rottame, derivato da oltre 2 milioni di tonnellate di vetro recuperato, al posto delle materie prime minerali, si è evitata l’emissione di 2.406.989 tonnellate di Co2 (fonte: CoReVe) - è possibile affiancarne l’utilizzo di bottiglie di peso inferiore (fermo restando le esigenze per alcuni vini, come gli spumanti): grazie al progresso della tecnologia a disposizione, oggi si possono fabbricare bottiglie della stessa resistenza ma con spessori minori e il cui peso può andare - bollicine escluse - dai 360 grammi agli 1,2 kg. Un minor peso, oltre a generare minore Co2 nella fase della produzione, facilita anche il trasporto: meno peso e meno energia per gli spostamenti. C’è poi la strada del riuso: una soluzione virtuosa per l’ambiente, perché si consuma meno energia, non si produce rifiuto e non si fa ricorso alla materia prima vergine. Secondo uno studio di Ademe (Agenzia francese per la gestione dell’ambiente e dei rifiuti), la raccolta, il lavaggio e il riutilizzo dei contenitori in vetro richiedono un quarto dell’energia e la metà dell’acqua in meno del riciclo. Inoltre, una bottiglia di vetro di buona qualità è utilizzabile almeno 25 volte (riducendo ulteriormente l’impronta di Co2 del 40-50%). Ma ci sono anche i difetti: il problema più grosso è legato al fatto che molto spesso il vino viene consumato in luoghi lontani da quelli in cui viene imbottigliato. Se esistessero impianti di lavaggio, in modo che la bottiglia percorresse meno di 400 km (limite oltre il quale l’impronta carbonica del trasporto pesa più di quella del vetro), sarebbe meglio. Un altro modo per ridurre la percorrenza del vuoto potrebbe essere quello di cercare di uniformare la tipologia di bottiglie: in Spagna, ad esempio, con il progetto Rebo2Vino si sta ideando un modello standard di bottiglia riutilizzabile.
Poi ci sarebbe il completo cambio di paradigma, ovvero tutti quei materiali alternativi al vetro (esclusa, ça va san dire, la plastica). Per esempio il vino da bersi alla spina , una modalità di consumazione che sta prendendo piede - per la verità più all’estero che in Italia - in ristoranti, wine bar, enoteche e grande distribuzione. Non una grossa novità se si pensa che per secoli il vino si è venduto in fusti, ma nel frattempo sono migliorate le tecniche con cui questi sono costruiti e che permettono maggiore vita al prodotto: secondo Bruce Schneider, co-fondatore di Gotham Project, azienda newyorkese di promozione e distribuzione di vino, “dalle analisi sul ciclo di vita che abbiamo condotto, ogni bicchiere di vino servito alla spina garantisce una riduzione delle emissioni di carbonio almeno del 35% rispetto all’utilizzo della bottiglia. E se si pensa che un fusto è pari a 26 bottiglie, si inizia ad avere un’idea di quanto è possibile ridurre l’impronta di carbonio”. Altrimenti, il Tetra Pak è un materiale molto comune: leggero, facile da trasportare e resistente. Secondo quanto dichiarato dal sito dell’azienda produttrice, “ha un profilo climatico migliore dell’80% rispetto a vasetti in vetro e lattine d’acciaio, riducendo le emissioni di Co2 fino a 6 volte”. Viene usato per vini di pronta beva. Svantaggi? I tre materiali di cui è costituito il Tetra Pak sono tutti riciclabili, anche se il procedimento per separarli è abbastanza complesso. Ma l’imballaggio migliore probabilmente è il Bag in Box, il cui 80% è completamente riciclabile. L’impronta di carbonio di una classica bottiglia di vetro da 75 cl è di 875 kg di Co2, mentre quella di un Bag in Box da 5 litri è di soli 170 kg, cioè 8 volte inferiore. E c’è anche la bottiglia “Frugal Bottle”, inventata da Frugalpac e realizzata con il 94% di cartone riciclato che è cinque volte più leggera del vetro e ha un’impronta di carbonio sei volte inferiore. Oppure l’alluminio: occorre meno energia per produrre un contenitore nuovo e riciclarlo rispetto alla bottiglia di vetro. Un altro vantaggio riguarda, secondo quanto raccontato dal sito Food Navigator, il trasporto: se prendiamo in considerazione un camion di medie dimensioni, è possibile trasportare il 43% di bottiglie di alluminio in più. Sennò la lattina, che ha recentemente guadagnato popolarità specialmente negli Stati Uniti. Henry Connell, cofondatore del marchio di vino in lattina The Uncommon, sostiene che il 79% delle emissioni di Co2 potrebbe essere ridotto passando da una bottiglia di vetro da 75 cl a tre lattine di alluminio da 25 cl. Nonostante il mercato in rapida crescita - si stima che nel 2028 potrebbe valere oltre 350 milioni di dollari a livello mondiale - permangono preoccupazioni sulla qualità e conservazione dei vini in lattina. Rispetto all’utilizzo dell’alluminio, è giusto ricordare come dal punto di vista organolettico si stia ancora lavorando, soprattutto a livello enologico, per evitare deviazioni olfattive, in particolare sentori fortemente ridotti, che rendono questo tipo di imbottigliamento non ancora ideale per la conservazione di vini di altissimo livello.
Tra gli altri materiali che vestono il vino e che possono incidere sull’ambiente ci sono anche i tappi, principalmente in sughero ma ai quali si possono affiancare i tappi a vite in alluminio, che sarebbero una positiva risposta in ottica di sostenibilità, oltre a scongiurare il sentore di tappo e altri difetti del vino, anche per quanto riguarda l’uso di capsule e rivestimenti esterni. Che, nonostante alcuni studi mostrino come la capsula rappresenti uno scudo igienico contro la trasmissione di batteri e muffe, sempre di più i produttori di vino decidono di non aggiungere questo accessorio, considerandolo ormai puramente decorativo e non riutilizzabile, e quindi destinato a diventare esclusivamente rifiuto. Oppure, come evidenzia la community Porto Protocol nei suoi dossier, in molti stanno optando per capsule in carta, alluminio e altri materiali alternativi.
Infine, le etichette, delle quali, pur non rinunciando alla loro funzione estetica e informativa, viene valutato anche l’impatto ambientale: secondo questa sorta di decalogo fornito da BolognaFiere, dovrebbero essere non barrierate (quindi, non ricoperte da un film di plastica) e incollate con colle senza plastica. Questi accorgimenti, oltre a inquinare meno, facilitano la procedura di riciclo o riuso della bottiglia.
Tutte tematiche da approfondire nelle masterclass e nelle conferenze della Slow Wine Fair che riunirà a BolognaFiere vignaioli e vignerons della Slow Wine Coalition, appassionati e operatori del settore - tra buyer, ristoratori, enotecari, importatori, distributori, cuochi, sommelier - per parlare di vino buono, pulito e giusto (che ha un suo Manifesto), e per portare come esempio innovazioni che produttori, consorzi e professionisti stanno sviluppando per far evolvere il proprio approccio alla produzione vinicola, sperimentando diverse modalità di imbottigliamento, confezionamento, trasporto e stoccaggio, e riducendo così il proprio impatto ambientale.

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