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Vino italiano e gdo: meno spazi, giù i volumi, ma crescono valore e fatturari (dati Iri). “E in futuro conterà sempre più creare un’esperienza d’acquisto che motivi il consumatore”, è l’analisi di Pietro Rocchelli, alla guida della Maurizio Rocchelli

Italia
Dati Iri: vino italiano e gdo, meno spazi, giù i volumi, ma crescono valore e fatturati

La gdo, in Italia, pesa per oltre il 65% delle vendite di vino, in volume, secondo i dati dell’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini. Ma è un mondo complesso che è cambiato molto, negli ultimi anni, e che sta cambiando ancora. E dove, in generale, calano volumi e spazi allo scaffale, ma tengono e crescono fatturati e volumi, grazie alla crescita del prezzo medio, con una progressiva concentrazione del business tra poche insegne e su poche tipologie di prodotto, come spiegano, da un lato, i numeri di Iri (www.iriworldwide.it) e, dall’altro, le analisi, a WineNews, di Pietro Rocchelli, alla guida della Maurizio Rocchelli, una delle più importanti agenzie di consulenza nelle strategie commerciali e di comunicazione per il wine & food, specializzata proprio nei rapporti tra produttori e grande distribuzione (www.rocchelli.eu).
Partiamo dai numeri, che parlano di una grande distribuzione che, sul vino confezionato, tutto sommato, nel 2015 se la passa bene (in attesa dei dati delle festività Natalize): il dato Iri, aggiornato ad ottobre 2015, parla di +1,3% in valore, +0,6% in volume e +0,7% sui prezzi per il vino confezionato, sul 2014. Ma se questa è la tendenza del presente, è interessante anche capire come si è strutturata la distribuzione organizzata nel recente passato.
Innanzitutto, è evidente la concentrazione nelle mani di poche insegne, visto che le prime 6, da sole (dato 2014) fanno il 72,9% del fatturato, Coop in testa (18,1%), seguita da Esselunga (17,1%), Conad (13,2%), Selex (9,4%), Auchan (8,4%) e Carrefour (+6,7%). Con le prime 20 tipologie di vino venduto che pesano per il 31% in volume e per il 37% in valore, con entrambi i parametri in leggera diminuzione nel 2014 sul 2012, segno che l’aumentata varietà dell’offerta e gli sforzi fatti dalla catene di gdo per valorizzare produzioni tipiche e magari più piccole, nei numeri, stanno incidendo sul mercato.
Nel complesso, però, i volumi sono in contrazione, mentre cresce il valore, grazie alla crescita del prezzo medio: dal 2009 al 2014, il valore è passato da meno di 2,5 euro a litro a quasi 3,5 euro, per un fatturato cresciuto del 6,4% (+90 milioni di euro, per 1,4 miliardi di euro), ma quantità in calo, nel complesso, del 12,3% (si sono persi ben 700.000 ettolitiri di vino).
Con il vino in bottiglia da 75 cl che cresce sia in volume (vale il 48% del totale) che in valore (71%), il brick che vale il 30% in quantità e il 15% in valore, e gli altri formati, in calo, che ad oggi rappresentato il 22% delle vendite di vino in volume ed il 14% in valore.
Ma uno dei dati da tenere in maggiore considerazione è quello delle dimensioni dei punti vendita: gli Ipermercati (sopra i 2500 metri quadrati di superfice), tra il 2012 ed il 2014, hanno perso l’1% sul valore delle vendite di vino confezionato, sulle quali pesano per il 14% del totale, mentre i supermercati (tra i 400 ed i 2500 metri quadrati), sono in crescita dell’1,2% (e valgono il 6,6% del totale). Ma crescono anche i discount (+0,6%), che diventano così il secondo canale di vendita di vino confezionato, in valore, della gdo, con il 14,9% del totale, mentre diminuisce il peso di quello che è ancora il player n. 1, ovvero il Libero Servizio Piccolo (punti vendita tra i 200 ed i 400 metri quadrati), dove si realizza il 14,9% del fatturato del vino confezionato venduto nel Belpaese.
Ma se questi sono i numeri, da chi vive a contatto con produttori e catene distributive, come Pietro Rocchelli, alla guida della Maurizio Rocchelli, “a livello generale - spiega a WineNews - si registrano tre fenomeni che meritano di essere evidenziati. In primis, una rinnovata fiducia che stimola le vendite di vino e di cibo un po’ su tutti i mercati e tutti i canali di vendita. Poi, è sempre più evidente che ci siamo tutti abituati a approfittare di più canali di approvvigionamento, si è cioè consolidata l’abitudine alla multicanalità: aumentano le vendite on-line ma anche le vendite dei retailer specializzati, e vale anche per il vino. Infine, l’approccio all’acquisto è molto consapevole e selettivo. La crisi ci ha abituati all’attenzione e alla prudenza. Questi tre fattori implicano riflessioni che tutti i retailer devono necessariamente fare per migliorare la loro efficienza”.
Detto questo, però, spiega Rocchelli, “il punto è capire come sta il vino in generale. Perché si deve ancora amare il vino? Occorre cioè chiedersi perché nonostante tutto ci sia qualcuno sempre disposto a spendere dei soldi per acquistare una bottiglia di vino. Io penso che questo sia ancora possibile perché il vino è oggi più che mai una delle più esaurienti risposte a molte delle domande che le persone rivolgono: la domanda di convivialità, di tipicità, di naturalità, di ecologia, di tradizione, di rispetto. Finché il vino saprà rispondere a queste domande in modo credibile, starà bene sia in Gdo che nei ristoranti che nelle enoteche. Piuttosto bisogna vedere come stanno la gdo, i ristoranti e le enoteche che non sempre sembrano stare al passo con ciò che la gente chiede”.
Ovviamente, ci sono differenze, perchè molte catene hanno investito in corner dedicati al vino, a volte anche con addetti ad hoc e progetti strutturati. “Quelle insegne gdo che hanno fatto questi investimenti hanno saputo leggere e interpretare la domanda di informazione e educazione sul vino e sul cibo che tradisce il bisogno di sapere e di scoprire, che è sempre attualissimo in tutti noi quando parliamo di cibo, vino e tradizioni. Questo è il fattore comune sul quale devono lavorare tutti coloro che vogliono vendere qualcosa: oggi la domanda è prima di tutto una domanda di sapere, solo successivamente diviene una domanda di un oggetto, vino o altro. Quindi chi vende deve prima spiegare e informare e deve farlo bene, sia esso un supermercato, una enoteca o un ristorante. Personalmente non ragiono più attorno al superamento o meno dei supermercati-ipermercati verso le enoteche, o sulla competizione gdo-ristorazione. Le formule commerciali sono sempre più ibride e tendono a convergere verso le aree di interesse multiplo che le persone esprimono: siamo tutti interessati a esperienze di acquisto piacevoli, che ci permettano il risparmio di tempo ma anche la comodità e l’appagamento estetico, la sicurezza, l’informazione e l’educazione verso ciò che stiamo acquistando. I luoghi che sanno dare queste risposte non saranno in crisi e non saranno sostituiti”.
Nondimeno, però, non è semplice per un produttore di vino approcciarsi alla gdo, tra rapporti di forza spesso squilibrati, quantità di prodotto minime necessarie non sempre alla portata e così via. “Questo dipende da come viene impostata la strategia di sviluppo commerciale e dal posizionamento del prodotto. Occorre, comunque, considerare che la Gdo, per intenderci i supermercati e gli ipermercati, sono solo un aspetto di quello che ora è un più ampio insieme di tipologie commerciali che devono entrare a far parte della strategia commerciale di una azienda vitivinicola: mi riferisco a tutte quelle forme di commercio organizzate con la centralizzazione degli acquisti e che poi raggiungono il consumatore finale sotto forme di catene di gourmet store o di fashion restaurant. La logica della Gdo di centralizzare acquisti e logistica e di disporre di numerosi punti vendita aumentando il potere negoziale verso i fornitori, si diffonde sempre di più superando il semplice e tradizionale formato del supermercato o dell’ipermercato e coinvolgendo le catene di ristoranti, o di negozi gourmet che si diffondono sempre più”.
In ogni caso, nonostante, spiega Rocchelli, l’introduzione dell’articolo 62 sui tempi di pagamento abbia migliorato nettamente le cose in questo senso, il rapporto tra produttori e grande distribuzione rimane storicamente po’ spigoloso. “Tutte le negoziazioni hanno delle spigolosità, ma nella nostra esperienza si trova sempre il punto di incontro soddisfacente. Ora poi ci siamo abituati, complice la crisi, a sperimentare una certa predisposizione del consumatore alla multicanalità, alle vendite on-line, a una maggiore selettività verso le offerte e verso le proposte che vengono esposte sugli scaffali dei supermercati. Intendo dire che anche la Gdo tradizionale si accorge che deve fare attenzione e che se non propone qualità vera e riconoscibile sui suoi scaffali, semplicemente perde la fiducia delle persone le quali hanno oggi la possibilità di rivolgersi altrove, anche all’on-line che oggi è davvero una opzione sempre più concreta, anche per prodotti come il vino e l’alimentare in genere”.
Insomma, il futuro del vino nella grande distribuzione, “è legato a quello che sarà il futuro della gdo in generale. Torno a dire - conclude Rocchelli - che dobbiamo guardare a questo canale di vendita come ad una esperienza in continua evoluzione che sempre più si contaminerà con altre aree ora solo contigue: la ristorazione, il benessere, i servizi alla persona, il tempo libero, l’informazione. Il punto è quanti sapranno rispondere positivamente alla evoluzione del comportamento di acquisto, in quanti cioè sapranno creare luoghi in cui le persone abbiano la voglia di recarsi per acquistare vino e tutto ciò che gli interessa o di cui hanno bisogno e di farlo i modo piacevole e conveniente secondo le loro necessità”.

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